Distruzione dentro, distruzione fuori

Ciò che d’esterno m’appare è in realtà il succo del mio cuore – (Conte di Cagliostro)

ALLUVIONE 2020 – ZONE COLPITE: Liguria di Ponente – la vicina Francia – il Basso Piemonte

Nella notte tra il 2 e il 3 Ottobre la tempesta, chiamata “Alex”, si è abbattuta sulle terre prima citate causando non pochi danni e mettendo in ginocchio la popolazione.

I disastri sono stati creati dal vento, dalla pioggia e dall’innalzarsi del livello dell’acqua dei fiumi. Molte case sono state scoperchiate, allagate o sono addirittura crollate. Sono crollate strade, vie principali. Sono crollate rocce, causando frane. Sono crollati ponti che non hanno retto a quella furia. Si sono allagati parcheggi e le auto si sono accartocciate. I negozi si sono riempiti di fango, così come le cantine, le campagne, le zone dei paesi. Sono stati abbattuti muri, grossi alberi, pilastri. Sono morte delle persone. Un vero devasto.

Un devasto che tocca principalmente noi esseri umani, non certo Madre Natura. Lei non se ne fa nulla di qualche frana, di alberi caduti, di massi qui anziché là. Lei non perde la casa, non perde il lavoro, non perde persone care, o oggetti amati.

Per noi la situazione è ben diversa. Noi crolliamo, proprio come quelle strutture, nell’angoscia più totale. Davanti a tali potenze ci sentiamo come tronchi in balia delle onde, incapaci di qualsiasi cosa, proprio come le piante trasportate dalla corrente. E ne usciamo storditi, nudi, sconquassati.

Distrutti. Come la distruzione che abbiamo davanti. Ma non è questa la distruzione da osservare.

Tutto ciò che accade nel mondo materiale è stato prima, in qualche modo, vissuto, a livello emozionale dentro di noi.

Quella che noi definiamo ferocia, e che da una parte affascina seppur distruttiva, ci permette anche di notare una certa “potenza” ed è la veemenza che attrae. Tutto ciò però, spazza via, senza nessun rimorso, quello che di più caro abbiamo, fosse anche solo un luogo. Nei nostri occhi si dipinge la rovina e restiamo incantati, in quella distruzione esteriore, senza guardarci dentro.

Non siamo forse costantemente distrutti, sconquassati, oppressi anche noi proprio come quella realtà che ora è ricoperta da un abbondante e spesso strato di melma, il quale non gli permette di respirare? Che la attanaglia nella sua pesantezza come un involucro possente e vischioso dal quale non si riesce a liberare?

E quante volte vorremmo scoppiare anche noi ma ci tratteniamo, o vorremmo crollare ma non dobbiamo cedere, vorremmo distruggere, esondare con le urla ma mandiamo giù vari bocconi amari. Quante volte collassiamo dentro come un muro che scende tale a un sipario.

E, in realtà, quanta forza c’è dentro di noi che mai usiamo? Quanto divampante è il nostro fuoco interiore?

Noi non viviamo questa esistenza. Noi passiamo questa esistenza cercando di sopravvivere. Ogni giorno. E’ diverso.

Noi non permettiamo alle nostre strutture interne, ai nostri solidi schemi di crollare. Noi tratteniamo e – ci – tratteniamo. Solo un trauma, una forte emozione, un repentino cambio di vita ci permette, a volte, di distruggere certe memorie.

Lottiamo senza forze contro i soldi che non bastano mai, contro la malattia che non ci colpisca, contro il parente che ci rompe le palle, contro il collega che ci fa le scarpe, contro il nostro corpo che non amiamo, contro la presunzione del potere, contro la frenesia, lo stress, le preoccupazioni, i bisogni, i giudizi, la rabbia che celiamo…

Annaspiamo per arrivare primi all’offerta del giorno, al parcheggio libero, per cogliere la primizia, per proteggere la nostra proprietà, per passare davanti, per ottenere… sempre e costantemente nell’ansia, nella tensione… Siamo accaniti, smaniosi, insofferenti… inibiti davanti, avidi dentro, col panico della mancanza.

Non ce ne accorgiamo ma sviluppiamo Adrenalina, di continuo, di continuo, nel timore totale. Fin da quando ci specchiamo al mattino e ci conciamo come gli altri vogliono, perché il giudizio della gente è più importante di quello del nostro cuore. Siamo rigidi, non sappiamo cosa significhi fluire. Siamo aridi, abbiamo paura ad assorbire e accogliere l’esterno.

Siamo disastrati dentro e, ora, il disastro, possiamo vederlo chiaramente anche fuori.

Soffriamo di emicrania, non riusciamo a dormire, dobbiamo prendere psicofarmaci, la schiena (l’autostima) bloccata e dolorante. Abbiamo attacchi di panico, male alle articolazioni, soffriamo il caldo, soffriamo il freddo, soffriamo il vento, soffriamo l’umidità, soffriamo tutto… Siamo una lamentela continua e non solo nei confronti del nostro corpo, un tempio sacro che non conosciamo e non adoriamo.

Ci lamentiamo dei Politici che ci governano senza renderci conto che rispecchiano esattamente quello che siamo noi. Tutti noi. Essi sono opportunisti e lo siamo anche noi. Non dite di no, ci gongoliamo tremendamente quando qualcuno ci offre una somma di denaro ed evitiamo di dividerla, se riusciamo, con chi la meriterebbe tanto quanto noi. Che se tizio non si accorge che serve il numerino per essere serviti, il suo numero ce lo prendiamo noi, così passiamo prima, e ci giustifichiamo anche: devo andare a lavorare, ho il bambino in macchina da solo, sono stanchissimo devo andare a coricarmi…

Essi sono sfruttatori e lo siamo anche noi. Potremmo pagare la signora che ci fa le pulizie in casa, o il ragazzo che ci aiuta in campagna, molto di più ma invece gli diamo solo il pattuito. Nelle grandi aziende, invece, non ti danno nemmeno quello, non ti danno gli straordinari a volte, o il notturno, o il festivo. Siamo sfruttatori perché sappiamo che quell’amico non ci direbbe mai di – no – e allora gli chiediamo il favore, gli chiediamo ascolto, gli chiediamo tempo… sempre… e quando ci da’ trenta, vogliamo anche trentuno. Che tanto lui, lì, ci doveva andare e allora perché dividere la benzina? Perché se il barista sta per chiudere, noi continuiamo a stare lì seduti, senza permettergli di andare a casa.

Essi ingannano proprio come noi che usciamo ben vestiti, che mostriamo maschere, che per il quieto vivere ti faccio credere che quella cosa mi sta bene anche se ti tirerei una testata in fronte; che ti invidio per il tuo successo ma davanti ti sorrido, mentre rodo dentro. Che ti lecco le chiappe perché hai i soldi, sei il mio cliente migliore, mi vedrai sempre con un sorrisino sornione sul viso, basta che paghi…

Essi sono ladri, anziché dare tolgono, dove noi guardiamo il centimetro della nostra proprietà che non vada a finire al vicino, perché qui c’è – mio -! Che se un ragazzo passa e si prende una mela dal nostro albero usciamo con lo schioppo in mano.

Essi sono manipolatori e lo siamo anche noi, quando educhiamo i figli e pretendiamo facciano quello che per noi è giusto e se non lo fanno parte la solita solfa – con tutto quello che io ho fatto per te! -. Quando vogliamo convincere nostro marito, quando non vogliamo che quell’altro pensi male di noi, quando dobbiamo accertarci di ricevere la giusta dose di stima e affetto.

Essi sono intolleranti come noi che non sopportiamo i bambini che giocano a palla, non sopportiamo il vecchio che ci mette mezz’ora ad attraversare la strada, l’amica che ha problemi e vuole parlarci, il figlio che esige il nostro tempo.

Potrei andare avanti all’infinito.

Tu puoi non credere alle mie parole, al fatto che i disastri che ora stai osservando erano già dentro di te ma questo non importa. Scrivo questo articolo non per essere creduta ma solo per darti uno spunto di riflessione. Ho pensato a questo:

ritengo sia utile curarci anche noi. Tutto qui.

Piano piano, facendo piccoli passi in avanti, mentre i giorni si susseguono, si sta andando verso la normalità. Sta tornando l’acqua potabile nei paesi che l’avevano persa. Stanno ricostruendo le strade. Si sta facendo la spola per i viveri.

E’ bene così; in avanti e non indietro.

Come per guarire una ferita. Ci metti un attimo a tagliarti ma perchè essa si cicatrizzi e guarisca ci vuole tempo. A volte molto tempo.

Ogni rinascita richiede il giusto tempo e, la maggior parte delle volte, al ritorno, si è meglio di prima.

Quello che è avvenuto, se considerato un riflesso come sto facendo, rispecchia, appunto, il dramma che portiamo dentro di noi.

E allora curiamoci anche noi, proviamo anche noi a risanare le nostre ferite mentre questo pezzo di Terra, con i suoi abitanti, sta tornando alla normalità. Quella che per noi è la normalità.

Siamo noi che dobbiamo tirarci su dalla drammatica situazione che ci ha colpiti. Ecco, proviamo a risorgere anche dal di dentro. Come tante Fenici.

Post fata resurgo – (dopo la morte risorgo – La Fenice)

Proviamo a ricostruirci, a far nascere nuove emozioni, a eliminare memorie arcaiche mai rimosse che forse, ora, anche loro sono state spazzate via. Proviamo a ricostruire noi stessi dal vuoto che abbiamo dentro. Da questa sorta di tabula rasa rimasta. Proviamo a nutrire altri tipi di fondamenta, a dare da bere ad altri semi, che possano germogliare e farci del bene. Proviamo soltanto.

Ora qualcuno potrebbe anche dire << Ma queste sono cose che capitano a tutti, in tutto il mondo: tifoni, terremoti, nubifragi…>>.

Certo, anche se, guarda caso, le zone di chi sta bene con se stesso e lo mostra nella materialità (cioè quelli che noi consideriamo potenti, o ricconi) non vengono mai colpite. Ma ciò ha poca importanza, il dramma di cui parlo lo vive chiunque in questo mondo, in questo tipo di società, in questo tipo di andazzo della vita. Lo si vive a livello mondiale. Il fatto è che non m’interessa guardare gli altri per svolgere un lavoro dentro di me. Osservo solo ed unicamente me stessa, il mio luogo, le persone a me più vicine. Per realizzare un auto-osservazione, e lo dice la parola stessa, non bisogna guardare l’esterno. Anche se l’esterno può apparire molto attraente, perché pare ci dia delle risposte, non è da prendere in considerazione, se non dopo averlo osservato.

Conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei – (Oracolo di Delfi)

Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia – (Carl Gustav Jung)

Io personalmente non sono stata colpita da questa tragedia. La mia casa, il luogo dove lavoro, la mia auto, sono rimasti intatti ed erano perfetti la mattina dopo. Ma molte persone, a me care, hanno invece subito gravi danni e quindi, questo, riguarda anche me. In qualche modo rispecchia, anche se solo in parte, quello che ho dentro.

E come dico sempre, riconoscendomi. Il r-i-c-o-n-o-s-c-e-r-s-i è importantissimo. E’ il – io sono -. Ma, come dicevo, riconoscendomi, non sono certo un Buddha.

Pensi forse ch’io non sia intollerante, preoccupata, infastidita? Ti sbagli. Anch’io mi arrabbio, indosso maschere per non discutere perché non ne ho voglia, sopporto. Ho le mie paure. Sicuramente meno, molte meno di tanti altri. Ad esempio risulto antipatica, perché di maschere ne indosso pochissime. Nel bene e nel male non fingo, sono molto schietta e la schiettezza non è sempre apprezzata. Non sono avida, mi alleno da anni alla generosità, quindi l’Universo non deve mettermi davanti prove di “perdita”. Non si offenda chi ha perso qualcosa, ci mancherebbe, qui si parla di uno stato generale, piuttosto si chieda quanta paura aveva di perdere qualcosa nella vita, che sia quello che sia.

Sono paure che non ci rendiamo conto di avere e soprattutto non ne abbiamo colpa. Sono per noi, inconsciamente, mezzi di difesa che ci permettono di sopravvivere. Aver paura di perdere – quella cosa – ci fa sembrare che avendone paura non la perdiamo, perché prestiamo attenzione ad essa e prendiamo tutte le precauzioni necessarie. Ma, in altre dimensioni, non funziona così, funziona esattamente all’incontrario, semplicemente si manifesta ciò che nutriamo dentro. Abbiamo paura di perdere il nostro compagno, di perdere soldi, di perdere il lavoro, paura che qualcuno ci rubi qualcosa, paura di non avere abbastanza, et voilà che, purtroppo, la nostra anima ci mette davanti quello che proprio consideriamo. Questa emozione prende forma nella realtà, proprio come il disastro che, da dentro di noi, si è manifestato fuori.

Se noi prendessimo in considerazione la gratitudine incondizionata, ad esempio, e nutrissimo quella, l’Universo ci metterebbe davanti cose per le quali ringraziare. Se nella vita hai paura del tuo futuro, o di andare avanti, incontrerai sempre ostacoli. E’ così, non volermene, non l’ho voluto io.

Se nella vita hai paura di ammalarti, ti ammali, o comunque vivi accompagnato da acciacchi, problemi, fastidi.

Ma ciò che mi preme, e te lo ripeto, non è essere creduta. Bensì intendo consigliarti di non buttare al vento questo momento come se tutto ciò fosse inutile. Caspita, lo vedrai anche tu che non è inutile, non è passato inosservato, è un devasto di misure incredibili! Non metterlo sotto all’ascella come fosse una baguette senza nessun valore. Usufruisci di tutto questo per trovare più benessere. Per ricostruirti.

Anche se ora non riesci, in quanto sei disperato, perché forse sei una delle persone più colpite da questa catastrofe e hai tutto il mio rispetto, prova a mettere da parte questa sorta di visione per usarla un domani, quando sarai più forte, quando tutto sarà solo un lontano ricordo e ne sarai uscito, perché ne uscirai, fidati. Perché tornerai a stare bene.

Forse non sarai più quello di prima, forse ciò che hai perso è qualcosa che, d’ora in avanti, amministrerà la tua esistenza ma quello che se ne è andato da te non se ne è andato invano. Se anche solo se ne fosse andato per mostrarti crudamente quanto la vita può essere bella e quanto deve essere vissuta, proprio perché può finire da un momento all’altro, ti ha fatto, pagando con la sua stessa vita, il più caro dei regali che tu ora non puoi vedere perché saturo di dolore. E ti capisco, credimi. Ma lui mai avrebbe voluto la tua tristezza.

Ciò che stai provando è terribile e indescrivibile e non intendo parlarne in un articolo, anche se mi metto a disposizione nel caso tu abbia bisogno di aiuto, di qualsiasi tipo di aiuto, ma sono fermamente convinta che il caso non esista e che Dio (anche se forse non è il tuo stesso Dio) non faccia nulla a casaccio.

Viviamo all’interno di un’Intelligenza Cosmica sovrumana e ne siamo co-creatori, pur senza volerlo, attraverso il nostro Conscio e l’Inconscio. Tutto ha uno scopo, una missione, un motivo d’esistere. Tutto si rinnova. La Sorgente Divina, dalla quale discendiamo, non crea nessun tipo di inutilità. Non definiamola con la nostra mente, con i nostri parametri, poiché essi non sussistono nell’Energia Madre.

Tutto è crollato e chissà che non siano crollati anche i nostri schemi mentali che tanto ci hanno oppresso e tanto ci opprimono. Quelli che cerchiamo di tenere saldi a noi con le unghie e con i denti senza renderci conto che le gengive stavano iniziando a sanguinare. Quelli che crediamo ci permettono di sopravvivere ma, in realtà, ci fanno solo esistere. Respiriamo, mangiamo, beviamo, lavoriamo, ci divertiamo una sera con gli amici, svolgiamo i nostri doveri quotidiani e stop. Finita lì, questa è la nostra vita. Il giorno dopo di nuovo. Poi andiamo in vacanza e ci pare di essere dei Re. Siamo votati allo schiavismo e ci basta un sospiro di sollievo per sentirci bene.

Forse c’è qualcosa di più. Onoriamo questo sfacelo, onoriamo le morti dei nostri cari, onoriamo la nostra Terra che si è divelta. La rappresentazione della morte del Cristo, laddove il Cristo non può morire e dove si continua a credere che un tizio di nome Gesù sia morto in croce per tutti i nostri peccati. Eccola la morte descritta. E nessuna morte è vana, che sia di un albero, di un animale, di una struttura, di un essere umano. Ecco cosa davvero era Gesù. Ecco il suo messaggio. Ecco la Via Crucis, la nostra, quella che da sempre portiamo dentro. Una Via Crucis perpetua.

Chiodi che ci attanagliano in un punto dal quale non riusciamo a muoverci perché la nostra zona di comfort ci è cara e comoda. Una corona di spine che punge la nostra testa proprio come i mille pensieri che ci affliggono ogni giorno, tanto da volerci far strappar via la mente da noi. Davanti alle derisioni, ad un petto forato, alla nudità, al sangue che cola, perché solo quello siamo in grado di far sgorgare dal nostro cuore. Non ci è data possibilità di far sgorgare amore. Ma noi siamo più forti.

E DOPO TRE GIORNI RISORSE.

Prosit!

Grazie agli amici che mi hanno dato le loro foto, per questo articolo, come testimonianza di questi tragici eventi. Potevo mettere foto ancora più drastiche (che trovate tranquillamente in internet) ma ho preferito mettere le nostre e abbiamo avuto poco tempo per scattare immagini.

Tranne la foglia a cuore e la citazione prese da Pinterest.

Buona vita alla Terra e a noi.

Andando contro Osho e Buddha usiamo i doni di Madre Natura

Possiamo prendere quello che Madre Natura ci offre? Sì, certo, ma prima c’è da fare una premessa. Una lunga premessa.

Tutto si basa da ciò che sei. Intendo dire cosa sei dentro non come appari. Quali emozioni e quindi quali energie ti appartengono in quel momento. Dentro… molto dentro.

Mi capita spesso di sentir dire che i fiori non si devono cogliere. Si parla solitamente di fiori selvatici, magari visti in montagna. Ecco, ora tutte le Guide Escursionistiche ce l’avranno con me ma che mi lascino spiegare.

Una bellissima citazione, che dicono appartenere al Buddha, usa proprio il “non cogliere un fiore” come metafora per spiegare cosa significa amare – Se ti piace un fiore semplicemente lo cogli. Quando lo ami, lo annaffi tutti i giorni -. Ci sta.

Anche Osho ha provato a spiegare questo concetto con la nobile frase – Se ami un fiore, non raccoglierlo altrimenti morirà e cesserà di essere ciò che ami. Quindi, se ami un fiore lascialo essere. L’amore non ha a che vedere con il possesso, ha a che vedere con l’apprezzamento -. Sono d’accordo con entrambe le citazioni, o meglio con il loro senso, ma possiamo provare ad andare oltre e diventare un goccio più esperti di quello che siamo. (Osho per primo raccoglieva fiori a tutto andare per preparare tisane, infusi e abbellire i luoghi in cui accoglieva i suoi ascoltatori ma ssssst…. non ditelo a nessuno!).

Dobbiamo imparare ad avere un rapporto diverso e migliore con la Natura, rispetto a quello che abbiamo solitamente. Un rapporto più fertile.

E’ giusto voler proteggere certi luoghi. Io per prima sconsiglio di cogliere fiori così, ad minchiam, come si usa dire elegantemente (ehm… mi si perdoni perchè così è chiaro) ma oggi voglio provare a spiegarti qualche differenza.

Infatti, possiamo fare tutto. Possiamo relazionarci in maniera ben diversa con la Natura, finendola di distaccarla da noi, e iniziare a comprendere che siamo un tutt’uno con essa. Se non vogliamo mancare di rispetto a noi, non dobbiamo mancare di rispetto neanche a lei: piante, animali, rocce, etc… E dobbiamo metterci in testa che il rapporto perfetto è quello del – dare e avere -.

Bisogna iniziare partendo da un basso bassissimo livello di umiltà che non significa mancanza di dignità ma considerazione verso quello che stiamo facendo e soprattutto verso il fatto che stiamo prendendo un qualcosa. Quel qualcosa è nostro, è lì per noi, ma per noi è stato creato e se, con umiltà, riconosciamo questo sacro fenomeno, possiamo facilmente accedere al gradino successivo e utile. Quello che ci porta all’interno della grande stanza della GRATITUDINE.

In questa stanza possiamo accogliere in noi ed essere permeati da una grandissima dose di gratitudine che è l’emozione più importante che possiamo e dobbiamo avere ogni volta che vogliamo usare qualcosa che ci viene offerto.

La Natura è ben felice se noi apprezziamo i suoi doni e li facciamo nostri e tutto è lì per noi in abbondanza divina. La Natura non ha paura di – restarne senza -, non ragiona e non vive come noi umani. Lei da’, regala tutto con tutto il suo amore, senza problema alcuno. Una generosità che commuove. Devi riuscire a connetterti a questa generosità mentre cogli quel ben di Dio. Qualsiasi cosa sia.

Così come prendiamo una mela dall’albero per nutrirci, o le uova di una gallina, o delle bietoline selvatiche, possiamo prendere anche un fiore per sfamarci, curarci o poterlo ammirare all’interno della nostra casa ricordando quanto è bello il mondo là fuori. Possiamo prendere un tronco o una pietra per realizzare componenti d’arredo in casa nostra e vivere il più possibile sentendo i materiali naturali vicini a noi. Per permettere alla nostra creatività di trionfare. Ce n’è un gran bisogno di fantasia. La Natura ne sarà lieta. Questo ci farà stare bene e, se stiamo bene, la Natura è contenta perché, automaticamente, la inondiamo di buone vibrazioni.

Cogliere un fiore è come tagliare la legna per affrontare l’inverno e poterci così scaldare grazie alla sua trasformazione.

Ma non dobbiamo approfittarcene. Con questo non significa che possiamo fare man bassa andando oltre il dovuto. Diventeremo egoisti e approfittatori non più esseri umani che vibrano in alte frequenze. Ecco quindi qualche accorgimento da tenere a mente se si vuole cogliere un fiore (o prendere qualsiasi altra cosa):

Innanzi tutto serve osservare se di quella specie di fiore ce ne sono molte altre nei dintorni. Non essere sbrigativo e affamato. Stai per compiere un’azione che rimarrà registrata nella memoria dell’Universo, esegui il tutto con equilibrio, centratura e sapienza. Se quel fiore particolare è l’unico nel raggio di parecchi metri, lascialo stare, il prossimo anno potresti trovarne due e poi tre e così via. Se invece quel luogo abbonda di quella specie allora puoi anche prenderne qualcuno.

Non esagerare con il numero di fiori. Per abbellire una stanza o per ricordare a te la bellezza che ti circonda fuori casa, ti basta un vasetto con dentro queste ricchezze, non devi addobbare una cattedrale, non ti stai sposando! E’ il senso ad essere importante, non dimenticarlo mai!

Non prendere un fiore durante un’escursione. Quando alla sera sarai arrivato a casa esso sarà morto o avrà patito tantissimo, che te ne fai? A che ti serve un fiore passo? Coglilo solo se vuoi tenerlo per ricordo, magari tra le pagine di un libro. Dai un senso alla tua raccolta, a quell’atto che compi, non pensare solo al “volere”. Cerca sempre di operare come se stessi realizzando una piccola cerimonia.

Ridona alla Terra ciò che è suo. Le mele che cadono da un albero vengono mangiate dagli animali del bosco, quindi sono utili come alimentazione, oppure marciscono e vengono assorbite dal terreno diventando humus, utili anche in questo caso. Alla Natura serve ciò che tu consideri una schifezza da eliminare. Lei lo lavora e lo rende utile sostanza. Pertanto, ogni volta che puoi, gli scarti, ridaglieli. Lei saprà cosa fare. Il fiore colto, e che ora consideri morto, adagialo in un prato.

Quando cogli un fiore lascia a terra l’apparato radicale. Tutta la parte più legnosa vicina alla terra, alla fine del gambo, quella delle radici e a volte con anche qualche foglia, lasciala dov’è. Tu non te ne fai niente. Madre Terra potrà più facilmente far sorgere da lì un nuovo fiore. Attraverso questa attenzione emani rispetto sia per il Pianeta che per gli insetti e sarà il rispetto a tornarti indietro.

Cogliere un fiore è un atto da benedire. Non prenderlo strappandolo come se fosse un foglio di carta soddisfatto di averlo ora tra le tue mani. Questa è avidità.

Avvicinati a quel fiore e benedici la sua bellezza, la sua ricchezza. Inchinati verso chi lo ha creato, ama te stesso e anche la Natura se nella tua mente queste due cose sono ancora divise. Ama la bellezza del creato e ringrazia, di cuore, il poter possedere ora quella creazione divina tra le tue mani.

Stai emanando energie bellissime, il mondo non potrà che esserti riconoscente. Gli stai facendo del bene e tutto quel bene tornerà a te. L’Universo, in queste situazioni, non distingue il cogliere un fiore dal dare una moneta ad un povero. A lui interessano le vibrazioni che stai elargendo, qualsiasi sia il tuo scopo.

Se prendi dell’acqua da un torrente devi cercare di provare le stesse sensazioni. In questo modo, utilizzando il grande tesoro che possiedi del “rispetto” saprai da te regolarti sulla quantità da ottenere senza rischiare di abbondare. Saprai dire basta al momento giusto.

Purtroppo, la maggior parte delle persone non pensa a tutto questo ed essendo che siamo in molti, senza alcuna educazione nei confronti di questi temi, qualvolta ognuno di noi decide di impadronirsi di un elemento naturale accade un pandemonio. Da qui ne deriva rabbia e giudizio da parte di chi sgrida chi non si attiene alle regole create dall’uomo e, alla fine, il risultato, è quello di un gran casino che non serve a nulla e a nutrire la Terra c’è soltanto un caotico movimento di energie negative che sono totalmente deleterie.

Prova ad operare in questo modo. La Terra risponde immediatamente e ti accorgerai subito che non stai provocando un danno bensì essa è contenta. Tratta quel fiore come tratteresti un qualcosa di molto caro per te. Usalo ma non sfruttarlo. Cogline la vera essenza che ti appartiene. Più tu ti ami e ti elevi e più la Natura tutta non potrà che trionfare seguendoti. Perché lei è il tuo riflesso.

Molti anni fa, un mio amico mi disse – Guarda Meg, se strappo il Timo in questo modo, le Api non lo considerano più. Se invece lo colgo in quest’altro modo, loro vanno ancora a succhiare il suo nettare anche se è dentro al cestino. Ti rendi conto? –. Sorrisi davanti alla sua ragione.

La meraviglia di un uomo che coglie un fiore per portarlo alla sua amata o della donna che lo usa per intrecciarsi i capelli con dolcezza… di questo ha bisogno la Terra in cui viviamo. Di questo si nutre felice.

Mantieni quel dono vivo. Non ucciderlo con metodi grezzi. Sii elegante e grato soprattutto. Usa la delicatezza, la parsimonia e, come ti ripeto, la gratitudine. Non puoi fare nulla senza di lei. E puoi fare tutto ciò che vuoi se la utilizzi.

Prosit!

Impara la Preziosa Arte dell’Equilibrio

Yin e Yang, il giorno e la notte, il positivo e il negativo, la spiritualità e la materia, ogni cosa ha un suo senso e un suo contrario e tutto occorre.

Per raggiungere la Luce, passando attraverso le ombre, impara l’Equilibrio perché è con il giusto compenso che l’Universo intero va avanti. Un movimento fluido bilanciato.

C. è una donna sulla quarantina che per tre anni circa è stata assieme ad un uomo, che chiamerò F., il quale era sempre molto propenso a criticarla negativamente ma poco incline a complimentarsi con lei. Giorno dopo giorno C. iniziò sempre di più ad auto svalutarsi e a ritenersi una brutta persona.

In questo post non voglio parlare di manipolazione o raggiri ma di un’altra questione perché, quelli che F. chiamava “spunti di riflessione per una crescita evolutiva” nei confronti di C., erano invece esagerati giudizi poco piacevoli, continui e su qualsiasi argomento.

Una cosa della quale C. si lamentava era che F., alle sue proteste, rispondeva – Oh, insomma! Ti ho regalato un anello, vorrà ben dire che comunque mi piaci come persona e non sei così sbagliata! -. Così dicendo, visto il bel gesto del cerchietto al dito, F. era convinto di essere completamente equilibrato e soprattutto nella ragione più totale.

Lao Tzu diceva – Fa più rumore un solo albero che cade di un’intera foresta che cresce – e aveva ragione. Il senso di questa frase è comprensibile ma…. ma la foresta rimane perbacco! Dopo il tonfo assordante del tronco caduto, la foresta continua ad esistere. Reale, concreta, ferma, ancorata alla terra. Proprio come le credenze negative che C. coltivava in se stessa a causa delle valutazioni di F. nei suoi confronti.

Naturalmente C. riceveva tutte quelle disapprovazioni da parte di F. perché lei stessa si svalutava e si disapprovava. F. le mostrava semplicemente, come uno specchio, quello che lei aveva dentro, pertanto C., avrebbe dovuto lavorare su di sé senza lagnarsi nei confronti del suo compagno. Ma, volendo scrivere un articolo sull’Equilibrio, sposto l’attenzione sul meccanismo esterno a C. e non al suo prezioso lavoro interiore da compiere il prima possibile.

Le critiche che riceviamo sono una delle migliori condizioni per imparare a migliorare se stessi. Per questo non bisogna offendersi o arrabbiarsi quando gli altri le muovono verso di noi.

C’è però il modo che va tenuto in considerazione, mentre molti invece se lo fanno sfuggire e, spesso, ci si scontra con un inutile abuso del quale molti approfittano e che, a lungo andare, non porta a niente di buono.

Chi troppo ti critica va allontanato, soprattutto quando non compensa i suoi giudizi negativi con quelli positivi e va allontanato anche chi ti disapprova con toni impertinenti e in modo altero o presuntuoso.

Attenzione, anche se non ricevi offese o anche se non vieni aggredito non accettare questo eccesso. L’umiliazione e la violenza sono già oltre. Sono dei traguardi orribili da non sfiorare nemmeno, quindi, preoccupati di fermare il tuo critico molto prima di arrivare a quei livelli.

La critica costruttiva e buona, fatta con il cuore e l’amore, anche se con un tono irritato, fa bene e quel bene si sente. Ma quando inizi a stare male per ciò che quella determinata persona ti dice ogni santo giorno, è giunto il momento di dire – Basta -. Lì non c’è più crescita. C’è di tutto ma non c’è crescita e non c’è neanche niente di positivo.

Quanto male fai a un bambino se gli tiri una sberla convinto di insegnargli l’educazione? Quanto male gli fai dentro intendo. Bene. Dagli tanti baci poi, tanti quanti sono stati i suoi dolori per quel tuo schiaffo.

Cura. Ripara. Bilancia.

Se rompi, devi poi aggiustare.

Il male ha fatto il suo effetto. Ora tocca al bene.

L’Equilibrio è ciò che più di fondamentale c’è in ogni ambiente del Creato. E’ quell’armonioso via vai che pur non trattandosi di perfezione è la perfezione alla quale tanto si ambisce.

In Natura “è stata messa” la specie giusta, nella quantità giusta, di animali giusti, nel luogo giusto. Un topo capace di sfornare nove cuccioli ogni tre mesi è un animale ben poco longevo, al contrario di un elefante che riesce (forse) a procreare una sola volta nella vita dopo una gravidanza di ben ventidue mesi. Tutto è perfetto!

Non uccidere l’Equilibrio. E’ ciò che fa andare avanti tutto e lo fa andare avanti meravigliosamente bene.

Non essere troppo spirituale, ne’ troppo materiale, tutto ciò che hai è da considerare. Non essere troppo dolce, diventeresti stucchevole, ne’ troppo freddo, t’inaridiresti. Puoi non credermi ma ti assicuro che, mantenere un giusto Equilibrio nella vita, è un lavoro estenuante ed eroico, non per niente, siamo grandi Guerrieri. Dobbiamo modificare completamente il nostro atteggiamento e anche il nostro modo di pensare. Non è affatto semplice.

Spesso ci lamentiamo sul tempo della nostra guarigione. Ossia, se mi ammalo, mi dà poi fastidio doverci mettere giorni, o anche mesi, a ristabilirmi. Ma non ci chiediamo mai quanto tempo ci abbiamo messo ad ammalarci.

Quanto tempo hanno impiegato quei calcoli a formarsi nei Reni? Quanto tempo ha impiegato quell’ulcera a formarsi nell’intestino? Quanto tempo ha impiegato quel catarro a formarsi nei bronchi?

E una volta tolto il problema, attraverso le cure della medicina, pretendiamo di essere tornati nuovi come prima. Non pensiamo che il nostro organismo ha dovuto e deve riparare al danno. Non pensiamo alla sua stanchezza. Alle sue cellule ora minori anche come quantità. Non pensiamo che adesso deve ripulirsi dai medicinali o che deve ricostruire parti. Non pensiamo che è stressato e spaventato quanto noi e ha bisogno di tempo. Lo abbiamo maltrattato per anni, fino al giungere del disturbo e poi pretendiamo, in pochi giorni, di tornare completamente sani. Purtroppo, a discapito della nostra mente, il nostro corpo conosce bene la legge dell’Equilibrio e si prende il tempo necessario. Come la Natura. Come l’Universo intero.

Non focalizziamoci solo sui nostri interessi. Su quello che più ci piace o ci torna comodo. Non focalizziamoci solo sul nostro – star bene -. Creiamo benessere anche per chi ci sta intorno e per il mondo. Trasformiamoci in bilance pronte a gestire la vita. O almeno proviamoci.

Prosit!

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LA RESPONSABILITA’ NELLA MALATTIA – METAMEDICINA post 1

Uno degli argomenti principali di questo blog è la Psicosomatica ossia una branca della psicologia che vuole mettere in connessione il disturbo fisico con la natura psicologica dalla quale può nascere (emozioni negative). Correlare il corpo alla mente, al pensiero dal quale scaturisce l’emozione, in un tutt’uno, osservando l’essere umano da un punto di vista olistico, completo.

Diversi luminari del passato come Freud, Lowen e Reich, presero in considerazione la Psicosomatica e, ai giorni nostri, una dottoressa, nata come biologa ma divenuta col tempo psicoterapeuta, ha creato un settore ancora più profondo e preciso della Psicosomatica chiamandolo METAMEDICINA.

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Si tratta della Dottoressa Claudia Rainville nata nel Quebec, in Canada, e oggi promulgatrice di questa filosofia di vita.

Cosa significa il termine METAMEDICINA?

E’ composto da due parole:

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META = significa “andare oltre”. Addirittura in sanscrito assume il senso di “amore e compassione

MEDICINA = da ars medica (arte medica) significa “prendersi cura di… (anche di noi stessi) con il mezzo migliore”.

E’ curioso notare come la parola MEDICINA, per i Nativi Americani, non significava “curare” bensì “ottenere il potere dalla conoscenza dei segreti dell’Universo”. Di conseguenza quindi, raggiunto questo livello, “curare” qualcuno, o se stessi, era un gioco da ragazzi.

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Ora, se io mi prendo cura di: un animale, un figlio, un lavoro, una pianta, etc… se questo lo faccio col cuore e con amore, me ne sento anche automaticamente responsabile. Il mio animale domestico vive grazie a me. Se io invece non me ne occupo, non soddisfo i suoi bisogni primari, lui muore, o sta male, ma io ne sono comunque responsabile.

Questo è il concetto alla base della METAMEDICINA: sentirsi responsabili di quello che accade, dell’evolversi delle cose, perciò anche delle malattie. Se io non mi occupo al meglio di me stessa mi ammalo. Per la nostra natura intrinseca, anche se noi non ne teniamo conto, il nutrimento attraverso le emozioni, del quale ci saziamo ogni giorno, è fondamentale. Un bisogno primario.

Questo è un pensiero fantastico. Si! Perché ciò significa che se ne sono responsabile, ossia se io l’ho creata quella determinata malattia, l’ho fatta crescere e vivere come il mio animale domestico, la posso anche distruggere, eliminare. E’ mio il potere. Sono responsabile del disturbo del quale ora mi prendo cura o meno.

Io, in qualche modo, l’ho creato. Non si tratta di avere delle colpe, si tratta di avere delle responsabilità. Se un’altra persona ha una malattia e viene a chiedermi aiuto, o vengo a conoscenza del suo malessere, io ne sono responsabile, non solo perché lo prendo in cura ma perché nell’unica e grande Energia Universale nella quale viviamo e nel concetto del – Tutto è Uno – io sono anche quella persona e quella persona è anche me.

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Siamo abituati a pensare di essere un qualcosa di immenso. La nostra Terra è grandissima così come i luoghi che visitiamo e il cielo sopra la nostra testa ma, in realtà, non siamo che un puntolino microscopico nell’Universo. Una cosa da niente, una piccolissima cellula.

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In una cellula animale ad esempio, cellula dell’uomo, eucariota, perciò più complessa rispetto alla procariota (batteri), ci sono i mitocondri, i centrioli, i lisosomi, l’apparato del Golgi, il nucleo e molti altri componenti che lavorano assieme, correlati tra loro. Qualsiasi cosa accada ad un mitocondrio ne risentirà il nucleo, così come il nucleo è automaticamente responsabile verso quello che è accaduto al mitocondrio e viceversa. Dal malfunzionamento del nucleo ne risentiranno i centrioli e così via. Nel nostro corpo se i Reni non funzionano bene, ne risentirà il Cuore, se il Cuore non funziona bene, ne risentirà l’intero organismo e avanti così. Volete un altro esempio? In un bosco, se non c’è equilibrio tra i suoi abitanti, se le piante non svolgono bene il loro lavoro, se ci sono più animali di un tipo piuttosto che di un altro (ahimè, solitamente il colpevole di questo è l’essere umano), a lungo andare, quell’habitat si autodistrugge. Tutto è collegato. Tutto è Uno. La stessa cosa vale per noi. Se un individuo si arrabbia con me, sta semplicemente mostrando la mia rabbia interiore, sconosciuta e celata ma esistente. Quell’individuo è collegata a me.

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Se una persona mi fa sapere di avere un forte mal di gola (che può significare da un punto di vista psicosomatico non avere il coraggio di dire quello che si pensa) mi sta praticamente dicendo che, probabilmente, mi sono trattenuta dal dire la mia, o non ho saputo dire di “No”, oppure ancora ho detto cose delle quali poi mi sono pentita. Io non ho il mal di gola, ma lei mi sta avvisando. Se io non comprendo un domani potrei provare un malessere inerente al soffocare le mie parole o al comunicare con gli altri in modo sbagliato. Le sfaccettature della malattia possono essere molte ma il discorso da comprendere è quello della RESPONSABILITA’.

Da qui, si capisce bene come qualsiasi indicazione di malanno ha, in verità, una natura che riguarda me personalmente. Io ne sono la creatrice. Io l’ho fatto nascere. “Ogni sintomo è un messaggio” questa è la citazione predominante della METAMEDICINA.

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Ogni disturbo fisico che percepisco mi sta parlando, mi sta dicendo cosa fare per migliorare la qualità della mia vita. Se si ha spesso mal di gola forse bisognerebbe imparare a tenere meno le cose dentro e farsi rispettare di più. La morale ci ha consigliato giusto, ma la nostra natura sbatte e si dimena offesa per questa decisione. Non sopporta il perbenismo e l’ipocrisia e nemmeno il mandare giù bocconi amari. Non accetta le regole del bon ton o del buonsenso. Quelle sono cose umane e sociali. – Moralismi del piffero! – direbbe la nostra parte viscerale. Si, è vero, ci vuole un equilibrio e quello si raggiunge solo con l’amore. Mi sono fatta del male non dicendo quella determinata cosa che avrei voluto dire, ok, non c’è problema, mi amo e mi accetto comunque così come sono. Amo ugualmente quella situazione. Me ne sono accorta, la prossima volta, magari con diplomazia, cercherò di fare meglio.

Eccola la nostra responsabilità. Ecco il perno che Claudia Rainville vuole insegnare. Quindi, la METAMEDICINA è una filosofia che insegna a migliorare la nostra vita.

Vi racconterò una storiella accaduta veramente proprio alla Dottoressa Rainville.

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Era bambina. Sua sorella più grande e un’amica di sua sorella, decidono di andare a fare un giro in bicicletta. Vuole andare con loro anche Claudia ma la mamma glielo impedisce perché è ancora troppo piccola. Claudia non accetta la motivazione della mamma perché, in fondo, sua sorella è più grande di lei di un solo anno e così decide (di sua iniziativa) di disobbedire a sua madre, prende la bicicletta, e raggiunge le altre due. Sulla strada del ritorno, a causa del ghiaccio e del brutto tempo, un’auto che non riesce a frenare investe Claudia. Fortunatamente non le procura gravissimi danni e dopo qualche giorno di ospedale lei si riprende. Le lesioni riportate da questo incidente interessavano queste parti del corpo: caviglia sinistra, natica sinistra e testa (trauma cranico). Come mai? Innanzi tutto occorre sapere che la nostra parte sinistra è la parte collegata alla mamma (ma non solo, eventualmente qui https://prositvita.wordpress.com/2015/08/20/la-destra-e-la-sinistra-il-padre-e-la-madre/ potete capire meglio la destra e la sinistra) e quindi:

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caviglia sinistra (il ritorno verso casa – le caviglie sono la parte del corpo che ci conducono nella vita verso la strada che vogliamo percorrere – disturbi alle caviglie significano paura nell’incedere, nell’andare avanti )

ematoma alla natica sinistra (la mamma l’avrebbe sculacciata, punita e Claudia sapeva di aver fatto una cosa sbagliata così ha deciso di punirsi da sola “schiaffeggiandosi” il sedere come avrebbe fatto il genitore)

trauma cranico (Claudia ha fatto di “testa sua”, ha formulato un’idea nella sua mente, una mente che ora andava punita. Botta alla testa).

Ovviamente la macchina ha investito Claudia e non le altre due perchè Claudia aveva il senso di colpa. Claudia ha emanato le frequenze della paura, della punizione, dell’ansia. – Io ho disobbedito ma se mamma aveva ragione? Se mi succede qualcosa? Se davvero sono troppo piccola? -.

Molto affascinante questa lettura ma… che prove scientifiche e tangibili abbiamo? Come si può credere fermamente a tutto questo? Penso mi convenga dividere l’articolo, il discorso è lungo e quindi la risposta a queste domande la leggerete nel prossimo post che s’intitolerà PERCHE’ CREDERE NELLA METAMEDICINA – METAMEDICINA post 2

Prosit!

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