Esprimi un desiderio…

Quando ero una bimbetta, e poi anche da ragazzina, avevo un sistema tutto mio per esprimere e chiedere all’Universo che si avverassero i miei desideri. Prendevo dei pezzetti di carta, ci scrivevo sopra la richiesta, e poi durante la stagione invernale buttavo il mio foglietto nella stufa oppure, ci davo fuoco, fuori sul terrazzo o in bagno nel lavandino, sotto l’occhio vigile di mamma fintanto che non divenni in grado di compiere questa operazione da sola.

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Non ero una piromane, avevo escogitato questo mezzo in quanto, mi dava l’idea che, quel mio desiderio, quelle mie parole scritte, trasformatesi in fumo, salivano verso il cielo andandosi a mescolare con tutte le più piccole particelle universali e quindi, per forza di cose (ci aggiungevo anche una componente altamente scientifica), sarebbero diventate un tutt’uno con loro e “ascoltate”. E quindi apprese.

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Erano per me i tempi di Guccini e della triste ma bellissima “Auschwitz” in quando adoravo ascoltare mio padre che suonava e cantava le canzoni di uno dei suoi cantautori preferiti. Non riuscivo ancora a comprendere del tutto il truce e crudele messaggio di quella poesia ma, alcuni versi, mi rimanevano stampati nella testa creando un senso ben preciso nella mia mente: passato per il camino e adesso sono nel vento….. è strano non riesco ancora a sorridere qui nel vento….. eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento….. e ancora ci porta il vento….. Ma certo! Quelle povere anime ora non erano più carne e ossa ma, comunque, stavano continuando a vivere! Nel vento. Non sorridevano, ma erano a milioni… in quel vento. C’erano. La stessa cosa sarebbe accaduta ai miei desideri. Avrebbero continuato ad esistere. Non capivo ancora la precedente sofferenza di quelle persone, non conoscevo i forni e le camere a gas, mi si perdoni quindi quello che può essere preso come uno stupido paragone ma così non è. Era il ragionamento di una bimba. Erano persone decedute per un semplice processo naturale e passavano per il camino perché così faceva anche Babbo Natale. Quel camino, alias fumo per me, era come una porta d’accesso ad un’ambiente sconosciuto e misterioso che, solo avendo determinate caratteristiche, si poteva conoscere. Fatto sta, come spiegavo poc’anzi, io scrivevo, scrivevo e bruciavo, e bruciavo.

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La cosa bella era che i miei desideri, la maggior parte delle volte (non proprio sempre e poi vi spiegherò il perché)… si esaudivano! Dapprima iniziai con richieste infantili e umili. Un giochino, fare pace con la mamma che avevo fatto arrabbiare, poter andare nel lettone dei genitori per addormentarmi, il panino con la Nutella che in casa mia era solo un miraggio… (tanto mamma oggi sa che la penso come lei) etc, etc… Poi, cresciutella, iniziarono le richieste, ad essere dedicate ai ragazzini carini che mi piacevano un sacco e alla scuola, contro le possibili interrogazioni a sorpresa dalle quali potevo essere colpita a tradimento con quel maledettissimo metodo del – Tiriamo a sorte ragazzi! -.

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Non amavo passare le ore sui libri e detestavo la matematica che oggi invece apprezzo e m’incuriosisce molto quindi, date tempo ai vostri figli. Ero la classica ragazza “intelligente che non si applica”. Non sono mai stata una secchiona ma me la sono sempre cavata bene. Forse… anche grazie ai miei bigliettini di carta. Vedete, oggi, so benissimo che il foglietto in realtà non c’entrava nulla. A far accadere ciò che richiedevo, tramite una specie di legge di attrazione, era semplicemente l’energia e, soprattutto, la veridicità che io sentivo per quella mia azione. Per me era un vero rito. M’impegnavo a scrivere quelle parole e mi impegnavo poi a dar loro fuoco. Non era una cosa così, tanto per fare.

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Le bruciavo con la mia pancia, con il mio cuore e le buttavo sulla carta piene d’emozione. Più di una preghiera. Avevo la pelle d’oca, le farfalle nello stomaco. Poi ringraziavo, guardando le fiamme, e accompagnavo con dolci parole quel fumo grigio che iniziava a salire attorcigliandosi su se stesso e formando piccoli arabeschi azzurrognoli nell’aria. L’odore di bruciato mi entrava nelle narici e, curioso, andava fin dentro ai polmoni. Quelle scritte erano anche dentro di me oltre che fuori. Un tutt’uno vero e proprio. Oggi scrivo ancora, a modo mio, e ancora ascolto Auschwitz a modo mio, ma non brucio più nulla. Ho capito che basta emozionarsi. Esattamente. Se una cosa viene richiesta con l’emozione si avvera. Non con la voce, non con la penna, non con il pensiero… con l’emozione. Non è che si avvera…, è che siamo noi stessi ad innescare il meccanismo di creazione della cosa che stiamo dicendo. DICENDO e non CHIEDENDO. Essa inizierà, in un modo o nell’altro a prendere vita ma, solo ed esclusivamente attraverso l’emozione. Ma esiste un però, ossia che: l’Universo potrebbe non darci subito ciò che vogliamo. Prima ci darà ciò di cui abbiamo bisogno per arrivare poi ad ottenere ciò che desideriamo. Mi spiego meglio in quanto può sembrare un paradosso. Se io esprimo il desiderio di poter avere tanti soldi (con l’emozione!), immediatamente le forze universali si muoveranno per portarmi quello che voglio. Gira, gira, in un modo o nell’altro, prima o poi riuscirò ad averli ma, quei soldi, non compariranno davanti a me con un “Puff!” all’improvviso, come si vede nei cartoni animati. L’Universo prima mi sottoporrà ad una specie di esame senza che nemmeno io me ne possa rendere conto. Potrà addirittura capitare che io perda il portafogli. Ma come? Proprio adesso che avevo chiesto più soldi, perdo anche quei pochi che avevo in tasca? Si. Si perché l’Universo non vuole che io abbia dei bisogni. Se io sento un “bisogno” significa che non mi considero energia divina e universale in quanto, se così fosse, non avrei bisogno proprio di nulla! L’Universo allora prima farà si che io elimini il bisogno che sento dentro di me, dopodichè mi arriveranno automaticamente i soldi che volevo. Arriveranno perché non devo soddisfare un bisogno. Li voglio e basta. L’Universo non è buonista e se non riusciamo a capire questo passaggio, i soldi non arriveranno o meglio, arriveranno ma non li potremmo avere. Ci hanno insegnato a chiedere quando avevamo bisogno e non a chiedere solo per il gusto di chiedere. Saremmo passati per egoisti, maleducati e pretenziosi. Avremmo dovuto invece supplicare e inginocchiarci anche solo per poter sfamare un figlio. Ma l’Universo non ragiona così. Perché prima vi ho detto che alcuni desideri non mi si avveravano? Perché li chiedevo con la paura! Sprigionando un timore. Parliamo delle famose interrogazioni a sorpresa. Io non chiedevo (ai tempi ero giovincella e quindi “chiedevo” non “dicevo”), perché semplicemente non volevo essere interrogata, io lo chiedevo perché non avevo studiato e avevo paura della professoressa e avevo paura del suo voto e di conseguenza della reazione dei miei genitori, castighi e via discorrendo. Tutte ansie e catastrofi dentro di me che dovevo eliminare! Al di là dello studiare o non studiare una lezione. L’Universo voleva che io vivessi serenamente senza timori. Uno spirito libero e divino. “Che soldi, che interrogazioni, che sgridate….! Nel mio mondo non esistono queste cose”, dice l’Universo. Nel nostro invece si, ma grazie all’emozione potremmo vivere in modo diverso. L’emozione… quella deve rimanere inviolata, ed essere come vuole lui. L’emozione non può togliercela nessuno, hanno forse provato a spegnerla, ma c’è. Capitava così che, l’indomani, come una sorta di punizione, mi sentivo dire tra il vociare e il sospirare dei miei compagni di classe – Meg… interrogata -. Porca miseria! Il mio rito non aveva funzionato. Aveva funzionato benissimo invece e l’Universo mi aveva ascoltata. “Bene”, mi diceva “non vuoi essere interrogata domani? Perché? Perché hai paura? E allora ciò che riceverai da me sarà paura”. L’esaudirsi ossia, di ciò che hai espresso. Non perché egli sia vendicativo, semplicemente mi stava dando ciò che io avevo emanato. Un riflesso. Quando invece chiedevo le cose con gioia, ricevevo gioia e la gioia mi permetteva di prendere di conseguenza tutto ciò che volevo. Bisogna abbandonare il bisogno, scusate il gioco di parole, se vogliamo che si avveri la nostra affermazione. Senza il bisogno, rimane lo spazio per la Meraviglia.

Prosit!

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9 pensieri su “Esprimi un desiderio…

  1. Buon lunedì cara Magda, da quando ho 8 anni (prima non aveva bisogno) ho una Diario che lo uso come libretto di Desideri… ormai ho un catone piendo di questi Diari … alcune desideri ci sono realizzati, altri non erano più fondamentale… ma vedeno oggi e i anni passati ci sono rimasti alcuni desideri (anche se ormai ho la certezza che questi desideri riamgono soltanto un sogno) … ti abbraccio Pif

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    • Ciao Pif, anch’io ho dei diari 🙂 come ho spiegato, l’Universo prima da ciò di cui abbiamo bisogno quindi probabilmente c’è un motivo se alcuni desideri non si sono avverati. Però è divertente andare a rileggere dopo tanto tempo le richieste che facevamo anni fa. Divertente e a volte malinconico anche. Un forte abbraccio.

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  2. Che bello questo post in cui ci siete tu bambina, tu ragazzina e tu donna tutte e tre insieme.
    I desideri sono una cosa meravigliosa, che mi ha sempre affascinata. Io li affidavo alle stelle ed attendevo tutto l’anno la notte di San Lorenzo. Nonostante abitassi in città, almeno una stella cadente per me c’era sempre. Ne ricordo alcune meravigliose. Oggi mi piace pensare che la parola “desiderio” derivi dal latino “de sideribus” che significa letteralmente “dalle stelle”.
    Un abbraccio, cara Meg 🙂
    PS: bellissima la nuova testata, che vedo solo ora.
    PS2: la conosci la canzone di Carboni “Siamo le stelle del cielo”? Cercala e vedrai che ti piacerà…

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    • Ciao Tiptoe, mi hai scritto un commento bellissimo, grazie! In un modo o nell’altro siamo legate tutte e due al cielo. Allo spazio. Le stelle sono per me divenute molto importanti in età adulta pur avendomi comunque sempre affascinata. La canzone non la conosco, l’ascolterò, grazie per il consiglio e grazie per l’etimologia della parola desiderio. Un bacione e che si avverino tutti i desideri che dici… non chiedi, dici.

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