Le cose che le orecchie dicono di noi

Non siamo portati ad osservare molto le orecchie, nascoste anche spesso da capelli e cappelli. Siamo più propensi a soffermarci sugli occhi o sulla forma del naso. Ammiriamo delle belle labbra, un mento caratteristico ma… le orecchie, a meno che non abbiano strane forme, o non siano decorate a dismisura, attirano poco la nostra attenzione.

Le orecchie, invece, dicono molto di chi siamo e anche di cosa ci aspetta nella vita o che tipo di infanzia abbiamo passato. Raccontano il nostro stato di salute e il nostro carattere. Non per niente, come già vi avevo detto tempo fa, la loro forma rappresenta ciò che eravamo come feto nella pancia di nostra madre, dove la testa è rappresentata dal lobo e la punta in alto corrisponde alla parte finale della schiena e il sedere. In pratica, tutta la nostra esistenza.

Senza perder tempo, quindi, andiamo a vedere le loro caratteristiche che ci parlano.

POSIZIONE: la loro posizione indica l’equilibrio energetico della persona. Sbalzi d’umore, sbalzi di salute, cambi repentini di azione, etc… Dovrebbero essere corrispondenti alle sopracciglia. Molte filosofie sono d’accordo nel dire che orecchie sopra alle sopracciglia denotano grande intelligenza. Non sono d’accordo, per quello che ho potuto appurare io, si tratta più di un discorso di introversione ed estroversione che non intelligenza. Apertura o chiusura verso il mondo.

COLORE: il loro colore è importante. Il colore della pelle delle nostre orecchie. Il colore che indica intelligenza e successo nella vita è il rosato/biancastro. La norma per capirci. Un colore scuro tendente al nero o al bordeaux, invece, oltre a simboleggiare un sangue “sporco”, troppo ricco di proteine animali, significa anche dover vivere profonde tristezze. Il rosso acceso, colore della rabbia, traduce che quella persona passa diverse rogne nella sua vita ed è una lamentosa, ci sono in lei ristagni emozionali, mentre un colore giallo, indica chiusura, resa, passività nei confronti della vita dove si crede di essere succubi del male e, questo stato emotivo, per nulla salutare, corrode all’interno.

FORMA: la forma indica principalmente come possiamo vivere socialmente la nostra esistenza. Una forma prettamente “rettangolare” dell’orecchio può rappresentare una persona con un buon successo, una bella famiglia, ricchezza e carisma. Orecchie piccole e tonde segnalano dolcezza, affetto e generosità ma anche l’aver poca voglia di assumersi responsabilità e temere molto il giudizio altrui. Orecchie “a punta”, tipo Elfo, denotano intelligenza vivace e piacere verso l’istruzione, acume e sarcasmo, ma anche non approvare gli altri, non accettare, essere intolleranti e spesso infastiditi da tutto. Chi ha questo tipo di orecchie potrebbe essere irascibile e calcolatore.

LOBI – I lobi meritano una particolare attenzione poiché corrispondono alla nostra testa e quindi alla Mente. Questa nostra grande nemica/amica attraverso la quale viviamo la vita e quindi formiamo il nostro carattere e, di conseguenza, il nostro stato di salute che, come dico sempre, è il risultato di come affrontiamo gli eventi della nostra esistenza. Un lobo staccato dalla testa e bello carnoso indica una buona salute e la capacità di difendersi e risollevarsi dagli attacchi esterni. Un lobo sottile e inesistente indica invece una salute cagionevole e un soggetto debole che, probabilmente, nella vita, dovrà sfoderare arroganza e aggressività per essere visto e ascoltato. Sa quello che vuole ma ad accompagnarlo è sempre un po’ di nervosismo.

Ora, prima di correre davanti allo specchio ad osservare con attenzione le vostre orecchie, sappiate, come dico tutte le volte, che un viso deve essere visto nel suo insieme… sempre! Queste possono essere solo indicazioni o spunti di riflessione.

Ma c’è ancora una cosa che desidero comunicarvi: le orecchie rappresentano, ovviamente, il nostro ascolto. Ogni disturbo inerente all’udito, come l’otite, corrisponde a un qualcosa che non vogliamo sentire o vorremmo sentire ancora ma non è possibile (ad esempio la voce di una cara persona che non c’è più).

Ferirsi un orecchio, invece, significa sentirsi in colpa per non aver fatto nulla dopo aver saputo una determinata cosa.

Avete presente il detto – Da un orecchio mi entra e dall’altra mi esce? – ecco, a volte, occorrerebbe metterlo in pratica… lasciando andare. Liberandosi. Cercando così di eliminare diversi disturbi alle nostre orecchie. Ricordate anche però, com’è scritto su varie fonti, che – di orecchie ne abbiamo due ma di bocca una sola, forse perché dovremmo più ascoltare che parlare -.

Prosit!

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La bellezza dell’Uomo nei quattro elementi

– Storia di un lavoro alchemico che, ogni giorno, la natura compie –

E possiamo compiere anche noi essendo anche noi natura.

Sei un essere meraviglioso ma offuschi la tua meraviglia. Attraverso gli elementi che sono una tua emanazione, e osservando il loro lavoro, potrai intagliare la tua corazza e uscire in tutto il tuo splendore. Dal buio alla luce.

I quattro elementi: la Terra, l’Aria, l’Acqua e il Fuoco, come spiega il Maestro Omraam Mikhaël Aïvanhov, filosofo e pedagogo bulgaro che si è sempre interessato all’alchimia e alla spiritualità, rappresentano i quattro “corpi” dell’essere umano.

La Terra è il corpo fisico, l’Aria è il corpo mentale, l’Acqua è il corpo astrale (o emozionale, il cuore) e il Fuoco è il corpo spirituale.

Il sole permette all’aria di esistere e di muoversi, la quale, sul mare, creerà onde e queste onde, andranno a modellare gli scogli. 

Questo fenomeno è lo stesso che accade all’interno di un essere umano che vuole evolversi, modellando ciò che è, al fine di vivere il più possibile a livello spirituale che significa: vivere libero, riconoscendo e usando il proprio potere.

Come “libero” si intende non solo libero da molti sistemi nei quali ci tengono prigionieri ma significa soprattutto liberarsi dalle paure e dagli schemi mentali che ci opprimono e ci tengono schiavi. Es.: il timore del giudizio degli altri, la paura di non farcela, il comportarsi in un certo modo, etc…

Se ci affidiamo maggiormente al nostro corpo spirituale, esso modificherà la mente (il nostro più grande e severo tiranno) la quale, piegata al nostro volere, permetterà al cuore di lasciarsi andare e questo inciderà sulla nostra parte fisica, sia dal punto di vista salutare che del vivere fisicamente la nostra esistenza quotidianamente.

Ma come si fa ad iniziare questo giro? Ossia, come si fa ad affidarsi al nostro spirito?

Innanzi tutto serve riconoscerlo e credere alla sua esistenza. Vuol dire accettare che c’è qualcosa di ben oltre, al di là di quello che pensiamo di essere. Vuol dire accogliere e convincersi dell’idea che non siamo solo corpo e se queste possono sembrarti solo fandonie, non potrai mai iniziare un percorso di evoluzione atto al tuo proprio benessere. Ciò che ti sto dicendo non è una mia invenzione. Puoi documentarti, molti ne parlano, esistono prove scientifiche se è questo che cerchi ma… sono tutte cose che non ti servono e potrebbero mentirti. Dentro di te hai il tuo “sentire” e lui non sbaglia mai. Forse, è proprio quello che ti ha fatto porre mille domande nella tua vita.

Se hai voglia di credere in questo inizierai per forza a nutrire questa tua parte che finora hai tenuto nascosta senza saperlo. Nutrendola essa si ingrandirà e, prima o poi, si mostrerà a te in tanti e diversi modi. All’inizio ti stupisce e ti emoziona fino al momento in cui, totalmente cosciente, la fai tua.

Affidandoti a lei e comprendendo di essere quel “di più” potrai osservarti in modo diverso adesso e, attraverso l’osservazione, potrai modificare i tuoi comportamenti. Il tuo carattere, quando ti fa compiere qualcosa di negativo (parole, azioni, emozioni, pensieri…) non fa del male solo a chi ti sta vicino ma fa del male soprattutto a te stesso. Così facendo puoi migliorare le re-azioni della tua macchina biologica e invece che muoverti sempre guidato dalla paura potrai agire padrone di te o guidato dall’amore. Siamo sempre e costantemente tutti guidati dalla paura. Questo non significa essere codardi o tremare vistosamente.

Abbiamo paura di dire ai nostri genitori che non andremo a mangiare da loro, paura di non arrivare a fine mese con i soldi che abbiamo, paura del nuovo, del cambiamento, di cosa gli altri possono pensare, della malattia, della reazione altrui, di non essere all’altezza, di non piacere, di confessare i nostri sentimenti e potrei andare avanti all’infinito.

Queste e altre paure ci conducono nella vita, per mano, dal mattino alla sera e sono deleterie. Possono ingigantirsi divenendo malsani meccanismi che ci trattengono prigionieri. Lo si vede nella menzogna, nell’invidia, nell’accidia, nella sottomissione, nella fuga, nella collera, nella presunzione… infinite sono le figlie della paura madre di tutte le emozioni/azioni negative.

Quello di cui ti sto parlando è un lavoro alchemico ed eroico perché difficile da fare. Devi essere costante e metterci tutta la tua buona volontà ma il premio che riceverai sarà enorme, di indescrivibile bellezza. Sarà la tua rinascita in quella che potrai considerare la perfezione di te stesso intesa come – piacerti – e vivere amandoti libero da ogni catena.

 

Prendi la forza che hai dentro e domina i tuoi demoni. Trasmutali in meraviglia. Fai dei tuoi vizi un punto di forza, amerai te stesso e il creato, riempiendo di gioia anche chi può beneficiare della tua irradiazione. Cambiare le tue debolezze in trampolini di lancio anziché cercare di nasconderle dietro a ipocrisie, maschere o nuovi look, è stato per me terapeutico e immagino possa esserlo per molti.

Se vuoi approfondire questi concetti e imparare a modellare cosa sei puoi leggere il libro “Il Lavoro Alchemico ovvero la ricerca della Perfezione” (Omraam Mikhaël Aïvanhov).

Ti auguro un buon cammino.

Prosit!

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Alluce e Melluce – Ragione e Istinto. E quando sono “a Martello”?

Vi sarà sicuramente capitato di notare che alcune persone, soprattutto quelle anziane, hanno l’Alluce del piede che sovrasta il secondo dito, chiamato anche in alcune filosofie Melluce (o illice o billuce). Oppure avrete visto l’esatto contrario, vale a dire il Melluce che sovrasta l’Alluce.

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Ebbene, queste due dita dei nostri piedi equivalgono rispettivamente alla ragione per quanto riguarda l’Alluce e all’istinto per quanto riguarda il Melluce. La ragione, vista anche come rimuginare, pensare molto, ponderare, considerare, mentre con il termine istinto, si identifica anche l’impulso, l’agire senza pensarci su, il fare. Sta di fatto quindi che, se sarà il primo dito a sovrastare l’altro, avremo davanti una persona che prima pensa e poi agisce, all’inverso, una persona che prima agisce e poi pensa a ciò che ha fatto o persino che desidera imparare da (eventualmente) i propri errori. Attenzione, nessun giudizio, ambedue le situazioni hanno i loro lati negativi e positivi, o meglio, le loro caratteristiche. Ma perché queste “deformazioni”, come vengono chiamate in medicina, subentrano soprattutto con l’anzianità?

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Bhè, in realtà, proprio di deformazioni si tratta perché sono comunque (e anche) deformazioni caratteriali quando eccedono o da una parte, o dall’altra. Si manifestano per lo più in età avanzata semplicemente perché si conclamano. Il troppo stroppia in tutto e bisognerebbe avere equilibrio nella vita, ossia, le dita dei nostri piedi alla pari, armoniose e proporzionate come natura vorrebbe. Se ciò non avviene, ecco che, anno dopo anno, esse iniziano ad accennarlo finchè, spesso, possono diventare veri e propri disturbi. Avevo già scritto diverse cose a riguardo come nel mio articolo dedicato all’Alluce Valgo QUI focalizzandomi su di lui ma spiegando molto poco sul secondo dito. L’Alluce equivale proprio alla nostra testa, a come formuliamo i pensieri. Alla salute del nostro cervello e di tutto il capo. Rappresenta il nostro ego e la nostra personalità. Il Melluce invece, indica la strada che noi troviamo giusto seguire nella vita e quando è storto, sia che sia succube del primo, o lo scavalchi, o semplicemente giri per un verso tutto suo, significa che non siamo convinti o abbiamo timore della via intrapresa o da prendere. Quante volte si fanno scelte in base allo scopo, al fine, più che al godimento personale? Ma torniamo all’impulso. A volte muoversi impulsivamente è proprio simbolo di paura, fastidio, inquietudine nonostante possa anche avere aspetti positivi e invidiabili da chi invece non riesce ad agire con prontezza e nonostante si possa far nascere invidia negli altri riuscendo ad “avere sempre una risposta pronta” a tutto. Significa anche che nella vita si è dovuti essere sempre attenti ad eventuali pericoli senza mai poter abbassare la guardia e si è quindi abituati ad avere riflessi di attacco veloci. Ciò comunque non significa vivere sereni in uno stato di completo equilibrio. Questa però non è l’unica caratteristica e il vostro secondo dito potrebbe identificare in realtà mille qualità perchè, dovete credermi, non è sempre a causa delle calzature che si sono indossate per una vita che oggi si possono notare determinati riscontri. Sovente può capitare che queste dita, così come le altre d’altronde, arrivino ad avere una forma detta “a martello”, vale a dire piegate su se stesse a formare un angolo.

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Può trattarsi in questo caso di persone che a causa di una loro insicurezza hanno bisogno di tenere tutto sotto controllo e di appoggiarsi alle cose che già conoscono e infondono loro tranquillità. Sono infatti individui solitamente abitudinari. Se ad essere a martello è soltanto l’Alluce è chiaro quanto questa persona abbia una mente poco propensa al nuovo, a ciò che non si conosce e al lasciarsi andare mentre, se ad essere così ripiegato è il secondo dito, ciò significa che la paura di essere feriti è molto grande, si cerca di trattenere i propri istinti per non scoprirsi troppo rendendosi vulnerabili ma, allo stesso tempo, si vive uno stato di rabbia frustrante in quanto si vorrebbe agire senza filtri. Tant’è che, chi ha il secondo dito più lungo del primo, pur essendo allineato all’Alluce, è solitamente una persona o iperattiva o nervosa, due qualità che conducono verso l’ansia.

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Naturalmente, come dico sempre, un piede deve essere osservato nella sua piena totalità e non si può quindi quasi mai descrivere una caratteristica della personalità solo attraverso la visione di un dito perché l’insieme potrebbe invece rivelare il contrario o rendere ulteriori spiegazioni però, gli indizi sono veritieri e importanti per conoscere chi abbiamo davanti ed essere sensibili nei suoi confronti, regalandogli, il più possibile, ciò di cui ha bisogno. E’ bello poter “saper prendere” le persone per il verso giusto!

Prosit!

p. s. = Mi piace dare al mio blog un’impostazione adatta a chiunque, anche ai bambini quindi e alle persone sensibili, perciò preferisco non postare immagini che possono urtare le emozioni di alcuni ma se andrete in rete, a cercare le varie deformazioni delle dita del piede, potrete notare davvero tanti casi curiosi ahimè fisicamente gravi. Infatti, nel caso decidiate di curiosare, vi consiglio di farlo solo se avete uno stomaco forte anche perché internet è spesso senza filtri e appare di tutto.

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Un’altra complice carica di indizi

Scrivo questo articolo dopo averne postato uno che racconta tutto quello che sa dirci la nostra pipì. Potete leggerlo QUI se volete. Oggi, voglio tradurvi la lingua di un’altra grande nostra complice, una complice che noi stessi creiamo ma forse non sappiamo leggere al meglio. Essa è la pupù. Vi parrà strano ma è proprio così e, la maggior parte delle volte, la lasciamo fuggire via senza nemmeno darci un’occhiata. Bhè, gli esami delle feci esistono da molto tempo, molto più di quello che possiamo pensare e, quelli eseguiti ai giorni nostri, non hanno necessariamente bisogno sempre di un microscopio. Un occhio un pò esperto può, da esse, capire già molte cose prima di procedere a ricerche più specifiche.

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Innanzi tutto bisogna sapere che la nostra pupù è in correlazione con ciò che tratteniamo e ciò che espelliamo. Vedete, dovremmo andare in bagno una volta al giorno. Sarebbe  l’ideale. Se ci si va di più, o di meno, significa che può esserci qualche disguido. Ovviamente, i motivi principali a tali disturbi possono essere l’alimentazione, le patologie, i medicinali, i virus e i batteri, i cambi di temperatura repentini, i cambi di luogo e queste situazioni, in alcuni casi, le stabilirà il vostro medico ma, io vi racconterò qualcosa di meno conosciuto. Se non si va quotidianamente in bagno, si parla di stitichezza che può essere più o meno accentuata. La stitichezza significa trattenere e, naturalmente, non solo le feci. Anche i propri impulsi. Se si ha paura di dispiacere a qualcuno e di non essere più amati di conseguenza, ci si trattiene in determinati comportamenti. Questo potrebbe essere un motivo che causa un’evacuazione non regolare ma ce ne sono molti, molti altri. Ad esempio il non avere tempo di soddisfare i propri bisogni (in generale) avendo altre mille cose da fare che si reputano, nella nostra morale e nella nostra educazione, più importanti, oppure ancora, il rimanere aggrappati alle proprie idee che non riusciamo o non vogliamo cambiare. “Lasciar andare”. Questi sono solo alcuni esempi e portano, talvolta, al divenire avari. Avari non solo e non tanto dal punto di vista economico ma anche dei sentimenti, delle emozioni, della gratitudine nei nostri confronti per paura forse o per mille altre motivazioni. Avari anche solo con se stessi. Chi è stitico è solitamente una persona che vive troppo attaccata al passato. Non riesce a liberarsi di certi concetti, di certi ricordi. Non riesce a concentrarsi solo sul presente. Le situazioni che gli si ripropongono, lo portano a mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti appunto in passato da situazioni simili e forse, giudicando un pò troppo, si lascia condizionare in ciò che deve invece fare oggi. Al contrario della stitichezza abbiamo la diarrea. La diarrea ha invece come significato il rifiutare qualcosa. Un qualcosa che ci infastidisce del quale vogliamo liberarci il prima possibile. Solitamente una situazione che ci crea angoscia, rabbia, frustrazione, inibizione, ansia, svalutazione, paura… A volte, anche un senso di colpa del quale vogliamo disfarci inconsciamente può trasformarsi in diarrea e, ovviamente, tutto è vivo in quella zona della mente che non sappiamo interpretare. Si tratta quindi di persone che soffrono di questo fastidio, che vogliono fuggire da ciò che causa loro il malessere. Persone che solitamente rimuginano sovente. Persone più propense a pianificare il loro futuro, a sperare che vada sempre tutto bene nel loro destino più prossimo. La diarrea potremmo affiancarla come somiglianza al vomito ma, mentre per il vomito si parla prevalentemente di ansia non decodificata, per quel che riguarda la diarrea dobbiamo anche specificare l’aver metabolizzato quel fastidio, averci ragionato sopra e, aver dato quindi a lui, il potere di crescere in noi divenendo insopportabile. La pupù dello stitico è asciutta, compatta, dura, quasi priva di acqua (fonte di vita), così come lo sono talvolta i suoi pensieri un pò troppo severi con esso stesso. La diarrea invece è un fermento! Un gran macello, con tantissima quantità d’acqua, troppa, che stiamo buttando via. Non per niente, lo sapete tutti, diarrea e vomito disidratano. “Uffi! Insomma cosa faccio adesso? Come andrà a finire (in futuro)? Via! Basta! Non ne voglio più sapere!”. Questo è ciò che dice il nostro inconscio in caso di diarrea prima che avvenga l’attacco manifestato come un disturbo.

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Andando a interpellare il pensiero positivo, egli ci consiglia di dirci e auto-convincerci con queste frasi che riporto qui sotto, a seconda di quale sia il nostro inconveniente.

La stitichezza può essere sconfitta con questo pensiero: “mi libero del passato, do’ meno peso ai pensieri e ai doveri e provo a ricominciare dall’inizio in modo più libero e armonico, soddisfacendo i miei bisogni”.

La diarrea invece può giungere al termine con questo pensiero: “tutto è in pace dentro di me. Mi rilasso e lascio che tutto scorra nei suoi giusti tempi. Al futuro non penserò mi focalizzerò sul presente”.

Provateci, con convinzione ovviamente. Le feci ideali dovrebbero essere come vi ho già detto quotidiane, della consistenza di una banana, la forma di una salsiccia e un colore che varia in diverse tonalità di marrone a seguito di quello che introduciamo nel nostro corpo.

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Il loro odore invece, è sgradevole si sa, ma non dovrebbe essere pestilenziale e nauseabondo. L’azione dei batteri, all’interno del nostro organismo, fa si che la pupù abbia un odore poco apprezzabile dal nostro olfatto ma, l’esagerazione, determina una cattiva alimentazione o altri fattori che aumentano la puzza. Tenetevi d’occhio quindi e anche di naso! “Andare di corpo” (autonomamente) è inoltre un importantissimo processo che rappresenta una delle fasi principali dello sviluppo dell’individuo, vale a dire la fase anale studiata da Freud nell’arco della sua professione.

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Una fase che avviene più o meno quando l’essere umano ha all’incirca 18 mesi di vita fino ai suoi 3 anni. E’ un periodo complesso questo, in cui s’iniziano a gestire gli sfinteri ossia ciò che si trattiene e ciò che si espelle. Un inizio della propria autonomia. Questo avviene con appagamento se si vive e si sorpassa una buona fase anale e ci ritroveremmo in seguito con una persona adulta equilibrata e serena da questo punto di vista. Freud però dice che, chi non percorre al meglio questo lasso di tempo, in cui le feci vengono viste come veri e propri doni (per la mamma), può divenire in futuro, quello che si identifica come persona dal carattere anale espulsivo o persona dal carattere anale ritentivo, e può essere soggetto a caratteristiche poco piacevoli non solo per gli altri ma soprattutto per se stesso. Di tutto ciò ci saranno naturalmente diversi gradi di disequilibrio, anche lieve, come la maggior parte di noi ha. Il carattere anale espulsivo tenderà ad essere disordinato, irascibile e voglioso di distruggere ciò che non gli sta bene con una spiccata forza nel riuscire a far di tutto per far si che le cose vadano come vuole lui. Il carattere anale ritentivo invece, potrebbe svilupparsi come persona timorosa, attenta, molto organizzata, ordinata, giudice e dalle vedute poco aperte nel senso che, come accennavo prima, tende a ristagnare nei ricordi.  Non sottovalutiamo mai la nostra pupù quindi e, soprattutto, non sottovalutiamo mai la quantità di volte in cui andiamo in bagno per espellerla.

Prosit!

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