Ti perdono per non morire
Se hai spento il sorriso di mio figlio non puoi più permetterti di ridere
Ogni giorno qualcuno viene ucciso per mano di qualcun altro e ogni giorno la notizia viene trasmessa dai telegiornali ammazzando anche un pò ognuno di noi dal grande dispiacere.
Molto spesso, alcuni assassini, mentre vengono inquadrati dalle telecamere che, ammanettati salgono o scendono dai veicoli della Polizia, ridono e sogghignano mostrando spocchia e sarcasmo a chi da casa, sconvolto, sta guardando.
Al di là della reazione che comporta questo modo di fare, le frasi che escono dalla bocca del pubblico sono sempre le stesse e sovente si sente dire – Hai ucciso una persona e ti permetti di ridere? Maledetto!- oppure – Col ca..o che ridi ancora, hai spento il sorriso di quello che poteva essere mio figlio e ridi? Io andrò in galera ma tu non ridi più te lo dico io! -.
Ecco, ora senza entrare nel tema dell’essere favorevoli o meno alla pena di morte, quel ghigno, in faccia di chi ha ucciso viene davvero preso, ed è comprensibile, come una beffa insopportabile, gravissima dal punto di vista della morale umana. Un’umiliazione senza eguali. Quasi più dell’omicidio stesso che, per alcuni, l’atto in sé, a seconda dei parametri può anche essere compreso, non giustificato ma compreso.
Ecco, è proprio questo il tema, la comprensione e di conseguenza l’eventuale perdono. Parlando chiaro, senza buonismo e falso moralismo, c’è una cosa che mi sballonza in testa da qualche anno, una riflessione nata da una strage e, volevo condividere con voi le considerazioni che questa vicenda ha suscitato in me. Mi riferisco al pensiero, o meglio al sentimento, germogliato nel cuore di uomo che non mi ha lasciata indifferente.
Sto parlando di Carlo Castagna sapete chi è? Detto così forse no ma se invece vi nomino – La Strage di Erba – andate automaticamente tutti al punto.
Si ma Carlo Castagna chi è? E’ il nonno del piccolo Youssef Marzouk ucciso violentemente, nonchè il padre di Raffaella Castagna ammazzata anch’essa assieme ad altre persone dagli ormai, ahimè, famosissimi coniugi Rosa Bazzi e Olindo Romano (almeno stando alla decisione della Suprema Corte di Cassazione di Roma).
Ridevano anch’essi, attraverso le sbarre della cella in Tribunale, ve lo ricorderete.
Nella precisione, al signor Castagna, sono venuti a mancare quindi: la figlia Raffaella, il nipotino Youssef di soli 2 anni e la moglie, presente anch’essa quella sera, Paola Galli. Sono venuti a mancare per mezzo di mani che non li hanno soltanto uccisi ma massacrati, sgozzati, bastonati e infine bruciati.
Ebbene, che sia vero o meno (ma le sue stesse dichiarazioni dicono così e ne è stato scritto anche un libro “Il perdono di Erba” Ed. Ancora), pare che il signor Castagna abbia deciso di perdonare i due assassini (che, tra l’altro, non hanno accettato questo perdono accolto come un gesto del quale se ne poteva fare a meno).
Non c’è la giusta concezione di perdono a mio avviso.
Di tale decisione se ne è fatto un gran tam tam e, se ai tempi avessi avuto già questo blog, forse ne avrei parlato anch’io. Lo faccio ora perché quest’uomo mi ha sempre dato da pensare.
Nel momento stesso in cui ha proclamato di voler perdonare (e addirittura abbracciare per alcuni siti) gli uccisori della sua famiglia, l’Italia si è divisa in due in una frazione che vedeva molto più ampia la parte di coloro che non condividevano questa intenzione.
Quando si parla di perdonare un atto così indegno sembra quasi che, automaticamente, nulla importi della vittima che l’ha subito ed è secondo me proprio questo il fulcro del concetto.
– Se perdono chi ha ucciso mio figlio allora vuol dire che di mio figlio non me ne fregava nulla -, o meglio – No, non posso perdonare chi ha ucciso mio figlio perché mio figlio lo amavo più di qualsiasi altra cosa al mondo e lui me l’ha tolto -. Anche detta all’incontrario però il significato non cambia e riporta alla stessa teoria.
Perdonare il criminale è pertanto come mancare di rispetto alla vittima. Dimostrando invece il nostro odio, il nostro rancore e la nostra sete di vendetta, spesso confusa con il “fare giustizia”, dimostriamo che di quella vittima ce ne importava assai e vogliamo restituirle la dignità devastata da qualcun altro.
La cosa assurda è che a volte, anche se volessimo assolvere in cuor nostro, non lo facciamo per non sentirci mal-giudicati dal resto della popolazione.
Perdonare però non significa condonare anche se è visto come suo sinonimo. E’ un qualcosa di molto più profondo, un misterioso meccanismo che accade solamente dentro noi stessi e solo noi stessi riguarda, non ha niente a che vedere in realtà con l’eventuale colpa affidata al criminale.
Bisogna sempre trovarsi in determinate situazioni e non si può parlare se alcune cose non si sono subite, ma una cosa è certa, ed è quello che mi ha sempre fatto riflettere: Carlo Castagna ha deciso di perdonare per poter continuare a vivere.
Detta così, che buffo, sembra quasi un’opera di egoismo ma, secondo me, è la realtà. Ha trovato il mezzo per poter sopravvivere a tanto dolore, altrimenti sarebbe morto anch’esso. Al di là di dove la fede di quest’uomo sia diretta, quella stessa fede, gli ha suggerito la misericordia e la compassione.
E’ possibile questo?
Non è tanto il capire come abbia fatto a perdonare, mi viene molto più difficile concepire come avrebbe fatto a continuare a vivere se non avesse perdonato.
Pare essere l’ultima cosa che ci rimane da fare ma in pochi, pochissimi, la eseguono. Cioè, riescono a eseguirla.
E’ come se questo perdono mi avesse suggerito che, fondamentalmente, – la Strage di Erba – siamo noi. Qualsiasi omicidio siamo noi. Non siamo solo le vittime con le quali ci immedesimiamo ma siamo anche gli assassini. E non perdonando è come se non perdonassimo noi stessi.
Alla faccia che argomento duro! Lungi da me suggerire il fatto che potrei riuscirci ma sapete cosa vi dico? Che forse, forse vorrei riuscirci.
Conferma Castagna di essere giunto a questo stato di spiritualità dopo strazianti vicissitudini passate con se stesso circondato ormai soltanto da innumerevoli fotografie dei suoi cari sparse per casa. Non gli rimaneva nient’altro, solo immagini e ricordi. Visioni stampate nelle sue retine persino dei cadaveri stessi.
– Ma il perdono non è una scelta, è una grazia – Carlo Castagna.
E’ come se ad un certo punto, il suo cuore, la sua mente e il suo fisico si fossero spenti inermi, senza più farcela e, a parlare, abbia iniziato la sua anima. Che a noi piaccia o meno l’anima perdona.
– Tu non hai un’anima. Sei un’anima. Hai un corpo – C. S. Lewis.
Tutto quello che accade ad ognuno di noi è di responsabilità di ognuno di noi. Perché ognuno di noi appartiene al Tutto. E se ognuno di noi si amasse e si perdonasse forse questo Tutto sarebbe migliore di come lo vediamo. Siamo responsabili di un omicidio così come di una vita che nasce, di un sorriso che appare, di un bacio che altre due persone si scambiano. La tristezza e l’angoscia che hanno governato dall’alto il fattaccio di Erba erano le esternazioni di un dolore latente che tutti abbiamo provocato.
In fin dei conti, che cosa comporta il NON perdonare nel nostro cuore? Riporta in vita l’innocente? No. Provoca maggior malessere nel killer? No. E’ possibile condannare ma bisognerebbe farlo senza rancore in noi.
Quello che vorrei dire al signor Castagna è che non posso permettermi di pensarla come lui pur credendo di farlo, ma di una cosa vorrei ringraziarlo: mi ha insegnato una teoria che si tende a celare. Ha fatto emergere un concetto che raramente viene a galla, raramente tocca così tanto un cuore.
Mi ha permesso di riflettere.
Voi cosa ne pensate?
Prosit!
photo laparola.info – ilgiorno.it – newspage.it – intemirifugio.it – antimafiaduemila.com – medicinalive.com
Penso che ciascuno di noi sia libero in ogni suo pensiero e azione. chi vede nel perdono la propria salvezza da ogni inferno che attraversa…che dire? Che aggiungere?
Niente.
(un caro saluto Meg, ciao)
.marta
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Oltre la libertà non c’è assolutamente nulla da aggiungere. Un caro saluto anche a te Marta cara.
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Penso che l’unica possibilità per superare un dolore così grande, sia la certezza che il proprio caro abbia un’anima. Nessuno può portargliela via e quindi, continua a vivere. Un’anima che, nel futuro, andrà a riunirsi alla propria. La vendetta, l’odio, allontanano da questa riunione. Però e sicuramente più facile a dirsi che a farsi. Buona serata.
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Già, che si potrebbe riassumere nella parola “fede”, diretta in qualsiasi situazione, purchè esistente. E’ sicuramente un tema complesso, infatti ho parlato di riflessioni, ma quello che dici è sicuramente vero. Un abbraccio.
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