Facciamo del bene con tanto odio

GIUSTIZIERI DELLA VITA

Vengo spesso a conoscenza di eventi realizzati da persone che si muovono per pulire l’ambiente o per salvare animali e bambini ma, molte volte, rimango un po’ dispiaciuta dall’odio che permea quelli che sono nobili gesti. Perché sì, sono nobili. Egregi. Bellissimi. Queste persone meritano molto, svolgono atti pieni d’amore e si rendono utili per il pianeta, per tutte le sue creature e per il resto dell’umanità ma… quando invece si nutrono di emozioni particolarmente negative e le emanano, mi chiedo, l’amore dov’è?

Poco tempo fa, nella zona in cui vivo e in tutta la provincia, è iniziata la “pulizia delle spiagge” dove tanta gente si è adoperata a raccogliere rifiuti di ogni genere che altri, maleducatamente e senza il minimo rispetto, hanno gettato a terra. Fin qui tutto bene. Queste persone sono come angeli che hanno deciso di fare un lavoro che altri non fanno e meno male che esistono.

Il brutto (mio umile pensiero) arriva nel momento in cui, tra tanto splendore, leggo o sento frasi intrise di odio, giudizio, rabbia e persino violenza. La volgarità la fa spesso da padrona e con questo non intendo dire che io parlo come una principessa ma è il significato delle citazioni a stonare un po’ (tanto) con il loro gesto. Esempio – Questi mozziconi ve li infilerei su per il c@@@ accesi – oppure ancora – Dovete morire bastardi! -. Ohllalà…

Allora, so già che mi getterò addosso l’ira funesta dei “giustizieri della vita” ma, abbiate pazienza, potreste spiegarmi il nesso di tutto questo? Ossia, io cerco di svolgere un’operazione bella, con gioia e amore. Intrisa di gioia e amore. Nessuno mi costringe e non mi aspetto la riconoscenza di nessuno. Lo faccio perché lo trovo giusto e perché mi fa stare bene. Lo faccio perché farlo mi riempie d’amore. Lo faccio perché voglio vedere quel luogo più sano e pulito, non per augurare la morte o minacciare delle peggiori torture chi ha compiuto quello scempio.

I BAMBINI – SPUGNE IMBEVUTE D’AMORE

Ricordo quando da bambini, alle elementari, i maestri ci portavano a pulire parchi o spiagge come attività extra scolastica. Per noi era allegria pura. Facevamo a gara a chi riempiva più sacchi e avevamo il sorriso sulla faccia tutto il giorno. Per noi era una missione colma di meraviglia e felicità.

Erano gli anni ’80 e quante siringhe c’erano a terra! Ma eravamo educati e addestrati a svolgere il lavoro senza farci male. Nessun bambino si è mai permesso di proferir un minimo giudizio, ne tanto meno di augurare il male. Regnava unicamente e imperativamente l’Amore. Quello con la A maiuscola.

La frase più grave che si sentiva dire, anche questa ridendo, era – Maestro! Guarda! Bleah! Che schifo! – e l’altro bambino rispondeva – E allora guarda qui, io, cos’ho trovato! – e tutti si correva a vedere quel Sacro Graal dei rifiuti, facendo ancora a gara a chi trovava quello più schifoso e repellente tra tutti. Si rideva a squarciagola e si scherzava. Le sole minacce avvenivano tra di noi, laddove, per intimidire il compagno che voleva metter paura, lo si avvertiva che quella bottiglietta putrida gliela si sarebbe lanciata in testa, ma la maggior parte delle bottiglie diventavano in realtà palloni e, spesso, le femminucce dovevano redarguire i maschietti che diventavano famosi calciatori intenti a qualificarsi per la Champions League dimenticandosi il lavoro.

Insomma, c’era gioia. Gioia e basta.

UNA MISSIONE

Tra gli adulti cosa c’è? Odio, voglia di vendetta, collera, rancore, fastidio, dispiacere, schifo…

Io capisco, per carità, la bruttura dell’ingiustizia ma, purtroppo, covare queste emozioni non porta a nulla. Ma proprio a nulla. E soprattutto a nulla di buono. Avete presente quelle persone che manifestano per la pace con il manganello in mano? C’è un nesso? C’è coerenza?

Il fuoco si spegne con l’acqua non con dell’altro fuoco e il mio non vuole essere un discorso buonista. Penso solo che intrisi di odio si può ottenere solo altro odio. Questa, peraltro, è una funzione vibrazionale dimostrata persino scientificamente se si volesse fare i pignoli studiati. Ma non mi interessa ora toccare certi tasti.

Hanno pulito le spiagge di mezza Italia ma hanno postato (per la maggior parte) le foto dei sacchi pieni di rifiuti con tutti gli orribili commenti sotto. Hanno mostrato lo schifo, il loro sacrificio, il danno, il male. Il premio (?). Perché solo pochi hanno postato la spiaggia immacolata mostrando così bellezza? Per giorni e giorni, su tutti i social, non si è visto altro che merda e merda e merda… bello! Abbiamo riempito le memorie neuronali di immagini “stupende” devo dire! Ma… gli altri popoli che fanno questo ogni giorno, manifestano le stesse sensazioni?

Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra – diceva un tizio molto tempo fa.

LE PAROLE CAMBIANO

Ci sono persone al mondo che passano la vita a pulire luoghi, e se non sono altri a pubblicizzare il loro lavoro nessuno saprebbe della loro esistenza e, mentre lo fanno, gli sorride il cuore. Se intervistati, si esprimono in modo completamente diverso dalla maggior parte della gente. Vibrano nell’ En Thèos (in Dio – Entusiasmo).

Un bambino che salva un animale ferito e torturato, si impegna unicamente ad accarezzarlo. Con il cuore colmo di dispiacere, sicuramente, si impegna però in quel momento a pensare a quella vittima e basta. A curarla con il suo En Thèos. Non ha tempo per criticare i suoi carnefici e neanche gli passa per la testa la – legge del taglione -. Si occupa di lui, dell’infondergli amore. Ed è lì che c’è amore.

Non parliamo poi di quelli che vogliono farti adottare un gatto. Vi riporto un messaggio letto veramente in rete:

Ho trovato questo gattino che qualche pezzo di m@@@@ ha chiuso in un sacchetto al quale auguro di morire lentamente e agonizzando. Ora sta bene, l’ho anche sverminato e curato. Lo affido solo a veri amanti animali con casa consona al tipo di animale: sbarre alle finestre, nessun bambino, nessun altro animale, controlli senza preavviso per accertarsi di come il gatto vive, gradita la dimostrazione del cibo che viene somministrato al micio. Chi interessato mi contatti in privato -.

Non aggiungo altro. Il mio articolo finisce qui approfittando dell’acume di qualcuno e “a buon intenditor…”. Potete trarre voi le conclusioni e chiedetevi, in questo messaggio, in ogni parola, dove sta l’amore. Cara signora, quel gatto, a quelle condizioni, non riuscirà mai a sistemarlo e mi spiace, profondamente,  che quella creatura debba stare con lei. Così l’ho detto. Tiè!

A volte, siate bambini. Sono l’anima del creato. Il mondo ha bisogno dei bambini, della loro leggerezza, del loro entusiasmo, della loro umiltà.

Prosit!

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L’abito non fa il Monaco ma può farti Imperatore

SEI O NON SEI (ANCHE) CIÒ CHE VESTI? 

Il titolo di questo articolo indica che l’apparenza può ingannare. L’esempio più tipico è quello della persona vestita di stracci che invece possiede in banca un conto corrente invidiabile o ha tre lauree chiuse nel cassetto anche se non le si darebbe la minima goccia di stima.

Questo perché, appunto, non sono l’abito o la pettinatura a definire una ricchezza intrinseca o materiale ma soddisfano semplicemente i canoni che la società vuole vedere attorno a sé. Vero è anche che, per rimanere nel settore – proverbi – “l’occhio vuole la sua parte” ma siamo troppo abituati a guardare solo l’esterno di un pacchetto piuttosto che il contenuto.

Detto questo, però, oggi vorrei sottolineare una cosa che può non venirci in mente.

Per quanto riguarda un lavoro d’amore verso noi stessi e di auto-valutazione anche il modo di vestirsi può avere la sua importanza. Questo non significa che è basilare ma voglio parlare di una specie di strumento.

Immaginiamo una donna, una bella donna, sempre in tuta e scarpe da ginnastica, che poco si valorizza e poco si apprezza. Il suo abito è quasi goffo e spegne la sua sofisticata e femminile figura.

Nel momento in cui decide di realizzare una trasmutazione alchemica, sul proprio valore e la propria considerazione, anche un cambio d’abito può risultare utile. E’ una trasmutazione faticosa questa. Non serve vestirsi in modo diverso per il pubblico. All’inizio, tutto può avvenire tra le mura della propria casa ma risulta ugualmente un valido mezzo.

TRASFORMAZIONE

Quando si tolgono le ciabatte per indossare un paio di ballerine, andando per gradi senza mirare immediatamente ai tacchi a spillo, e ci si accorge di piacere (e di piacere più di prima) questo va a rafforzare il lavoro che si sta facendo su se stessi. È come ricevere un appagamento verso i propri sforzi ma, anche se non si esce fuori, come dicevo, il solo fatto di guardarsi allo specchio e trovarsi più carina, se non addirittura una gran gnocca, aiuta moltissimo. Figuriamoci, poi, se sono gli altri a manifestare opinioni positive.

È come se qualcosa di energetico partisse da quelle vesti e si andasse a impregnare nella nostra pelle, poi, sempre più giù, andasse a toccare il nostro cuore per arrivare allo stomaco e alla pancia e, lì, si comincia a provare una sensazione nuova, strana ma piacevole. Ci si alza di tono, di livello e se ci si sofferma ad osservare bene il comportamento del corpo, si può notare che ora anche le spalle e la testa sono più dritte. Il collo si allunga leggermente e ci si sente un po’ più superiori. Ci piacciamo di più. In quel momento stiamo vibrando in autostima e valore. Stiamo emanando buona valutazione nei nostri confronti e piacere. Due cose che l’Universo accoglierà e, come sempre, rimanderà moltiplicando.

TUTTO STA’ IN QUELLO CHE SI EMANA

Mentre viviamo le nostre giornate è inevitabile vedere i propri piedi, le proprie gambe, la propria figura riflessa in una superficie, le mani poco curate, etc… tutto questo, inconsciamente, va a sottolineare che si vale poco, che si è sciupati, e l’autostima, col tempo, finisce sotto alle suole delle scarpe.

Pensiamo a quante volte, durante il giorno, vediamo le nostre mani. Mille volte! E se queste sono trasandate, senza neanche rendercene conto, emaniamo desolazione. Magari solo una minima quantità ma… l’oceano è fatto di gocce.

Goccia dopo goccia, questa donna (ma vale anche per gli uomini) vive senza amarsi, senza perdonarsi, senza piacersi e la cosa grave è che avrà attorno persone che, in qualche modo, le mancheranno di rispetto come lei manca di rispetto a se stessa. Non perché si veste male ma perché si dona poca valutazione positiva: sarà sfruttata, sarà offesa, non sarà considerata, etc…

L’abito non fa il monaco, ed è vero, ma cerchiamo di non cadere nell’assolutismo e quell’abito usiamolo come strumento a nostro favore se abbiamo bisogno di esercitarci in tal senso. Un domani, quando l’amor proprio e l’autostima avranno preso piede in noi, allora potremmo decidere di vestirci anche solo con degli stracci perché dentro saremo luce ma, fino a quel momento, conviene aiutarsi e usare degli escamotages al fine di vibrare in giuste frequenze.

– Diventa Re e un Regno ti verrà dato – (Gesù)

Prosit!

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Tutte le varie fini spaventano

THE END

Abbiamo paura di ogni tipo di “fine”. Paura della fine della nostra vita, paura della fine di un rapporto, paura della fine di un lavoro… c’è persino chi prende male la fine di un anno. La parola FINE, con il significato che l’accompagna, ci spaventa, e questo deriva dal fatto che non riusciamo a vedere oltre. So che questo discorso può apparire banale ma le nostre memorie riportano sempre alla paura della morte, pertanto al – dopo non c’è più nulla -.

Sì, alcuni sanno che c’è un’anima che vaga o che si reincarna, altri credono allo scomparire del tutto, altri ancora pensano che si viaggerà poi su altri pianeti o dimensioni, ma chiunque, inconsciamente, pensa – Eh, ok, ma IO comunque non ci sarò più -.

Ancor più dolorosa è la morte di una persona alla quale vogliamo particolarmente bene e non ce ne frega niente della sua reincarnazione, qualora ci fosse, noi non la vedremo mai più. Non potremmo più percepirne l’odore, parlarle, sentire il suono della sua voce, quindi, questa benedetta FINE non la vogliamo, è una cosa brutta, ci mette terrore. È un terrore dovuto all’educazione che abbiamo ricevuto da parte della nostra cultura e della società che viviamo. Un terrore che, come un polpo con i tentacoli, si è diramato in ogni settore della nostra vita. È diventato così potente che non solo scaturisce nel momento in cui la fine giunge davvero ma è presente, ancor prima, con la pre-occupazione che quella cosa finisca o con l’ansia di non far finire quella cosa. Come dicevo, il problema sussiste perché non si riesce a vedere altro e oltre. Il cambio di una sola vocale per due riflessioni enormi.

Non ne abbiamo colpa, non ce l’hanno mai insegnato questo concetto. Non ce l’hanno introdotto al fine di farlo divenire parte di noi.

SIPARIO

Non vedendo altro guardiamo solo il niente, il buio, il vuoto, la desolazione. La staticità. La staticità è morte. Il movimento è energia e, l’energia, in ogni sua forma, è vita. Quindi vediamo la morte anziché la vita. Una nuova vita. Una nuova creazione, una nuova opportunità.

Non parlerò prettamente della fine dei nostri giorni e dell’al di là, perché non si può sapere con certezza cosa succede e perché, ognuno, dopo essersi documentato nel possibile, deve credere a quello che vuole e quello che il cuore gli suggerisce ma posso basarmi su cose più tangibili, che notiamo ogni giorno e che accadono a noi o attorno a noi.

La fine di una relazione porta quasi sempre dispiacere ed è un dispiacere comprensibile. Spesso però, alcune persone, governate dal demone dell’attaccamento (del quale NON hanno colpa) si disperano di aver rotto un rapporto con chi, in realtà, non era assolutamente adatto a loro e magari maltrattava persino il proprio partner. I primi tempi si passano ore di angoscia e tristezza ma quando si incontra un/a nuovo/a compagno/a migliore del/lla primo/a, allora si ringrazia quella fine. Si ringrazia però soltanto dopo aver avuto la conferma della novità più bella. Non prima. Prima si vive il tutto come una tragedia.

Questo vale anche per il lavoro, laddove non si concepisce l’arrivo di una professione migliore per noi, bensì, si vive come un dramma quel dover cambiare. Ogni cambiamento è un danno. Non per niente, dal termine “cambiamento” deriva la parola “crisi” alla quale abbiamo davo un valore errato.

Accanto ad ogni fine arriva anche la parola – malinconia -, la quale ci avvolge con le sue lunghe e immense braccia, alla quale permettiamo di prenderci e trattenerci suoi, amministrando i nostri stati d’animo.

PERCHÉ ACCADE QUESTO?

Tutto quello che ho detto finora accade perché abbiamo una percezione sbagliata di quello che in verità siamo. Secondo noi siamo quello che vediamo in uno specchio, cioè: un corpo con quattro arti e una testa e… sì, abbiamo anche una mente e un carattere ma… stop. Quello che i nostri occhi non possono vedere non esiste. Se invece comprendessimo l’importanza del nostro Spirito, del nostro Sé Superiore e della nostra energia, tutto sarebbe diverso. Da ominidi diventeremmo, al nostro sapere, grandi nuvole, come volute di fumo, in grado di spostarsi ovunque ma, soprattutto, di com-prendere in noi molte più cose.

Potremmo vedere che in noi e nella nostra vita non c’è solo un partner o quel partner, non c’è solo quel lavoro e non c’è solo quell’esistenza. Comprenderemmo la nostra onnipresenza e la nostra maestosità. Tenendo soltanto conto di queste varie presenze, esse, automaticamente, prendono vita. Ecco perché non si deve parlare di “fortuna”.

PUOI REALIZZARE MATERIALMENTE

Ci sono individui che, inconsciamente, pur non percependo il loro essere “nubi” di energia, tengono conto delle varie possibilità che hanno e le creano senza saperlo. Sono quei soggetti che non rimangono mai senza lavoro, che hanno sempre una relazione e che amano la loro bella vita generosa. Ora provo a spiegare il concetto attraverso un disegnino e che la mia arte venga perdonata dai bravi disegnatori, please

Come si può vedere nel mio “capolavoro” siamo abituati a concepire solo quello che esiste all’interno della linea rossa cioè la nostra parte fisica e materiale. Se concepissimo invece che siamo di più, più grandi, attraverso la parte spirituale e cioè la linea blu, ovviamente, anche nella materia si realizzerebbero per noi più opportunità, più persone, più cose, più situazioni.

Non è semplice da accogliere come messaggio ma è una legge universale e persino appartenente alla scienza che, oggi, può dimostrare che così è.

Si vivrà pertanto senza nessuna “fine” perché ci sarà sempre qualcos’altro dopo e possiamo permetterci quindi di non aver paura.

Provando, anche solo per finta, a dare per scontato che, tolto un lavoro ne arriva un altro, proprio come il susseguirsi del respiro, si sente dentro un’altra sensazione. Solo immaginandolo. Ecco la parola magica: dare per scontato. Immaginiamo davvero di essere abituati ad avere già un posto di lavoro dopo quello finito, come una cosa ovvia. Non fa parte di noi questo sentire ma dovremmo riuscire a vivere così.

Prosit!

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Il vero significato del numero 666 – il percorso dell’Evoluzione

In tempi antichi i simboli erano molto più usati di adesso. Si usavano per definire un gruppo di persone, una filosofia, un evento o per abbreviare paragrafi dal momento che tutto veniva scritto a mano e non poteva essere fotografato. Simboli ma anche numeri, o lettere, o segni. Nascevano allo scopo di tradurre determinati messaggi e, la maggior parte delle volte, si trattava di messaggi positivi dal momento che erano più i maghi bianchi a voler trasmettere ai posteri che non i maghi neri, avidi di ciò che sapevano.

Simboli che divennero, col tempo, una vera ricchezza in quanto nascondevano risoluzioni su un particolare potere appartenente all’Essere Umano. Un potere che ancora oggi è cosa nostra ma che ci è stato sempre tenuto nascosto. Non voglio però trasformare questo articolo in uno scritto di magia, al quale in molti potrebbero non credere. Voglio parlare in modo più storico, più reale; o reale per lo meno per le testimonianze che abbiamo risalenti dal passato. In pratica, tra queste righe, intendo anche consigliare che a volte bisognerebbe leggere di più, informarsi, studiare, anziché pendere dalle parole che ci sono state dette definendole come realtà assoluta. Per argomentare questo discorso userò un temutissimo numero ma potrei scrivere di molto altro perché, la cifra della quale parlerò oggi, non è la sola ad essere stata traviata nel tempo da chi forse ha voluto passarci altri messaggi. Da chi forse ha preferito inculcarci paure anziché potenza e sicurezza. Da chi forse ha voluto tenerci schiavi, o comunque esseri spenti e privi di libertà, anziché grandi e immensi quali siamo e con diritto di magnificenza.

E allora prendo come esempio il temutissimo numero 666 conosciuto da quasi tutti come: il Numero del Diavolo o della Bestia. Alcuni ci scherzeranno su ma vi garantisco che esistono persone che ne hanno realmente paura. Una paura completamente infondata. Se solo sapessero… sicuramente vivrebbero meglio!

Il 666 può comparire nella nostra vita. Un numero di telefono, la targa di un’auto, un tagliando. Oggi poi, tutto è un numero. Ebbene, questi individui, fanno qualsiasi cosa per modificare tale cifra qualora gli capitasse e non li giudico, perché so che i timori possono diventare veri spaventi o ansie, ma vorrei tranquillizzarli.

666 tre volte 6. Proviamo subito, per non farla troppo lunga, ad analizzare quindi il 6 così importante, evidentemente, da venir scritto per ben 3 volte. 3, il numero perfetto.

Esiste un importante collegamento tra i numeri 3, 6 e 9.

Per spiegare il 6, cosa che farò immediatamente, devo però prima dare una nozione importante da tenere a mente che riguarda il numero 9 e cioè questa: il 9 è il numero dell’Amore. Un Amore visto come amore incondizionato e divino, universale, ovvero come forza primordiale, apice dell’elevazione: unica grande potenza dell’Universo e del Cosmo. – L’amor che move il sole e l’altre stelle – (Dante Alighieri) cioè che può tutto.

Il 9 simboleggia questo perché ha una forma simile ad una spirale, emblema da sempre, anche per Celti e Egizi e altre popolazioni, di “rinascita” e ciclo della vita. La spirale doppia è proprio l’unione tra 6 e 9 anche se spesso viene usata quella semplice o viene persino suddivisa in base alla sua rotazione. La spirale doppia è simile all’8 numero indiscusso dell’Infinito. Ri-nascere, nascere ancora e poi ancora e poi ancora… il cerchio senza fine. All’infinito appunto come infiniti sono l’Universo e il suo ciclo.

Lo stesso emblema di Yin e Yang rappresenta un 6 e un 9 e, insieme, il Tutto.

Quando si parla di “rinascita” si intende l’avvicinamento a Dio, che non è il Dio con la barba bianca che il cattolicesimo vuole farci conoscere, ma è il Dio inteso come forza, bellezza e armonia cosmica universale, cioè Amore.

Torniamo al numero 6

Ma chi deve evolversi? Chi è che ri-nasce?

Ovviamente è l’Uomo. Vi dice niente la frase – Fatto a sua immagine e somiglianza? -… e questa non è religione ma capirete tutto a breve.

Il 6, quindi, simboleggia proprio l’Uomo come se fosse all’incontrario, cioè che deve capovolgersi (elevarsi) per arrivare a Dio. Questo capovolgimento ha facilitato la negativa pubblicità del satanismo vedendolo come – allontanamento da Dio -. Cioè l’opposto. Il male.

In realtà, si intende, come “contrario”, il seme che deve fuoriuscire, capovolgersi, nascere ed esplodere in tutta la sua manifestazione divina e meravigliosa, unendosi così a Dio =  forza, bellezza e armonia cosmica universale, cioè Amore.

Sta nascendo. Deve farlo. Sta simboleggiando la scintilla divina già esistente in lui che, nel suo percorso obbligatorio, andrà ad unirsi alla Fonte Madre (gira gira = spirale). Da 6 a 9.

Il 6 è simbolo dell’Uomo in assoluto e Gesù (che sia esistito o meno), visto come messaggio alchemico e spirituale (non cattolico, il cattolicesimo se ne è appropriato 1700 anni fa!) diceva – Io sono il Figlio dell’Uomo – perché l’Uomo è… Dio. Un essere divino. “Fatto a sua immagine e somiglianza” che racchiude forza, bellezza e armonia Cosmica. Energia Cosmica. L’Essere Umano, come tutta la natura stessa, ma l’Uomo ancor di più perché ha la Coscienza ed essa è la rappresentazione di Dio. E’ il Sé.

666 – 6+6+6 = 18

1+8 = 9

Ecco il percorso rappresentato in modo criptico e, alla fine, Dio-Amore. Basta decodificarlo.

Il 9, inoltre, è la fine, l’arrivo, nel senso che racchiude in sé tutti gli altri numeri. Tutti. Sono infiniti ma racchiusi tutti lì. 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 (immaginiamoli in cerchio). Quindi è il Tutto.

Occorre anche osservare che non è l’arrivo ad essere importante. Quasi non lo si considera. Si considera invece il noto percorso. Il cammino. Il cammino dell’evoluzione e della crescita personale. Il momento del 6, più che del 9.

3 volte 6 – il percorso e l’unione all’Amore perché tutto è Amore e tutto deve andare a finire lì.

Ovviamente è un discorso molto lungo e che contiene molti altri “segreti” ma non posso certo scrivere un libro oggi. Per aiutarvi a espandere la vostra conoscenza in tal senso, vi consiglio questo bellissimo ed esaustivo articolo che tratta anche altri temi interessanti rispetto al numero citato. Come la bellezza del sesso, vista come energia sessuale e quindi vitale della creazione. Come gli elementi naturali che ci appartengono: l’acqua, il fuoco, l’aria, la terra. Il tutto racchiuso in questo splendido numero: 666. L’articolo è questo: https://www.visionealchemica.com/uomo-666-sole-666/ io quindi mi fermo perché prima di terminare il post ho ancora due cosine da dire.

Quelle che noi oggi conosciamo come feste religiose con tutti i loro emblemi connessi: Pasqua, Natale, Epifania, Immacolata, etc… erano in realtà tutti riti pagani antichi, davvero utili e terapeutici per l’Essere Umano, e proponevano un vivere con la natura in modo unico. Stupendo e incredibile. Permettevano di usufruire delle forze del Cosmo e di guarire.

La Chiesa, attraverso il tempo, attraverso varie decisioni, attraverso studi o eventi come il Concilio di Nicea, per opera dell’Imperatore Costantino e le Bolle Papali in seguito che sono solo tra gli esempi più eclatanti, se ne è appropriata trasformandoli e gongolandosi nell’ignoranza della gente alla quale non veniva permessa neanche l’eventuale istruzione. Chi provava ad informarsi o a conoscere veniva bruciato vivo (per farla breve) e non mi riferisco solo alle famose streghe. Così, oggi, viviamo un Natale credendo sia il compleanno di Gesù Bambino quando invece non c’entra assolutamente nulla. Stessa cosa vale per simboli, usi, costumi, etc… li hanno fatti propri e ne hanno dato il valore voluto. Questo è scritto a livello storico, non lo dico io.

Se in qualche modo, nella vostra vita, vi capita il numero 666 provate a tradurre il suo messaggio anziché scappare a gambe levate. Vedrete che è un messaggio bellissimo.

Prosit!

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Perché le manifestazioni di Madre Natura ci disturbano?

Le manifestazioni di Madre Natura, attraverso le quali ci parla e si mostra, sono tutte splendide. Accettate e amate soprattutto dagli animali. Per quanto riguarda noi esseri umani, invece, la cosa cambia. Spesso, e comprensibilmente, alcuni elementi naturali, alle volte, possono infastidirci. Sto parlando prevalentemente di: pioggia, vento e sole i più comuni e i più detestati.

Il fastidio lo si inizia a percepire quando queste rivelazioni cominciano a prolungarsi nel tempo e la nostra intolleranza può derivare da diversi motivi.

Dopo giorni e giorni di pioggia, si inizia a desiderare il sole. Ci si vuole “asciugare”, godere dell’aria aperta ma, all’incontrario, dopo troppo tempo di siccità, si vuole l’acqua. Come ripeto, sono ovvie considerazioni ma oggi vorrei parlare di cosa accade, dentro di noi, energeticamente, in correlazione al meteo del nostro Pianeta Terra.

Siamo un tutt’uno con lui, estremamente collegati e connessi. Noi siamo lui. Siamo la natura. Pertanto, le sue manifestazioni, sono le nostre. Ci appartengono.

Il fondamentale equilibrio – Se non abbiamo equilibrio nel nostro processo naturale e generale possiamo percepire malessere. Il fattore principale è il non sentirsi in armonia totale e in sintonia con la vita, con se stessi e con gli altri.

LA PIOGGIA

La pioggia è una ricchezza assoluta per la terra. E’ il suo sperma. E’ l’acqua che assieme alla luce solare crea la vita o ridona la vita mentre questa sta appassendo. Essa però riguarda anche la nostra acqua interna. L’acqua è per noi indice di tristezza, quando è in abbondanza, rappresentata dalle lacrime, dal muco, dalle secrezioni liquide del nostro corpo. Urinare troppo, sudare in modo eccessivo, sono tutti sintomi di tristezza. La tristezza, è una delle figlie maggiori della paura e infatti sappiamo che la paura ha sede nei reni, organi che filtrano la nostra acqua. Il sangue, rappresentazione della vita, è soprattutto acqua pur essendo considerato un tessuto connettivo. La pioggia del cielo e della terra che ci appartiene, è la nostra pioggia, ossia la nostra acqua. Quando non smette di scendere, non smette di mostrarsi, è come se ci riempisse, ci circondasse, ci accompagnasse giorno dopo giorno e, passato quel tot di tempo che varia da persona a persona, ci si sente sazi, anzi, in esubero. Non se ne vuole più. Tutta quell’acqua aumenta la nostra tristezza. Vorremmo liberarcene.

Qualcuno potrebbe notare che ci sono individui molto tristi che però amano la pioggia e vorrebbero piovesse sempre. E’ vero. Questo accade quando si trova in quella pioggia l’ambiente più favorevole, la culla migliore. Come una sorta di comfort-zone. Non si apprezza la pioggia i sé, i suoi benefici e quant’altro di bello essa porta ma quello che ci fa provare. L’atmosfera che crea. Ci permette di non uscire, di rintanarci, di osservare il mondo da un velo appannato e distorto dalle gocce; più scuro, umido, quasi stantio. Se si è chiusi e introversi si ama questa ambientazione che solo la pioggia può creare ma, tutto questo, che è assolutamente umano, non è da scambiare con l’entusiasmo vero e proprio nei confronti della pioggia o di qualsiasi altra manifestazione climatica che la si arriva a benedire per il suo esistere. Una benedizione che nasce dal nostro cuore, ricolmo di vera e pura gioia.

La pioggia batte, incessante, come – la lingua batte dove il dente duole -. Liberarsi dal rancore, che spesso neanche sappiamo di avere, è la cosa migliore per amare davvero la pioggia e trovarsi in comunione con lei.

IL VENTO

Il vento rappresenta i nostri pensieri e la nostra elettricità. Più siamo elettrici, energici, vigorosi, grintosi e nervosi e più il vento sarà visto come un nemico. Amplifica quell’impeto che già possediamo e con il quale affrontiamo la vita. Ne abbiamo già del nostro e abbiamo confusione dentro. Confusione mentale e emozionale governate prevalentemente dall’ansia. Si tratta di un’ansia subdola, non si mostra. Sembriamo forti, ferrei, imperativi e invece è proprio l’ansia ad amministrare le nostre riflessioni ingarbugliate. L’ansia verso il giudizio degli altri, verso decisioni da prendere, verso il futuro… La pre-occupazione fa parte di noi.

Il vento scompiglia ancora di più le cose nel nostro intimo e quindi inizia a darci fastidio. Se il vento ci infastidisce è perché siamo troppo autoritari, troppo schematici, troppo aggressivi. Di sicuro chi vive con la testa fra le nuvole ama molto di più il vento rispetto agli altri perché lo vede come uno strumento capace di trasportare i suoi sogni in tutto l’Universo.

Il vento è collegato allo scorrere dell’energia in noi e allo scorrere del nostro sangue. Quando questi elementi sono già di per loro prorompenti e troppo affaccendati, si sente il bisogno inconscio della calma o si arriva a sopportare, al massimo, una lieve brezza.

Anche chi è troppo pacato e apatico nell’animo sopporta malvolentieri il vento, il quale, vuole dargli una sferzata di energia per lui troppo drastica e violenta.

Il vento muove le nostre frequenze, siamo fonti di energia, siamo corpi elettromagnetici e emaniamo onde dopo averle generate. Certi scompigli, se manchiamo d’equilibrio in noi, possono risultare intolleranti.

IL SOLE

Il sole è la vita eppure, da molti, non è amato per niente. Il caldo che produce può addirittura far star male oltre che provocare fastidio e anche la sua luce, troppo forte, può essere una seccatura… e sì, che “secca”, inaridisce tutto.

A non amare il sole cocente sono le persone irose o che celano una rabbia completamente nascosta. Parlo di una rabbia potente. Il sole, ripeto, è la vita e la nostra vita, rappresentata come ho detto dal sangue, è mossa dal cuore, organo propulsore di questa fonte. Organo della passione e dell’amore. La passione può essere ardore e, quando è già tanto, non serve calore in più. Oppure può essere patimento e, in questo caso, l’entusiasmo solare può disturbare.

Il sole stanca, affievolisce gli impeti pur essendo gioia. Dona calma. Si cerca l’ombra per spegnere quel fuoco. Tutta la natura, durante le ore di sole più forte, si nasconde e riposa. E’ come se in quel momento passasse il Re e occorre lasciarlo fare, attendendo orari più disponibili per ricominciare le attività.

Colui che non si adegua energeticamente a queste frequenze patisce. Il suo cuore può subire accelerazioni o affanno, oppure calmarsi troppo, procurando un senso di affaticamento non previsto. Si perde idratazione e, senza quella, ci si sente spenti. Ogni nostra più minuscola cellula è composta dall’80% circa di acqua. Se già si è aridi, a livello emozionale oltre che fisico, ulteriore siccità non solo infastidisce ma la si detesta proprio.

IL METEO EMOZIONALE

Saper tradurre quello che manifestiamo attraverso Gaia penso sia importante per conoscerci. E’ come uno strumento in più che ci permette di capire in che stato è il nostro equilibrio. In teoria, anche se questo è quasi impossibile, ma lo dico al fine di spiegarmi, dovremmo poter amare sinceramente ogni manifestazione e anche il suo periodo di presenza. Al di là dei danni che può provocare, al di là di quello che può fare al pianeta. Mettendo un attimo da parte queste che sono delle conseguenze e osservando soltanto il principio primario dentro di noi, occorre vedere cosa scaturiscono nella nostra parte più intrinseca queste rivelazioni. Tutto il resto lo si potrà guardare, certamente, in un secondo momento ma il nostro benessere energetico può essere considerato anche qui.

Inoltre, allenarsi a guarire sotto questo aspetto e cioè equilibrare il movimento energetico in noi, ci aiuta anche ad amare di più queste condizioni climatiche e ad amarle veramente. In questo modo ci fortifichiamo e anziché patire, quando una di esse si presenta in modo continuativo e senza cessare, possiamo continuare a sentire gioia dentro di noi. A quel punto potremo desiderare che finisca, certo, ma in noi ci sarà comunque bellezza, ci sarà ammirazione, trasporto, e quindi emaneremo frequenze positive le quali non potranno che rimandarci felicità.

Prosit!

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Dovresti tu essere gioia per il tuo animale, non lui il tuo salvagente

UNA VOLTA AVEVO UN CANE, ORA HO UNA VITA

Mi sembra che troppo spesso, molte persone, si aggrappano ai loro amici pelosi in modo morboso come se questi fossero la loro ancora di salvezza. Lo comprendo. Ci sono individui che non amano gli animali o non li vogliono vicino pur rispettandoli e altri, invece, più deboli o tristi, hanno solo il loro grande amico sul quale contare e non sta a me giudicarli (neanche voglio). Vorrei solo spiegare, secondo il mio pensiero, che cos’è un animale.

Un animale non è un ammasso di pelo che fa delle feste, mangia e fa i bisogni come possiamo credere. Non è neanche soltanto colui che ci sta vicino e ci considera la cosa più importante che ha, perché, fondamentalmente, oltre all’amore che prova, da noi dipende.

Un animale è una FONTE ENERGETICA. È un ammasso di vibrazioni. Questo è e vale per tutto ciò che compone l’Universo. Ha un corpo sì, degli organi, una voce, un istinto, etc… ma è un generatore e un magnete di frequenze energetiche.

Significa, spiegandolo banalmente, che un mucchio di onde elettromagnetiche, lo riempie, lo contorna, lo fa vivere.

Gli animali non sono come noi. Non usano mente o ragionamento. Non parlano come noi. Loro comunicano attraverso vibrazioni. O meglio, loro SONO vibrazioni.

Immaginatevi un branco di lupi che si accorda per cacciare con tanto di furbizia e piano “bellico”. Mica si siedono a tavolino e discutono. Comunicano attraverso le vibrazioni. Voi direte – Ma è l’istinto -; ok, ma da dove arriva l’istinto? I più intellettuali rispondono – Dalle memorie cellulari! -; va bene, ma cosa sono le memorie e da cosa nascono? La risposta unica, a tutte queste domande, la si trova nel lavoro delle VIBRAZIONI.

IO CHE AMO SOLO TE… FORSE HO UN PROBLEMA

Le vibrazioni si emanano e si ricevono in un continuo e perpetuo scambio perfetto e universale sia che lo vogliamo sia che non lo vogliamo. Vale per ogni creatura vivente.

Dopo aver visto cos’è un animale, torniamo al discorso iniziale. Dal momento che, più di noi, egli usa le vibrazioni e vive grazie ad esse, chiediamoci: cosa accade nel momento in cui un animale è obbligato a vivere con una persona triste che riversa su di lui tutta la sua angoscia e si aggrappa a lui pretendendo (inconsciamente) da lui sostegno?

So già che una persona così potrebbe dirmi – Eh, ma io tutti i giorni lo coccolo. Ma io gli do da mangiare. Gli metto sempre la copertina e gli compro giochi nuovi -. Bellissimo.

Però, vorrei chiedere a questo animale, che è una spugna (infatti dite sempre che “loro sentono”) come si sta a dover assorbire tutti i giorni frequenze negative obbligatoriamente, senza poterne fare a meno, doversele tenere dentro e dover, in cambio, cercare di emanare frequenze di supporto.

Beh, ecco, io penso che nonostante tutto l’amore che possiamo provare per i nostri amici animali e nonostante tutto l’amore che loro possono provare per noi non abbiamo nessun diritto di riversare su di loro la nostra stanchezza o la nostra frustrazione ogni momento della loro/nostra vita.

COSÌ NON SI ALIMENTANO LE ENERGIE DELL’AMORE

Basta con le solite frasi – Meno male che ci sei tu – di continuo, ogni giorno, per anni… perché, quel “tu”, in certe occasioni, appare più come un bidone dell’immondizia dove buttare i nostri sentimenti negativi che altro.

Basta con il nostro egoismo e il nostro parassitismo. Dobbiamo noi essere fonte di gioia per loro non solo fonte di cibo e carezze. Gioia, quella vera, quella piena. Se vogliamo fare i San Francesco pensiamo soltanto a dare e non a prendere, proprio come faceva lui. Il “prendere” sarà una conseguenza. Una meravigliosa conseguenza, perché attraverso l’ovvio scambio energetico, dando gioia, si riceverà tutto quello che la gioia comporta moltiplicato per molte volte. E la gioia non ve la da il vostro cane anche se questo può sembrarvi assurdo. Non ve la da nessuno. È un qualcosa che si ha dentro, che ci appartiene, ci deve appartenere, che divampa nel nostro cuore, costantemente. Se c’è.

PER FORTUNA (???) HO TE!

Se non c’è o meno, non è responsabilità di un animale. Non nutrite il vostro animale solo di crocchette. Nutritelo d’amore ma non amore bisognoso. Siate voi fonte di ricchezza per lui.

Venne detto all’uomo – Fatto a immagine e somiglianza di Dio -. Venne detto all’uomo non all’animale. Perché l’uomo è Dio. L’uomo è un essere divino, inteso come colui che racchiude in sé la forza dell’Amore, quello vero. Quello che muove il creato e dona la vita. Quello dal quale tutto il resto… tutto (anche gli animali) dipende.

Tu devi essere àncora. Le creature ti appartengono non appartieni tu a loro. Non è una maestra che impara a scrivere a scuola ma gli alunni. Non invertire i ruoli visto che di ruoli vuoi trattare. Non è vero che non hai nessuno, che non puoi contare su nessuno, che hai solo il tuo animale, che nessuno ti capisce come lui. Tu sei potenza divina. Tu sei il tutto. Amati, cogli la meraviglia dell’essere solo e solo non lo sarai più. Ama te stesso, senza mendicare amore. Perdonati. Coccolati. Rispettati. Stimati. E allora sì, sarai fonte d’acqua fresca e dissetante per chiunque abbia voglia e bisogno di abbeverarsi.

Penso che, se ti reputi infelice e solo, dovresti cercare di fare un lavoro su di te anziché prenderti un animale disposto a ricevere la tua frustrazione, perché secondo me ti farebbe bene davvero diventare più gioioso a prescindere.

Gli animali non sono sacchetti, sono creature da amare. E solo se abbiamo amore dentro possiamo dare amore. E’ meraviglioso il rapporto che alcuni riescono ad instaurare con il loro animale da compagnia ma è sbagliato, secondo me dipendere dal loro affetto. Per tanto grande e ricco sia quell’amore, unico nel suo genere e stupendo, è simbolo di povertà se è l’unica cosa che si possiede. Soprattutto se non si possiede amore per se stessi.

C’è chi invece sceglie nella vita di amare solo ed esclusivamente un animale, condividendo la sua esistenza soltanto con lui ma dentro è un essere colmo di gioia, che ha felicità attorno e la si percepisce. E’ tutta un’altra storia in pratica.

Prosit!

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Il tuo “brutto” corpo è fatto così per un motivo

COME SCEGLIERE UN VASO

Quante volte ci lamentiamo del nostro corpo o consideriamo “brutte” alcune sue parti. Non ci piacciono perché nelle nostre memorie sono rappresentati i canoni di una società che vuole le persone in un determinato modo e solo se rispondono a determinati requisiti, queste persone, possono essere considerate “piacevoli”.

Una donna deve avere gambe lunghe e sottili, slanciate, altrimenti non dovrebbe nemmeno permettersi la gonna.

Un uomo deve essere alto, non esiste che un uomo sia piccolo, o addirittura più basso della sua compagna.

Il seno femminile dovrebbe essere prosperoso ed è una vergogna, per un maschio, avere attributi di misure ridotte.

Per ogni parte del nostro corpo ci sono giudizi. Orecchie, dita, naso, sedere, piedi, pancia, cosce.

Purtroppo nessuno ci ha insegnato a LEGGERE e TRADURRE un corpo nel suo significato. La nostra cultura ci ha educato solo a guardarlo come se fosse un contenitore, portandoci così ad apprezzare di più la confezione esterna che lo scopo dell’individuo nel suo complesso.

QUAL’E’ IL TUO TALENTO?

Lo scopo sì. O il talento. Non sono qui oggi a sviolinare la classica frase – Guarda l’interno e non l’esterno perché una persona può essere brutta fuori ma bella dentro e bla… bla… bla… -. Vorrei andare oltre. Più in profondità.

Non si tratta solo di bellezza interiore ma di missione.

Premetto che il fisico rappresenta ciò che siamo. Se un soggetto è obeso, ad esempio, poche sono le parole con le quali girarci attorno. È, quasi sicuramente un insoddisfatto e quindi soffre per un qualcosa che forse neanche lui conosce. Un’insoddisfazione di fondo lo annichilisce nel suo sopravvivere e questo non è certo un bene. Dovrebbe amarsi di più e far qualcosa per valorizzare se stesso e vivere al meglio. Ma, senza andare a toccare certi estremi come questo che vuole solo essere un esempio, i corpi di ognuno di noi sono tutti diversi tra loro. Non siamo fatti con lo stampino: non siamo tutti alti, o tutti magri, o tutti slanciati, o tutti aggraziati, o etc… e meno male!

Torniamo però al discorso dello scopo e, per farlo, prendiamo una delle cose che più fa arrabbiare le donne (pur interessando anche gli uomini): avere le cosce grosse.

GUARDA QUI… CHE BRUTTO… CHE ODIO…

Ebbene, come avevo già spiegato qui https://prositvita.wordpress.com/2016/07/13/il-potere-e-nelle-cosce/ le cosce, rappresentano il proprio potere. Il potere di affrontare un pericolo o un nemico.

Sono la parte muscolare sulla quale facciamo forza quando ci accingiamo ad affrontare qualcosa nella vita. I muscoli delle cosce ci aiutano a darci lo slancio, la spinta, ma anche a non vacillare e non indietreggiare. Ci servono per non cedere.

Ora, se il mio scopo è quello di fronteggiare diverse difficoltà nella mia esistenza, oppure ho un carattere forte e un carisma significativo grazie ai quali posso combattere o dominare diversi scomodi eventi, e magari divenire un buon leader per molti o un boss giusto, non posso e non devo avere cosce gracili e piccoline! Ho bisogno che il mio corpo possa seguire le mie intenzioni. Devo poter contare su di lui, senza dover modificare la mia natura intrinseca.

Altro esempio: le mie dita corte e tozze forse non le apprezzo ma se il mio talento è quello di creare determinati oggetti, oppure devo riuscire a “prendere” la vita in un certo modo per sconfiggere certi nemici, non posso avere dita affusolate. Mi servono strumenti forti. Le dita rappresentano i dettagli e le sfumature del modo in cui io vivo la mia quotidianità. Come svolgo quel lavoro, quanta enfasi ci metto, quanta attenzione, quanta responsabilità. In base a ciò che sono avrò dita adatte.

La stessa cosa vale per la voce. La voce è anch’essa uno strumento. C’è chi con la voce deve raccontare fiabe che portano a sognare, chi deve guidare gli altri, chi deve imparare a tacere, chi deve incuriosire, chi deve cantare, chi saper sussurrare… tutti questi sono talenti.

PERCHE’ SEI FATTO COSI’?

Purtroppo ci impuntiamo spesso nella vita a voler cantare senza comprendere che la nostra missione, invece, è quella di “avvertire” vista la voce che abbiamo e che magari ha un timbro possente. Potremmo essere abili “sentinelle” viste da un punto metaforico dell’esistenza.

Ri-purtroppo non accettiamo di avere quel fisico. Quelle mani, quei piedi, quelle ginocchia troppo paffute, quelle  caviglie troppo grosse. Quanti uomini si lamentano con la propria compagna indicandole caviglie poco sottili e quindi poco sensuali. Mica pensano che hanno davanti una donna, capace di accettare un cambiamento, forte, che non si butta giù per le pieghe che prende la vita. Capace di sostenere il proprio uomo. Naturalmente può non essere così ma, di norma, chi ha caviglie ben solide, riesce ad andare avanti nella vita attraversando anche tempeste.

Ok, ma torniamo a noi che non vorrei addosso l’ira di qualche maschietto amante delle caviglie sottili. La cosa grave è che le trasformiamo persino certe qualità, attraverso la chirurgia estetica o diete severe senza capire che, così facendo, quella parte di corpo diversa, non potrà più rispondere alla nostra natura. Sarà forzata, impoverita, stonata. Non sono contraria, a prescindere, alla chirurgia plastica dico solo che bisognerebbe valutare altro oltre all’apparenza.

Il nostro corpo è la splendida rappresentazione di una meraviglia. Alto, basso, magro, grasso, spesso,esile… la sua bellezza risiede anche nell’essere così vario perché, al mondo e dentro l’umanità tutta, c’è bisogno di ogni talento. I talenti sono tantissimi e la vita ce li dona tutti attraverso noi stessi e gli altri.

Impariamo a decodificare lo splendido corpo che abbiamo. Impariamo a comprendere che non è una scatola ma la pregiata pergamena da tradurre di un popolo antico. Una pergamena che contiene molti segreti.

Prosit!

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Saluti al Demone dalla Luce alchemica

Ecco giungere il malessere. Pervadere anche i capillari più minuscoli. Eccolo pungere le viscere in uno strizzo che non ha pietà. Ecco il respiro,​ che arriva spontaneo,​ come salvezza, per riprendere quel po’ di vita che pare perduta.

​…​Ed ecco anche lui, vicino a me, dentro di me, in tutta me stessa. Così mio.

Ciao Demone… ti ho visto -. Salutandolo gli dimostravo di averlo veduto ed è bene sottolineare questo avvenimento. È la cosa che più lo fa incazzare.

Ciao Meg, come stai? – sogghignava. La sua voce era stridula pur arrivando dabbasso. In realtà non stava ghignando ma per me era così. Per il momento, almeno, era così.

Lo sai come sto – (bastardo) avrei voluto aggiungere, ma non potevo, non dovevo. Non dovevo nemmeno pensarlo. Ciò avrebbe significato che non avevo capito niente. Proprio nulla.

Stai male vero?

Non risposi.

Lui continuava, come uno stampo incandescente che si conficca sempre di più sotto allo sterno – Oh… lo sento che stai male. Stai soffrendo molto e ne sono lieto

“Merda! Merda! Merda! Resisti Meg!” mi dicevo. Poi mi rivolsi a lui – Lo so che ne sei lieto. È proprio grazie a te, e al dolore che mi infliggi, che posso compiere il mio lavoro

Sapeva bene che il lavoro al quale mi riferivo era quello di eliminarlo da me. No… non dovevo dire “eliminarlo”. Trasmutarlo, dissolverlo.

Non credo tu riesca mai a farlo – ora ghignava davvero, non era solo una mia impressione. E ghignava perché si stava irritando. Ma non abbastanza.

Sei stato visto da me. In fondo, dimmi, non è quello che vuoi? Non batti i piedi, come un bambino piccolo, proprio per essere visto?

Forse lo mandai in confusione ma non intendevo ragionarci su. Aveva una forza potente, a me (s)conosciuta e sempre qualche asso nella manica. Però, probabilmente, non avevo sbagliato di molto perché cambiò discorso pavoneggiandosi.

Lo sai che io sono molto più forte di te vero? – voleva deridermi.

Quel suo “vero?” dopo ogni domanda… che fastidio, come a voler sottolineare l’aver ragione e il mio sconforto. La mia debolezza più avvilente.

Può darsi, ma c’è una cosa che io possiedo ed è più forte di te – cercavo di convincere più me che lui.

Rise di gusto – Sentiamo… cos’ha la piccola Meg che potrebbe sconfiggermi?

Ho l’amore Demone

La sua fragorosa risata adesso echeggiava in ogni mio senso e picchiava in testa.

Ahahhaa! Povera briciola! Non sai nemmeno come si scrive la parola “amore” e pretendi di avere amore dentro di te? Stupida! Se avessi amore dentro di te io non esisterei

1 a 0 per lui. Deglutii prendendo tempo. Un nuovo dolore si stava aggiungendo al vecchio. Ansimavo. Ero senza forze.

Lui si fece ancora più grande, più grosso, più mostruoso. Trovai da qualche parte la determinazione per non togliergli gli occhi di dosso.

Nasconditi Meg, vai via, è ancora troppo forte. Non permettergli di ferirti ulteriormente o ti indebolirai troppo. Respira“. La dolce voce giunse da dietro di me. Era soave e materna. Decisi di seguire il suo consiglio ma dovetti lavorare per il senso di inadeguatezza che ora mi pervadeva. Mi sentivo una smidollata, una paurosa, una codarda.

Mi tenni il dolore e andai avanti. Il demone intanto mi offriva, ogni giorno, tentazioni alle quali era difficile negarsi. Come dosi di droga per un tossicodipendente in crisi d’astinenza ma non cedetti sentendomi molto “Gesù nel deserto”.

Lo rividi qualche tempo dopo.

Devo dire che sei brava, comunque, mi stai facendo faticare

Quel giorno mi sentivo leggermente meglio e decisi di approfittarne. Carpe diem, come si dice.

Ciao Demone… io ti vedo -.

Si fece serio. Quella specie di tessuto impalpabile che lo avvolgeva si irrigidì un poco. Me ne accorsi ma feci finta di nulla. Anche lui fece finta di nulla.

Non sei contenta del complimento che ti ho fatto?

Non gli risposi. Penetrai in lui e lo accarezzai. Divenne duro come l’acciaio ma non si spostò ne’ mi aggredì.

A che gioco stai giocando Meg?

Sai Demone – gli risposi – è vero che dentro di me non ho l’amore che intendi tu ma possiedo la scintilla divina di Dio. Non è vero che in me non c’è amore. C’è eccome, ma io lo soffoco, non gli permetto di divampare. C’è anche dentro di te e il mio amore con il tuo tenteranno di unirsi come magneti. Mi basta solo lasciarli fare. E sai una cosa? – non parlò ma mi guardava con espressione interrogativa e anche preoccupata. Continuai – Io…. io in fondo penso di volerti bene. Pensandoci, mi stai anche facendo compagnia. Siamo solo tu ed io in questo viaggio, capisci? -.

La sua austera e scura sagoma si afflosciò un poco. Io respirai. Respirai come poche volte feci. Poi ripresi – Non puoi nulla contro di me. Esisti solo perché io ti permetto di esistere e sono debole. Ma io ti ho creato e io ho i mezzi per distruggerti. Non riesco perché ho paura. Perché la mia mente è forte e ti nutre. Ma oggi, non sei più un nemico da scacciare, anzi, sei un caro compagno. È come non sentirsi soli avendoti

Non sono mai stata una di quelle che prendono il toro per le corna. Io le cose le ho sempre dovute affrontare adagio, sopravvivendo.

Ciò che provavo era vero. C’era dell’affetto sincero nel mio cuore perché, con il tempo, era maturato veramente. Questo lo ferì.

L’unica cosa che posso dirti – affermai – è… grazie…–

Esplose come polvere da sparo. Una nube nera, chiazzata di scintille dorate brillanti, divampò. Il mio Dio lo aveva visto davvero e preso. Ora c’erano le sue ceneri. Respiravano ancora. Palpitavano di tanto in tanto. Non era morto del tutto. La sua ombra rimaneva. Sfiorai quella polvere che rantolava.

Resta ancora se devi. Arriverà il momento”, pensai, e con un sorriso spontaneo stampato sul viso, m’incamminai verso nuove conoscenze. Una tenera gioia, forte e fragile allo stesso tempo, stava facendo capolino per poi divenire l’emozione più grande.

Prosit!

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Ma tutto ‘sto casino per una mela?

In qualche modo dovevano pur giustificare la vita in schiavitù che da sempre ci hanno obbligati a fare, che ancora oggi conduciamo, e il perché non meritiamo l’Eden promesso ma, per conto mio, avrebbero dovuto trovare un motivo più grave e valido. Come abbiano potuto campare, per così tanti anni, su una motivazione ridicola come quella della mela colta, disobbedendo a Dio, rimarrà un mistero per l’eternità presumo.

Voglio dire, d’accordo che a contare è il principio e non il frutto proibito, semplice emblema di discordia, ma un Padre buono, amorevole e che soprattutto perdona sempre, come può incazzarsi così per un tradimento che ha proprio l’aria del dispettuccio infantile? In particolar modo, come può portare tutto questo rancore per così tanti secoli?

Conoscerete tutti l’argomento del quale sto parlando e anche dopo averlo pompato, per renderlo più grave, con indicazioni del tipo: avevano tutto quello che volevano, non dovevano disobbedire, non dovevano cedere alla tentazione, etc… equivale al bimbo che ruba la marmellata nonostante non gli manchi nulla e la mamma gli proibisce di toccarla.

Ma, come ripeto, dovevamo tutti essere macchiati di peccato, a partire da quello capitale, perché due nostri predecessori hanno avuto la brillantissima idea di assaggiare una mela. Frutto che, negli anni, acquistò una sua rivincita divenendo quello che – se mangiato una volta al giorno toglie il medico di torno -.

Dio, però, non è un dottore e questo gesto lo ha riempito di offesa e odio verso gli uomini (proprio come un uomo… che coincidenza!).

Ero felice, da bambina, nel pensare che tra me e questo Dio severo c’era mio papà (quello in carne e ossa) a fare un po’ come da intermediario e paciere, il quale, se anche avessi rubato un frutto, al massimo mi avrebbe fatto una romanzina di mezz’ora.

Meno male che non sono nata a quel tempo e forse fu per questo che non mi piacque mai essere una “prima donna”. Quell’imprecazione classica, a me dedicata – Porca Meg! – (Porca Eva) poi, non l’avrei potuta sopportare.

Fatto sta che bisogna ammettere il fascino che si cela dietro a tutto questo. Dobbiamo dire che sono stati proprio bravi, perché se non diciamo che sono stati bravi loro, l’unica cosa che rimane è affermare che siamo stati noi dei veri tontoloni all’ennesima potenza.

Con una sciocca favoletta sono riusciti a piegare l’umanità intera al suono di un’unica voce che conteneva diversi messaggi: devi obbedire (sei un servo), devi saperti accontentare (non vali molto), la pagherai cara (occorre punire e vendicarsi), sei un peccatore (un essere indegno), devi accettare la tua pena (non puoi ribellarti), sei un debole (non hai alcun potere), quello che fai è irreparabile (‘zzi tua), non verrai perdonato (non meriti, devi vergognarti), il giudizio prima di tutto (nasconditi), la storia dell’amore quindi non esiste (sarai sempre tradito) e, se proprio devo dirle tutte… ma, ‘ste cacchio di donne, farsi una padellatina di cavoli propri no eh? Le femmine rovineranno il mondo! Ma non sono femminista, ne’ maschilista quindi non continuo su questo punto a parte il citare – E tu donna partorirai con dolore! -… che poi… io ho visto partorire la mia gatta e non è che lei invece si è divertita così tanto rispetto a un’umana. Ha peccato anche pure la felide?

Però c’è un altro fatto da tener a mente. Ce ne sono molti a dire il vero ma non posso scrivere un romanzo. Ciò che in qualche modo colpisce è come i due protagonisti del fattaccio si siano mossi velocemente a darsi colpe l’uno con l’altra, senza cioè assumersi le proprie responsabilità. Quante somiglianze con il genere umano e così non si fa. No, no e no!

Esopo ha provato per anni, con le sue fiabe, a tirar fuori qualcosa di altrettanto idilliaco ma il massimo che ha ottenuto è stato di essere tradotto in prima liceo.

Ora, venendo seri, di favole ce ne sono state molte, ma ben poche sono riuscite ad avvilire intrinsecamente l’essere umano come questa e tutto quello che ne è poi conseguito. Innestando in lui il concetto dell’“aver sbagliato”, di partire già in svantaggio, di essere già dalla parte del torto. A prescindere. Un insetto di poco valore che ha osato sfidare Dio convinto di farla franca. Che porcheria. Che essere disgustoso l’essere umano! Come si è permesso? È bene che paghi ora e anche caramente. Dio sa tutto, vede tutto e può tutto. Ha fatto confessare i due malfattori perché era giusto ammettere le proprie colpe impauriti e micragnosi come due nudi vermetti ma, in realtà, lui aveva già visto.

E questa storia della confessione andò avanti per anni e poi per secoli, guardando individui che inconsciamente oppressi da una spada di Damocle pendente sui loro capi, andavano a raccontare tutte le loro malefatte a chi, sulla terra, intercedeva tra lui e il Regno dei Cieli. Qualche preghiera per espiare le proprie colpe e si poteva tornare a trascorrere la vita di tutti i giorni, commettendo gli stessi peccati, tanto, il sabato dopo, si raccontavano gli affari propri a chi poteva custodire i nostri segreti.

Ma… le favole… solitamente… non narrano di gioie e lieti fini? Sì, ci sono sempre l’orco e la strega cattiva ma poi c’è anche la vittoria del bene sul male. Tranne qui. Tranne in questa fiaba che ci hanno obbligato a vivere dove, il bene, se c’è, sta comunque perdendo da circa duemila anni. La fiaba. La nostra. Quella che dobbiamo vivere e che doveva essere la più bella di tutte perché era la nostra vita.

Ora, è vero che la parola “peccatore” dal latino “peccare” significa “sbagliare” inteso come “allontanarsi da Dio” (ne deriva l’allontanamento dall’Eden) ma io avrei cercato un’altra metafora anche se, devo ammettere, che questa ha funzionato.

…Come abbiano potuto campare, per così tanti anni, su una motivazione ridicola come quella della mela colta, disobbedendo a Dio, rimarrà un mistero per l’eternità presumo. Me lo devono spiegare. O forse no. Forse mi sono spiegata da sola.

Prosit!

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