Consiglio: Scrivere cosa ci ha fatto stare male

Il consiglio che vorrei darvi oggi probabilmente lo conoscete già ma io posso testimoniare che funziona davvero. E’ una tecnica che uso anche con chi mi chiede aiuto e noto che pure queste persone, eseguendola, trovano un giovamento. Si tratta di scrivere/descrivere, una situazione “brutta” che avete vissuto. d

Ci troviamo a volte a dover affrontare avvenimenti davvero spiacevoli per noi, traumatizzanti, che lasciano ferite aperte per molto, molto tempo, divenendo sovente, persino inguaribili. Questa è in realtà la parte più negativa. Il ricordo. Il ricordo che continua a vivere in noi. Durante il fattaccio, costi quel costi, siamo in grado di affrontare ciò che arriva, siamo in grado di reagire, siamo in grado di pregare per trovare la forza e ovviamente, non possiamo pensare in quel momento o in quel periodo, quanto male quella situazione sta facendo a noi stessi, nella nostra parte più viscerale. Non è un problema, la risaneremo appena riusciremo a tranquillizzarci ma come? Si crede sovente di riuscire a dimenticare. Attenzione, non è sempre così. Purtroppo, i fatti che ci scuotono particolarmente rimangono impressi in un cassettino del nostro cervello senza abbandonarci del tutto. Altre volte invece rimangono letteralmente, ben visibili, e possiamo vederli affacciarsi ogni giorno nella nostra testa. Cerchiamo di sconfiggerli sia che siano piccini, sia che siano enormi. Sono state esperienze della nostra vita che oggi non devono più esistere, non devono più continuare a farci male. Se avevano da insegnarci qualcosa, prendiamo quel qualcosa e abbandoniamo tutto il resto. Ci sforziamo con il pensiero di lasciar andare, proviamo a perdonare chi ci ha fatto questo, a  capire noi stessi, a giustificarci o a coccolarci, pur di “guarire” da quel tarlo che rosicchia ma non ce la facciamo. Dobbiamo allora quel tarlo, prenderlo e darlo a qualcun’altro travestito da foglio bianco o da schermo di pc. Scriviamo bene, per filo e per segno, con molto impegno, quel che ci è successo. Scriviamo con l’anima. Scriviamo il perchè è accaduto secondo noi, cosa abbiamo subito, cosa avremmo voluto fare, cosa abbiamo fatto e non. Chi ha partecipato insieme a noi a quella vicenda, come vorremmo vivere ora, insomma… tutto. Tutto quello che ci viene in mente ma facendo parlare il cuore. Nessuno dovrà leggerlo, per cui potrete davvero mettere nero su bianco ogni cosa. Sfogatevi in tranquillità visto che probabilmente non avete potuto farlo prima. Dovrete scrivere un libro. Ovviamente, più l’evento è stato traumatico e destabilizzante e più sarà lungo da descrivere perciò non abbiate paura di stilare un vero e proprio romanzo se dovesse servire. Nel caso decidiate di buttarlo giù tramite computer, vi consiglio di stamparlo poi e tenerlo in un angolo della vostra libreria. Una volta terminato, rilegatelo magari e catalogatelo bene come se fosse un fascicolo a sè e sistematelo dove meglio credete. Dateci anche un titolo e abbellitelo esteticamente. Quello è il vostro libro, uno dei tanti, un episodio della vostra vita. alai.it

Sono sicura che con il tempo, il ricordo di quella negatività vi abbandonerà e potrete trovare la serenità che meritate. Non è più in voi ora. Sarà solo tra quelle pagine, e siete padroni di tenerle, o buttarle, o bruciarle, come meglio credete, ma sarete voi a comandare, non più loro. Ora, sono “solo dei pezzi di carta“. Vi consiglio di aspettare almeno un anno prima di prendere la decisione di liberarvene perchè sovente ci vuole davvero molto tempo prima di dimenticare ma soprattutto perchè se riteniamo di aver compiuto degli errori che non vorremmo più ripetere, in quei fogli, rileggendoli, riusciremo sicuramente a trovare le giuste soluzioni. Riusciremo inoltre a mettere ben a fuoco cosa davvero di quell’avventura ci ha logorato e spaventato e, in principal modo, riusciremo a leggere il suo insegnamento. Un pezzo della nostra vita ora ben tangibile, palpabile, concreto. E se prima non sapevamo, nei meandri della nostra mente, dove andare a cercarlo, eccolo… sul terzo piano dello scaffale in salotto. E se prima era edulcorato o inquinato da altri mille pensieri, riuscendo a celarsi bene per non essere trovato, adesso eccolo… è lì.

tempolibero.pourfemme.it

Grande come un quaderno, ben chiuso dentro ad una cartellina. Completamente inoffensivo. Completamente vostro. Non può più farvi paura. Dovete sapere, che addirittura, ci sono traumi vissuti nell’infanzia che riaffiorando nell’età adulta, mascherati da nuovi avvenimenti, possono provocarci lo stesso dolore di un tempo, trasformato talvolta anche in disturbo fisico. E’ ovviamente un episodio lontano ciò che ci ha causato quel malessere, neanche lo rammentiamo, ma è rimasto lì. Questo per farvi capire che non muoiono mai. Continuano a vivere dentro di noi e si nutrono della nostra quotidianità, saltando fuori all’improvviso, nel momento stesso in cui un minimo campanellino d’allarme trilla nel nostro inconscio mosso dalla nuova situazione simile, appena vissuta. Per simile intendo che riporta allo stesso risultato. Vi faccio un esempio: se un bambino è stato abbandonato dal padre in giovane età, vivrà la sua vita nell’ansia che anche altri possono abbandonarlo. Come l’ha fatto il padre, perchè non potrebbe ora farlo la mamma, l’amico, la fidanzata, il datore di lavoro? Non c’è differenza. Ora, è ovvio che quel bambino, divenuto uomo, non avrà più un padre che lo abbandona, questo è già avvenuto, ma gli basterà sentire una frase tipo – Mi dispiace, non posso aiutarti – per fargli rivivere l’incubo. E’ una frase normalissima ma, per lui, è un punto debole. E’ una ferita aperta. Quando una ferita è aperta, anche solo l’aria che ci passa sopra può far male. Quella frase, viene tradotta come “Non posso starti vicino, devi cavartela da solo, ti abbandono, io non sono lì con te“. Proprio come ha fatto suo padre. Lui non riconoscerà il collegamento con il padre ma, in un modo del tutto inspiegabile, inizierà a star male. Come farà a cavarsela da solo? Inizierà a provare ansia, paura, destabilizzazione, tristezza, inquietudine. Tutte emozioni che logorano, che causano danni. Il consiglio che vi ho dato, potrebbe non essere una risoluzione totale. Non m’innalzo al livello di psicologi e neuropsichiatri ma so che può aiutare. E poi, i medici di questo settore, non vi fanno forse parlare, giustamente, per buttare fuori quel che v’inquieta? Come vi ripeto, date ad altri il vostro problema. Cercate di eliminarlo da voi. E, un primo step, potrebbe proprio essere questo.

Prosit!

photo jivasmind.tumblr.com – alain.it – tempolibero.pourfemme.it

6 pensieri su “Consiglio: Scrivere cosa ci ha fatto stare male

  1. Quant’è vero! Innanzitutto confermo che in terapia non solo ti fanno parlare ma anche scrivere: scrivere quello che ti fa sentire in colpa, quello che ha generato l’attacco d’ansia e come si è svolto e cosa hai fatto e pensato in quei momenti e chissà quante altre cose.
    Poi scrivere fa comunque bene, lo dico sempre ai miei alunni, che oggi, tra messaggini e social network, si esprimono “a pezzi”. Loro mi confermano che raccontare per iscritto un ricordo, un fatto, un’emozione, li ha fatti stare un po’ meglio. Ed è bello quando me lo comunicano, è come l’abbraccio che ora mando a te 🙂

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  2. Sicuramente terapeutico. La scrittura procede verso l’esterno e non ristagna come certi pensieri ossessivi. E la rilettura fa apparire tutto più oggettivo e distaccato, pacifica col dolore, mettendo ordine nella confusione che a volte vi portiamo dentro. Buona giornata 🙂

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