Io non mi piaccio ma lui mi ama da impazzire

Sono tantissime le persone che si autosvalutano, che si credono sbagliate, tremendamente sbagliate e non all’altezza. Si considerano brutte, fuori luogo, non si amano e non si accettano.

A dimostrare questo, seguendo le leggi della psicosomatica, insorgono durante la vita malattie e disturbi fastidiosi come: l’Acne, le Verruche, l’Osteoporosi, vari dolori alla Schiena e moltissimi altri sintomi.

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Si vive in una costante paura di non piacere, di non essere adeguati e raramente ci si accorge che invece, là fuori, c’è qualcuno che ci ammira moltissimo, che ci desidera e vive per noi. Un qualcuno che non cambierebbe della nostra persona nemmeno un pelucco.

Raramente proviamo a riflettere sul processo inverso ossia, a quelli tra voi, privi di autostima e che si svalutano in continuazione, chiedo: – Siete per caso follemente innamorati di una persona? -. Se la vostra risposta è – -, la domanda a seguire è – E questa persona si ama e si accetta così com’è? -. La maggior parte delle volte la risposta a questa seconda domanda è – No -.

Eppure voi l’amate. Secondo voi è la donna più bella del mondo o l’uomo più perfetto del pianeta. Non fate altro che pensare a questa persona, ne siete quasi ossessionati, ricordate il suo bel viso, il suo modo di gesticolare, la sua splendida voce e le sue espressioni che vi strizzano lo stomaco dall’emozione. Ma lei, ogni mattina, quando si guarda allo specchio vorrebbe strapparsi via quel viso, vorrebbe tagliarsi gran parte di cosce o di pancia, vorrebbe avere una pelle diversa, più capelli, più barba, oppure preme il suo seno con rabbia. E mentre voi la sognate, circondata da fiori e farfalle, e vorreste condividere con lei l’eternità, lei si strugge nel tormento di una propria considerazione pari allo zero.

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La stessa cosa accade a voi.

Voi che vi reputate così brutti, così grassi, così spiacevoli, così imbranati, potreste avere qualcuno, intorno, che invece vi reputa meravigliosi.

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Tempo fa conobbi una persona che sembrava la perfezione fatta ad essere umano. Sapeva molte cose, era molto istruita, aveva un bel modo di fare, intelligentissima. Sembrava inoltre anche molto sicura di sé. Una di quelle persone alle quali puoi affidarti ciecamente. Dava l’idea di non aver paura di niente e di nessuno e ragionava in un modo inusuale ma che affascinava tantissimo e prospettava nuove visuali di vita. Sportiva, con un buon lavoro, un buon stipendio e anche molto, molto carina. Insomma, non le mancava davvero nulla. Man mano però che la confidenza tra noi aumentava, mi raccontava, direttamente o indirettamente attraverso i suoi discorsi, di vari disturbi, dei quali aveva sofferto in passato, e malattie o inestetismi che ancora oggi spesso la obbligavano a prendere provvedimenti.

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Ogni malessere che palesava mi dava come chiave di lettura appunto l’autosvalutazione.

“Ma che stranezza” pensavo tra me e me. Pareva davvero inconsueto che una persona come lei, che oltretutto mostrava grande autostima, potesse avere sintomi di quel genere. Eppure, i messaggi che le trasmetteva il suo corpo erano quelli.

“Evidentemente si crede brutta ma allora perché riempire sfacciatamente i social di proprie foto?”, “Forse allora si sente sola? Ma allora perché voler staccare con il mondo intero per diversi giorni?” (pratica che ogni tanto si concedeva). “Forse ha paura a dimostrare quello che pensa ritenendosi superficiale, ma allora da dove nasce tanta schiettezza nel parlare da confondere, a volte, con presunzione?”. Era un vero enigma ma le famose “maschere” le conosciamo un po’ tutti ormai.

Ebbene si, questa persona stava indossando una maschera che le era praticamente appiccicata alla pelle con l’Attak. Non perdeva un solo colpo, non abbassava mai la guardia, non la coglievi mai in fallo. Qualsiasi frase dicesse o qualsiasi gesto facesse mostrava sempre grande sicurezza e padronanza di sé. Addirittura cercava di insegnare agli altri ad amarsi e rispettarsi.

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Fu un lavoro abbastanza duro quello che decisi di compiere su di lei. Un lavoro anche parecchio lungo. Avevo sempre e solo poche briciole sulle quali riflettere e costruire i veri tratti di quella personalità. Potevo basarmi prevalentemente sui suoi problemi fisici, loro si che non tradivano.

La morale è che questa persona, in realtà, aveva un gran bisogno di essere costantemente appoggiata e rassicurata. Aveva paura di buttarsi nella vita, paura di sbagliare, ma soprattutto aveva paura di non essere apprezzata. Faceva di tutto quindi, come arma o come scudo, per mostrarsi esattamente all’inverso. Ma se solo avesse saputo quanti individui impazzivano per lei! Sia uomini che donne. Colleghi di lavoro, amici, famigliari. Era veramente un “mito”.

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Io per prima, non avrei cambiato di lei nulla, nemmeno un neo.

Machissenefrega -, direte voi – se piaccio a cento persone, il problema è che non piaccio a me stesso – e avreste ragione a dire così. Il problema è proprio questo infatti ma volevo porre l’attenzione sulle sensazioni che voi provate per chi si sente imperfetto quando lo amate. Mentre voi, e mi ci metto dentro anch’io, state/stiamo facendo la stessa cosa. Da una parte mi vien da ridere…

Cosa direste a chi apprezzate così tanto? Cosa direste persino dei suoi difetti?

Si… quante parole meravigliose… ma a voi stessi che dite?

Per noi, solo cacchette… allora forse è meglio far parlare gli altri.

Prosit!

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Stille d’Amore per il Cosmo

Siamo riusciti a fare tante cose nella vita. Siamo riusciti probabilmente anche a realizzarci ma soprattutto siamo riusciti in tanti grandi progetti che richiedevano una forza immensa.

Abbiamo perso case, persone care, lavoro eppure abbiamo saputo ricominciare.

Abbiamo fatto grandi scoperte, ci siamo evoluti, realizzato faticose imprese e avuto fantastiche idee.

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Siamo riusciti a rivivere. Siamo dei sopravvissuti.

Siamo riusciti a sorpassare i più grandi ostacoli che la Vita può porre ma… non siamo mai riusciti ad amarci. Amarci veramente, fino in fondo. Ad amare noi stessi, per far del bene a noi e a tutto il Creato.

Tra i tanti significati dell’amare se stessi, che non starò qui ad esporre, c’è infatti anche quello che spiega come l’essere pieni d’amore possa far fuoriuscire da noi frequenze d’amore che vanno a spargersi per tutto il pianeta.

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Non si tratta quindi dei soliti meccanismi salutari che apporta il fatto di amarsi. Si tratta di qualcosa di “fisico, energetico, scientifico”.

I miei pensieri positivi nutriranno Gaia e tutte le creature che le appartengono. All’incontrario, il mio non amarmi, cioè il mio essere piena di altre emozioni come: la paura, la rabbia, la frustrazione, la delusione e via dicendo mi fa emanare frequenze negative che andranno a mischiarsi con l’energia del cosmo che vivo.

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E gli alberi seccheranno, le persone si ammaleranno, gli animali moriranno.

Immaginate quante persone siamo al mondo e quali tipi di frequenze vengono donate ogni giorno alla Terra. Non esiste più l’Eden del quale tanto si è parlato.

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Ma non si tratta di “avere delle colpe”, si tratta semplicemente di percepire ed essere consapevoli della propria responsabilità.

Se Tutto è Uno, io sono il Tutto e il Tutto è me. Questo, riportato a tutti gli esseri umani sulla Terra, coinvolge in un’unica entità l’intera esistenza.

Siamo convinti di amare il nostro partner perché non potremmo vivere senza di lui, siamo convinti di amare i nostri figli perché non potremmo vivere senza di loro, siamo convinti di amare tutto ciò del quale non potremmo mai fare a meno ma come possiamo realmente amare se l’amore non lo conosciamo? Non amiamo per amare, amiamo per non rimanere senza… Se l’amore non ce l’abbiamo dentro, per noi, capendone l’effetto che produce, come possiamo pensare di riuscire a donarlo se non sappiamo nemmeno cosa donare? Mi sembra quasi presunzione questa.

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Pensateci un attimo: vostro figlio vi comunica che vuole provare una nuova esperienza e voi naturalmente lo consigliate per ciò che voi stessi avete vissuto. Secondo le vostre reminiscenze. Se non sapete cosa dirgli, chiedete in giro, vi fate consigliare, l’importante è rispondere a lui nel migliore dei modi, nella maniera più equa, quella che a lui, seguendo la vostra parola, recherà minor danno. Lavorate su qualcosa che già sapete. Se farà così accadrà questo o ci sarà la possibilità che accada, se invece farà in un altro modo accadrà quell’altro. Ma come potete parlare una lingua che non conoscete?

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Se vi si presentasse davanti un Senegalese e iniziasse a chiedervi quelle che potrebbero sembrare informazioni, sapreste rispondergli? Non credo, a meno che non abbiate studiato e imparato il senegalese.

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Non confondiamo l’amore con l’egoismo. E si, spesso anche amare un figlio può essere egoismo, un egoismo invisibile, mascherato, umano e impercettibile. Può essere l’appagamento di un nostro bisogno nonostante andiamo proclamando il tanto discusso – amore incondizionato -.

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Io amo infinitamente la mia Valle. La amo dal più profondo del mio cuore. Quando la vedo e la vivo mi riempio di entusiasmo (termine che deriva dal greco antico enthusiasmòs, formato da en “in” con theos “Dio” ossia “percepire il Divino dentro di sé” e ormai sapete a quale Dio mi riferisco) di gioia immensa, di beatitudine. Mi emoziona.

Cosa mi aspetto da lei? Nulla.

Cosa cambierei di lei? Nulla.

Quando mi piace? Sempre.

Cosa mi regala lei? Tutto.

Potrei darle colpe, se per cause esterne a lei, mi causa del male? Mai. Se franasse e mi distruggesse la casa ad esempio.

Potremmo rispondere nella stessa maniera verso una persona? Ragionateci. Non credo. Si lo so, una persona ha una mente, ha un’intenzione (sappiate però che sono sempre azioni derivanti da cause esterne) una Valle non ha pensieri, ma quello sul quale voglio basarmi sono le aspettative. Le aspettative si hanno sempre e c’è sempre un comportamento, da parte dell’altro, che ci infastidisce e vorremmo modificare. Non sempre le persone ci piacciono e non sempre ci danno tutto di loro. Ma è giusto, siamo umani e le polemiche aiutano persino a crescere, così come ci aiuta ad elevarci l’imparare ad apprezzare o il fare senza aspettarsi nulla in cambio.

Ma il fattore principale è quello che si prova dentro. Realmente. Senza finzioni. Noterete che non è la stessa cosa che provate per un luogo nel caso abbiate, come me, un luogo che amate a dismisura.

Quell’amore così puro, provato per quel posticino del mondo, si blocca automaticamente nel momento in cui abbiamo a che fare con individui simili a noi. Quasi a voler giustificare quel luogo pensando che è semplicemente un luogo e non può dare nulla.

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Invece, se si sa ascoltare, sa dare sensazioni che mai si è riusciti a sentire in altri momenti.

E allora è davvero così diverso l’amore?

No, se l’amore è dentro di noi, se appartiene a noi è uguale per ogni cosa o persona. E’ amore per il Tutto ma solo se lo conosco posso provarlo e regalarlo veramente. E per conoscerlo devo sentirlo… per me. Per forza! Devo provarne le conseguenze, devo percepirne il piacere, devo tastarne le sensazioni, devo discuterlo, soppesarlo, direzionarlo, etc… etc… Non si può amare solo una persona nella vita, o due o tre, e nient’altro. L’innamoramento non è l’amore.

Eppure è così difficile amare se stessi. Sembra facile ma non lo è per niente. Amarsi come si può amare una Valle.

Vi auto-date le stesse emozioni? Non credo. Non è saccenteria la mia, anzi vuole essere forma di discussione. Mettersi in discussione e provare a capire davvero il senso di un qualcosa di così grande, immenso, infinito: – L’amor che move il sole e l’altre stelle – (Dante Alighieri).

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Ma dove ce l’abbiamo noi? Da nessuna parte. O meglio, in realtà c’è, dentro, ce n’è una marea ma nascosto, soffocato, giù in fondo probabilmente sotto la vescica.

Amiamo noi stessi se veramente vogliamo amare il mondo, la nostra Terra, la nostra vita e, di conseguenza, i nostri figli e il nostro partner.

Amiamo noi stessi se vogliamo conoscere l’Amore.

Ti Amo perchè Mi Amo -.

Prosit!

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A modo mio: Interpretazione di “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”

Dal Vangelo secondo Meg 2° – niente di religioso ma di molto curioso

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[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.a barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!»”
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Prima di comprendere bene questa parabola bisogna capire che cos’è in realtà la Fede.

Sembra un termine ovvio, conosciuto, scontato ma non è così. Avere Fede non significa infatti chiedere una grazia e sperare ch’essa avvenga bensì, chi ha davvero Fede è convinto di aver già ottenuto ciò che chiede. Non è banale questo. Pensate alle preghiere. A cosa servono? A domandare per ricevere. E, finito di chiedere, si attende. Chissà se si sarà degni, in seguito, di ottenere.

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Chi ha davvero Fede, e credetemi che si parla di pochissime e rare persone al mondo, non chiede nemmeno. Lo afferma, lo dice e lo da già per scontato. A questo metodo possiamo collegare la famosa citazione di Gesù – Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: «Sradicati e vai a piantarti nel mare» -. Perché grazie alla vera Fede tutto è possibile. C’è infatti una grande, immensa differenza tra la Fede e la Credenza. Ma andiamo con ordine.

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«Io vi dico in verità: Se aveste fede e non dubitaste, non soltanto fareste quello che è stato fatto al fico; ma se anche diceste a questo monte: “Togliti di là e gettati nel mare”, sarebbe fatto / Tutte le cose che domanderete in preghiera, se avete Fede, le otterrete».

SENZA DUBITARE, IN CUOR VOSTRO, CIO’ VI SARA’ ACCORDATO, non c’è altra soluzione, la realtà è obbligata a rispondere. Chiamatela come volete: Legge d’Attrazione, movimento delle frequenze della Meccanica Quantistica, Abracadabra “Avrah KaDabra” che significa “io creo come parlo”, Amen che significa “così sia”, dategli la definizione che preferite ma questo è.

Non esiste pensare “e chissà se me lo merito”, “e chissà se adesso tocca a me”, “e chissà come mi ha giudicato Dio”, no! La realtà la creiamo noi. Nessun altro lo fa al posto nostro nemmeno Dio. Dio è in noi. Tutto è Dio. Dio ossia = situazione continua di beatitudine ed estasi. Ricordatevi, come già avevo detto, che il termine “divino” è stato pronunciato per la prima volta dai greci che intendevano appunto il vivere in pieno e totale entusiasmo. E quando hanno ideato questo termine ne’ Gesù, ne’ tantomeno il Cristianesimo erano nati.

Quindi cos’è la Fede? La Fede è la Certezza. La Certezza di aver già ottenuto.

Non è semplice, me ne rendo conto. Si tratta di trasmutare completamente il proprio modo di vivere. Si tratta di una condizione interiore. Vivere così la nostra quotidianità.

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Perché la Gratitudine è lo strumento più importante assieme all’Amore durante un’invocazione? Perché ringraziando stiamo sottolineando, indirettamente, l’aver ottenuto ciò che stavamo chiedendo. Come quando chiediamo un favore a qualcuno e quel qualcuno ce lo fa. E’ la stessa cosa. Per l’Universo non c’è differenza. La convinzione, a prescindere da qualsiasi prova o certezza.

Un qualcosa di quasi impossibile. Pensate a quante volte distruggiamo noi stessi il nostro roseo futuro. Sembra incredibile ma basta pronunciare la frase – Copriti! …Altrimenti ti ammali! – per aver già minato la nostra salute quel giorno.

E’ possibile, pertanto, “camminare sull’acqua”? Si.

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Non dobbiamo vedere la scena e Gesù stesso come un personaggio magico capace di fare cose che a nessun altro essere mortale sono concesse. Camminare sull’acqua è una splendida metafora presa proprio per far capire come persino ciò che consideriamo assurdo può invece accadere. Nell’Universo ci sono POSSIBILITA’ INFINITE.

E’ possibile, se possiedo solo mille euro in Banca, trovarmene diecimila domattina quando mi sveglio? Si. E’ possibile per un cieco tornare a vedere? Si. E’ possibile che tizio… tutto è possibile. Sono infinite le combinazioni, le probabilità. Le misure dell’Energia Universale non sono quelle di noi esseri umani.

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Perciò è possibile camminare sull’acqua? Si. Persino Pietro ci riesce, non solo Gesù, anche se Pietro ci riesce solo per pochi attimi poi, spaventandosi, dando quindi più importanza alle proprie paure anziché affidarsi completamente all’Energia Divina, cioè dell’Universo, cade.

Il dubbio si è impossessato di lui. I “ma” e i “se” hanno preso il sopravvento: e “se” cado? “ma” come faccio? “se” il vento mi butta giù? “se” annego? Sono esattamente gli stessi “ma” e gli stessi “se” che accompagnano le nostre giornate ogni volta che dobbiamo prendere una decisione. Sono i primi due figli della Paura.

Basta un attimo per distoglierci dalla Fede totale. I “ma” e i “se” sono portatori di frequenze negative. E con esse, attorno a noi, non potremmo mai realizzare cose belle.

E’ un qualcosa che si percepisce nella pancia. Lo si sente. E’ un emozione, e sarà quell’emozione a tradursi in realtà.

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Però… – Non avrai ciò che vuoi ma avrai ciò che sei -.

Noi abbiamo la facoltà di Immaginare (In Me Mago Agere ossia In Me c’è un Mago capace di Agire di Creare) e di conseguenza concretizzare ciò che vorremmo. Se quindi Immaginiamo il negativo sarà ciò che ci verrà dato o comunque non ci verrà concesso il positivo che stavamo cercando di Immaginare.

Quando dobbiamo prendere una decisione, o dobbiamo fare una qualsiasi cosa, anche se Immaginiamo un risultato meraviglioso, sinceramente, cosa stiamo sentendo in noi? E, inoltre, lo stiamo veramente dando per scontato nel più profondo del nostro cuore come già accaduto?

E ora vi ripropongo questo video, il quale aveva aperto questa rubrica, che spiegherà bene il mio articolo e nel quale si parla anche di fanatismo. Un altro modo di considerare la Fede.

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E come dico sempre – Devi credere per vedere e non vedere per credere -.

Prosit!

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I Tramonti che regala la mia Valle

E’ durante le mie passeggiate, con amici o in solitaria, che mi capita di fotografare i meravigliosi tramonti della mia valle. Sono tramonti che si adagiano sulle montagne belli quanto quelli che regala il mare. Una luce accesa, infuocata, che colora boschi e panorami meravigliosi. A volte la loro luminosità è più fievole ma sempre seducente. Non mi stancherei mai di immortalarli in immagini che mi piace sovente riguardare.

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Salite su una collina al tramonto. Tutti hanno bisogno ogni tanto di una prospettiva e lì la troverete – (Rob Sagendorph).

I tramonti della mia valle sono momento di quiete e di unione con lei. Si percepisce la complicità che ci lega e la fiducia che ci permette di amarci e rispettarci l’una con l’altra.

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Sono momenti di bellezza straordinaria nei quali mi sento cullata come un bambino in fasce tra le braccia di un genitore. Abbandonato e nutrito da quella speciale fiducia, da quell’amore.

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Mi piace soffermarmi a pensare, a riflettere, osservandoli. Mi piace ricordare la meraviglia del Creato, la purezza della sua magia e la sua immensità. Dove sta andando il sole? E cosa andrà ad illuminare ora? Quali magnifici paesaggi? Cosa esiste laggiù, oltre quei monti che per me sono già tutto?

Le falesie splendenti sotto a quella luce dorata e il crepuscolo che arriva a creare un’atmosfera ineguagliabile. La linea tra le ombre e la luminosità. Netta, ben delineata. Il Tutto. Il buio e la luce, il giorno e la notte, il male e il bene, il bianco e il nero. Il Tutto nella sua perfezione. Perché tutto deve esserci affinché possa essere considerato tale.

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Sono bagliori. Preludio di pace e sonno durante i quali la natura va a riposo. Durante i quali il bosco si zittisce e lascia spazio al silenzio. Un silenzio vivo, che palpita, che chiama se si sa ascoltare. Che vuole essere osservato. Perché è in quegli attimi che si può andare oltre e non solo con lo sguardo.

L’energia di Gaia si presenta diversa. E’ come se in quel mentre danzasse con il cielo. E’ come se giocasse con gli altri elementi offrendo spettacoli di rara bellezza.

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Soprattutto qui, nella mia valle, dove ogni giorno questo palcoscenico si trasforma in un tripudio che sottolinea la meraviglia. Dove raggi colorati colpiscono alberi e massi come saette. Dove guizzi di chiarore scintillante fanno socchiudere gli occhi e respirare. Dove l’infinito, cambiando tinta ad ogni minuto, si prepara a lasciar intraveder le stelle. Di lì a poco, nella limpida oscurità.

Dove mi sembra di esserci io soltanto mentre, insieme a me e intorno a me, c’è la vita, quella più piena, quella più intensa, quella da vivere.

Corroborante, appagante, mia.

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I tramonti nella mia valle, che mi fanno rincasare con la gioia di attendere l’aurora. Un nuovo giorno, nuovi istanti, un nuovo evento indescrivibile che aspetta soltanto di essere ammirato. Che ha tanto da dire. Che si rinnova di nuova luce e nuovi suoni. Il risveglio.

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Sono i tramonti a consigliare. Mi rendono completa e piena di felicità. Mi fanno ricordare cosa ho fatto quel giorno e che ora posso soffermarmi. Posso quindi capire se l’indomani sarebbe bene fare di più, ancora meglio, o essere soddisfatta della mia giornata appena vissuta. Splendidi resoconti.

Questo è un altro aspetto rasserenante della natura: la sua immensa bellezza è lì per tutti. Nessuno può pensare di portarsi a casa un’alba o un tramonto – (Tiziano Terzani).

Prosit!

Alcune di queste foto sono state scattate da e con Valerio Vivaldi in vallata.

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È il tuo nome!

Se lo si sa leggere disegna la personalità di chi lo indossa, qualsiasi sia il perché della sua presenza in noi, poichè a sceglierlo, costretti, condizionati o liberi di prediligere sono stati coloro che ci hanno messo al mondo.

Chi non ama il proprio nome alzi la mano.

Le mani sono tante mi sa. Soprattutto quando si è ragazzi. Poche volte mi è capitato di sentire che il nome che ci è stato affidato dai nostri genitori piace.

Avremmo sicuramente voluto chiamarci in modo diverso.

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Quando ero più piccola, nonostante la trasformazione in Meg, assai più carino per me anche se pare essere in realtà il diminutivo di Margaret, il mio nome rimaneva comunque Magda e lo trovavo troppo duro e che poco si addiceva alla mia personalità. Se pensavo ad una donna dal nome “Magda” vedevo una donna che sapeva il fatto suo, anche un po’ fredda e scontrosa all’occorrenza, se vogliamo, di polso e sicuramente poco ingenua. Insomma, una tosta. Bhè… non ero sicuramente io quella. Magari fossi stata un po’ più sicura di me!

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Ma in effetti, se devo essere precisa, il mio vero nome non è Magda ma Magdalena. Ecco si, forse così un po’ si addolcisce. Comunque, stò “Magdalena”, mi sapeva di vecchio e non riuscivo mai ad apprezzare il nome che mi portavo dietro. Me l’hanno dato, come succede a tanti, per ricordare mia nonna. La cosa mi faceva ancor più arrabbiare perché mia nonna in realtà, santa anima, si chiamava Anna Maddalena e continuavo a chiedere perché non avessero scelto “Anna” tra i due; un nome che trovavo meraviglioso. Hanno scelto Maddalena ma, per modernizzarlo un po’ visto che eravamo già negli anni ’70 (vuoi mettere!) ci hanno infilato quella G nel mezzo cosicchè si potesse spezzare e rendere più adatto al periodo. Un giro di lettere che non mi è mai piaciuto. “Anna” era così semplice, così carino, così dolce.

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A girare il coltello nella piaga poi ci si metteva anche mia madre. Ebbene si, la nonna era paterna, era praticamente sua suocera e, nonostante l’adorazione che mia mamma provava per lei, le sarebbe piaciuto chiamarmi Cinzia. Bellissimo. Ossia, oggi sinceramente non è un nome che mi fa impazzire (chiedo scusa a chi lo porta) ma era sicuramente meglio del mio e allora – Perché non mi hai chiamata così?! – le chiedevo.

Quando mi domandavano come mi chiamavo e rispondevo – Magda –, in quanto Meg agli sconosciuti non si poteva dire (chissà poi perché?) mi sentivo quasi sempre rispondere – Magda? Mai sentito! -, ecco, infatti, se non si è mai sentito facciamoci qualche domanda. Quando invece mi andava bene mi dicevano – Ah! Si! Anche la trisavola di una mia amica si chiamava così! –. Che c… ehm… che fortuna! Vabbè, ormai era andata.

E mi era andata anche di lusso! Pensate che se fossi nata maschio mi avrebbero chiamato Quanito! Ma si può? Si, si. Sempre ovviamente per fare un favore a qualche parente. Quanito con l’aspirazione iniziale, mi raccomando, praticamente la Q non si pronuncia, infatti bisognerebbe scrivere Juanito ma sta J ai miei poco piaceva. Quanito significa Giovanni. Dico io, ma chiamatemi Giovanni allora! Perché mai Quanito? Se penso ad un piccolo bimbo in fasce non ce lo vedo proprio con un nome così. Quindi sono anche stata fortunata sul sesso, meno male, almeno quello.

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Ora, al di là del loro significato, stupendo per ognuno, i nomi sono fondamentalmente quasi tutti belli. Ci identificano, siamo noi e, a modo loro, parlano di noi. Si, siamo noi per lo Stato, per dei documenti, per la burocrazia ma siamo comunque noi. E’ nostro. Imparai col tempo ad amare il mio nome. E’ mio, sono io. Magdalena però, non Magda e… bhè, per Meg invece provo un particolare affetto. Gli voglio proprio bene. Quello me lo sono scelto io e tutti quanti hanno “obbedito”! Che rivincita. Ma col tempo, per la grande gioia di mamma e papà mi sono affezionata anche a Magdalena. No, non intendo dire che la gente debba chiamarmi così ma, se devo pronunciarlo, non mi da alcun fastidio anzi…

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Ho anche scoperto, crescendo, che così si chiamava pure la donna che portò la parola di Gesù nel mondo, soprattutto in Europa, direi quindi un qualcosa di importante davvero. No, niente di cattolico ma sapete bene che, al di là della Chiesa, reputo il Vangelo un libro sacro se tradotto come si deve. E quindi insomma, questa donna ha portato la parola della salvezza. Purtroppo con poco successo finora ma penso che il suo operato non sia stato del tutto inutile. “Abitante di Magdala” è praticamente riduttivo, lasciatemi questo vanto.

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Provate ad affezionarvi alla storia del vostro nome, ne scoprirete nuove bellezze e grande importanza. Non sono stati dati a caso, soprattutto un tempo, quando sono nati, quando sono stati inventati. Alcuni portano con se’ dei valori molto profondi e grandiosi che non possono passare inosservati e non può un semplice suono, a seconda di come li sentiamo pronunciandoli, soffocare la loro rilevanza e il loro merito.

Una dote alla quale non si può rimanere indifferenti e che fa innamorare. Proprio come è successo a me.

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La Numerologia inoltre, affiancando numeri alle lettere (per spiegare brevemente un elaborato processo) permette anche un’identificazione ulteriore che va oltre la conosciuta personalità. E’ per questo che, a mio avviso, ci possono essere diversi spunti e stimoli per poter imparare ad apprezzare il proprio nome. E non sarebbe una brutta conquista.

Non si tratta solo di un insieme di lettere, è molto di più, ed è un peso non apprezzarlo.

Il nome è potente. Per alcune filosofie, se si chiama forte una persona con il suo nome, una persona verso la quale si è collegati energeticamente, essa potrà “sentire”, in un certo modo, e pensare a chi la sta chiamando.

Alla fine, per quel che mi riguarda, parlando del mio carattere, devo dire che tra “Magda” e “Maddalena” probabilmente “Magdalena” è stata la scelta più giusta. Una via di mezzo che mi rappresenta abbastanza quindi… vabbè dai, ok, mamma e papà un così brutto lavoro non l’hanno fatto.

Prosit!

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Solitudine – un termine che modificherei

Non esiste nessuno più difficile di chi sa stare solo. Ha imparato a fare la cosa che fa più paura al mondo. Quindi, non sarà mai disposto a barattare la sua solitudine con rapporti di circostanza, ne con persone che cercano compagnia solo perché hanno paura del vuoto – (Paola Felice).

Si sente spesso parlare, durante il periodo natalizio, di Solitudine.

Si pensa alla gente che passa queste giornate completamente sola e il ventre si riempie di angoscia, a chi vorrebbe avere qualcuno vicino ma che purtroppo non ha nessuno. Si pensa anche a chi ci obbliga a passare quei giorni con lei perchè altrimenti – guai -. E poi c’è invece chi desidera stare solo con se stesso e non si fa alcun problema nel sentire gli altri festeggiare attorno a lui.

E’ così che insomma mi è capitato di pensare alla Solitudine in questi giorni e mi sono chiesta cosa davvero volesse dire questo termine. Significa: “stare da soli” o “sentirsi soli”?

C’è molta differenza a parer mio.

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La parola Solitudine mi sembra un po’ triste. Sentitene il suono… so – li – tu – dine…ee..ee.. Sa di malinconico, di uggioso, mentre così non è, almeno per me e per lo meno adesso.

Se si cercano i sinonimi di questa parola si trovano: abbandono, isolamento, paura della…, emarginazione e segregazione persino. Non ci leggo nulla di positivo in nessuno di essi.

Un tempo la pativo di più. Non amavo stare sola e probabilmente era anche giusto vista la giovane età. Vivevo inoltre in un luogo lontano da quella che era la mia casa ed ero come – costretta – alla Solitudine quindi, forse, non l’accettavo per questo. Oggi invece che sto bene con me stessa e anzi, amo passare del tempo solo con me, trovo che dovrebbe avere un termine più allegro ad identificarla.

La parola “Compagnia” non vi sembra suoni meglio? Più vivace, più piena, più lieta.

Sicuramente è solo una mia impressione.

L’uomo è nato per vivere in branco, si dice, come alcuni animali. Il branco è costituito dalla sua famiglia prevalentemente, dagli amici e a volte anche dai colleghi di lavoro. C’è chi non si allontanerebbe mai da queste fonti dalle quali si disseta continuamente. Perché stare soli, o meglio, sentirsi soli, spaventa… come mai?

Innanzi tutto la Solitudine non esiste ho imparato a comprendere. Se davvero avessimo ben chiaro il concetto dell’Uno Universale e capissimo veramente, sentendolo dentro di noi, cosa vuol dire essere una cosa sola nella grande energia universale, capiremmo che non si può mai essere da soli ma, le abitudini e l’educazione ricevuta così ci fan sentire unicamente per il fatto che fisicamente non abbiamo qualcuno vicino. Da qui il dolore nei confronti della morte, la paura dell’abbandono e l’angoscia del distaccamento. Tutte cose che, per carità, hanno fatto e fanno soffrire anche me, ma oggi, in modo diverso.

Non si è soli.

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Bisogna imparare a dividere le due cose come dicevo prima. “Sentirsi soli” fa star male. Ci si sente non amati, esclusi, abbandonati. Alcuni individui non riescono proprio, sentono la gola stringersi in un nodo, arrivano addirittura a stare con persone spiacevoli o a saltare di fiore in fiore pur di non rimanere mai soli. Si riempiono persino di animali attorno e il mio non è un giudizio solo una constatazione. “Stare soli” è molto meglio. Si crea, s’imparano cose nuove e soprattutto ci si conosce. Ci si può amare. Ed è imparando ad amare profondamente noi stessi che potremmo nutrire l’amore per tutto il creato, anche per gli altri.

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Un qualcosa che va oltre al corpo, alla compagnia, allo scambiare qualche parola, al pensare di avere una persona vicino caso mai dovesse – succederci qualcosa -.

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Viviamo un’esistenza intera ad accettare ciò che gli altri reputano meglio per noi senza nemmeno accorgercene. Questo accade perché molto spesso non ci fermiamo a riflettere su quello che davvero ci renderebbe felici e cosa renderebbe gioiosi noi e solo noi – esseri unici senza ripetizione alcuna in tutta la storia dell’umanità ne’ passata ne’ futura -. Siamo un po’ pecore e, per non sentirci diversi dagli altri, facciamo ciò che la società da sempre ci chiede. Anche sposarci ad esempio. Succede molto spesso. Se stessimo un pò più soli forse riusciremmo a comprendere meglio la nostra parte più intrinseca.

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Eppure, anche stando soli si può amare e si può amare soprattutto noi stessi. E si può amare chiunque. Si ha tempo, più tempo. Si può godere del silenzio o si può conoscere la nostra voce, ascoltare i nostri pensieri ma soprattutto le nostre emozioni alle quali non diamo mai ascolto se non quando si mostrano in modo eclatante. E magari potremmo anche dire – Toh! Guarda quante cose avevo dentro e non avevo mai visto! -. Probabilmente chi non riesce a stare solo non si vuole bene. Pensa di non essere così – in buona compagnia -. L’unica persona con la quale può stare non gli piace ed è bruttissimo questo.

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Le più grandi opere sono nate nella Solitudine, di nascosto, all’oscuro da tutti. Un tempo si rischiava l’impiccagione per novità che ancora oggi ringraziamo eppure, la Solitudine, continua ad essere un tema che spaventa. Appare come una nemica nonostante molti pretendono di chiamarla Libertà quasi come un sinonimo.

Forse… forse ci si sente soli perchè non si sa che fare. Non si hanno passioni, non si ha nemmeno la voglia di realizzare. Non si svolgono attività piacevoli. Ci si annoia davanti ad un televisore o seduti su una sedia osservando muri vuoti. Ecco si, che potrebbero essere riempiti.

La Passione farcisce. Fa sentire vivi. Pieni.

Penso che l’essere umano abbia la capacità di potersi sentire sempre libero se non si lascia condizionare dal mondo in cui vive, come penso che possono esserci soggetti che percepiscono la Solitudine, quella considerata “poco piacevole”, anche circondati da mille persone. Una Solitudine che rende tristi.

La solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi, la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra la foglia e la radice – (Josè Saramago)

La mia Solitudine è collegata alla Libertà ma non sono proprio la stessa cosa. Al massimo una è la conseguenza dell’altra. Sono come due amiche con le quali faccio le stesse cose, o cose differenti, ma piacevoli entrambe.

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Certo, ci vuole sempre un equilibrio come in tutte le cose. Pur essendo un po’ misantropa non starei ogni giorno della mia vita da sola senza condividere nulla con nessuno. Mi fa piacere spesso vedere amici e conoscere nuove persone ma, quando mi capita di rimanere con me, mi diverto molto. Ho fatto anche parecchie scoperte inerenti alla Meg che si nascondeva dentro. La mia Solitudine è una scelta e ha un valore, un valore inestimabile. Sono fortunatamente circondata da un mare di persone che mi vogliono bene e passerebbero con me ogni loro ora, mi basterebbe scrivere un messaggio o fare una telefonata a questi meravigliosi esseri che amo tantissimo ma nessuno di loro può tradurre perfettamente la mia voce interiore ed è lei che voglio ascoltare. E’ lei che in alcuni momenti mi rincuora, mi rallegra, mi riempie. E’ di lei che ho bisogno se voglio comprendere ancor meglio tutti loro che mi stanno attorno.

Trovo che nel non voler mai rimanere da soli ci sia una sottile fonte di egoismo. Fondamentalmente è un po’ come sfruttare gli altri per un proprio bisogno. E’ umano lo so ma se si è egoisti si è allo stesso tempo aridi e quindi, tornando al discorso che facevo prima, ciò significa che non si è pieni d’amore altrimenti non si sarebbe disidratati ne’ di sentimenti ne’ di alcunché.

E quindi penso di aver imparato ad essere altruista. Altruista prevalentemente nei confronti di me stessa e altruista anche con gli altri che quando mi hanno con loro è perché provo il piacere più intimo e profondo nel condividere con essi quei momenti. Non trovate sia questa una cosa fantastica? E’ così appagante per me.

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E’ pace interiore, gioia traboccante dell’anima e si… è vera Libertà. E non perchè si può fare quel che si vuole ma perchè ci si sente vivi, nutriti dall’amore puro. Perchè non dev’essere vissuta come un’esclusione o una paura, è in realtà una crescita, un’evoluzione.

Prosit!

 

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