Il Linguaggio delle Colombe

In questo periodo, oserei dire tragico sotto diversi aspetti ben più gravi del Covid-19, che ci ha unito a livello mondiale, la Paura è stata (ed è ancora) il collante che ha saldato assieme le genti.

Evitiamo di pensare a persone abbracciate tra loro pronte ad affrontare il nemico, evitiamo di immaginare fantastiche scene di scozzesi, fedeli servitori di William Wallace contro il Re inglese carichi di orgoglio e coraggio, evitiamo di credere alla bontà d’animo, all’aiuto reciproco, al perdono, al silenzio… non c’è stato nulla di tutto questo.

A sommergere gli animi è stato il terrore, il popolo era malato di spavento e la bontà appartiene agli impavidi perché il cuore, dove lei trova sede, è un organo cazzuto.

A insinuarsi tra quelli che definiamo – umani -, l’angoscia. Quella fatta di pece, che ti si appiccica addosso, e mentre cola via, senza mai abbandonarti, ti trasforma in un essere che non eri. Che non sei.

Il Demone della Paura trasforma, aliena, rende mostri.

Si potrebbe dare la colpa al Sistema, alla comunicazione, al terrorismo mediatico, invece non sono d’accordo. Direi che ognuno dovrebbe assumersi le proprie responsabilità. Tutti noi abbiamo aperto la nostra porta alle notizie ma c’è chi ha scelto quali messaggi lasciar entrare, c’è chi ha valutato e chi non si è lasciato modificare, come pongo molle, da quello che investiva le sue orecchie. Pertanto sì, in tutto questo marasma, c’è anche chi quella famosa bontà, in quel cuore non codardo, è riuscito a mantenerla e a nutrirla ma, ahimè, pochi… pochissimi confronto a tutti quelli che come licantropi al chiar di luna si sono mutati in lupi famelici pronti ad azzannare carni.

Ora, le fondamenta che reggono le basi della nostra vita sono fatte di sgomento e ossessione per la maggior parte. Un’ossessione urlata, ripetuta fino alla nausea. Paranoica. Un’ossessione che fa vedere colui che non la pensa come te un diverso, naturalmente maligno, da deridere, umiliare, punire, annichilire.
Si osanna la ghigliottina, la sedazione forzata, la tirannia verso chi osa dire – Io non ho paura -.

La Paura ha trasformato l’Essere Umano in un qualcosa che in quaranta anni non avevo mai visto.
E ciò che vedo non mi piace… Non avrei mai creduto di leggere o ascoltare cose, da persone che conosco da sempre, che non stanno ne in cielo ne in terra. Maligne, terribili.
C’è chi ha l’amico medico e quindi detiene la verità assoluta in tasca, chi augura agli altri la malattia e la morte, chi “guai se ti levi la mascherina” confondendola con il Sacro Graal, senza neanche essersi chiesto come davvero si muove un Virus e cosa realmente può o non può bloccare questo aggregato molecolare. Non sei libero neanche di scherzare o puoi finire al muro perché, oggi, c’è chi sente passare un’ambulanza e lo dice. Come se prima, le cinquecento ambulanze che passavano ogni giorno non fossero mai esistite.
L’Essere Umano trasformato dalla comunicazione che giunge alle sue orecchie. Quanto siamo fragili.

E allora mi chiedo davvero dove cavolo è andato a finire il parlare del nostro cuore. Come sia possibile che essendo noi, un’emanazione dell’amore universale, possiamo arrivare ad esternare così tanto odio. Possiamo renderci così burattini di un Demone che ci tiene nelle sue grinfie.

Mai come ora c’è bisogno di un linguaggio colmo di compassione, di genuina dolcezza, di umiltà e di perdono. Ce n’è stato bisogno, tantissimo, ma era più comodo lanciare strali dai divani, sui quali, raggomitolati e dormienti, si tremava davanti ai nuovi decreti. E chi provava a ribellarsi a tutto questo doveva essere condannato a morte.

Mai come ora c’è bisogno di pietà, c’è bisogno del candore delle colombe, della purezza dei bambini che in tutto questo tempo hanno obbedito senza lamentarsi, nella totale accettazione e senza infangare il prossimo. In loro è ancora vivo il germoglio della fratellanza che noi abbiamo perso molto tempo fa.

Ma che se ne dica, questo cancro non mi colpirà mai. Datemi della buonista, giudicatemi come volete, ha poco interesse in me. Ciò che mi preme è restare pulita, degna, umana. Questa è la vera sfida, laddove – sfida -, come termine, è persin sbagliato. Questo è il vero Virus, laddove Corona ha provato a portarci ma forse non lo abbiamo compreso.

Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza – (Dante Alighieri).

Questo non è buonismo. E’ semplicemente il rendersi conto di non essere solo un corpo ma qualcosa di molto di più. E’ comprendere di non voler essere schiava di nulla, neanche di un mostro che si materializza davanti ai miei occhi, che si inventa, che si inventano, che esiste oppure no. Non sono schiava di questo ambaradan bensì cosciente a me stessa e so da dove arrivo.

Grazie a chi ha avuto il coraggio di dire la sua, a chi si è dimostrato ribelle senza danneggiare, a chi ha ragionato con la sua testa, a chi ha avuto l’umiltà di non trasformarsi in ciò che non era, a chi ha voluto ascoltare più campane, a chi si è sentito perso, confuso, destabilizzato ma non ha mai fatto del male ad altri neanche con le parole. Grazie a chi ha saputo amare chiunque, anche i più biechi, anche i più inetti. Grazie a chi ha aiutato.

Ammetto che più volte, l’emozione dell’ira, ha provato a rendermi sua serva. In alcuni momenti ho persino quasi ceduto ma sono riuscita a non dargliela vinta e non mi riferisco a quella bella rabbia sana ed energica che è bene provare. Ho sentito la collera per quegli uomini che avrebbero ucciso senza ritegno, che credevano di sapere, che amavano diffondere paura e pretendevano di spaventare ma, sforzandomi, sono riuscita a trasmutare questa emozione e ritrovare la centratura. Volevo solidarietà, volevo amnistia, intelligenza, indulgenza e ne vedevo troppo poca. Solo dopo essere riuscita a far calare il torbido velo che appannava la mia vista ho notato che tutta quella paura, quella ferocia, quella sofferenza, mi appartenevano. In qualche modo riflettevano frammenti di me stessa. Nessuno ne è immune ma pochi hanno voglia di lavorare come antichi alchimisti trasformando questi ingredienti.

Ciò che come esterno m’appare è in realtà il succo del mio cuore – (Conte di Cagliostro).

Nel buio del mio antro ho provato a modificare quel piombo in oro ed è stato allora che è arrivata la bellezza. E’ stato allora che emanando amore ho visto amore. Che divulgando gratitudine ho notato la gratitudine. Che restando retta, centrata e indissolubile, nei confronti della debolezza ho vinto. E’ stato allora che ho capito come tutto questo non sia riuscito ad intaccarmi. Per questo vincerà tutto il mondo.

Perché ci vorrà ancora tanto tempo ma saranno le colombe a cantar vittoria un giorno. Tutto questo è destinato a sgretolarsi e allora l’uomo sarà libero. Libero soprattutto di poter amare. Senza paura. Perché è proprio come se facesse paura perdonare, “farla passare liscia”, avere misericordia. Si diventa avidi, egoisti, oppressori pur di accertarsi la sopravvivenza. Senza rendersi conto che ci si inoltra in un sentiero di morte lenta, che non porta a nulla, e che fa vivere con l’animo annientato.

Divulgate parole buone. Divulgate energie di benevolenza. L’Umanità ne ha bisogno. Ne ha bisogno più del pane che crede indispensabile. Ne ha bisogno come ha bisogno di respirare.

Prosit!

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Il vero significato del numero 666 – il percorso dell’Evoluzione

In tempi antichi i simboli erano molto più usati di adesso. Si usavano per definire un gruppo di persone, una filosofia, un evento o per abbreviare paragrafi dal momento che tutto veniva scritto a mano e non poteva essere fotografato. Simboli ma anche numeri, o lettere, o segni. Nascevano allo scopo di tradurre determinati messaggi e, la maggior parte delle volte, si trattava di messaggi positivi dal momento che erano più i maghi bianchi a voler trasmettere ai posteri che non i maghi neri, avidi di ciò che sapevano.

Simboli che divennero, col tempo, una vera ricchezza in quanto nascondevano risoluzioni su un particolare potere appartenente all’Essere Umano. Un potere che ancora oggi è cosa nostra ma che ci è stato sempre tenuto nascosto. Non voglio però trasformare questo articolo in uno scritto di magia, al quale in molti potrebbero non credere. Voglio parlare in modo più storico, più reale; o reale per lo meno per le testimonianze che abbiamo risalenti dal passato. In pratica, tra queste righe, intendo anche consigliare che a volte bisognerebbe leggere di più, informarsi, studiare, anziché pendere dalle parole che ci sono state dette definendole come realtà assoluta. Per argomentare questo discorso userò un temutissimo numero ma potrei scrivere di molto altro perché, la cifra della quale parlerò oggi, non è la sola ad essere stata traviata nel tempo da chi forse ha voluto passarci altri messaggi. Da chi forse ha preferito inculcarci paure anziché potenza e sicurezza. Da chi forse ha voluto tenerci schiavi, o comunque esseri spenti e privi di libertà, anziché grandi e immensi quali siamo e con diritto di magnificenza.

E allora prendo come esempio il temutissimo numero 666 conosciuto da quasi tutti come: il Numero del Diavolo o della Bestia. Alcuni ci scherzeranno su ma vi garantisco che esistono persone che ne hanno realmente paura. Una paura completamente infondata. Se solo sapessero… sicuramente vivrebbero meglio!

Il 666 può comparire nella nostra vita. Un numero di telefono, la targa di un’auto, un tagliando. Oggi poi, tutto è un numero. Ebbene, questi individui, fanno qualsiasi cosa per modificare tale cifra qualora gli capitasse e non li giudico, perché so che i timori possono diventare veri spaventi o ansie, ma vorrei tranquillizzarli.

666 tre volte 6. Proviamo subito, per non farla troppo lunga, ad analizzare quindi il 6 così importante, evidentemente, da venir scritto per ben 3 volte. 3, il numero perfetto.

Esiste un importante collegamento tra i numeri 3, 6 e 9.

Per spiegare il 6, cosa che farò immediatamente, devo però prima dare una nozione importante da tenere a mente che riguarda il numero 9 e cioè questa: il 9 è il numero dell’Amore. Un Amore visto come amore incondizionato e divino, universale, ovvero come forza primordiale, apice dell’elevazione: unica grande potenza dell’Universo e del Cosmo. – L’amor che move il sole e l’altre stelle – (Dante Alighieri) cioè che può tutto.

Il 9 simboleggia questo perché ha una forma simile ad una spirale, emblema da sempre, anche per Celti e Egizi e altre popolazioni, di “rinascita” e ciclo della vita. La spirale doppia è proprio l’unione tra 6 e 9 anche se spesso viene usata quella semplice o viene persino suddivisa in base alla sua rotazione. La spirale doppia è simile all’8 numero indiscusso dell’Infinito. Ri-nascere, nascere ancora e poi ancora e poi ancora… il cerchio senza fine. All’infinito appunto come infiniti sono l’Universo e il suo ciclo.

Lo stesso emblema di Yin e Yang rappresenta un 6 e un 9 e, insieme, il Tutto.

Quando si parla di “rinascita” si intende l’avvicinamento a Dio, che non è il Dio con la barba bianca che il cattolicesimo vuole farci conoscere, ma è il Dio inteso come forza, bellezza e armonia cosmica universale, cioè Amore.

Torniamo al numero 6

Ma chi deve evolversi? Chi è che ri-nasce?

Ovviamente è l’Uomo. Vi dice niente la frase – Fatto a sua immagine e somiglianza? -… e questa non è religione ma capirete tutto a breve.

Il 6, quindi, simboleggia proprio l’Uomo come se fosse all’incontrario, cioè che deve capovolgersi (elevarsi) per arrivare a Dio. Questo capovolgimento ha facilitato la negativa pubblicità del satanismo vedendolo come – allontanamento da Dio -. Cioè l’opposto. Il male.

In realtà, si intende, come “contrario”, il seme che deve fuoriuscire, capovolgersi, nascere ed esplodere in tutta la sua manifestazione divina e meravigliosa, unendosi così a Dio =  forza, bellezza e armonia cosmica universale, cioè Amore.

Sta nascendo. Deve farlo. Sta simboleggiando la scintilla divina già esistente in lui che, nel suo percorso obbligatorio, andrà ad unirsi alla Fonte Madre (gira gira = spirale). Da 6 a 9.

Il 6 è simbolo dell’Uomo in assoluto e Gesù (che sia esistito o meno), visto come messaggio alchemico e spirituale (non cattolico, il cattolicesimo se ne è appropriato 1700 anni fa!) diceva – Io sono il Figlio dell’Uomo – perché l’Uomo è… Dio. Un essere divino. “Fatto a sua immagine e somiglianza” che racchiude forza, bellezza e armonia Cosmica. Energia Cosmica. L’Essere Umano, come tutta la natura stessa, ma l’Uomo ancor di più perché ha la Coscienza ed essa è la rappresentazione di Dio. E’ il Sé.

666 – 6+6+6 = 18

1+8 = 9

Ecco il percorso rappresentato in modo criptico e, alla fine, Dio-Amore. Basta decodificarlo.

Il 9, inoltre, è la fine, l’arrivo, nel senso che racchiude in sé tutti gli altri numeri. Tutti. Sono infiniti ma racchiusi tutti lì. 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 (immaginiamoli in cerchio). Quindi è il Tutto.

Occorre anche osservare che non è l’arrivo ad essere importante. Quasi non lo si considera. Si considera invece il noto percorso. Il cammino. Il cammino dell’evoluzione e della crescita personale. Il momento del 6, più che del 9.

3 volte 6 – il percorso e l’unione all’Amore perché tutto è Amore e tutto deve andare a finire lì.

Ovviamente è un discorso molto lungo e che contiene molti altri “segreti” ma non posso certo scrivere un libro oggi. Per aiutarvi a espandere la vostra conoscenza in tal senso, vi consiglio questo bellissimo ed esaustivo articolo che tratta anche altri temi interessanti rispetto al numero citato. Come la bellezza del sesso, vista come energia sessuale e quindi vitale della creazione. Come gli elementi naturali che ci appartengono: l’acqua, il fuoco, l’aria, la terra. Il tutto racchiuso in questo splendido numero: 666. L’articolo è questo: https://www.visionealchemica.com/uomo-666-sole-666/ io quindi mi fermo perché prima di terminare il post ho ancora due cosine da dire.

Quelle che noi oggi conosciamo come feste religiose con tutti i loro emblemi connessi: Pasqua, Natale, Epifania, Immacolata, etc… erano in realtà tutti riti pagani antichi, davvero utili e terapeutici per l’Essere Umano, e proponevano un vivere con la natura in modo unico. Stupendo e incredibile. Permettevano di usufruire delle forze del Cosmo e di guarire.

La Chiesa, attraverso il tempo, attraverso varie decisioni, attraverso studi o eventi come il Concilio di Nicea, per opera dell’Imperatore Costantino e le Bolle Papali in seguito che sono solo tra gli esempi più eclatanti, se ne è appropriata trasformandoli e gongolandosi nell’ignoranza della gente alla quale non veniva permessa neanche l’eventuale istruzione. Chi provava ad informarsi o a conoscere veniva bruciato vivo (per farla breve) e non mi riferisco solo alle famose streghe. Così, oggi, viviamo un Natale credendo sia il compleanno di Gesù Bambino quando invece non c’entra assolutamente nulla. Stessa cosa vale per simboli, usi, costumi, etc… li hanno fatti propri e ne hanno dato il valore voluto. Questo è scritto a livello storico, non lo dico io.

Se in qualche modo, nella vostra vita, vi capita il numero 666 provate a tradurre il suo messaggio anziché scappare a gambe levate. Vedrete che è un messaggio bellissimo.

Prosit!

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Sei mia Figlia? E io ti Invidio

A scatenarsi sono memorie rintanate in un angolo dell’Essere.

In molte famiglie accade quello che poco si svela perché l’imbarazzo frena. Sembra letteralmente impossibile possa accadere, eppure succede molto molto spesso, nonostante la nostra cultura, la nostra morale e ciò che ci ostiniamo a chiamare – buon senso – facciano di tutto per impedirlo.

Sto parlando dell’invidia tra madre e figlia, un fenomeno più presente rispetto a quella tra padre e figli maschi.

L’invidia della quale parlo nasce nella mamma nei confronti della figlia ma viene subito da chiedersi come possa, una madre, essere invidiosa di ciò che dovrebbe amare più della sua stessa vita? Beh… semplice, perché una madre, prima di essere madre, è un essere umano e ha un inconscio, una mente, un cuore, una memoria e tutto il resto. Tutti “contenitori” che possono essere inquinati come quelle di chiunque altro.

Parrà strano ma, nei confronti di una figlia… ancora di più e per mille motivi. Oltre alla competizione, arrivano, come fedeli accompagnatori, anche il rimpianto e il rammarico.

La figlia (giungendo dopo in successione temporale) permette di vedere il resoconto.

Involontariamente schiaffa, davanti alla faccia della genitrice, il risultato di quello che è oggi per lei ma che non è stato a suo tempo per la mamma. Per l’”antagonista” è come rivedere quindi un video della propria vita… in uno scialbo bianco e nero.

So che tutto questo, per chi non lo ha mai vissuto, può sembrare fantascienza eppure è proprio così.

L’invidia è un sentimento che opprime, il termine nasce dal latino in-videre e significa – guardare in malo modo -, soprattutto con risentimento. Non per niente, Dante posiziona gli invidiosi nel girone apposito del suo Inferno con gli occhi cuciti. Da non confondere con l’ammirazione, tutt’altra cosa, l’invidia è un’emozione negativa, figlia anch’essa, come molte altre, della paura. [Ricordate bene questa cosa, ve lo consiglio, l’invidia è figlia della paura! (- paura, paura, paura -)]

Una madre non è una bambola finta e ha anch’essa un’esistenza precedente fatta di mancanze, di demoni oggi difficili da combattere ed eliminare. Purtroppo contrastare il risentimento è davvero arduo.

Non sto giustificando questa tipologia di madri ma la comprendo. Rendiamoci conto che stiamo parlando di donne che vorrebbero vedere distrutte le loro stesse creature. Donne che si dividono tra una specie di amore e una specie di odio. So bene che se si è pieni d’amore non c’è posto per altri mostri vari, ma occorre andare indietro nel tempo e capire che i nostri genitori sono vittime, figli di altrettante vittime, proprio come noi.

Una madre invidiosa è un grande dolore per la figlia che percepisce questa emozione a lei dedicata, ma non è rispondendo con l’odio che si può risolvere una situazione così. Pur essendo una situazione davvero drammatica. Si parla di un soggetto che si sente orfano di madre pur avendo il genitore fisicamente presente. Dire che occorrerebbe provare amore e compassione per una donna che si ritrova ad invidiare ciò che ha essa stessa creato può risultare banale ma se ci immedesimassimo sinceramente in lei, capiremmo quanto grande e schiacciante sia la sua sofferenza.

Possono esserci diverse soluzioni per smussare un po’ certi contesti o forse possono non esistere soluzioni adatte. E’ possibile provare con gli elogi, facendo sentire queste madri importanti, o provare a parlar loro con il cuore in mano proponendo la propria innocenza ma potrebbe rivelarsi tutto inutile.

La figlia non ha certo colpe se vive un matrimonio perfetto, o ha successo in ambito professionale, o gode di un buon stipendio, tutte cose mancate alla mamma, la quale però avrebbe potuto averle se

Se… questa piccolissima congiunzione dell’ipotesi… se

Una madre dovrebbe essere orgogliosa dei successi della propria figlia, dovrebbe ammirarla, sostenerla, esserle complice ma solo una madre, anzi, un essere umano “sano” può arrivare a questo. Vale per lei come vale di un’amica, di una collega… sì, anche se è la mamma.

Il momento del parto, per quanto sacro e meraviglioso sia, non riesce (per alcune persone) a cancellare altri vissuti che probabilmente hanno scaturito un trauma, il quale deve essere di gran lunga estirpato. Ne scaturiscono da lì mostri di diverse specie come: il senso di colpa, la gelosia, la svalutazione, l’intolleranza, l’insoddisfazione, etc… ma, non si deve dimenticare che l’amore è sempre presente in ognuno di noi anche se completamente celato o non manifesto.

La figlia deve purtroppo imparare a staccare, seppur con l’angoscia dentro, mentre la mamma dovrebbe capire che forse è giunto il momento di dover osservare i suoi demoni e sconfiggerli una volta per tutte per non far più del male a se stessa e agli altri.

Con questo articolo però, il mio intento, era prettamente basato sul rompere il ghiaccio verso quello che è un argomento ancora molto tabù e questa omertà, questo celare e questo evitare sono, secondo me, ancora più dannosi verso una prole che si ritrova non solo con un genitore contro ma anche con una società che non la accoglie.

Prosit!

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Ti Amo e Mi Spavento

“Chiudi gli occhi e prendi respiro. Il ragionamento ti suggerisce di non farlo ma il cuore scalpita, vuole disobbedire e, per farsi ascoltare, s’irrigidisce. Tu lo senti che si blocca e lo stomaco lo imita. E’ quasi un dolore. Piacevole, ma è come un dolore. E allora molli tutto, metti da parte la testa e lo dici – Ti amo -. Puf! E arriva, all’improvviso, il senso di colpa dell’aver tradito la mente. La maestra, la grande educatrice. E adesso chissà cos’accadrà. Buttarsi così in pasto agli squali, è da incoscienti. E’ un casino anche tirarsi indietro. Non rimane che accettare le ripercussioni. Ora sono cavoli amari, mentre il cuore è contento, a lui che gli importa…”

Per alcune persone leggere queste parole è strano, conoscere questo stato d’animo è assurdo, per altre invece, è la normalità. Una normalità opprimente, la situazione dell’angoscia. Il non sentirsi pienamente liberi di esternare i propri sentimenti incollati ancora a reminiscenze antiche quanto antica è la vita. Il non aver fiducia nell’altro. La paura.

La paura di essere derisi, traditi. Di soffrire ancora.

La paura di amare o di essere amati o persino di essere felici.

Quanta paura c’è dentro?

Siamo un contenitore e non solo fisicamente. Siamo un contenitore di impressioni, di sentimenti, di memorie, di pensieri. Di traumi. Di emozioni. In questo contenitore, quanto spazio occupa una delle emozioni che più governa il nostro esistere chiamata appunto: paura? Il 60%? Credetemi non è così alta come percentuale. Ebbene, ciò significa che ne rimane soltanto il 40% per tutto il resto e per… l’amore.

Noi non siamo un’operazione matematica, ma siamo il risultato, sempre in continuo mutamento, di una serie incredibile di piccole e grandi operazioni. Operazioni eseguite da noi, per noi, su di noi ma che, comunque, ci hanno formato. Siamo molto di più di un’operazione matematica. Siamo un meraviglioso congegno che, quotidianamente, si evolve o è in grado di farlo. Ne abbiamo le capacità. Dovremmo solo usufruire di tali doti. Sbloccarci dall’impasse.

Lasciamo fluire, dentro e fuori di noi, l’amore.

Quell’amore, se è vero e puro, e non soltanto l’appagamento di bisogni, non può essere soffocato dalla paura, altrimenti non è vero amore. Non mi piace passare per assolutista o estremista ma, in questo caso, altre strade, non ce ne sono. Ecco perché ho utilizzato delle percentuali tecniche. Senza inoltrarmi, non essendone in grado, nelle affascinanti leggi della matematica che pare amministrino l’universo intero con la loro attività .

L’amore è più forte e più grande e più potente di qualsiasi cosa.

Può essere affiancato dalla paura, così come da tante altre emozioni, ognuna di loro sana, umana e utile, ma nessuna di esse può sovrastarlo. Le emozioni sono emozioni. L’amore è uno stato d’essere. E’. Cos’è l’amore? E’. Senza altre spiegazioni. Nulla può fermare il suo travolgente arrivo. Niente può impedirgli di stare e rimanere. L’amore non è innamoramento, non è affetto, non è stima, ne rispetto, non è libertà, non è fiducia, non è conquista, ne un sogno, non è creazione, non è fantasia, non è costruzione, non è incontro, non è vittoria, non è stupore… è tutto questo messo insieme. Costante, perpetuo, sempre. E’ tutto. Come può, la paura, vincere? Dove ne ha lo spazio e il tempo?

L’amor che move il sole e l’altre stelle – (Dante Alighieri)

Breve storia di due che la vivono così:

LUI E’

Conoscerti.

Ascoltare le tue ore.

E cercarti ancora mentre tu giungevi.

Chiamarti, tra la gente, per respirare.

Ammettere gli errori ed accettare.

Accusarti in dispetto d’albagia e ingoiare il tuo cuore.

Poi, cose inaspettate, il cedere all’unione che non consideri.

Il non volere che fa pensare.

Lui stava. 

 

E il silenzio.

Da sorpassare, da non sottovalutare.

Le illusioni e gli slanci da tenere stretti. 

Trasformazioni complesse e sensoriali.

Poi una giacca, per non sentire freddo.

Un dono, un farci caso.

La spinta.

Lo studio, il donarsi, ringraziar la libertà.

Il forse.

Lui quasi.

 

E finché non approda la magia va tutto bene.

C’è il sapore unico e sensuale dell’attesa, il senso dell’intesa.

L’abbraccio.

E basta guardarsi negli occhi.

O di più, non veder niente, per capire. 

Senza errori, a parlar non sono voci.

La responsabilità mai conosciuta.

Non c’è timore alcuno.

Non ce n’è lo spazio.

Solo pura gioia ed entusiasmo.

Da vivere senza raccontare. 

La carezza dell’anima.

Lui È. 

 

E ami, seppur non si conosce il primo bacio,

ami comunque anche se lontani e maldestri.

Non c’è cosa, ne’ sostanza, o sentimento; 

l’Amor è più di luce e gioia tutto attorno.

E ami, più che del sentir farfalle in volo,

e’ forte l’emozione che ti annienta.

Che ti soffia vita nelle nari

E batte il cuore come nello spavento.

Gli strascichi non compresi della mancanza

Di umana dote poi accettati

Non c’è posto per paure o ritorsioni

Non c’è dubbio, solo un’anima scolpita

Con l’intaglio esiziale della scoperta

E lascia l’essenza tremante che si spoglia 

Il corvino rischiara e le ombre si dissolvono

Semplicemente È, questo è il suo stato.

Di un amore che respiri e rimarrà 

Senza previsioni, o condizioni, ne’ promesse e meschini traditori.

È ciò che non si è mai saputo,

del quale si parla, si brama, si spera.

E’ fratello della libertà. 

È sua personale scelta rimanere legato all’intersecazione. 

Non è un gioiello, ne’ un’esperienza, ne’ una richiesta.

È il nutrire che diventa soluzione.

Aurora di un ciclo vitale.

Respirare fede accettando i timori.

Perché tutto questo è vita.

(Meg)

Detto ciò, nel cercare di far prevalere con fiducia il vostro amore, spaventatevi pure, urlate, piangete, ridete, gioite. Ogni minimo movimento, un accennato battito, un lieve sentire. Qualunque sia, è energia. Tutto è dinamicità e la dinamicità è vita. Finchè c’è qualcosa, c’è vita. L’amore è vita.

L’amore è vita che trascende e sublima ad altro o forse semplicemente a se stessa – ( Do – lucidido.wordpress.com )

Abbandonarsi all’amore. Tuffarsi senza remore e senza timori. Mantenerlo alto e totale lasciandosi riempire da esso. Non potrà accadere nulla di male se davvero ci si crede. Se realmente in lui si ha fede. Se di lui, e unicamente di lui, ci si nutre. E non significa smaniare per una persona, sentirsi mancare il fiato in gola per lei. Ascoltare il proprio cuore battere all’impazzata, o rabbrividire per il formicolio nelle viscere dato da farfalle che sbattono forte le ali. No, l’amore non è questo. Non è solo questo. E’ amare comunque. Al di là delle azioni o reazioni dell’altro. E’ amare senza aspettativa alcuna. Senza giudizio o pregiudizio. Senza voglia o necessità di cambiare, nè se stessi, nè l’altro, se non per una sana crescita personale. Senza santi da chiamare.

Nell’immacolato e incondizionato amore, non esiste il male e nulla di tormentoso può accadere. Ogni dolore è un insegnamento giunto per dimostrare l’errore commesso, per quel pezzo di – non amore – in quel che viene definito tale.

Nell’immacolato e incondizionato amore, non esiste il male e nulla di tormentoso può accadere. E’ il nostro amore, è un nostro figlio. Da averne cura e fidarsi di lui, più che di noi stessi.

Nell’immacolato e incondizionato amore, non esiste il male e nulla di tormentoso può accadere. Da recitare sgranando un rosario. E ancora, ancora, ancora.

Amarsi per amare. Amarsi per quello che si è e ci si riesce meglio in tale stato. Vivendo #inlove strato per strato.

Ed è scrivendo che imparo e mi convinco anch’io. Che con tutti i miei passi da gigante ancora sento le vocine della mente. Ed è scrivendo che alimento l’amore che dobbiamo difendere senza permettere a nulla di intaccarlo. E se c’è una preghiera che dovremmo recitare, è proprio quella di chiedere la forza e la fede per non tradire il nostro amore. Per non farlo spegnere o adombrare da nulla. Perché possa ingigantirsi sempre di più nell’entusiasmo (enthusiasmòs, formato da “en” (in) e “theos” (Dio) – con Dio dentro di sè -).

Prosit!

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Stille d’Amore per il Cosmo

Siamo riusciti a fare tante cose nella vita. Siamo riusciti probabilmente anche a realizzarci ma soprattutto siamo riusciti in tanti grandi progetti che richiedevano una forza immensa.

Abbiamo perso case, persone care, lavoro eppure abbiamo saputo ricominciare.

Abbiamo fatto grandi scoperte, ci siamo evoluti, realizzato faticose imprese e avuto fantastiche idee.

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Siamo riusciti a rivivere. Siamo dei sopravvissuti.

Siamo riusciti a sorpassare i più grandi ostacoli che la Vita può porre ma… non siamo mai riusciti ad amarci. Amarci veramente, fino in fondo. Ad amare noi stessi, per far del bene a noi e a tutto il Creato.

Tra i tanti significati dell’amare se stessi, che non starò qui ad esporre, c’è infatti anche quello che spiega come l’essere pieni d’amore possa far fuoriuscire da noi frequenze d’amore che vanno a spargersi per tutto il pianeta.

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Non si tratta quindi dei soliti meccanismi salutari che apporta il fatto di amarsi. Si tratta di qualcosa di “fisico, energetico, scientifico”.

I miei pensieri positivi nutriranno Gaia e tutte le creature che le appartengono. All’incontrario, il mio non amarmi, cioè il mio essere piena di altre emozioni come: la paura, la rabbia, la frustrazione, la delusione e via dicendo mi fa emanare frequenze negative che andranno a mischiarsi con l’energia del cosmo che vivo.

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E gli alberi seccheranno, le persone si ammaleranno, gli animali moriranno.

Immaginate quante persone siamo al mondo e quali tipi di frequenze vengono donate ogni giorno alla Terra. Non esiste più l’Eden del quale tanto si è parlato.

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Ma non si tratta di “avere delle colpe”, si tratta semplicemente di percepire ed essere consapevoli della propria responsabilità.

Se Tutto è Uno, io sono il Tutto e il Tutto è me. Questo, riportato a tutti gli esseri umani sulla Terra, coinvolge in un’unica entità l’intera esistenza.

Siamo convinti di amare il nostro partner perché non potremmo vivere senza di lui, siamo convinti di amare i nostri figli perché non potremmo vivere senza di loro, siamo convinti di amare tutto ciò del quale non potremmo mai fare a meno ma come possiamo realmente amare se l’amore non lo conosciamo? Non amiamo per amare, amiamo per non rimanere senza… Se l’amore non ce l’abbiamo dentro, per noi, capendone l’effetto che produce, come possiamo pensare di riuscire a donarlo se non sappiamo nemmeno cosa donare? Mi sembra quasi presunzione questa.

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Pensateci un attimo: vostro figlio vi comunica che vuole provare una nuova esperienza e voi naturalmente lo consigliate per ciò che voi stessi avete vissuto. Secondo le vostre reminiscenze. Se non sapete cosa dirgli, chiedete in giro, vi fate consigliare, l’importante è rispondere a lui nel migliore dei modi, nella maniera più equa, quella che a lui, seguendo la vostra parola, recherà minor danno. Lavorate su qualcosa che già sapete. Se farà così accadrà questo o ci sarà la possibilità che accada, se invece farà in un altro modo accadrà quell’altro. Ma come potete parlare una lingua che non conoscete?

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Se vi si presentasse davanti un Senegalese e iniziasse a chiedervi quelle che potrebbero sembrare informazioni, sapreste rispondergli? Non credo, a meno che non abbiate studiato e imparato il senegalese.

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Non confondiamo l’amore con l’egoismo. E si, spesso anche amare un figlio può essere egoismo, un egoismo invisibile, mascherato, umano e impercettibile. Può essere l’appagamento di un nostro bisogno nonostante andiamo proclamando il tanto discusso – amore incondizionato -.

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Io amo infinitamente la mia Valle. La amo dal più profondo del mio cuore. Quando la vedo e la vivo mi riempio di entusiasmo (termine che deriva dal greco antico enthusiasmòs, formato da en “in” con theos “Dio” ossia “percepire il Divino dentro di sé” e ormai sapete a quale Dio mi riferisco) di gioia immensa, di beatitudine. Mi emoziona.

Cosa mi aspetto da lei? Nulla.

Cosa cambierei di lei? Nulla.

Quando mi piace? Sempre.

Cosa mi regala lei? Tutto.

Potrei darle colpe, se per cause esterne a lei, mi causa del male? Mai. Se franasse e mi distruggesse la casa ad esempio.

Potremmo rispondere nella stessa maniera verso una persona? Ragionateci. Non credo. Si lo so, una persona ha una mente, ha un’intenzione (sappiate però che sono sempre azioni derivanti da cause esterne) una Valle non ha pensieri, ma quello sul quale voglio basarmi sono le aspettative. Le aspettative si hanno sempre e c’è sempre un comportamento, da parte dell’altro, che ci infastidisce e vorremmo modificare. Non sempre le persone ci piacciono e non sempre ci danno tutto di loro. Ma è giusto, siamo umani e le polemiche aiutano persino a crescere, così come ci aiuta ad elevarci l’imparare ad apprezzare o il fare senza aspettarsi nulla in cambio.

Ma il fattore principale è quello che si prova dentro. Realmente. Senza finzioni. Noterete che non è la stessa cosa che provate per un luogo nel caso abbiate, come me, un luogo che amate a dismisura.

Quell’amore così puro, provato per quel posticino del mondo, si blocca automaticamente nel momento in cui abbiamo a che fare con individui simili a noi. Quasi a voler giustificare quel luogo pensando che è semplicemente un luogo e non può dare nulla.

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Invece, se si sa ascoltare, sa dare sensazioni che mai si è riusciti a sentire in altri momenti.

E allora è davvero così diverso l’amore?

No, se l’amore è dentro di noi, se appartiene a noi è uguale per ogni cosa o persona. E’ amore per il Tutto ma solo se lo conosco posso provarlo e regalarlo veramente. E per conoscerlo devo sentirlo… per me. Per forza! Devo provarne le conseguenze, devo percepirne il piacere, devo tastarne le sensazioni, devo discuterlo, soppesarlo, direzionarlo, etc… etc… Non si può amare solo una persona nella vita, o due o tre, e nient’altro. L’innamoramento non è l’amore.

Eppure è così difficile amare se stessi. Sembra facile ma non lo è per niente. Amarsi come si può amare una Valle.

Vi auto-date le stesse emozioni? Non credo. Non è saccenteria la mia, anzi vuole essere forma di discussione. Mettersi in discussione e provare a capire davvero il senso di un qualcosa di così grande, immenso, infinito: – L’amor che move il sole e l’altre stelle – (Dante Alighieri).

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Ma dove ce l’abbiamo noi? Da nessuna parte. O meglio, in realtà c’è, dentro, ce n’è una marea ma nascosto, soffocato, giù in fondo probabilmente sotto la vescica.

Amiamo noi stessi se veramente vogliamo amare il mondo, la nostra Terra, la nostra vita e, di conseguenza, i nostri figli e il nostro partner.

Amiamo noi stessi se vogliamo conoscere l’Amore.

Ti Amo perchè Mi Amo -.

Prosit!

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