Dimentica i tuoi sogni se vuoi che si avverino

SEMINARE IMPEDIMENTI

Siamo cresciuti con l’idea di usare la determinazione, la costanza e la volontà per avverare i nostri desideri. Siamo cresciuti con l’intento di nutrirli e coltivarli per farli materializzare nella realtà e tutto questo è giusto, un metodo fantastico per poter ottenere quello che si vuole. La nostra mente però lavora in un modo davvero particolare e a noi spesso sconosciuto.

Ci sono dei particolari importantissimi che devi tener da conto.

Molte filosofie spirituali sono le prime a dire di immaginare quella cosa e quella cosa accadrà. Questo mi trova d’accordo ma occorre fare i conti con il nostro inconscio (che non riusciamo a vedere) oltre che con il conscio. Le stesse dottrine indicano infatti che non si otterrà ciò che si vuole ma ciò che si è. Al fine di realizzare un sogno serve pertanto il matrimonio tra il pensiero, cioè l’immaginazione, e l’emozione intrinseca che lo accompagna con la quale non si intende la gioia, che si può provare volando sulla nostra nuvoletta rosa, bensì si intende l’emozione che indica quello che proviamo per noi in base al desiderio. Ad esempio, se io immagino di diventare una star ma nel mio inconscio non mi sento all’altezza, non mi sento degna di tanta fama, ho paura ad affrontare una situazione così, temo il giudizio degli altri, mi spaventa il pubblico, etc… l’emozione che si scaturisce è quella dell’impedimento.

NON TI MOLLO!

Allora cosa succede se continuo a pensare a quel sogno? Succede che per prima cosa lo inquino. Ebbene sì. Senza rendermene conto, lo inquino del timore che non si possa avverare. Lo inquino di preoccupazione. Lo sporco di orpelli sciocchi e mentali, di schemi mentali sbagliati che mi appartengono. Lo sporco di speranza che, anche se può sembrare tanto carina e poetica, la speranza è proprio l’inverso della certezza. Colei che ti tiene in sospeso e non realizzato.

Ma soprattutto lo trattengo. Lo trattengo lì, nell’immaginazione, e non gli permetto di concretizzarsi nel mondo delle forme. Lo trattengo come se dicessi – Prima o poi ti avvererai – e l’Universo risponderà – Si, prima o poi, prima o poi… -. Quando? Boh… prima o poi

Trattenere un sogno e continuare a definirlo “sogno” significa non avere fede. Non darlo per certo, non darlo come già avverato. Se fosse già avverato continueresti a immaginarlo? No! Continueresti a chiamarlo – sogno -? No! Ed é proprio questo che devi fare. Non sognare più, già ce l’hai, che ti sogni ancora? Che ti struggi?

Perché continuare a nutrire aspettative? Così facendo continuerai ad aspettare, come dice la parola stessa.

Immagina di essere alla stazione e stai fremendo perché sei molto in ritardo ma il treno non arriva. Inizi a pregare il treno, speri di vederlo spuntare in fondo al binario, tra te e te pensi alle peggio cose verso le Ferrovie dello Stato e, dentro, lo stomaco vibra, i muscoli sono tesi, la rabbia sale. Ma poi ecco che, finalmente, il treno arriva e tu puoi salire, sbuffando collerico. Ti siedi sul sedile e stop. Il macchinista accelera e riprende il giusto tempo. Se ti osservi noti che non stai più pregando, non stai più immaginando nessun vagone spuntare sui binari, la rabbia si sta dissolvendo e i muscoli si rilassano. Il treno ora c’è. Non hai più bisogno di quelle emozioni che hai provato prima. Perché dovresti desiderare un treno se già ci sei sopra? Bene, per il “sogno” funziona allo stesso modo.

OK, BASTA, NON TI SOGNO PIU’

Lo so che è difficile. Per questo, molti desideri, e soprattutto quelli ai quali teniamo di più, spesso non si avverano. Continuiamo a desiderarli con le unghie e con i denti.

Lascia andare… lascia andare… lascialo andare quel sogno, liberalo, permettigli di trasformarsi in realtà.

Se lo molli, grandi forze energetiche potranno prenderlo, coagulandolo in loro e potranno poi ridartelo sotto forma di materia, nella tua vita.

In pratica, stai facendo tutto tu e se ti rendi conto di questo potrai migliorare la situazione.

Se proprio non riesci a non pensare a questo tuo grande desiderio, almeno immagina di viverlo già e di volerlo migliorare ulteriormente. Se stai pensando al lavoro dei tuoi sogni, fai finta di svolgerlo ma di voler fare di più. Fatti venire un’idea eccezionale, pensa a come ti muoveresti in quel campo, oppure come potresti risultare unico in quella mansione o, ancora, quanto ti ha fruttato la tua ispirazione.

Il tuo grande sogno ormai si è già avverato, rifletti su un altro se proprio non puoi fare a meno di pensare.

Puoi tornare su di lui solo ogni tanto, come per controllare che tutto vada bene. Come a guardare se la sua realizzazione stia procedendo per il meglio ma, poi, levati di nuovo da lì. Vai a farti i cavoli tuoi. L’Universo sa gestire benissimo da solo questa situazione che gli hai donato.

NON DIRLO IN GIRO

Infine, permettimi di darti un ultimo consiglio.

A meno che tu non abbia a che fare con persone veramente capaci nella Legge dell’Attrazione, ti consiglio di non svelare troppo agli altri il tuo desiderio. Nemmeno alle persone che ami. La mia non è scaramanzia ma è qualcosa di più grande e potente. Purtroppo, inconsapevolmente, anche gli altri, pur volendoti bene, possono inquinare il tuo sogno. La loro potrebbe essere una legittima preoccupazione, oppure paura nei tuoi confronti. Per loro questo si chiama amore ma, in realtà, stanno mettendo limiti alla realizzazione del tuo desiderio sporcandolo con le loro emozioni negative. Per questo ti converrebbe tenerlo per te.

Non sei l’unico ad avere potere. Anche gli altri ne hanno. In realtà nessuno potrebbe sporcare il tuo sogno ma il problema risiede nel fatto che tu, non vivendo come spirito e completamente padrone di te stesso, permetti alla tua mente, senza accorgertene, di dar retta e peso alle loro parole. Per evitare tutto questo lavora da solo. Avrai tempo dopo di dire agli altri della tua splendida realizzazione.

Prosit!

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I Sogni sono Desideri oppure Obiettivi?

Tante volte ho parlato di azione piuttosto che del rimanere fermi a sperare. Azione, da agire, vuol dire fare, eseguire e, dall’altro canto, ottenere. Sperare invece significa desiderare ma non attiva nessun tipo di prospetto al muoversi. Rimanere in attesa che la data cosa avvenga. Ha un che di meraviglioso l’attesa, come spesso ho detto, ha un fascino tutto suo che bisognerebbe assaporare molto, molto più di quello che facciamo, in questa vita che viviamo, dove, di attendere, non se ne ha il tempo. Oggi però ho sentito una bella frase. Parlava di sogni.

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Parlava della base dei sogni, del loro inizio, del loro concepimento. E si, perché si fa presto a dire sognare ma sognare che? Sognare cosa? Una bella donna? Una famiglia? Una vincita al Superenalotto? No, non in quel senso. La frase era la seguente – sognare è una premessa intelligente -. Sembra una citazione semplicissima, se vogliamo anche puerile, insomma, chi l’ha detta non ha certo scoperto l’acqua calda. Però no, fermiamoci un attimo a pensare seriamente. Guardiamoci intorno. Tutto quello che vediamo, tutto quello che conosciamo, è nato da un sogno. Tutto ciò che adesso è materiale, è innovativo, è concreto, è nato prima sotto forma di sogno. Persino la sedia dove sei seduto ora. O forse è un letto, oppure il sedile di un treno.

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Se non fosse stato per un sogno non ci sarebbe. Avresti continuato a sederti su dei massi o sopra a dei tronchi. O per terra. Sognare infatti non vuol dire sperare anche se i due termini possono sembrare simili e nonostante non ci sia, in ambedue i casi, azioni in movimenti fruttiferi. Ma, al contrario della speranza, la quale par sobbarcare di lavoro gli altri (chi non si sa), il sogno, realizza. Sognare è un verbo che rappresenta un’ampiezza indefinita di argomenti.

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Possiamo sognare qualsiasi cosa davvero, persino di andare a giocare, volando con le nostre stesse braccia, su un altro pianeta con un dinosauro. Ovviamente impossibile. Ma forse, forse anche pensare di comunicare con qualcun altro senza averlo vicino era ritenuto impossibile fino al 1850 poi, grazie ad Alexander Bell o Meucci o Manzetti (che se ne litigano l’invenzione ma poco importa, sempre di essere umano con una mente e delle emozioni si tratta) che ha realizzato il telefono, si è potuto fare. E cos’ha spinto questo individuo ad inventare il telefono? Un’ambizione, la voglia di creare qualcosa di grande… cioè, un sogno. Un’idea che è diventata realtà. E non c’è alcuna differenza tra lui e te. Non ci sono differenze tra Bill Gates e te. O tra Alessandro Volta e te. O John Pemberton e te. L’unica differenza risiede nell’istruzione. Loro potevano o possono essere medici, scienziati, fisici, matematici, archeologi. Ma non tutti i sogni richiedono istruzione o cultura in una determinata materia. E non tutti i sogni richiedono denaro per essere realizzati se è a questo che stai pensando. Io penso che i sogni richiedano prevalentemente coraggio.

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Più di ogni altra cosa. Bisogna mettersi in gioco per rendere concreto un sogno. Bisogna permettersi di sbagliare (che sul termine “sbagliare” ci sarebbe da fare tutto un discorso). L’apatia, il rimanere fermi, immobili, non crea assolutamente nulla. La vita stessa funziona grazie ad un continuo e perpetuo movimento di elettroni. Metamorfosi della materia. L’immobilità è prodotta dalla morte. Dalla morte di qualcosa. Il movimento genera la vita. Genera energia. Il coraggio induce a muoversi. A fare. E lo stesso coraggio ci vuole anche per iniziare a sognare ancor prima di dare concretezza al determinato sogno.

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Io credo proprio di si perché, fin dal momento stesso in cui s’inizia a visualizzare il nostro miraggio, ecco che alcune emozioni s’impossessano di noi. Sono emozioni che parlano che si mostrano in maniera tangibile. Alcune ci gridano – Ma tanto è impossibile! -, altre ci consigliano – Ma come fai? Dovresti rinunciare a questo, questo e questo… – altre ancora invece, senza dire assolutamente nulla, ci stringono lo stomaco in una morsa veramente poco simpatica nonostante la visione, che stiamo ammirando con gli occhi lucidi, ci piaccia parecchio. Il cuore scalpita fremente ma lo stomaco, gonfiandosi fisiologicamente, cerca di bloccarlo e come se non bastasse, ci si mettono anche i polmoni che, trattenendo l’aria senza più far fluire la vita serenamente, sopprimono il nostro entusiasmo. Sensazioni che durano pochi attimi ma danno fastidio. Che spalancano le porte e ci mostrano senza pietà tutti i sensi di colpa ai quali andremmo incontro. All’improvviso potremmo vedere tutte le persone che amiamo soffrire per la nostra scelta, soffrire perché noi abbiamo avverato il nostro sogno e allora, sospiriamo, chiudiamo gli occhi, scacciamo quel pensiero, caliamo il sipario sulla visione e…. Ah! Che bello, come si sta bene ora che non dobbiamo più pensare a tutte queste tragedie alle quali stavamo dando vita! Ieri ho incontrato due donne. Una è una mia carissima amica, l’altra è per me solo una conoscente. Tra loro hanno un rapporto molto stretto, sono come due sorelle. Hanno tutte e due una cinquantina d’anni.

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La prima, la mia amica G., che viveva in tutt’altra provincia, da quattro anni si è trasferita vicino a casa mia. Lo ha fatto per seguire il grande amore. Ha lasciato i figli (ormai adulti, i quali hanno preferito non seguirla ma che lei vede con regolarità e sente tutte le sere), ha lasciato il lavoro (e ora ne ha trovato uno peggiore confronto al precedente ma che importa), ha lasciato una casa nella quale aveva un ottimo rapporto con il proprietario, a lasciato gli amici con i quali era cresciuta e ha mollato praticamente tutto. A 46 anni. Ha fatto tutto questo per un uomo, un uomo che ogni giorno la rende felice, che non le fa mancare nulla e oggi, dice che rifarebbe la stessa cosa. Il tutto dopo aver vissuto due lunghe storie sentimentali che di sentimentale avevano davvero ben poco. Giochi d’azzardo, alcool, abbandoni, malattie, insomma, non erano certo buoni propositi che potevano concedere spazio a nuovi sogni. Si è rimessa in gioco, ha preso il coraggio a due mani. Sei mesi fa si è sposata e ora, ha sempre il sorriso stampato in faccia. La sua amica M. invece, non ci crederete, ma fa l’amante da ben 12 anni con lo stesso uomo. Non voglio giudicare e nemmeno considerare l’attività di amante, bensì la sua condizione perché non è un’amante felice. E’ una donna che piange tutte le sere, è una donna che passa le giornate a sperare, che sta rinunciando a quello che davvero vorrebbe, che sogna ma, dopo pochi secondi, come dicevo prima, lascia cadere su quei sogni il triste sipario. Perché ha paura di rimanere da sola, ha paura di lasciare il suo paese, ha paura di rimettersi in gioco, ha paura, paura, paura. L’antagonista della paura è appunto il coraggio. E persone come lei ce ne sono tantissime purtroppo. La prima, G., sognava un uomo che la facesse sentire come tutte le donne/compagne dovrebbero sentirsi e l’ha trovato, la seconda M., sogna un uomo che la faccia sentire come tutte le donne/compagne dovrebbero sentirsi e non l’ha trovato. G. ha sognato e poi si è messa in azione. M. ha sognato e poi si è messa a sperare. Quando G. pensava ai suoi figli si diceva: “Bhè, son grandi ora, hanno un lavoro, una loro famiglia, potrebbero anche venir con me volendo o comunque potremmo vederci, esistono le strade, i veicoli!”. Quando M. pensa ai suoi figli dice: “E come faccio? E se poi hanno bisogno? E chissà quando li vedo…”. Una era propositiva e costruttiva, l’altra l’esatto contrario. Non c’è quella meglio o quella peggio. Non c’è egoismo o vittimismo. Sono pensieri propri, valutati e ponderati entrambi. Si potrebbero dire mille cose a riguardo ma, il tema di oggi, è la realizzazione dei nostri sogni. E’ la felicità che potremmo costruirci, anche solo in parte, ma non lo facciamo per una serie di doveri morali o quant’altro. Per una serie di paure. C’è gente che nemmeno si concede di sognare mentre, già solo questo atto permetterebbe di aprire la via ad un futuro migliore, permetterebbe al fluido della serenità di passare in modo scorrevole dentro l’anima. Sognare ha un potere grandissimo. E non bisogna arrendersi a causa di nemici, doveri, pressioni, ostacoli. Altrimenti, che sogno sarebbe? Si sogna proprio quello che sembra impossibile ottenere!

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Individua la tua meta e osservala come scopo. Senza mancare di rispetto a nessuno ma non guardare altro, punta fisso quel traguardo. E raggiungilo. Mettici impegno e voglia. Spesso si hanno sogni verso i quali bisogna studiare, o fare, affinchè si avverino. Ma la pigrizia ci lega mani e stimoli allorché rimandiamo. Rimandiamo o rinunciamo. Siamo noi stessi a limitarci. Questo è un altro importante punto a causa del quale non si avverano i nostri sogni. Chiunque può dimagrire ad esempio (senza toccare il tasto delle patologie) ma questo comporta lavorare sodo. Io sono sicura che di dieci sogni nel cassetto, aggiungendo a loro il coraggio, l’impegno e la voglia, almeno otto si realizzerebbero. Perché sognare non è sperare, è progettare. Per non contare che, nell’esatto momento in cui azioniamo un sogno, l’Universo ci viene subito in aiuto facendo il possibile affinchè si realizzi. Ma per questa particolare attività delle forze energetiche universali c’è già pronto un articolo a parte.

Prosit!

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Esprimi un desiderio…

Quando ero una bimbetta, e poi anche da ragazzina, avevo un sistema tutto mio per esprimere e chiedere all’Universo che si avverassero i miei desideri. Prendevo dei pezzetti di carta, ci scrivevo sopra la richiesta, e poi durante la stagione invernale buttavo il mio foglietto nella stufa oppure, ci davo fuoco, fuori sul terrazzo o in bagno nel lavandino, sotto l’occhio vigile di mamma fintanto che non divenni in grado di compiere questa operazione da sola.

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Non ero una piromane, avevo escogitato questo mezzo in quanto, mi dava l’idea che, quel mio desiderio, quelle mie parole scritte, trasformatesi in fumo, salivano verso il cielo andandosi a mescolare con tutte le più piccole particelle universali e quindi, per forza di cose (ci aggiungevo anche una componente altamente scientifica), sarebbero diventate un tutt’uno con loro e “ascoltate”. E quindi apprese.

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Erano per me i tempi di Guccini e della triste ma bellissima “Auschwitz” in quando adoravo ascoltare mio padre che suonava e cantava le canzoni di uno dei suoi cantautori preferiti. Non riuscivo ancora a comprendere del tutto il truce e crudele messaggio di quella poesia ma, alcuni versi, mi rimanevano stampati nella testa creando un senso ben preciso nella mia mente: passato per il camino e adesso sono nel vento….. è strano non riesco ancora a sorridere qui nel vento….. eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento….. e ancora ci porta il vento….. Ma certo! Quelle povere anime ora non erano più carne e ossa ma, comunque, stavano continuando a vivere! Nel vento. Non sorridevano, ma erano a milioni… in quel vento. C’erano. La stessa cosa sarebbe accaduta ai miei desideri. Avrebbero continuato ad esistere. Non capivo ancora la precedente sofferenza di quelle persone, non conoscevo i forni e le camere a gas, mi si perdoni quindi quello che può essere preso come uno stupido paragone ma così non è. Era il ragionamento di una bimba. Erano persone decedute per un semplice processo naturale e passavano per il camino perché così faceva anche Babbo Natale. Quel camino, alias fumo per me, era come una porta d’accesso ad un’ambiente sconosciuto e misterioso che, solo avendo determinate caratteristiche, si poteva conoscere. Fatto sta, come spiegavo poc’anzi, io scrivevo, scrivevo e bruciavo, e bruciavo.

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La cosa bella era che i miei desideri, la maggior parte delle volte (non proprio sempre e poi vi spiegherò il perché)… si esaudivano! Dapprima iniziai con richieste infantili e umili. Un giochino, fare pace con la mamma che avevo fatto arrabbiare, poter andare nel lettone dei genitori per addormentarmi, il panino con la Nutella che in casa mia era solo un miraggio… (tanto mamma oggi sa che la penso come lei) etc, etc… Poi, cresciutella, iniziarono le richieste, ad essere dedicate ai ragazzini carini che mi piacevano un sacco e alla scuola, contro le possibili interrogazioni a sorpresa dalle quali potevo essere colpita a tradimento con quel maledettissimo metodo del – Tiriamo a sorte ragazzi! -.

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Non amavo passare le ore sui libri e detestavo la matematica che oggi invece apprezzo e m’incuriosisce molto quindi, date tempo ai vostri figli. Ero la classica ragazza “intelligente che non si applica”. Non sono mai stata una secchiona ma me la sono sempre cavata bene. Forse… anche grazie ai miei bigliettini di carta. Vedete, oggi, so benissimo che il foglietto in realtà non c’entrava nulla. A far accadere ciò che richiedevo, tramite una specie di legge di attrazione, era semplicemente l’energia e, soprattutto, la veridicità che io sentivo per quella mia azione. Per me era un vero rito. M’impegnavo a scrivere quelle parole e mi impegnavo poi a dar loro fuoco. Non era una cosa così, tanto per fare.

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Le bruciavo con la mia pancia, con il mio cuore e le buttavo sulla carta piene d’emozione. Più di una preghiera. Avevo la pelle d’oca, le farfalle nello stomaco. Poi ringraziavo, guardando le fiamme, e accompagnavo con dolci parole quel fumo grigio che iniziava a salire attorcigliandosi su se stesso e formando piccoli arabeschi azzurrognoli nell’aria. L’odore di bruciato mi entrava nelle narici e, curioso, andava fin dentro ai polmoni. Quelle scritte erano anche dentro di me oltre che fuori. Un tutt’uno vero e proprio. Oggi scrivo ancora, a modo mio, e ancora ascolto Auschwitz a modo mio, ma non brucio più nulla. Ho capito che basta emozionarsi. Esattamente. Se una cosa viene richiesta con l’emozione si avvera. Non con la voce, non con la penna, non con il pensiero… con l’emozione. Non è che si avvera…, è che siamo noi stessi ad innescare il meccanismo di creazione della cosa che stiamo dicendo. DICENDO e non CHIEDENDO. Essa inizierà, in un modo o nell’altro a prendere vita ma, solo ed esclusivamente attraverso l’emozione. Ma esiste un però, ossia che: l’Universo potrebbe non darci subito ciò che vogliamo. Prima ci darà ciò di cui abbiamo bisogno per arrivare poi ad ottenere ciò che desideriamo. Mi spiego meglio in quanto può sembrare un paradosso. Se io esprimo il desiderio di poter avere tanti soldi (con l’emozione!), immediatamente le forze universali si muoveranno per portarmi quello che voglio. Gira, gira, in un modo o nell’altro, prima o poi riuscirò ad averli ma, quei soldi, non compariranno davanti a me con un “Puff!” all’improvviso, come si vede nei cartoni animati. L’Universo prima mi sottoporrà ad una specie di esame senza che nemmeno io me ne possa rendere conto. Potrà addirittura capitare che io perda il portafogli. Ma come? Proprio adesso che avevo chiesto più soldi, perdo anche quei pochi che avevo in tasca? Si. Si perché l’Universo non vuole che io abbia dei bisogni. Se io sento un “bisogno” significa che non mi considero energia divina e universale in quanto, se così fosse, non avrei bisogno proprio di nulla! L’Universo allora prima farà si che io elimini il bisogno che sento dentro di me, dopodichè mi arriveranno automaticamente i soldi che volevo. Arriveranno perché non devo soddisfare un bisogno. Li voglio e basta. L’Universo non è buonista e se non riusciamo a capire questo passaggio, i soldi non arriveranno o meglio, arriveranno ma non li potremmo avere. Ci hanno insegnato a chiedere quando avevamo bisogno e non a chiedere solo per il gusto di chiedere. Saremmo passati per egoisti, maleducati e pretenziosi. Avremmo dovuto invece supplicare e inginocchiarci anche solo per poter sfamare un figlio. Ma l’Universo non ragiona così. Perché prima vi ho detto che alcuni desideri non mi si avveravano? Perché li chiedevo con la paura! Sprigionando un timore. Parliamo delle famose interrogazioni a sorpresa. Io non chiedevo (ai tempi ero giovincella e quindi “chiedevo” non “dicevo”), perché semplicemente non volevo essere interrogata, io lo chiedevo perché non avevo studiato e avevo paura della professoressa e avevo paura del suo voto e di conseguenza della reazione dei miei genitori, castighi e via discorrendo. Tutte ansie e catastrofi dentro di me che dovevo eliminare! Al di là dello studiare o non studiare una lezione. L’Universo voleva che io vivessi serenamente senza timori. Uno spirito libero e divino. “Che soldi, che interrogazioni, che sgridate….! Nel mio mondo non esistono queste cose”, dice l’Universo. Nel nostro invece si, ma grazie all’emozione potremmo vivere in modo diverso. L’emozione… quella deve rimanere inviolata, ed essere come vuole lui. L’emozione non può togliercela nessuno, hanno forse provato a spegnerla, ma c’è. Capitava così che, l’indomani, come una sorta di punizione, mi sentivo dire tra il vociare e il sospirare dei miei compagni di classe – Meg… interrogata -. Porca miseria! Il mio rito non aveva funzionato. Aveva funzionato benissimo invece e l’Universo mi aveva ascoltata. “Bene”, mi diceva “non vuoi essere interrogata domani? Perché? Perché hai paura? E allora ciò che riceverai da me sarà paura”. L’esaudirsi ossia, di ciò che hai espresso. Non perché egli sia vendicativo, semplicemente mi stava dando ciò che io avevo emanato. Un riflesso. Quando invece chiedevo le cose con gioia, ricevevo gioia e la gioia mi permetteva di prendere di conseguenza tutto ciò che volevo. Bisogna abbandonare il bisogno, scusate il gioco di parole, se vogliamo che si avveri la nostra affermazione. Senza il bisogno, rimane lo spazio per la Meraviglia.

Prosit!

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