La tragiche Pulizie della nostra Vita

Programmare lo svuotamento e l’ordine in un magazzino per poterci far stare nuove cose sembra un concetto banale che tutti noi almeno una volta all’anno realizziamo, ma non è banale invece applicare lo stesso concetto nei confronti della vita che esegue esattamente la stessa operazione nei nostri confronti.

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A dirlo sembra cosa ovvia ma quando accade, secondo che tasti va a premere, o potremmo dire secondo quali scatoloni decide di eliminare, la sofferenza che proviamo ci strugge in un dramma insopportabile.

Bhè certo, non è mica la stessa cosa rimuovere quelle logore chincaglierie della nonna, stipate nel terzo ripiano dello scaffale, paragonate al/alla nostro/a partner che tanto amiamo il/la quale ha deciso di andarsene con un’altra/o.

Potremmo dire che la vita a volte sembra non avere pietà. Crudele, meschina, tragica. Elimina davvero da noi le cose alle quali teniamo di più: persone amate, lavoro, case… con la stessa facilità con la quale noi eliminiamo vecchie cianfrusaglie e spesso nei modi più bislacchi ma, ahimè, duri da sopportare.

Questo accade perché la vita, o meglio la grandissima energia universale nella quale viviamo, alla quale apparteniamo e che ha potere su di noi, non ha i nostri stessi sentimenti. Non è edulcorata dai nostri stessi bisogni, non prova assolutamente le nostre stesse sensazioni.

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A lei interessa fare spazio per ripristinare, per riordinare, per aggiungere e, quando aggiunge, aggiunge sempre qualcosa di meglio, di più grande, di più ottimale per noi. È semplice: l’energia cosmica è nostra madre dalla quale proveniamo e il suo scopo non è farci del male.

Bisognerebbe da parte nostra riuscire a focalizzarsi sul “bello” che sta per arrivare ma questo appare come una condizione assurda.

Di questo “bello” non conosciamo neppure l’esistenza, non ne abbiamo nemmeno un indizio, non ne percepiamo il sentore, siamo completamente avviluppati in un dolore straziante e il nostro unico scopo ora è uscirne vivi. Lo so. Lo so bene.

E’ impossibile riuscire ad immaginare un “bello” quando non abbiamo nemmeno più una lacrima dentro di noi. Quando il petto sembra schiacciato da un enorme masso e lo stomaco stritolato in una morsa che lo attanaglia priva di compassione. Come possiamo immaginare il “bello” quando la nostra vita sta andando a rotoli, è completamente da ricostruire, ci ritroviamo senza soldi, senza affetti, senza dimora o senza un mestiere? La vita ha deciso di colpire così perché “vive nel suo mondo” ma nel nostro di mondo dobbiamo rispondere ad una società e, in questa società, se non hai determinati requisiti muori.

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Non c’è notte tanto lunga da non permettere al sole di risorgere il giorno dopo – (J. Morrison)

Perché in realtà il sole è destinato a risorgere sempre ed anche in noi. Se glielo permettiamo. Non esiste dramma tanto grande da non poter permettere alla felicità di entrare nel nostro essere. E’ così. E finchè questo sembrerà impossibile non accadrà mai.

Finchè si continua a rimanere appesi alla nostra disgrazia non si intraprenderanno mai nuovi cammini.

Conoscete tutti immagino il film – Rambo – di Sylvester Stallone. Il primo, quello che negli anni ’80 ha entusiasmato un mucchio di ragazzini e anche persone di una certa età. Io avevo all’incirca otto anni la prima volta che lo vidi. Sly mi piaceva già un sacco e una volta adulta, naturalmente, sarebbe diventato mio marito. Ricordo ancora oggi le sensazioni che provai quando si buttò giù da quel dirupo infinito per salvare la propria vita in una scena che ha fatto scalpore.

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John Rambo, veterano della guerra in Vietnam, aveva due possibilità: o farsi braccare dai poliziotti e certamente morire o tuffarsi in un fiume lontano con una minima possibilità di salvarsi. Scelse ovviamente la seconda opzione. Un’opzione che appariva illogica e la morte sembrava attenderlo a braccia aperte in quel vuoto. L’assurdità contro la certezza. E visse.

Ricordo che nell’esatto momento in cui si staccò da quella parete rocciosa per lasciarsi cadere nel nulla pensai “Uh! E’ pazzo! Morirà!” e invece no.

Ma la vita non è un film, non ci sono trucchi e nemmeno un cast che recita con noi. Nessuno ci scrive le battute o ci rifà il trucco. Non ci sono palloni gonfiabili ad attutire i nostri colpi. Le botte le prendiamo per davvero e rompono le ossa. E’ tutto reale, come l’immenso dolore che si prova, che lacera.

Ma, come in un film, deve potersi svolgere una trama, bisogna arrivare ad un fine e, costi quel che costi, quel finale dev’essere il più lieto possibile. Sta a noi decidere di scriverlo così.

Però perché, se è stata la vita, se è stato il fato a ideare questo passaggio della nostra esistenza, ora siamo noi a dover creare il passaggio successivo? Perché allora non abbiamo potuto scrivere anche il momento precedente e ce lo saremmo scritti come meglio ci apparteneva senza quindi dover soffrire?

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L’essenza da comprendere di questo discorso è davvero lunga e complicata, avrei bisogno di tre articoli, perciò mi limiterò a dire che non l’avremmo mai fatto. La nostra coscienza, la nostra mente, non l’avrebbe mai scritto in quel modo, rimanendo così avvolta in una situazione che può sembrarci benefica ma che così non è. Ci accontentiamo, per paura, di quello che abbiamo senza accettare e capire che c’è molto di più. Ci rotoliamo in un fango convinti che sia salutare per noi senza renderci conto che stiamo soltanto rimanendo bloccati in una situazione di comodo a causa del timore di ciò che ci è sconosciuto. Quel lavoro che abbiamo, ancor grazie che l’abbiamo. Quel/la compagno/a che abbiamo, ancor grazie che l’abbiamo. Quella casa che sta cadendo a pezzi, ma per lo meno abbiamo un tetto sulla testa.

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Siamo convinti di non valere, di non poter meritare di più perché ci hanno insegnato a non pretendere, ci hanno inculcato al pensare sempre che al mondo ci sono bambini che muoiono di fame, ci hanno insegnato che se vuoi essere considerato/a bello/a devi avere i canoni di quelli che sono alla televisione e se vuoi essere ricco/a devi svolgere un mestiere di quelli considerati “notevoli”. Qualcuno un tempo li ha definiti tali e così è.

E’ a questo punto che interviene qualcosa di più grande di noi, per darci qualcosa di incredibilmente adatto al nostro valore inestimabile, enorme, meraviglioso, ma sovente non otteniamo nulla lo stesso perché con le unghie e con i denti vogliamo continuare a rimanere aggrappati lì, a non farcelo portare via. Per non rimanerne senza. Per un attaccamento deleterio che consideriamo invece il nostro Tutto.

Ma cos’è il Tutto? Soffermiamoci a ragionare su questa parola. Il Tutto. Che sempre confondiamo con una misera parte. Qual è questo Tutto? La vita che conduciamo? Per molti è così ma non per ognuno, non nel loro più profondo. E allora accade. Accade che qualcosa ti da ciò che meriti e tu peggiori la situazione. Certo, involontariamente. E’ la paura che fa agire così. Mica lo facciamo apposta. Questo accade perché non si ha fiducia nell’Universo, nella vita.

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Dio non assegna una croce più grande di quanto un uomo possa sopportare – questa bellissima citazione, cattolica o meno, della quale fatichiamo a comprenderne il senso, è invece alla base di ciò che viviamo durante la nostra esistenza. Anche quando appare impossibile, la vita offre esperienze che in realtà si possono vivere perché è da lì che nasceranno le migliori conseguenze. Occorre capirle, aprire gli occhi per vederle, fare questo grande immane sforzo, cercarle, e si potranno assaporare.

 

Prosi!

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Io non ho mai approfittato di niente e di nessuno – nemmeno di una zanzara…

Hai appena visto un uomo picchiare violentemente e ingiustamente un cane solo per il piacere di farlo, per sfogarsi con qualcuno, per collera, per qualsiasi motivo e, questa situazione, ti ha fatto crescere dentro rabbia, voglia di ribellione, fastidio, angoscia. Che cos’hai visto? Non hai solo visto un animale che veniva maltrattato, hai visto anche un’azione alla quale possiamo collegare dei termini: aggressività, abuso, sfogo, violenza, approfittamento* (*brutta creazione del sostantivo di un verbo ma legittimata da altre creazioni simili)…

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Sicuramente lo stomaco ti si chiude e pensi che vorresti prendere quell’uomo a calci ma ti sei mai soffermato a chiederti perché, proprio tu, da solo o anche insieme ad altri, sei stato testimone di un atto simile?

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Per poter leggere nel tuo inconscio, cosa praticamente impossibile da fare, l’Universo ti mostra le pagine dei tuoi lati nascosti, scritti durante un’intera esistenza, attraverso le altre persone, le situazioni, gli avvenimenti ed è quindi come se tu ti stessi rispecchiando in quel momento. Ebbene si, dentro di te ci sono quei sostantivi che ho elencato prima oppure ci sono stati. Lo so che può sembrarti impossibile ma vedi, tra tutte quelle parole, che possiamo anche definire sensazioni, sottolineando l’APPROFITTARSI di qualcuno o di qualcosa, vorrei farti ragionare su una conclusione mia personale.

Ho sempre pensato di non avere mai approfittato di nulla e di nessuno nella mia vita. Tant’è che, anche quando avrei potuto farlo, non l’ho fatto pur di dimostrarmi onesta nei confronti della mia coscienza soprattutto. Eppure, nonostante questo, i miei occhi o le mie orecchie mi hanno diverse volte messo davanti visioni e suoni inerenti all’approfittarsi degli altri. – Impossibile! – era il mio resoconto – non l’ho mai fatto! – a costo di non prendermi un merito, a costo di beccarmi una sgridata, a costo di perdere o di dover rinunciare a qualcosa.

Poi, ripensandoci, mi sono fatta delle domande:

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– Hai mai tenuto un canarino in gabbia o un pesciolino rosso in una boccia di vetro?

– Hai mai tirato una sberla a tuo figlio che te le aveva particolarmente fatte girare?

– Hai mai tirato il tuo cane al guinzaglio perché da troppo tempo si era fermato ad annusare la pipì di una cagnetta?

– Hai mai parlato male di una persona mentre questa non era presente?

………. – Hai mai ammazzato una zanzara? –

Ah! Sulla zanzara c’è da dire molto.

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Allora, innanzi tutto non cadiamo nell’estremismo che non serve a niente, parlare di zanzare è quasi assurdo anche perché potresti dirmi che lei per prima ha approfittato di te venendo a succhiarti il sangue. Bhè, in realtà, non è proprio così. Lei non sa assolutamente di farti del male e che ti farà prudere il braccio per un giorno intero. Lei non sa neanche chi sei. Che cosa sei. Forse ti crede una montagna di cibo, lei realizza solo quello al quale la sua necessità la obbliga ma, che sia chiaro, ho ammazzato anch’io delle zanzare. Non solo, alcune le lasciavo spiaccicate al muro in modo che le amiche vedessero e capissero a cosa sarebbero andate incontro…

Il concetto era per me molto chiaro: prima ti parlo, ti spiego, ti ordino di andartene “cara zanzara” (in teoria con la nostra energia dovremmo riuscirci ma… l’è dura). Se non lo capisci, sono cavoli tuoi. Io non vengo nella tana tua e tu non devi venire nella tana mia.

Molto bene, dopo un’ora di “Zzzzzz….Zzzzz….” nell’orecchio, partiva la ciabattata.

Finalmente potevo dormire soddisfatta ma mi ero comunque approfittata della piccolezza di un essere vivente che, senza volerlo, mi aveva dato fastidio. Questo dev’essere chiaro.

Non dev’essere chiaro per far nascere in te dei sensi di colpa ma semplicemente per insegnarti ad osservare quella sensazione. Innanzi tutto la sensazione del FASTIDIO che hai provato (attenzione… è la medesima cosa che vedere un uomo che picchia un cane! Se hai provato fastidio è perché il fastidio è dentro di te!) dovresti eliminarla dalla tua parte intrinseca. Cosa ti da fastidio nella vita? Il/la partner? Il lavoro? Il traffico? Il vicino di casa? I politici?

E, in secondo luogo, riconoscere il tuo approfittare, degli altri o… di te stesso. Non sono solo le altre persone ad approfittare di te, tu per primo “sfrutti” il tuo essere e non sempre in maniera positiva. Hai mai ragionato su questo fatto?

Amarti e perdonarti. Lo fai? No. Ami quella zanzara che hai appena ucciso? No. Anzi…

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Ora qualcuno potrebbe dire – Certo, la amo tantissimo e intanto l’ammazzo! Bello! -. Allora posso anche uccidere il mio collega, però lo amo tanto, tanto. No, le cose non stanno così. Le cose partono dall’incontrario.

Ragiona, quando ti APPROFITTI? Quando devi combattere un FASTIDIO o un BISOGNO.

Approfittarsi è sempre correlato all’appagamento di una nostra necessità. Può essere legata all’estetica, all’umore, all’educazione, economica, di qualche meccanismo strampalato della nostra personalità… ma sempre una necessità è. Ci sono coppie che stanno insieme una vita dicendo di amarsi e invece il loro è solo un silente approfittarsi l’uno dell’altro per non rimanere soli, per avere i bisogni appagati, per avere un ruolo nella vita… etc, etc… ci approfittiamo anche dei nostri genitori, dei nostri figli persino. E mica lo facciamo apposta, sono dinamiche dettate dall’inconscio molto spesso.

Quindi quello che dobbiamo eliminare sono i FASTIDI  e i BISOGNI. Automaticamente non dovrai più approfittarti di nessuno e non ti servirà nemmeno più ammazzare il collega di lavoro. Che ci credi o no nessuna zanzara t’infastidirà più, nessuna formica realizzerà una colonia in casa tua, tuo figlio non ti farà perdere le staffe, il vicino di casa si calmerà, quello che ieri ti ha mandato a quel paese ti chiederà scusa, perché sarà modificando te stesso che modificherai la realtà intorno.

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Quando pensi di non avere dentro di te certe sensazioni, e senti che davvero non ti appartengono, impara a credere all’Universo e abbi fiducia nella vita che invece te le sta mostrando. Purtroppo nel nostro inconscio non possiamo guardare, non siamo capaci, ma possiamo utilizzare questo strumento, questa specie di diario che abbiamo scritto negli anni, e cioè la nostra esistenza, la nostra quotidianità, sapendola ora guardare e comprendendone i messaggi.

Morale della favola: la risposta alle domande che mi sono fatta sul canarino in gabbia, sul pesciolino rosso, sul figlio e sul cane è – Si! -. Ho approfittato di questi esseri per un piacere personale, perché dovevo far veloce per andare a compiere il mio dovere, perché ero stufa ma… nulla di male. L’importante è rimediare nella vita.

Ora però, la prossima domanda che devo pormi è: ho ancora di questi bisogni?

Se la risposta questa volta sarà – No! – avrò capito che posso vivere una vita basandomi su altri piaceri e nessuna situazione dovrà più insegnarmelo.

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Di una cosa sola possiamo approfittare. Delle esperienze. Perché ci insegnano, perché sono occasioni di crescita. Quindi, anziché perdere energia nel giudicarle, impariamo a porci delle domande e a darci delle risposte.

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Voglio aggiungere ancora una cosa: tutto questo naturalmente vale anche per gli avvenimenti belli e amorevoli che vediamo o viviamo. Se in noi c’è amore, gioia, serenità e appagamento, ci capiterà sicuramente di essere partecipi di qualche lieto episodio fosse anche solo una mamma che bacia il suo bambino. Un momento mai banale.

Prosit!

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La Psoriasi – uno scudo che protegge

Sulla Psoriasi penso di averne sentite di tutti i colori perciò penso anche di poter dire la mia… dal punto di vista psicosomatico s’intende.

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Innanzi tutto la Psoriasi è una malattia della pelle e compare presentandosi con chiazze rossastre ricoperte da squame bianche o grigie. Colpisce prevalentemente alcune zone del corpo ma può sopraggiungere ovunque, in qualsiasi parte, persino sulle unghie, a qualsiasi età e in entrambi i sessi. La comparsa della Psoriasi può avvenire per diversi fattori a livello fisiologico e scientifico ma, dietro la sua apparizione, secondo alcune filosofie, c’è sempre, nell’inconscio, una vissuta situazione di abbandono o di separazione che ha fatto male e che ancora non si è dimenticata pur non rendendosene conto.

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Secondo i meccanismi mentali di un individuo, anche la semplice disattenzione di un genitore nei propri confronti, o del proprio partner, può essere vista come distacco e può far soffrire molto.

La Psoriasi infatti, riguardando la pelle (che sappiamo essere strettamente collegata ai Reni e ai Polmoni), è l’insieme di due grandi emozioni negative: la Paura (che ha sede nei Reni) e la Tristezza (che ha sede nei Polmoni).

Non per niente provare Paura, con l’andar del tempo, rende tristi.

Nei Polmoni s’introduce l’aria nuova, l’ossigeno fonte di vita, mentre dai Reni si espelle tutto ciò che non serve più, gli scarti, le tossine e, ad avvolgere questo ciclo vitale e quotidiano, c’è appunto la nostra cute che si nutre delle emozioni provate nei due determinati organi e se ne fa carico.

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Come i Polmoni e come i Reni la pelle infatti è in grado di assorbire sostanze dall’esterno o eliminare sostanze interne e aiuta questi organi, quando sono troppi gli elementi da annullare, rovinandosi o ammalandosi essa stessa.

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Da bambini, l’essere messi da parte e presi in giro dai compagni è una situazione bruttissima da vivere, così come spiacevole è assistere alle continue e violente litigate dei genitori alle quali non si prende parte ma si vivono assumendosi una sorta di colpa che allontana. Memorie che rimangono purtroppo indelebili e questi sono solo banali esempi.

Quando da adulti, un qualsiasi fattore risveglia quel ricordo, ecco che in noi si rivive la stessa medesima situazione e questa volta ancora più insopportabile sempre, ovviamente, senza mai rendersene conto.

Molte persone, affette da Psoriasi, quando iniziano a ragionare su questi avvenimenti, non ricordano di aver vissuto vicende del genere anzi, si sono sempre sentiti amati da mamma e papà, sempre cercati dagli amici e sempre gioiosi nelle loro attività sociali.

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E’ naturale, un padre che parte per lavoro ma chiama ogni giorno facendo sentire il proprio figlio importante per lui e ogni volta che torna a casa non dimentica mai una sorpresa, lascia ovviamente un bel ricordo, amorevole e affettuoso ma, seduto a tavola, durante il pasto serale, non c’è o non c’è più. Quella sedia è vuota e gli occhi del bambino la osservano, la notano fredda, inanime, lontana, distaccata dal dolce focolare domestico che ora condivide solo con la madre.

Il fratello maggiore che si sposa e va a vivere in un’altra casa, la sorellina più piccola che può restare con la mamma mentre noi invece si va a scuola… potrei continuare con mille esempi ma la cosa più giusta da fare è lavorare sulla propria frustrazione al di là del motivo.

La comparsa della Psoriasi, come tutti gli altri malesseri e disturbi che ci colpiscono, è un messaggio. Un messaggio che il nostro corpo ci offre per elevarci, guarire e stare meglio nel nostro più profondo. Il suo consiglio è proprio questo: liberati dalla delusione di essere stato in qualche modo respinto, abbandonato, messo da parte. Ragiona sul fatto che chiunque ti abbia fatto vivere quest’esperienza è, o è stato, vittima anch’essa della vita quanto te. Non deve interessarti chi ti ha regalato queste brutte sensazioni, la cosa principale è liberarti dall’attaccamento e rilassarti accettando che qualsiasi episodio, avvenuto nella tua vita, è accaduto per una motivazione. Prova a sentirti amato e accettato, impara ad amarti e accettarti tu per primo, nutri il tuo organismo d’amore e dalla tua pelle traboccherà solo amore. Approvati!

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La Psoriasi subentra come scudo. L’ispessimento della pelle che si denota è proprio una forte barriera (anche se in realtà forte non è) che la nostra cute prova ad attuare per difenderci, per farci sentire protetti. Questo accade perché inconsciamente abbiamo paura di soffrire di nuovo nella vita ed è proprio su questa paura che si deve lavorare. Il nostro corpo non ha mai intenzione di farci del male, prova ad attuare sempre meccanismi di risoluzione.

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Ogni giorno si disegna la propria esistenza in base agli avvenimenti subiti o goduti in passato e, dove c’è stata una falla, si cerca in tutti i modi di porre rimedio. La prima sensazione che nasce, anche se non si avverte, è quella della preoccupazione per non rivivere certi momenti e per non far riaprire determinate ferite. Obblighiamo la nostra pelle, un organo meraviglioso che abbiamo e prezioso rivestimento che collega il nostro mondo interiore a quello esterno, a vivere in uno stato di attenzione perenne come una sentinella in accampamento che, concentrata e sempre vigile, si aspetta l’arrivo del nemico da un momento all’altro.

Rilassati e anche la tua pelle si rilasserà.

Prosit!

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Liberiamoci Dei Rompipalle 6° – IL MANIPOLATORE

La persona manipolatrice è davvero particolare. Quante cose ci sarebbero da dire sul suo conto! E quanti strani meccanismi include questa personalità. Non so nemmeno se riuscirò a spiegarla al meglio perché, credetemi, è davvero incredibilmente ricca di sfaccettature con infinite dinamiche e un funzionamento realmente variegato.

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Il Manipolatore è un soggetto molto conosciuto ma, nonostante tutto, continua a mietere vittime, giorno dopo giorno, perché lo si conosce etimologicamente e se ne conoscono le caratteristiche psicologiche ma difficilmente si riesce a identificare sul campo, in azione.

Se si è vittime di questo tipo di individuo, non ci si rende conto che si ha a che fare proprio con chi manipola i nostri sentimenti e il nostro essere.

La persona manipolatrice può manipolare in diversi modi: attraverso l’aggressività, l’inganno, o addirittura costruendo un palcoscenico che la vede come un tenero agnellino, davanti al quale cede anche chi meno se lo aspetta.

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Oggi è stato riconosciuto persino il gaslighting, come forma di abuso mentale. Si tratta anche qui di una violenza psicologica che tenta di modificare addirittura la percezione della realtà di una persona e, in questo articolo che vi segnalo, è ben descritto http://psicoadvisor.com/essere-vittime-di-abusi-mentali-senza-accorgersene-il-gaslighting-994.html

Sì, il Manipolatore arriva ad usare l’altro attraverso parecchie strategie. Alcuni Manipolatori si rendono conto di esserlo e lo fanno con cognizione, sapendo di provocare del male nel prossimo; altri invece lo sono inconsciamente.

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Il Manipolatore, in genere, è comunque un soggetto che cerca la soddisfazione dei propri interessi e bisogni abusando degli altri e, molto spesso, può essere dotato di un’intelligenza sopra la media. Sa bene dove mirare e quali macchinazioni usare per appagare le sue necessità. Uno tra i più noti è il Narcisista che non è soltanto un individuo amante della propria immagine riflessa allo specchio, come molti credono bensì, si stratta di una personalità davvero complessa e tra le più devastanti per chi la subisce dall’esterno come vittima ma anche per chi la porta dentro.

C’è una cosa che va sottolineata; mentre il Falso racconta bugie a chiunque, persino a se stesso, il Manipolatore invece, pur essendo anch’egli falso, conosce perfettamente la sua vittima e la sceglie con cura; non manipola chiunque. Questo dimostra come sia la vittima stessa a farsi manipolare altrimenti, il Manipolatore, non avrebbe modo di esistere, ma andiamo con ordine.

Solitamente questo tipo di “persona nociva” tende a sminuire offendendo la persona che ogni giorno gli sta affianco (la manipolazione è un lavoro lungo e duraturo, non avviene in un minuto come la menzogna raccontata) ma, come dicevo prima, possono esistere invece casi in cui si dimostra carino e servizievole (accontentando la vittima si assicura di poter ottenere ciò che gli farà comodo in futuro) solo allo scopo di soddisfare ed esaudire i propri desideri. E’ comunque sempre uno sfruttatore.

Pensate che addirittura, sovente, agli occhi degli altri, la vittima sembra lui!

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Ho conosciuto tempo fa una coppia di amici in cui lui era invidiato da tutte le donne. Carino, affettuoso, innamorato perso di sua moglie. Il marito che tutte desiderano. In realtà, questo ragazzo, aveva solo bisogno di lei. Negli anni gli erano accadute diverse brutte situazioni da risolvere e soprattutto durante la sua vita di coppia: problemi con i propri genitori, problemi di salute, problemi con la legge e molto altro.

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La moglie, affetta sicuramente da – sindrome della crocerossina – (le migliori vittime per un manipolatore/insicuro/egoista) risultava essere il suo faro nella nebbia e lui sembrava avere occhi solo per lei finchè, un bel giorno, un giorno qualunque, dopo dieci anni di matrimonio, sparì abbandonando moglie e figli e iniziando la sua nuova vita. Stop. I problemi più gravi della sua esistenza ormai erano stati risolti, adesso poteva preoccuparsi di trovare qualcun altro disposto a servirlo in altri contesti. Aveva probabilmente notato, da bravo vampiro energetico, che dalla moglie esausta, dopo dieci anni di aiuto, non poteva più succhiare nulla. Andò via senza dare spiegazioni, senza avvisare, senza preparare nessuno al suo gesto.

Ovviamente la ragazza soffrì moltissimo mentre lui godeva di una nuova realtà pronto a ricercare un’altra fontana dalla quale potersi dissetare. Il Manipolatore è infatti anaffettivo. Non è capace ad amare ha solo del “bisogno”. E’ egoista, egocentrico, spesso egotista. Convinto di avere sempre ragione non riesce a mettersi nei panni dell’altro. Difficilmente ammette di avere torto almeno che non gli serva a manipolare ulteriormente.

Addirittura egli confessò di non avere nessun senso di colpa nei confronti di lei e dei bambini e di avere la coscienza completamente pulita. Ma è ovvio, lo pensava davvero. I suoi schemi mentali erano quelli. Il Manipolatore non è empatico; nonostante riesca a capire bene cosa vuole l’altro e si offre di darlo per essere ripagato, non capisce e non sente i sentimenti provati dalle altre persone.

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Il Manipolatore è comunque, alla base, un BISOGNOSO e lo siamo un po’ tutti in fondo ma alcuni esagerano.

Il Manipolatore, pur arrivando a credersi grande e potente, può avere molte paure, addirittura fobie.

E’ sempre invidioso di chiunque ma ama anche creare invidia negli altri. Ama piacere. Giudica, ma teme il giudizio.

Solitamente si pensa al Manipolatore come una persona aggressiva e autoritaria che impone il suo volere ma spesso invece, il suo operare, può rivelarsi subdolo. Molto subdolo e può durare anni interi.

La madre che regala al proprio figlio una maglia come piace a lei, obbligando il giovane a mettersela perché l’ha acquistata “con tanto amore”, e sarebbe un dolore tremendo vedere che lui non la indossa, sta attuando una pratica di manipolazione.

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Prodigarsi in mille faccende ed essere generosi oltre le righe, pur di avere l’affetto dei propri cari, comprando un amore che altrimenti non sarebbe tale, è manipolazione.

Ma come ci si può difendere da questi individui?

Innanzi tutto il Manipolatore riesce ad agire solo se si trova davanti una persona che non ha un’elevata autostima.

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Bisogna per prima cosa mettere davanti la nostra dignità e poi la gentilezza.

Per chi non ha autostima e pensa di non meritare amore come semplice essere umano, appagare le necessità di un altro e vedersi corrisposti è l’estasi totale, ma bisogna fare attenzione a chi si ha di fronte perché, nel caso del Manipolatore, si sta dando tutta la nostra vita in mano a chi se ne approfitta soltanto.

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Quindi se dopo qualche tempo accanto ad un individuo che può essere un amico o un parente, che frequenti giornalmente, inizi a sentirti brutto/a, non adatto/a, pieno di lacune in diversi ambiti, etc… prova ad addrizzare le antenne. Probabilmente è lui a farti sentire così pur non dicendotelo chiaramente.

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Impara ad ascoltare la voce del tuo cuore e del tuo intuito, se senti che c’è qualcosa di poco chiaro valuta bene quella persona, prova a scansare un attimo l’affetto che provi per lei e osservala dal punto di vista razionale. Chiedi aiuto ai tuoi amici, quelli meno coinvolti, se tu sei innamorato/a, ad esempio, forse non riesci a vedere chiaro ma loro sì dall’esterno.

Se ti rendi conto che stai dipendendo in qualsiasi modo da qualcuno, fosse anche tuo figlio, fatti delle domande ed elimina questa sorta di dipendenza voluta o meno dalla tua vita.

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Non essere ingenuo, non credere a tutto anche se a parlarti è la persona più importante della tua vita, cerca di sondare il terreno e soprattutto non aprirti esageratamente con lei. Ci sono dei segreti che appartengono solo a te. Sfogandoti e tirando fuori le tue più intime riflessioni, in realtà dai in mano al Manipolatore un mucchio di armi adatte a manipolarti.

Diffida anche da chi non trova mai un difetto in te, da chi ti loda in continuazione soprattutto in caso di convivenza. Le caratteristiche negative le abbiamo tutti e prima o poi saltano fuori e danno fastidio, ma chi ti reputa sempre perfetto/a potrebbe avere altri scopi nella vita, diversi da quello dell’amarti e basta.

In ultimo, chiediti sempre perché un Manipolatore è entrato nella tua vita. Sei forse una persona che giudica le caratteristiche di un Manipolatore? Sei forse una persona senza midollo che si lascia troppo guidare dagli altri? Insensibilità, falsità e menefreghismo ti irritano? Bene. Continueranno ad irritarti finchè tu non impari ad accettare e amare queste caratteristiche nell’altro, perché se le vedi fanno anche parte di te e perché non spetta a te giudicarle. Giudicando ti abbassi ad un livello che è all’opposto di quello che tu sei o potresti realmente essere.

O forse sei una persona troppo incline a servire gli altri e appagarli? Forse stai mancando di rispetto a te stesso/a pur di rendere felice chi ti sta davanti ma, per la tua parte intrinseca, per la natura, questo non è un bene perché se le cose stanno così significa che non ti ami e che ti reputi un burattino. Ascolta la tua anima e anche se può sembrarti assurdo, ringrazia quel Manipolatore che è entrato nella tua vita; o per un motivo o per l’altro, ha fatto si che tu, capendolo e riconoscendolo, ti elevassi come persona.

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Oppure ancora, senza volerlo, inconsciamente, sei un Manipolatore a tua volta? Riflettici e prova ad appagare i tuoi bisogni in altri modi, senza calpestare gli altri, perché solo così troverai la vera felicità.

Ricorda, la vita, attraverso persone, cose o situazioni, ti mette sempre davanti uno specchio grazie al quale poter vedere cosa si cela realmente in te. Impara ad osservare attentamente.

Prosit!

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Un pò di curiosità sui Capelli Bianchi

Se hai i capelli bianchi stai invecchiando -. Così si dice e così, in effetti, per la maggior parte della gente è.

La canizie, ossia appunto la perdita del colore di capelli e peli, indica proprio l’approssimarsi della vecchiaia ma rappresenta anche l’avvicinarsi alla maturità dal momento che alcuni soggetti presentano una capigliatura canuta, o quasi, già in giovane età. Una maturità che non è soltanto data dagli anni ma da ciò che si prova dentro. Avere tante responsabilità, ad esempio, porta di conseguenza all’essere più maturi. Avere tante responsabilità però, toglie anche un po’ di gioia di vivere.

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Nel mio dialetto, in Liguria, un simpatico proverbio recita – Quandu i cavei i se fan gianchin mola e done e atacate au vin – ossia – Quando i capelli iniziano a farsi bianchini molla le donne e attaccati al vino – un po’ come dire “non c’è più speranza ormai… sei vecchio”.

In effetti, la canizie rappresenta proprio una perdita della vitalità che si ha appunto invecchiando. Si può invecchiare in diversi modi, non solo fisicamente. Conosco diverse persone che a soli quarant’anni conducono lo stesso stile di vita di un ottantenne dove la pigrizia, la svogliatezza e la lentezza condiscono una vita che invece potrebbe ancora regalare molto.

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Non si sente più la voglia di “creare”. Creare cose, situazioni, nuove conoscenze, viaggi, nuovi attimi, giorno dopo giorno. C’è uno spegnimento.

Il colore bianco nei capelli può subentrare anche improvvisamente a causa di traumi o stress prolungato proprio perché sia l’ansia che l’angoscia, emozioni provate in quei momenti, soffocano l’entusiasmo e l’energia vitale. Si possono scolorire anche solo determinate ciocche lasciando gli altri capelli del colore naturale.

La misura della nostra energia vitale è correlata alla paura e ha quindi, come quest’ultima, sede nei Reni. L’abbassamento della vitalità è infatti dato dalla paura.

Non basta ridere, essere allegri, fare battute divertenti. Bisogna osservare cosa risiede nel profondo.

I capelli bianchi sono anche simbolo di saggezza e la saggezza si ottiene proprio dimostrandosi maturi o avendo vissuto molti anni e molte esperienze. Per quanto riguarda le persone giovani, e come dicevo prima molto responsabili, o tristi e pensierose, e quindi poco vitali, si parla di paura nel condurre la vita, tant’è che inconsciamente si desidera diventare presto maturi per potersi difendere meglio da eventuali pericoli, mentre per le persone più anziane può subentrare la paura della morte o della solitudine così come una stanchezza “del vivere” soprattutto quando si è condotta una vita faticosa e poco appagante.

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I nostri capelli, rappresentano la nostra bellezza ma anche una connessione con il divino (…come in cielo così in terra…) tra il Pianeta Madre e il cielo, o meglio l’infinito. Perdendo il loro colore perdono anche la loro forza ed è come se il filo che ci collega all’energia cosmica s’indebolisse. In effetti è proprio così. Nel momento in cui l’entusiasmo viene meno significa che ci focalizziamo di più sui problemi e i bisogni piuttosto che affidarci alla vita e vivere liberamente senza oppressioni anche se questo può accadere in modo completamente inconscio. Come spesso vi ho detto, la parola “Entusiasmo” significa “Con Dio dentro di sé – in totale collegamento con il divino” dal greco enthusiasmòs, formato da en (in) e theos (Dio).

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I capelli sono la nostra corona e la corona risiede sulla testa di un Re. Un Re che depone il proprio scettro, come a voler abdicare, è un Re stanco che non riesce più a governare al meglio nel suo Regno.

I troppi pensieri e le troppe preoccupazioni scoloriscono i nostri capelli.

I capelli e i peli sono fisiologicamente colorati dalla melanina un pigmento dato dai melanociti, cellule dell’epidermide, che serve a proteggere e difendere la nostra pelle così come questi annessi cutanei. Ho sottolineato i verbi “proteggere” e “difendere” proprio perché con l’innalzamento della paura vengono meno i sensi di protezione e difesa anche a livello psicosomatico.

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Naturalmente tutto quello che ho scritto non è l’assoluto. Anche un’alimentazione sbagliata e povera dei principi nutritivi basilari può provocare una canizie precoce così come non dobbiamo dimenticarci i fattori genetici ma, proprio su questo punto, vorrei precisare una cosa.

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Se nostro padre o nostra madre, prematuramente colpiti da canizie e quindi persone prevalentemente paurose ci hanno educato in un certo modo, sarà ovvio che noi, di conseguenza, vivremmo la vita con le emozioni da loro dimostrate. Se ci hanno insegnato a preoccuparci per qualsiasi cosa, o noi ci siamo per anni abbeverati delle loro preoccupazioni, sarà normale preoccuparsi a nostra volta per ogni situazione che siamo costretti a vivere. Fa parte delle nostre memorie. Pertanto, come potete vedere, c’è sempre un collegamento tra la nostra parte fisica e biologica e quella emozionale ed energetica.

Prosit!

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