In una Grotta, la mia Grotta, la mia Valle – Conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei

Chi mi conosce sa che amo gironzolare in lungo e in largo per la mia Valle, la quale mi regala la possibilità di vivere a contatto di una Natura splendida e molto variegata.

E’ una natura che parla e mi permette di comprendere molto, anche su me stessa, in quanto mi piace ascoltarla e mi piace tradurre i messaggi che ha da suggerirmi.

Spesso ti ho parlato dello strano e saggio linguaggio del Bosco, oppure dello sconosciuto riflesso degli Animali che possono mostrarci le nostre memorie più nascoste. Oggi, ti porterò in un luogo davvero suggestivo e ricco di informazioni per la nostra crescita personale.

Lo chiamo – luogo – ma non è unico. Lo si può trovare in diverse zone e può essere di varie tipologie. Può essere profondo, stretto, breve, molto scuro, o più illuminato. Può essere umido, puzzolente, pieno di vita, silenzioso. Può disturbare, inquietare, disorientare o piacere molto.

Ti sto parlando della Grotta – un luogo altamente idoneo per osservare il nostro lato più oscuro e provare a esercitarci un po’, in modo alchemico, al fine di conoscere meglio noi stessi ed evolverci.

Alla ricerca della Lapis Philosophorum…

Anche noi abbiamo una “grotta”. Si tratta prevalentemente del nostro ventre ma indica quella caverna cosmica che ognuno di noi ha e non conosce. Tutti siamo formati anche da questo grande contenitore buio, ricco di emozioni, di memorie, di schemi, di sensazioni.

Quando si dice di entrare dentro noi stessi, per osservare anche ciò che di noi non ci piace, si va proprio in queste parti a noi sconosciute anche se crediamo di conoscerle perché nostre.

Non c’è presa di coscienza senza sofferenza. In tutto il mondo la gente arriva ai limiti dell’assurdo per evitare di confrontarsi con la propria anima. Non si raggiunge l’illuminazione immaginando figure di luce, ma portando alla coscienza l’oscurità interiore. Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia – (Carl Gustav Jung).

Siamo convinti di conoscerci al 100% ma non è affatto così. Ed è per questo che i nostri Demoni possono farci reagire come vogliono.

Ci arrabbiamo se qualcuno ci fa arrabbiare, ci offendiamo se qualcuno ci offende, ci annoiamo, ci infastidiamo, ci rattristiamo, ci intimoriamo… certo, sono tutte emozioni umane e comprensibili ma, sopportate o sviluppate in questo modo ci definiscono – schiavi -. Schiavi degli eventi esterni. Siamo in balia di quello che succede nel mondo attorno a noi. E’ lui, con i suoi eventi, le sue persone, le sue situazioni a gestire noi e la nostra vita, noi non siamo padroni di noi stessi. Non siamo padroni di arrabbiarci quando vogliamo arrabbiarci, bensì quando l’esterno lo decide.

Questo accade perché non osserviamo dentro di noi con molta attenzione, pazienza e umiltà. Fa male. Significa vedere e di conseguenza ammettere di provare invidia, ammettere di aver bisogno di stima, ammettere di essere gelosi, egoisti, giudicanti, paurosi, bisognosi, opportunisti, vanitosi, avidi, superbi, manipolatori, incapaci… Non vediamo e non vogliamo vedere quei mostri. Li abbiamo creati come strumenti di difesa per sopravvivere, li abbiamo nutriti, ora sono cresciuti e noi, pur essendo da questi governati totalmente, non ci rendiamo conto di tali giganti che custodiamo nel nostro ignoto Subconscio, in quella nostra “grotta”, ai quali continuiamo a dar da mangiare. E l’Ego cresce assieme a loro. Quei mostri che potrebbero sparire soltanto nell’esser visti. Anzi… a dire il vero, non spariranno ma si tramuteranno in Angeli, cioè in forze, in buone energie utili a noi.

Nel nostro ventre c’è un mare sacro pieno di tutto ciò che noi siamo. Nella nostra mente ci sono stanze alle quali non abbiamo mai voluto accedere. Nel nostro cuore ci sono vibrazioni che non abbiamo mai voluto usare.

Tutte queste parti nascoste sono nostre ma per essere utilizzate, spesso, ci vuole coraggio, impegno, determinazione, gioia.

Ogni volta che entro in una Grotta, tra i monti della mia Valle, o in una caverna, o in una miniera, o in un cunicolo è come se entrassi dentro di me. E’ un cammino. E’ una metafora. Una scoperta. Mi introduco in un qualcosa di nuovo.

Lì dentro fa più freddo. L’aria è diversa. C’è umidità. E’ un luogo quasi sconosciuto, meno noto rispetto al resto. Cerco di porre massima attenzione ai messaggi che mi vengono suggeriti ma voglio anche lasciarmi andare, per percepire al meglio tutto quello che quell’anfratto ha da dirmi e poter vivere le sensazioni che devo vivere.

La Fenice rinacque dalle proprie ceneri, al buio e al silenzio. E’ l’emblema della rinascita, della resurrezione e, di resurrezioni, possiamo viverne diverse durante la nostra esistenza. Ogni scalino verso l’alto è una resurrezione.

Il buio e il silenzio sono i complici migliori che possiamo avere quando dobbiamo conoscere bene noi stessi e quell’altro che abita con noi, dentro di noi, ma che non conosciamo e non valutiamo. Lo abbiamo tutti. Una specie di alter ego che spesso ci manovra come un Mangiafuoco.

Ah! Le fiabe alchemiche…. Quanta ricchezza! Il burattino che si trasforma in essere umano proprio dopo essere stato all’interno del ventre della balena…. Un ventre buio e silenzioso…

Il buio e il silenzio ci spaventano a volte ma sono invece cari amici.

La Grotta, con quel suo buio deciso e perdurante conduce poi anche alla luce, una volta che si esce, e anche questo è un bellissimo messaggio. Ti obbliga, con la sua oscurità, ad aguzzare la vista, ad acuire i sensi, a cercare il chiarore per poi arrivare dove ad accoglierti è il Sole e tutti quei colori sgargianti e vivaci che i suoi raggi illuminano ed esaltano.

Là dentro è come se fossi dentro a me stessa. Che cosa sta accadendo?

Tutto è immobile, fermo da tempo… un tempo diverso da quello che sono abituata a vivere. Un tempo sospeso. Sembra che aspetta di essere “lavorato”, come del pongo da modellare. Certo, nessuno è mai andato a mettere in subbuglio quel luogo. Noi stessi dormiamo per anni sopra alle nostre abitudini, alla nostra comfort zone, ai nostri schemi mentali ripetitivi.

Fa freddo. Non c’è calore. Non c’è nessun tipo di abbraccio materno. E no. dobbiamo cavarcela da soli. Ed è proprio così anche nella nostra evoluzione. Nessuno può aiutarci. Nessun Maestro. Possiamo ricevere consigli ma nessuno può fare quel “lavoro” al posto nostro.

L’aria è pesante, stantia. Da quanto tempo tutto è lì, dormiente. Anch’io, dentro di me, sono stantia. Anch’io re-agisco come reagivo anni fa, sempre allo stesso modo, sempre guidata dalle stesse emozioni. Abbiamo vizi, ossessioni, fobie che girano… e girano… come un criceto sulla ruota imprigionato nella sua gabbia. Ma un Guerriero non re-agisce. Non ripete le stesse azioni come un automa. Un Guerriero agisce e c’è differenza. Il reagire è sinonimo di schiavismo, mentre l’azione è figlia della propria volontà.

Solo nel buio è possibile vedere la luce ma qui non vedo niente. Questo significa che devo mettermi a cercarla o forse crearla. Sono infatti una creatrice. Collaboro costantemente con l’Universo per co-creare la mia realtà. Ne ho la facoltà e la utilizzerò.

Quanto ancora voglio stare qua dentro? Ne ho abbastanza? Voglio uscire in fretta? Voglio restare? Che sensazioni provo?

Conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei – (Oracolo di Delfi).

Sedersi al centro di una grotta e chiudere gli occhi per diversi minuti…

Ci riusciresti? Nonostante il silenzio, alcuni rumori sono pressoché insoliti. Il gocciolio delle stille, la pietruzza che cade, la corrente d’aria gelida che accarezza le rocce. Lo sbattere d’ali di alcuni Pipistrelli. Alcune persone hanno allucinazioni visive dopo qualche minuto, altri hanno paura, altri aprono gli occhi di tanto in tanto, altri non provano assolutamente nulla, altri trovano la beatitudine…

Un viaggio dentro di me. Le pareti sono lisce o a volte ruvide, bagnate o asciutte, una Falena mi conduce dove posso comprendere. E’ tutto frastagliato e aguzzo. Quanto sono tagliente? E perché?

Guardando meglio mi accorgo che c’è più vita di quello che pensassi. Vermi, insetti, anfibi, chirotteri… licheni, aria, acqua… e le rocce stesse che parlano.

Rivolgendomi al loro saggio sapere chiedo di rendermi nota un’esegesi di ciò che sto vivendo.

Hai una di noi sul tuo petto Meg, vero?

Sorrido… – Oh si… un grosso masso mi comprime proprio il basso torace non permettendomi di respirare come io vorrei. Non mi permette di ricevere tutto l’ossigeno che vorrei assorbire, non mi permette di vivere quella splendida sensazione di polmoni pieni, aperti, spalancati… -.

Guardaci, toccaci, amaci. Ci hai creato tu. Siamo tue figlie. Nonostante tutto, meritiamo il tuo amore. Anche il nostro simile, sopra al tuo petto, merita amore, tu l’hai creato. Se riuscirai ad amarlo se ne andrà. Il tuo amore, il tuo perdono, è l’unica cosa di cui ha bisogno, altrimenti peserà sempre di più per riuscire ad ottenere questi doni. Proprio come un piccolo bambino che pesta i piedi e fa i capricci per essere ascoltato, per ricevere attenzioni -.

E che bel tempo che ho raggiunto laddove nelle Grotte che visito non c’è più odore di deteriorato. Dove le rocce brillano e mi sembra di essere circondata da diamanti rilucenti. Dove l’aria, nonostante tutto, è fresca e sa di pulito. Dove il buio non fa più paura ma incita all’evoluzione e con la sua calda voce profonda e suadente mi invita in lui porgendomi la mano.

Non ho paura. Non di soffrire quanto meno. So di essere più forte di qualsiasi dolore. Sono come quelle rocce. Resto. Sono stabile. Granitica. Quelle rocce sono una Madre. Quella loro parvenza asettica si trasforma in abbraccio.

La paura è una cara amica ma non le permetterò di diventare la mia amministratrice.

Non ho più paura di guardare dentro di me. Di essere libera. Di essere me stessa.

Posso aver paura di molte cose ma non di me…

Amati Meg…

Soltanto dopo la notte si può vedere spuntare il sole. Soltanto dopo il temporale si può veder nascere l’arcobaleno. E’ banale ma così vero!

Tutta la bellezza scoperta di quel luogo la possiamo vedere dentro di noi.

Hai paura di entrare in una buia Grotta? Prova a domandarti il perché.

Paura dell’ignoto, del sentirti imprigionato, di non respirare, di non poter più uscire, dell’imprevisto… E come la vedi quella Grotta? Che sensazioni ti da’? Ognuna di queste paure o sensazioni porta con sé una lunga storia. La nostra. Una lunga storia d’amore.

Prosit!

Ecco perché l’entusiasmo è nell’andare e non nell’arrivare

Una delle mie più grandi passioni, oltre a quella di scrivere, è scoprire le bellezze della montagna. Amo l’escursionismo e amo conoscere la lingua che la montagna parla attraverso le sue manifestazioni: piante, fiori, situazioni, animali selvatici, i loro versi, mutamenti del clima e del paesaggio…

Ho sempre sentito grandi maestri spirituali pronunciare la frase – Non è importante la meta ma il cammino – e sono d’accordo con loro ma vi posso assicurare che se non si vive questa sensazione anche in modo pratico e tangibile, sentendola sulla propria pelle, non se ne percepisce la profondità.

Come percorso si intende l’elevazione della propria persona, l’avvicinamento al divino, laddove, “essere divino” significa possedere in sé la potenzialità della totale gioia anche se la mente, con i suoi schemi e i suoi inganni, tende ad impedircelo. Possedere il seme dell’Entusiasmo ( en thèos dal greco – con Dio dentro).

Questo percorso alchemico, però, lo si può paragonare anche ad un qualsiasi cammino che, fisicamente, intraprendiamo e forse ne possiamo comprendere meglio il senso.

In un percorso spirituale verso la propria illuminazione si vivono gioie e dolori ma, sopra ogni cosa, si vive tanta fatica e tanta tenacia scoprendosi a volte più forti e più determinati di quello che si credeva essere (questo è già un argomento principale che l’arrivo non regala).

Si è più propensi a dire che l’arrivo, la meta, sia il vero punto magico, quello dell’estasi, quello del riposo, quello del – Sono arrivato, ho ottenuto ciò che volevo e ora non devo fare più nulla -. Non è così. È sicuramente una tappa fondamentale, sacra e da onorare.

Ora i daimon sono angelus e tu propaghi magia. Vivi nella luce ma se ti soffermi un attimo a pensare a dove realmente eri vivo e a quanto amore c’era è stato sicuramente nel viaggio. Innanzi tutto non si “arriva” mai ma non è solo questo.

Camminando per un sentiero non ci sono solo eventi meravigliosi, così come non ci sono eventi meravigliosi nel vivere una trasmutazione alchemica verso il Sé Superior. Il tutto è intriso di emozioni ma non soltanto positive.

Secondo l’escursione, o il trekking che si effettua, possono esserci: stanchezza, piedi dolenti, vesciche, spaventi, rischi, cadute, tutte cose che sottolineano il sacrificio.

Al contrario, però, ci sono anche tante cose stupende come: l’attesa, la sorpresa, il paesaggio, i colori, il mutamento della natura, gli spazi senza fine, il senso di libertà, i suoni, l’avvenimento creato da quel determinato animale, etc…

Metti la maglia che fa freddo, togli la maglia che fa caldo, indossa l’impermeabile che piove, metti il cappello che è uscito i sole! Continua a paragonare tutto questo ad un lavoro di trasmutazione alchemica.

Guarda quante cose ti trovi nel tuo bagaglio! Tutte cose vissute durante il viaggio. Quando arriverai sarà il viaggio a persistere nel tuo cuore. Sarà lui il tuo ricordo più forte. Sarà lui che racconterai. L’arrivo è lo “stop”. La fine. Il viaggio è tutto un susseguirsi di – Chissà cosa accade ora? Cosa vivrò? Oh! Guarda! E lasciati raccontare quanta fatica sto facendo -.

Hai presente quando hai tanta voglia di ottenere un qualcosa? Quando poi la ottieni, l’hai ottenuta e basta. Ahimè, succede anche con le persone questo. Non è sbagliato volere una cosa e ottenerla, ci mancherebbe, ma il tafferuglio interno, della voglia e della speranza verso di lei, esiste solo quando la si brama.

Quando mi capita di raccontare a qualcuno quella mia particolare escursione domenicale racconto sempre il viaggio. Il punto d’arrivo è solo un dettaglio per spiegare dove mi sono recata ma le paure, le risa, lo stupore, l’emozione, la gioia, la preoccupazione… tutto questo si vive percorrendo.

L’arrivo ti dona soddisfazione. Che bello poter dire – Ce l’ho fatta! Sono stata brava! – ma perché ce l’ho fatta? Perché sono stata brava? Perché ho vissuto e, di conseguenza, superato: il viaggio.

Il cammino ti riempie. E non dimenticherai mai quei passi.

Con questo articolo mi preme anche farti capire che il viaggio, con tutte le sue difficoltà, non deve impedirti di andare avanti. Cerca se puoi di non lasciarti abbattere dalle angosce, dai timori e dai fastidi. Vai avanti.

L’arrivo, anche se è la meta finale, ti sta aspettando e credimi se ti dico che è bello.

Alcune immagini di questo articolo sono di Andrea Biondo appassionato fotografo di natura andreabiondo.wordpress.com

Prosit!

Il vero significato del numero 666 – il percorso dell’Evoluzione

In tempi antichi i simboli erano molto più usati di adesso. Si usavano per definire un gruppo di persone, una filosofia, un evento o per abbreviare paragrafi dal momento che tutto veniva scritto a mano e non poteva essere fotografato. Simboli ma anche numeri, o lettere, o segni. Nascevano allo scopo di tradurre determinati messaggi e, la maggior parte delle volte, si trattava di messaggi positivi dal momento che erano più i maghi bianchi a voler trasmettere ai posteri che non i maghi neri, avidi di ciò che sapevano.

Simboli che divennero, col tempo, una vera ricchezza in quanto nascondevano risoluzioni su un particolare potere appartenente all’Essere Umano. Un potere che ancora oggi è cosa nostra ma che ci è stato sempre tenuto nascosto. Non voglio però trasformare questo articolo in uno scritto di magia, al quale in molti potrebbero non credere. Voglio parlare in modo più storico, più reale; o reale per lo meno per le testimonianze che abbiamo risalenti dal passato. In pratica, tra queste righe, intendo anche consigliare che a volte bisognerebbe leggere di più, informarsi, studiare, anziché pendere dalle parole che ci sono state dette definendole come realtà assoluta. Per argomentare questo discorso userò un temutissimo numero ma potrei scrivere di molto altro perché, la cifra della quale parlerò oggi, non è la sola ad essere stata traviata nel tempo da chi forse ha voluto passarci altri messaggi. Da chi forse ha preferito inculcarci paure anziché potenza e sicurezza. Da chi forse ha voluto tenerci schiavi, o comunque esseri spenti e privi di libertà, anziché grandi e immensi quali siamo e con diritto di magnificenza.

E allora prendo come esempio il temutissimo numero 666 conosciuto da quasi tutti come: il Numero del Diavolo o della Bestia. Alcuni ci scherzeranno su ma vi garantisco che esistono persone che ne hanno realmente paura. Una paura completamente infondata. Se solo sapessero… sicuramente vivrebbero meglio!

Il 666 può comparire nella nostra vita. Un numero di telefono, la targa di un’auto, un tagliando. Oggi poi, tutto è un numero. Ebbene, questi individui, fanno qualsiasi cosa per modificare tale cifra qualora gli capitasse e non li giudico, perché so che i timori possono diventare veri spaventi o ansie, ma vorrei tranquillizzarli.

666 tre volte 6. Proviamo subito, per non farla troppo lunga, ad analizzare quindi il 6 così importante, evidentemente, da venir scritto per ben 3 volte. 3, il numero perfetto.

Esiste un importante collegamento tra i numeri 3, 6 e 9.

Per spiegare il 6, cosa che farò immediatamente, devo però prima dare una nozione importante da tenere a mente che riguarda il numero 9 e cioè questa: il 9 è il numero dell’Amore. Un Amore visto come amore incondizionato e divino, universale, ovvero come forza primordiale, apice dell’elevazione: unica grande potenza dell’Universo e del Cosmo. – L’amor che move il sole e l’altre stelle – (Dante Alighieri) cioè che può tutto.

Il 9 simboleggia questo perché ha una forma simile ad una spirale, emblema da sempre, anche per Celti e Egizi e altre popolazioni, di “rinascita” e ciclo della vita. La spirale doppia è proprio l’unione tra 6 e 9 anche se spesso viene usata quella semplice o viene persino suddivisa in base alla sua rotazione. La spirale doppia è simile all’8 numero indiscusso dell’Infinito. Ri-nascere, nascere ancora e poi ancora e poi ancora… il cerchio senza fine. All’infinito appunto come infiniti sono l’Universo e il suo ciclo.

Lo stesso emblema di Yin e Yang rappresenta un 6 e un 9 e, insieme, il Tutto.

Quando si parla di “rinascita” si intende l’avvicinamento a Dio, che non è il Dio con la barba bianca che il cattolicesimo vuole farci conoscere, ma è il Dio inteso come forza, bellezza e armonia cosmica universale, cioè Amore.

Torniamo al numero 6

Ma chi deve evolversi? Chi è che ri-nasce?

Ovviamente è l’Uomo. Vi dice niente la frase – Fatto a sua immagine e somiglianza? -… e questa non è religione ma capirete tutto a breve.

Il 6, quindi, simboleggia proprio l’Uomo come se fosse all’incontrario, cioè che deve capovolgersi (elevarsi) per arrivare a Dio. Questo capovolgimento ha facilitato la negativa pubblicità del satanismo vedendolo come – allontanamento da Dio -. Cioè l’opposto. Il male.

In realtà, si intende, come “contrario”, il seme che deve fuoriuscire, capovolgersi, nascere ed esplodere in tutta la sua manifestazione divina e meravigliosa, unendosi così a Dio =  forza, bellezza e armonia cosmica universale, cioè Amore.

Sta nascendo. Deve farlo. Sta simboleggiando la scintilla divina già esistente in lui che, nel suo percorso obbligatorio, andrà ad unirsi alla Fonte Madre (gira gira = spirale). Da 6 a 9.

Il 6 è simbolo dell’Uomo in assoluto e Gesù (che sia esistito o meno), visto come messaggio alchemico e spirituale (non cattolico, il cattolicesimo se ne è appropriato 1700 anni fa!) diceva – Io sono il Figlio dell’Uomo – perché l’Uomo è… Dio. Un essere divino. “Fatto a sua immagine e somiglianza” che racchiude forza, bellezza e armonia Cosmica. Energia Cosmica. L’Essere Umano, come tutta la natura stessa, ma l’Uomo ancor di più perché ha la Coscienza ed essa è la rappresentazione di Dio. E’ il Sé.

666 – 6+6+6 = 18

1+8 = 9

Ecco il percorso rappresentato in modo criptico e, alla fine, Dio-Amore. Basta decodificarlo.

Il 9, inoltre, è la fine, l’arrivo, nel senso che racchiude in sé tutti gli altri numeri. Tutti. Sono infiniti ma racchiusi tutti lì. 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 (immaginiamoli in cerchio). Quindi è il Tutto.

Occorre anche osservare che non è l’arrivo ad essere importante. Quasi non lo si considera. Si considera invece il noto percorso. Il cammino. Il cammino dell’evoluzione e della crescita personale. Il momento del 6, più che del 9.

3 volte 6 – il percorso e l’unione all’Amore perché tutto è Amore e tutto deve andare a finire lì.

Ovviamente è un discorso molto lungo e che contiene molti altri “segreti” ma non posso certo scrivere un libro oggi. Per aiutarvi a espandere la vostra conoscenza in tal senso, vi consiglio questo bellissimo ed esaustivo articolo che tratta anche altri temi interessanti rispetto al numero citato. Come la bellezza del sesso, vista come energia sessuale e quindi vitale della creazione. Come gli elementi naturali che ci appartengono: l’acqua, il fuoco, l’aria, la terra. Il tutto racchiuso in questo splendido numero: 666. L’articolo è questo: https://www.visionealchemica.com/uomo-666-sole-666/ io quindi mi fermo perché prima di terminare il post ho ancora due cosine da dire.

Quelle che noi oggi conosciamo come feste religiose con tutti i loro emblemi connessi: Pasqua, Natale, Epifania, Immacolata, etc… erano in realtà tutti riti pagani antichi, davvero utili e terapeutici per l’Essere Umano, e proponevano un vivere con la natura in modo unico. Stupendo e incredibile. Permettevano di usufruire delle forze del Cosmo e di guarire.

La Chiesa, attraverso il tempo, attraverso varie decisioni, attraverso studi o eventi come il Concilio di Nicea, per opera dell’Imperatore Costantino e le Bolle Papali in seguito che sono solo tra gli esempi più eclatanti, se ne è appropriata trasformandoli e gongolandosi nell’ignoranza della gente alla quale non veniva permessa neanche l’eventuale istruzione. Chi provava ad informarsi o a conoscere veniva bruciato vivo (per farla breve) e non mi riferisco solo alle famose streghe. Così, oggi, viviamo un Natale credendo sia il compleanno di Gesù Bambino quando invece non c’entra assolutamente nulla. Stessa cosa vale per simboli, usi, costumi, etc… li hanno fatti propri e ne hanno dato il valore voluto. Questo è scritto a livello storico, non lo dico io.

Se in qualche modo, nella vostra vita, vi capita il numero 666 provate a tradurre il suo messaggio anziché scappare a gambe levate. Vedrete che è un messaggio bellissimo.

Prosit!

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Pizzo d’Evigno: la Pace, i Segreti delle Piante e i Cavalli Selvatici

Deglio Faraldi è un piccolo borgo sopra a San Bartolomeo al Mare (Im) e sarà proprio da qui che partiremo per questo particolare trekking nel quale vi racconterò anche di atmosfere e piante spontanee di questa zona.

Partiremo da qui per raggiungere Pizzo d’Evigno, conosciuto anche con il nome di Monte Torre, 988 mt s.l.m.

Si cammina sui crinali, talvolta aspri, talvolta verdi, sui quali, cavalli selvatici, pascolano in tutta tranquillità.

Strada facendo si possono incontrare anche antiche costruzioni, tipiche della Liguria, chiamate Caselle, piccoli e resistenti ripari che permettono un salto nel passato. Nelle Caselle si trovava protezione dagli eventuali temporali che non davano possibilità di ritorno al paese e si potevano custodire in loro le riserve per tutto l’anno. Si tratta di strutture simili ai Nuraghi sardi, o ai Trulli pugliesi, o ancora alle Casite dell’Istria. Il blocco principale, in tempi ancora più antichi, era denominato Tholos e la più celebre costruzione in questa architettura particolare si dica sia la tomba di Agamennone edificata nel XIII secolo a.C. presso Micene, in Grecia. Il loro diametro può variare e se ne possono trovare modelli con stanze seminterrate. Rare sono invece quelle a due piani. Se la Casella doveva accogliere e proteggere gli animali, era opportuno costruirla con larghe aperture, le stesse che però, impedivano il riscaldamento. Per questo motivo, quando si poteva, la si costruiva con un’unica apertura d’entrata e nient’altro.

Il tetto in terra, in argilla o in ciappe, tipiche lastre di ardesia della mia zona, era realizzato in modo che l’acqua piovana potesse scorrere via e nominato così a semicupola ma, se all’interno della Casella, si riteneva opportuno accendere fuochi, bisognava creare una finestrella anche nel soffitto della casetta per farne fuoriuscire i fumi. Finestrelle alle quali i Celti, anch’essi abitatori di queste dimore, appendevano i teschi dei nemici uccisi, un pò per avvertimento, un pò per scaramanzia: un messaggio per gli ospiti, un’abitudine apotropaica, un simbolo di potere. La Casella è quindi oggi considerata parte integrante del valore architettonico del “paesaggio a fascia” e caratterizzante la geografia, anche umana, del Ponente Ligure.

Talvolta semi nascosta dalla selva appartenente al luogo, la Casella spunta solitamente tra Brughi resistenti e Pruni selvatici che, in questa stagione, con le loro tonde bacche blu, colorano un paesaggio ruvido costituito da roccia e da una vegetazione brusca di rovi e piante aromatiche.

Il Brugo, saggio e impavido, limita le zone silvestri, avvisando il bosco di non spingersi oltre – potrebbe essere pericoloso -. Il Pruno invece, simbolo di speranza e resistenza alle difficoltà della vita, non si fa problemi, e cresce quasi spocchioso senza darsi un freno.

Salendo attraverso un sentiero abbastanza erto a gradini, si lascia infatti il verde argenteo degli Ulivi che popolano le terrazze e s’incontra quello più spento, quasi grigio, del Timo e della Lavanda che profumano in modo persistente l’aria circostante. Un ottimo disinfettante e un grande digestivo. Queste le caratteristiche principali di tali piante, ma posseggono anche molte altre virtù.

Gli occhi però saranno appagati ugualmente dal verde intenso del Prato dei Coppetti e la macchia che lo circonda. Un verde che, a salire, si staglierà contro l’azzurro intenso del mare e del cielo.

Da qui infatti si possono vedere, in un magnifico panorama di 180°, il golfo di Imperia e quello di Savona con, al centro, una splendida Isola Gallinara che si propone mostrando un lato diverso rispetto a quello che si può notare percorrendo abitualmente la via Aurelia, la principale Strada Statale della Liguria a picco sul mare.

Abituandosi al pungente profumo delle spezie nominate prima, ci si accorge abbastanza difficilmente della presenza della Mentuccia selvatica, dalle foglioline molto più piccole rispetto a quella coltivata o che nasce più vicino alla costa ma, una volta giunti quasi in cima al crinale, un naso ben sviluppato, non potrà non rendersi conto di questo aroma ricco di proprietà benefiche. Sto infatti parlando di una pianta dalle grandi caratteristiche terapeutiche oltre che le sue intonazioni perfette in cucina.

Rinfresca, disinfiamma, rilassa i tessuti degli organi interni, purifica, tonifica la pelle, restringe i pori in caso di seborrea oleosa e aiuta in molti altri modi. Ora, è proprio il suo profumo a riempire le narici di fresco e ci fa dimenticare quello del Finocchietto selvatico incontrato più in basso che cresce voluminoso su tutto il bordo strada adatto ai neonati, in caso di coliche, e alle donne in caso di amenorrea.

More, Fichi e Asparagi selvatici sono altri gustosi prodotti offerti da questa particolare natura che occorre saper apprezzare. Una volta giunti sul crinale e potendo così godere di una vista mozzafiato, ci si ritrova circondati da erbetta fresca e massi bianchi. I monti sembrano pettinati e il sentiero si fa ancora più ripido ma dobbiamo raggiungere la vetta quindi, con passo deciso e la meraviglia negli occhi, si prosegue.

Ai piedi avremo ovviamente scarponi adatti, altrimenti sarà davvero impossibile partecipare ad un trekking come questo senza la giusta attrezzatura. Si consiglia infatti di essere un po’ preparati e abituati a camminare prima di avventurarsi in questo cammino.

Dall’altra parte dei monti si prospettano vallate immense, ricche di piccoli borghi che le colorano.

Se ne vedono tantissimi ma lo sguardo viene presto distolto dalla presenza dei cavalli selvatici, esemplari stupendi, i quali, in tutta la loro bellezza, brucano e si riposano all’ombra dei pochi arbusti presenti.

Da qui si inizia a vedere l’arrivo. La meta finale. Pizzo d’Evigno che, essendo alto come ho detto 988 mt., è stato segnalato con la costruzione di una croce di 12 mt di altezza per raggiungere così i 1000 mt.

Un po’ di fatica ma tanta soddisfazione. A regnare è la pace assoluta. Lo sguardo si perde lontano. La brezza a volte è fredda e colpisce con impeto. Gli insetti, in prevalenza grilli, accompagnano senza disturbare e qui si possono incontrare molte persone che hanno deciso di passeggiare come noi o di scalare la cima in mountain bike o con moto da trial. Il divertimento è comunque assicurato e dentro rimane una ricchezza decisamente rasserenante che riempie l’animo.

La discesa, come la salita, risulta leggermente faticosa in alcuni tratti ma ci si annoia di meno cercando di mettere i piedi nei punti giusti aiutandosi con il bastone o i bastoncini da trekking, molto utili per un percorso così.

Stanchi e soddisfatti si ritorna a casa. Abbiamo fatto circa 17 km e, un po’ di riposo adesso, è più che meritato.

Alcune foto mi sono state gentilmente concesse dal mio compagno d’avventura Do ( lucidido.wordpress.com ) mentre, la foto in cui siamo tutti insieme, sopra ad una Casella, è stata scattata dalla Guida Marina. Entrambi li ringrazio per la splendida giornata.

Prosit!

The Greatest Journey

barefoot

Prendi quella strada. Sempre dritta. Non voltarti. Non guardare altrove. Vai.

Fai del vento che ti rema contro un alleato.

Ascolta le grida degli uccelli.

Tocca la terra. Assaporala.

Vivi perdio! Ama!

Non sentire altro. Immedesimati nella tua più grande ambizione.

Cammina, ci sei solo tu.

Considera, puoi.

Innalzati, al di sopra di tutto.

Non aver paura di essere l’immensità.

Sii cieco, hai altri sensi per guardare.

Resta muto, non ti serve dire niente.

E sordo, hai il cuore per sentire.

Hai la pelle.

Vai più in là, dove non è mai arrivato nessuno, dove si pensa esista la paura.

Soltanto adesso puoi voltarti e osservare la città, dietro di te, che dorme.

La città ligia ai suoi doveri, concentrata nel suo brulichio.

Soltanto adesso puoi sentirti unico.

Non temere questa sensazione. Ti appartiene. Non fa male.

Spaventa ma non distrugge. Rinnova.

Ascolta l’acqua del mare e quello che ha da dirti.

Ascolta le foglie che ti sussurrano parole incomprensibili.

Da lì a poco capirai.

Potrai tradurre ogni lingua. Persino la tua. Quella che non hai mai compreso.

Amati, come non hai fatto mai.

Senti germogliare in te il seme della creazione, della vita. Quella che non hai mai vissuto.

Ascolta il tuo cuore. Non è più lì. E’ in tutto ciò che vedi.

Sentiti partecipe di quell’infinita bellezza. Ne fai parte anche tu.

Spalanca il diaframma. Respira.

Realizza la tua passione. Ora.

Entra nel divino e non potrai più tornare indietro.

Impara a conoscere chi sei.

Svestiti di ogni turbamento, al tuo interno non ci son tragedie.

Solo gioia. Infinita gioia. Falla uscire.

(MEG)

photo vivodibenessere.it