L’ago di Garda…

Avendo come molti un profilo FaceBook anche personale, oltre alla mia pagina di Prosit, mi capita spesso di leggere naturalmente quello che conoscenti o sconosciuti postano di tanto in tanto.

Tempo fa, in quanto ci sono quelli che potremmo definire “tormentoni” anche lì, in parecchi si sono accaniti contro l’uso errato della lingua italiana. Alcuni, probabilmente molto devoti, o molto pignoli, o bisognosi di far valere la loro dote, nominavano addirittura le accento come errori madornali di sgrammatica. I classici insomma che, a sentir dire persino dall’Accademia della Crusca, commette il 90% delle persone.

Avete presente: va – và, sta – stà, li – lì, ne – né. Accento e apostrofi per giunta.

Ecco, io sono tra quel 90% tanto per cominciare. Provo ad allenarmi, ma la mia memoria mi gioca sempre tiri mancini. Premetto che io per la prima sopporto poco chi storpia di molto la nostra lingua. Ad esempio quelli che scrivono utilizzando la k al posto del ch e così via ma, alla fine, dico io, è un linguaggio inventato dai giovani e, i giovani, hanno il potere di cambiare il mondo. Perciò lo accetto e sorrido.

Insomma, per farla breve, mi sta bene non devastare l’amatissimo italiano, lingua tra le più belle del mondo, ma le “ossessioni” non mi piacciono da nessuna parte.

Mi dicevo, quando leggevo certi post o certi commenti, che probabilmente bisognava fare lo stesso pandemonio anche per il contenuto di quel testo (al positivo intendo) mentre, quest’ultimo, passava inosservato e l’errore grammaticale invece veniva condiviso a più non posso girando virtualmente per tutto il Bel Paese.

Finalmente però un giorno, io aspettavo perché sapevo che prima o poi arrivava (il rovescio della medaglia c’è sempre), ecco spuntare una bellissima storiella che ha sicuramente fatto riflettere molti. In disaccordo o meno, è carina da leggere e quindi, per chi non la conoscesse, la ripropongo qui:

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“Un grande professore universitario, docente di filosofia, un bel giorno, scrive alla lavagna:

COME O AMATO TE

NON O MAI AMATO!!!

Con una voce triste come non mai, chiede ai suoi alunni – Cosa ho scritto? -.

Tutti imbarazzati tacciono.

– Dai -, dice il prof – è facile da leggere -.

Una ragazza si alza e legge:

– COME HO AMATO TE

NON HO MAI AMATO!!! –

– Bene -, dice il professore – ieri sera ho invitato a cena una donna che è stata capace di farmi sentire nel profondo del mio cuore queste parole. Ci siamo frequentati per 2 mesi. Le nostre anime hanno vibrato insieme, tutto era meraviglioso. Ieri volevo chiederle di sposarmi. L’ho portata a cena. Tutto era favoloso. Lei era favolosa. Sentivo la mia voce strozzarsi in gola. Ho tirato fuori il mio quaderno, ne ho strappato un pezzetto e, come si faceva da bambini, le ho scritto:

COME O AMATO TE

NON O MAI AMATO!!!

Come un bambino appunto, mi aspettavo di vedere sorgere un sorriso sulle sue meravigliose labbra. Il suo viso si è spento però. Ha iniziato a piangere. Si è scusata perchè non riusciva a trattenersi ed è andata via. Incredulo, l’ho rincorsa. Volevo, DOVEVO sapere il perchè di quella reazione. Alla fine mi ha risposto:

– Tu sei un grande professore di filosofia. Io una stimata professoressa di lettere. Come puoi aver commesso quell’errore? Non riesco a crederci, non riesco! –

Avrei potuto spiegargli che lo avevo fatto consapevolmente solo per fingere di essere tornati bambini. Per dimostrarle che l’amore che provo per lei è capace di trasportarmi a quando non sapevo distinguere una O da una HO. Ma… in quell’ attimo ho capito. Amarsi non è essere perfetti. Amarsi non è fare sempre la cosa giusta. Lei cercava un amore perfetto. Io non l’avrei mai resa felice. Sono stato zitto. RAGAZZI CERCATE DI NON AMARE LA FORMA, AMATE IL CONTENUTO!!! –“.

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Quell’amore intrinseco, sviscerato come solo un bambino poteva fare, è passato in secondo piano quindi davanti ad un errore di ortografia.

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Diciamolo, tutti noi avremmo pensato male. Avremmo pensato all’ignoranza di quella persona, avremmo storpiato il naso davanti ad un asino simile così come lo avremmo storto se quella persona si fosse presentata al nostro appuntamento vestito in modo malconcio (ma oggi tranquilli perché è uscita la moda “Clochard Style” e quindi va bene!).

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Già. Quanto è importante la forma?

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Quanto lo è l’apparenza?

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Sapete qual è a mio avviso la cosa peggiore? E’ che finchè le cose non diventano una moda, una tendenza, vengono giudicate negativamente, salvo poi essere collocate su un piedistallo da coloro che si considerano fighi nel momento in cui vengono riconosciute come: cose “da fighi”.

Andare in giro con un abbigliamento non stirato era, fino a qualche tempo fa, un’eresia, una bestialità. Oggi invece è glamour (e meno male vi dirò)…

L’esperimento sociale che ha visto il noto attore americano Richard Gere come protagonista vestito da barbone per le vie della Grande Mela, fa capire bene il senso – La gente mi ignorava completamente – affermò il sex symbol. Un esperimento che la dice lunga se si pensa alla masnada di persone che solitamente gli impediscono il passo ogni qualvolta mette piede fuori di casa. Un test che ha comunque ben fatto ragionare l’attore il quale ha proclamato – Non dobbiamo mai dar per scontate le nostre benedizioni, ora so cosa significa – e ben venga.

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E allora penso che quelle persone siano le stesse che possono giudicare un errore grammaticale e forse troppo vittime dell’apparenza. Si, vittime. Mentre vittima ci si sente colui che per la società ha sbagliato, in realtà, a mio avviso è un vincitore.

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Non dico questo con giudizio, ognuno ha i suoi puntigli; io ho il mio: sono infastidita dalle ossessioni come ho detto prima. E ultimamente sono molte, si sente il bisogno di aggrapparsi a qualcosa? E’ solo che non spiegano amorevolmente, sembra abbiano un piglio anche poco simpatico. Perché?

Quello che mi piacerebbe, è che comunque ci sia in loro felicità. Ma di ossessionati felici, ne ho incontrati pochi. Se basassero i loro movimenti, anche belli e utili, su basi d’amore anzichè di giudizio e spesso rabbia o critica, riuscirebbero ad essere veri Maestri a parer mio.

L’ago di Garda:

C’era una volta un lago, e uno scolaro

un po’ somaro, un po’ mago,

con un piccolo apostrofo

lo trasformò in un ago.

“Oh, guarda, guarda –

la gente diceva

– l’ago di Garda!”

“Un ago importante:

è segnato perfino sull’atlante”.

“Dicono che è pescoso.

Il fatto è misterioso:

dove staranno i pesci, nella cruna?”

“E dove si specchierà la luna?”

“Sulla punta si pungerà,

si farà male…”

“Ho letto che ci naviga un battello”.

“Sarà piuttosto un ditale”.

Da tante critiche punto sul vivo

mago distratto cancellò l’errore,

ma lo fece con tanta furia

che per colmo d’ingiuria,

si rovesciò l’inchiostro

formando un lago nero e senza apostrofo”.

(G. Rodari)

La scelta di Rodari:

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– Se un bambino scrive nel suo quaderno “l’ago di Garda”, ho la scelta tra correggere l’errore con segnaccio rosso o blu, o seguire l’ardito suggerimento e scrivere la storia e la geografia di questo “ago” importantissimo, segnato anche nella carta d’Italia. La Luna si specchierà sulla punta o nella cruna? Si pungerà il naso? –

Non lo pensate anche voi?

Prosit!

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5 pensieri su “L’ago di Garda…

  1. Ciao cara Magda… credo noi guardiamo le cose solo con gli occhi, ma mai dietro le quinte.. forse il nostro giudicare e sempre un pregiudizio negativo…

    … oggi e cosi bello vado fare una lunga passeggiata con Tatanka Bussi Pif 😉

    Piace a 1 persona

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