Anche nella Morte esiste la meraviglia – Grazie Mamma

IL POSTULATO DI LAVOISIER  

La morte ha tanti profili, tante facce, tanti atteggiamenti… è, di per sé una trasformazione, per chi, come me, crede che “nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma”. Che poi, non è neanche tanto un “credere” se di scienza si vuole parlare. Ho appena citato infatti un postulato di Lavoisier – la Legge della Conservazione della Massa. Sul “nulla si crea…” ci si riferisce, ovviamente, alla dimensione materiale.

La morte ha tanti profili, tante facce, tanti atteggiamenti… sta a noi decidere quale guardare. Tutti i suoi volti sono nitidi e si mostrano a noi divampando, ognuno nella sua espressione, senza chiedere permesso, come bombe infuocate. Ma, a parte il primo momento in cui restiamo inermi davanti al viso più apparente, pian piano possiamo iniziare a scorgere altri suoi lati, vederla come una figura dalle molteplici teste e guardare, negli occhi, lo sguardo per noi più rigenerante. Perché abbiamo bisogno di rigenerarci dalla morte e perché esiste rigenerazione nella morte.

ALL’IMPROVVISO

Non si può mai definire una giornata come “una giornata qualunque”. Ogni giornata è colma dei suoi avvenimenti, delle emozioni che regala, delle situazioni che ci fa vivere e non esiste un giorno uguale all’altro ma, quella sera, mi sembrava proprio una sera qualunque, come tante altre.

Non fu così. Quella sera, mia mamma, decise di abbandonare il suo percorso terreno per inoltrarsi verso altre dimensioni. Fui io a scoprire il sonno eterno del suo corpo e tutto ciò fu per me destabilizzante e traumatico all’inizio, anche perché non era malata ed era giovane.

Gli strumenti e le conoscenze che possiedo, i quali mi permettono probabilmente di soffrire meno rispetto alla maggior parte delle persone colpite da avvenimenti così tragici, non si sono manifestati nell’immediatezza e quindi, la sofferenza, i primi giorni, è stata forte. Non vedevo e non provavo altro che quello. Sofferenza. Quello che ho potuto fare di buono è stato: ACCETTARLA. Mi sono lasciata coinvolgere e abbracciare da lei totalmente.

Perdizione, destabilizzazione, malinconia, stanchezza, tristezza, angoscia, beh… penso che tu possa capire. E trovo giusto vivere il dolore fino in fondo, lasciandoci attraversare da esso, nonostante possa sembrare una lama impietosa. Poi, lentamente, si sono fatti strada tutti i miei saperi, le mie forze, le mie doti, le mie competenze… tutto quello che poteva farmi del bene.

Ho iniziato a percepire più chiaramente tutto. Quel tutto.

Nonostante la vista costantemente appannata dal ricordo quotidiano di mamma dormiente, il mio cuore si è rilassato, ho deciso di aprirlo e, grazie a questo, ho potuto “vedere”. Ho potuto vedere qualcosa di meraviglioso.

APRIRE IL CUORE

Aprire il cuore significa – abbandonarsi – permettendo a tutto di entrare e di uscire. Permettendo alla parte più profonda di noi di fluire assieme all’armonia universale, la quale regna costantemente, al di là di quello che può succedere a noi nella materia. Significa, nella completa accettazione – Sia fatta la tua volontà – e, chi mi conosce sa cosa intendo non appartenendo a nessuna religione. Sì. Accettare che la Sorgente Madre sappia meglio di noi cosa occorre fare e cosa no. Lei conosce meglio di noi il cammino di un’Anima.

Ho visto un volto della morte che mai avevo osservato, o meglio, mai così limpido. Sono rimasta di stucco quando mi sono resa conto che gli altri non lo vedevano, lasciandosi sopraffare dal dolore della mancanza di mamma. Parlo di cari amici e parenti. Non tutti ma parecchi. Per questo ho deciso di scrivere queste parole. Quando ho provato a far vedere loro, lo stesso viso che vedevo io, si sono sentiti un po’ più sereni. Era come se mamma non fosse morta invano…

Focalizzandosi su quella parte così luminosa ci si distoglieva dall’angoscia di quell’assenza.

Non è forse l’educare le sinapsi che ci rende tristi o felici? Non serve cancellare determinate arcaiche memorie. Serve affiancare a loro il lato più bello.

E’ proprio vero che nella morte c’è tanta vita…. D’altronde, è anche vero che una cosa viva non può morire.

E’ bastata una telefonata soltanto. Una sola. Poi, a domino, si è svolto tutto il resto. In men che non si dica avevo accanto tutte le persone a me più care ma ancora non sapevo che non se ne sarebbero più andate e sarebbero restate con me fino all’ultimo, fino in fondo, facendosi carico di tutto, al mio posto, e facendosi carico anche del mio dolore.

I miracoli avvenivano uno dopo l’altro. Persone che non erano in grado di friggere un uovo ora sono diventati semi cuochi e hanno scoperto che far da mangiare gli piace anche. Persone che avevano paura di guidare hanno guardato in faccia il loro demone dicendogli – Fatti da parte, Meg è più importante adesso -. Persone che sento raramente mi scrivevano o mi chiamavano di continuo, senza mai dimenticarsi di me. E stanno continuando a farlo.

Ricevere un pacco di biscotti è stato come ricevere un diamante. Perché così “mangiavo”, che altrimenti “deperivo” e non volevano. Quelle piccole e umili cose che diventano così preziose. Chi lavorava tutto il giorno e alla sera veniva da me. Si davano il cambio, come a fare dei turni. Finchè il secondo non arrivava, il primo non se ne andava. In rispettoso silenzio senza ch’io neanche me ne accorgessi.

Quando mamma la portarono via avevo chi mi teneva i capelli, chi le mani, chi era inginocchiato davanti a me col suo viso sulle mie gambe, tutti pronti a cogliermi, a dimezzarmi il male.

Persone con le quali avevo discusso e da tempo non parlavo, hanno messo via il loro orgoglio pur di farmi sentire la loro vicinanza. C’è stato chi mi ha accompagnato in montagna, per portarmi nei luoghi che più amo, pur avendo male ad un ginocchio. Chi mi ha accompagnato a svolgere le mansioni noiose e burocratiche post mortem. Chi mi ha fatto trovare il luogo di lavoro tutto in ordine, nuovo, perfetto.

Persone che neanche conoscevo mi scrivevano messaggi che non erano i classici messaggi di circostanza, erano strani… profondi, sentiti, pieni d’amore, dettati da parole meravigliose. Alcuni si sono presentati, ho conosciuto gente nuova pronta a darmi una mano, come se l’Universo mi avesse messo a disposizione Tizio che svolgeva quella determinata professione e Caio che “guarda caso” era uno storico e da tempo mi servivano informazioni su alcune mie ricerche.

Persone con le quali per strada ci salutiamo appena hanno mostrato una dolcezza infinita nei miei confronti. Altri hanno imparato a usare gli elettrodomestici di mamma pur di lasciarmi stare e fare tutto loro.

Mio padre le ha fatto la notte, nonostante fossero separati da trent’anni e il suo volto era carico di con-passione, mio figlio che non ha pianto davanti a me per non farmi tornare le lacrime…. i miei amatissimi allievi hanno fatto una colletta perché, neanche nella materia doveva pesarmi, nel caso, come spesa, la morte di mamma.

Ma riesci a vedere quanta fulgida bellezza c’è in tutto questo? Quanto amore è uscito?

OSSERVA LA BELLEZZA NON BANALE

La mia amica sempre molto timida, introversa e silenziosa, si è trasformata in una fraulein e dava disposizioni a tutto andare, ancora oggi mi dice – Ma perché non mi sono svegliata prima? E’ una figata essere così! -. Un lupo travestito d’agnello e quel lupo è uscito. Io la guardo e sorrido. Se un tempo dovevo chiederle un favore tre volte, ora è arrivata a fare cose che se mai me l’avessero detto avrei risposto – Ok, ma non contate su di lei! Non lo farà mai! -.

Io sono meno pigra, amo fare cose che prima detestavo. Mio zio vuole credere che mamma probabilmente “serviva” ad altri e non dobbiamo essere egoisti di volerla sempre con noi. Se credi che questo sia banale è perché non conosci mio zio. Quando l’ho sentito pronunciare queste parole mi son chiesta se fosse lui davvero o stavo sognando.

Chi aveva paura del Covid si è tolto la mascherina e ha mischiato le sue lacrime alle mie. In quel momento, la comunione era più forte di tutto, anche del timore, e la comunione è una delle figlie dell’Amore. La vicina di casa che non è in grado di sopportare neanche la vista di un animale ferito, figuriamoci un morto, mi ha accarezzato la schiena per tutto il tempo mentre io restavo abbarbicata a mamma.

Hanno rinunciato alle loro abitudini, ai loro mostri, ai loro schemi, alle loro fissazioni, alle loro paure…. per me. Hanno inventato, creato, eseguito cose che mai avevano fatto e l’hanno fatto per me. Hanno modificato la loro vita e oggi c’è chi non vuole tornare indietro e l’hanno fatto per me. Come si può non vedere tanta bellezza?

Mi hanno protetta, difesa, coccolata, aiutata in tutti i modi possibili, ognuno alla sua maniera. Hanno tirato fuori doti che neanche sapevano di avere, sono stati dei Guaritori eccezionali. E lo sono ancora.

E questo è il bello. Tutto ciò non è durato solo tre giorni. Questi semi sono stati nutriti e hanno germogliato e da quei germogli sono nate piante grandi, robuste, meravigliose che ora è difficile far morire. Da cosa nasce cosa e… spargendo l’Amore, questo non può che moltiplicarsi.

Sono stati la mia luce, hanno illuminato il momento più buio della mia vita e lo hanno fatto davvero, la mia non è retorica. Lo sento costante quell’abbraccio caldo che mi avvolge a tutte le ore del giorno e della notte.

Sconosciuti che mi dicevano – Ti voglio bene Meg – o addirittura – Grazie per i tuoi insegnamenti -… Insegnamenti? Non ho fatto nulla! Eppure loro hanno percepito, evidentemente, la ricchezza che ho colto io e che volevo vedessero.

Il giorno che la bara è uscita da casa gliel’ho detto. Eravamo in diversi. Anche chi non voleva esserci c’è stato. E’ stato emozionante vedere alcuni andare via, convinti di non poter resistere a quella scena, e poi invece tornare perché “dovevano” essere lì. Ho chiesto loro – Vi state rendendo conto della meraviglia che c’è in questo momento? -. Era vero. Un profondo affetto, una compassione comune ci stava unendo in un qualcosa di indescrivibile.

Mentre mamma ci salutava stava anche aprendo la porta dell’Amore e questo stava entrando con tutta la sua sana prepotenza.

IL RIUSCIRE

Mamma è riuscita dove nessun’altra situazione nella mia vita ce l’aveva fatta. E siamo riusciti a sorridere, a provare anche gioia, proprio come lei avrebbe voluto. Dovrei forse non osservare tutto questo e pensare soltanto “Ah si ok è morta” e giù a piangere? Dovrei davvero reagire in questo banale e squallido modo davanti a tutta questa ricchezza? Portare dentro di me il dolore del lutto per mesi e anni? Senza da questo far germogliare nulla di buono?

Era lì con me anche chi vive a parecchi chilometri di distanza. Il mio cellulare era infuocato. Ogni via di comunicazione (di questi tempi) disponibile era intasata: FaceBook, Messenger, Instagram, Whatsapp… qualsiasi…

Mamma mi ha lasciato il suo lavoro. Un lavoro che forse mai mi sarei decisa a proseguire. Il timore mi bloccava, l’accidia mi faceva procrastinare. Se non fosse accaduto questo, io e la mia socia saremo ancora lì a girarci i pollici piene di punti interrogativi senza mai sbocciare.

Il più bel regalo che poteva farmi me lo ha lasciato lì, da cogliere con rispetto e devozione.

Forse tutto quello che ho scritto può sembrare sciocco e ovvio ma ho voluto sottolinearlo perché molto spesso non lo si guarda e invece aiuta, devi credermi. Aiuta se lo si vive intensamente, se fai di tutto per diventare tu quella bellezza. Si pensa soltanto al malessere. Ci si lascia prendere dallo sconforto senza notare nient’altro, attendendo che il tempo faccia il suo corso e diventi taumaturgico. E’ umano, ci mancherebbe, ma io voglio pensare che la Grande Energia, dalla quale discendiamo, ci dia sempre i mezzi per affrontare ogni cosa. Il problema è che parla un’altra lingua e i suoi messaggi a noi risultano difficili da tradurre. Nulla arriva invano. Noi, con la nostra mente ristretta, ci crucciamo nel male ma non capiamo che, a volte, abbiamo tra le mani un tesoro. Un tesoro che abbiamo pagato a caro prezzo ma deve per forza valere qualcosa.

Non voglio offenderti ma finchè continuerai a considerare quello che ho scritto – roba di poco conto – purtroppo, sarà – roba di poco – conto che riceverai. Finchè non imparerai a nutrire questi semi, essi non potranno mai fiorire.

Da quel giorno si è aperta una nuova vita per me. Una ruota che continua a girare nel bene e nel benessere. Che continua a raccogliere sempre più acqua, acqua sacra, e mi rende felice.

NESSUNA MORTE E’ VANA

Mi rende felice perché ho fatto di tutto per proiettarmi nella gioia. Ho arrancato dapprima, con le unghie e con i denti. Ho cucito il cuore, mi sono scorticata ma lì volevo andare. E quel tesoro oggi lo abbraccio. Non permetterò che mamma sia andata via per il nulla, anche se solo con il corpo. Guai. Già la sento che mi urla – Cosa???!!! Ho fatto tutto ‘sto popo’ di roba e tu non vedi niente???!!! -. Proprio così. Queste sarebbero state le sue parole.

Mamma mi manca. Mi manca vederla ridere. Mi mancano le sue carezze. Mi manca il suo risolvere prontamente ogni mio problema. Mi manca prenderla in giro. Mi manca il suo odore. Il suo pigiama lo sniffo come una cocainomane, ancora oggi, a tre mesi dalla sua scomparsa. Ma per il grande amore che provo per lei la lascio andare e le prometto che sarà terra fertile per nuove bellezze. Perché le bellezze di quei giorni dovranno persistere.

Ancora oggi mi trovo a piangere con il suo ricordo in mano. Ancora oggi la malinconia a volte bussa alla mia porta. Le apro, verso due bicchieri di vino, l’ascolto e le dico che può tornare quando vuole. Perché tanto è sempre e comunque con la gioia che l’accolgo.

Mamma se n’è andata lasciandomi uno scopo. Sarà il mio obiettivo e lo porterò a termine. In quello scopo c’è il mio Talento e, il Talento, che ognuno di noi ha, è – La Parola di Dio -. Della Divinità che ci nutre.

Mamma, andandosene, mi ha insegnato che posso cavarmela da sola, che non devo dipendere da nessuno, mi ha donato il coraggio e la fiducia in me stessa. Mi ha regalato un nuovo modo di guardare le cose. Per questo e per molto altro, gliene sarò grata in eterno.

Noi esseri umani siamo belli. Dio quanto siamo belli! E non lo sappiamo, non lo crediamo, non ce ne accorgiamo ma siamo davvero divini. Voglio che questa divinità fuoriesca sempre da noi. Farò il possibile perché questo accada.

Che questa morte sia l’alba di una nuova vita. Meravigliosa.

Grazie Mamma.

Prosit.

Ecco perché l’entusiasmo è nell’andare e non nell’arrivare

Una delle mie più grandi passioni, oltre a quella di scrivere, è scoprire le bellezze della montagna. Amo l’escursionismo e amo conoscere la lingua che la montagna parla attraverso le sue manifestazioni: piante, fiori, situazioni, animali selvatici, i loro versi, mutamenti del clima e del paesaggio…

Ho sempre sentito grandi maestri spirituali pronunciare la frase – Non è importante la meta ma il cammino – e sono d’accordo con loro ma vi posso assicurare che se non si vive questa sensazione anche in modo pratico e tangibile, sentendola sulla propria pelle, non se ne percepisce la profondità.

Come percorso si intende l’elevazione della propria persona, l’avvicinamento al divino, laddove, “essere divino” significa possedere in sé la potenzialità della totale gioia anche se la mente, con i suoi schemi e i suoi inganni, tende ad impedircelo. Possedere il seme dell’Entusiasmo ( en thèos dal greco – con Dio dentro).

Questo percorso alchemico, però, lo si può paragonare anche ad un qualsiasi cammino che, fisicamente, intraprendiamo e forse ne possiamo comprendere meglio il senso.

In un percorso spirituale verso la propria illuminazione si vivono gioie e dolori ma, sopra ogni cosa, si vive tanta fatica e tanta tenacia scoprendosi a volte più forti e più determinati di quello che si credeva essere (questo è già un argomento principale che l’arrivo non regala).

Si è più propensi a dire che l’arrivo, la meta, sia il vero punto magico, quello dell’estasi, quello del riposo, quello del – Sono arrivato, ho ottenuto ciò che volevo e ora non devo fare più nulla -. Non è così. È sicuramente una tappa fondamentale, sacra e da onorare.

Ora i daimon sono angelus e tu propaghi magia. Vivi nella luce ma se ti soffermi un attimo a pensare a dove realmente eri vivo e a quanto amore c’era è stato sicuramente nel viaggio. Innanzi tutto non si “arriva” mai ma non è solo questo.

Camminando per un sentiero non ci sono solo eventi meravigliosi, così come non ci sono eventi meravigliosi nel vivere una trasmutazione alchemica verso il Sé Superior. Il tutto è intriso di emozioni ma non soltanto positive.

Secondo l’escursione, o il trekking che si effettua, possono esserci: stanchezza, piedi dolenti, vesciche, spaventi, rischi, cadute, tutte cose che sottolineano il sacrificio.

Al contrario, però, ci sono anche tante cose stupende come: l’attesa, la sorpresa, il paesaggio, i colori, il mutamento della natura, gli spazi senza fine, il senso di libertà, i suoni, l’avvenimento creato da quel determinato animale, etc…

Metti la maglia che fa freddo, togli la maglia che fa caldo, indossa l’impermeabile che piove, metti il cappello che è uscito i sole! Continua a paragonare tutto questo ad un lavoro di trasmutazione alchemica.

Guarda quante cose ti trovi nel tuo bagaglio! Tutte cose vissute durante il viaggio. Quando arriverai sarà il viaggio a persistere nel tuo cuore. Sarà lui il tuo ricordo più forte. Sarà lui che racconterai. L’arrivo è lo “stop”. La fine. Il viaggio è tutto un susseguirsi di – Chissà cosa accade ora? Cosa vivrò? Oh! Guarda! E lasciati raccontare quanta fatica sto facendo -.

Hai presente quando hai tanta voglia di ottenere un qualcosa? Quando poi la ottieni, l’hai ottenuta e basta. Ahimè, succede anche con le persone questo. Non è sbagliato volere una cosa e ottenerla, ci mancherebbe, ma il tafferuglio interno, della voglia e della speranza verso di lei, esiste solo quando la si brama.

Quando mi capita di raccontare a qualcuno quella mia particolare escursione domenicale racconto sempre il viaggio. Il punto d’arrivo è solo un dettaglio per spiegare dove mi sono recata ma le paure, le risa, lo stupore, l’emozione, la gioia, la preoccupazione… tutto questo si vive percorrendo.

L’arrivo ti dona soddisfazione. Che bello poter dire – Ce l’ho fatta! Sono stata brava! – ma perché ce l’ho fatta? Perché sono stata brava? Perché ho vissuto e, di conseguenza, superato: il viaggio.

Il cammino ti riempie. E non dimenticherai mai quei passi.

Con questo articolo mi preme anche farti capire che il viaggio, con tutte le sue difficoltà, non deve impedirti di andare avanti. Cerca se puoi di non lasciarti abbattere dalle angosce, dai timori e dai fastidi. Vai avanti.

L’arrivo, anche se è la meta finale, ti sta aspettando e credimi se ti dico che è bello.

Alcune immagini di questo articolo sono di Andrea Biondo appassionato fotografo di natura andreabiondo.wordpress.com

Prosit!

Animale Guida – Come si usa? E se è disgustoso? – parte 1°

BLEAH! CHE SCHIFO!

Perbacco quante cose che ho da dire in questo periodo! Anche stavolta dovrò dividere l’articolo in due o diventerebbe troppo lungo. E poi, vuoi mettere la suspense dell’attesa nell’aspettare la seconda parte? Vabbè… scherzavo, veniamo a noi. Il titolo del post è chiaro soprattutto verso la sua parte finale: il tuo Animale Guida non è per forza il tuo animale preferito. Partiamo da lì.

Può capitare che lo sia, che sia il tuo prediletto, e poi ti spiegherò perché, ma non sempre questa “coincidenza” accade e, spesso, quando si scopre che il proprio Animale Guida è il Topo, o il Maiale, o lo Stercoraro… si storce il naso con fastidio e disapprovazione auto-impedendosi così di ricevere, qualora servissero, i flussi energetici del determinato animale. Si pensa ad un “errore di calcolo”, quindi non lo si considera e ci si distacca da lui.

Questo lo reputo un male, in quanto, sottolinea la schiavitù di cui si è vittime nei confronti della nostra mente (uno dei temi basilari dell’articolo). Con questo post vorrei farti riflettere sulle tante cose che neghiamo a noi stessi perché non intendiamo guardare oltre, soffermandoci sull’estetica/simpatia/gradevolezza della vetrina che la società ci propone.

Ma andiamo con ordine; innanzi tutto cos’è, realmente, un Animale Totem? Se ne fa un gran parlare e un tanto scrivere, là, dove si vuole restare affascinati da un alone di esoterismo e sciamanesimo senza però prendersi la briga di addentrarsi profondamente nel discorso cogliendone ogni lato. Positivo o negativo che sia. Oggi, tutti, o quasi, hanno un Animale Guida come se fosse un brand  o una tendenza ma senza sapere cosa farne di tanta ricchezza.

INNANZI TUTTO, TU, COSA SEI?

Tutti gli animali, tutte le piante, tutti i minerali, ogni creazione e ogni manifestazione della natura ha delle caratteristiche che le appartengono. L’Essere Umano, la più grande manifestazione di Dio (inteso come ormai sapete ch’io intendo) essendo egli stesso Dio, possiede al suo interno tutte queste caratteristiche. Ogni Essere Umano compreso in Sé Superior, Coscienza Cristica, Spirito e Corpo ha in sé contenute tutte le qualità della natura in quanto lui È la natura.

Per moda, o maggior conoscenza, gli animali sono stati maggiormente presi come possibili scrigni di virtù in grado di servirci. Ovviamente anche perché risiedono un una dimensione superiore rispetto ai vegetali o ai minerali o agli elementi.

Per completare la bellezza infinita del creato, ogni animale possiede alcune doti e, l’animale definito Animale Guida, è quello caratterizzato dalle qualità che ti servono in quel momento. È infatti normale che questo animale può cambiare con l’andar del tuo tempo. Se oggi hai bisogno delle peculiarità della Tigre, dopo un po’ potrebbero servirti quelle del Lupo, o del Delfino, o del Cane, o del Corvo. Già a questo punto può nascere una sorta di tragedia, laddove ci si affeziona con attaccamento all’animale che ci conduce e non si accetta il prossimo. Anche questo è un limite della mente ed è pertanto sbagliato.

OGNI ANIMALE HA DOTI MERAVIGLIOSE

L’errore che si compie, come dicevo prima, è quello di non accettare come accompagnatore un animale che a noi non piace o consideriamo addirittura repellente. Non per essere banale ma, ogni animale, ha doti meravigliose. Sono quelle che occorre guardare e non il suo aspetto esteriore o il suo modo di vivere. Se in questo momento della tua vita (momento, o mese, o anno) hai bisogno di fare un salto quantico, probabilmente sarà la Cavalletta ad ispirarti. Se invece hai bisogno di scavare tra le macerie del tuo Io e trasmutare quell’immondizia in oro, allora potrà esserti d’aiuto la Mosca. Non soffermarti a quello che la società indica. Vai oltre. Ogni creazione è sacra e ogni animale ha delle abilità incredibili. Non dimenticarti, inoltre, che ti potrà capitare di averne due, di animali, contemporaneamente. Oppure, quello prediletto per il periodo della vita che stai vivendo, può, a sua volta, affiancarti o mostrarti un altro animale. Potrebbe infatti accadere che con uno sei particolarmente connesso a livello spirituale, la tua natura è simile alla sua, e può restare ad essere una parte di te, mentre un altro, o altri, ti “servono” come un fido braccio destro.

Spesso ti appaiono davanti nella vita reale, a volte insistentemente, fisicamente, disegnati, sognati, ma tu non badi a loro convinto che il tuo Animale Guida sia quello che più ti piace perché ci sei affezionato fin da bambino. Ma questo non vuol dire nulla anche se è vero che può nascere con esso un forte legame e, intrinsecamente, può nascere tra voi due una comunione che nessuno può slegare. Dovresti però comunque “usarlo” come va usato (che non vuol dire sfruttare).

NON E’ UN ANGELO CUSTODE

In pochi conoscono il metodo di come si possono utilizzare le forze di un Animale Guida e, in tanti, non ne conoscono le caratteristiche negative. L’Animale Guida diventa una specie di angelo, un essere magico che ci protegge con le sue virtù. Non è così. Non è lui a proteggerti. Sei tu che sarai in grado di proteggerti connettendoti a lui e usufruendo della sua capacità. L’Animale Guida, che io preferisco definire Animale Spirituale, non è da idolatrare. Abbiamo sempre ‘sto vizio di chiedere e pregare e idolatrare come facciamo con la statua della Madonna. L’Animale Guida è da onorare non idolatrare. È da usare! È pronto a concedersi a te. È lì per te. Come se fosse uno strumento.

Prendiamo ad esempio il Topo. Come Guida, il Topo, è anch’esso meraviglioso. È veloce, furbo, sa adattarsi ad ogni situazione, vuole osservare le cose da vicino e da ogni lato, è prudente, meticoloso, ordinato… hai forse bisogno di essere anche tu così per superare una fase della tua vita o per modificare un lato del tuo carattere che ti sta rovinando l’esistenza da quando sei nato? Forse devi mettere ordine nella tua confusione mentale, o devi essere meno istintivo e più cauto? Ok. Ecco cosa devi fare.

Ma… dovrai aspettare il secondo articolo altrimenti esce fuori un libro anziché un post.

Ti aspetto per la parte 2°

Prosit!

photo giardinodellefate.cloud – tempodivivere.it – spreafotografia.it – essereilcambiamento.it – petpassion.tv – gliavventistirispondono.it – youtube.com

La donna dei morti

“Ermesyn era una giovane donna dai lunghi capelli corvini e la carnagione chiara. La sua corporatura era così sottile e leggera da apparire eterea nascosta dai lunghi abiti che indossava. Trascorreva la sua vita abitando una piccola casa nel bosco, nutrendosi dei doni che la natura le concedeva e aiutando la gente del villaggio vicino in diverse mansioni.

Era buona, socievole, dolce ma, soprattutto, una bizzarra qualità la rendeva unica. Ermesyn avvolgeva con la sua pura compassione le anime dei morti.

Quando uno Spirito decideva di abbandonare quel corpo, utilizzato ormai da diverso tempo, e di prepararsi per una nuova vita terrena, anche l’anima di quell’essere doveva staccarsi da quella parte fisica per congiungersi alla prossima. Vagando nell’energia cosmica, in un primo momento, senza più una parte materiale con la quale coagularsi, l’anima attendeva la reincarnazione del Sé. Nel frattempo, volteggiando adagio accanto alla Fonte, attraverso un movimento vibrazionale delle grandi forze energetiche, poteva percepire in quali nuove missioni avrebbe dovuto aiutare il prossimo corpo. Quali demoni da sconfiggere, quale materialità ricondurre nell’Universo, quali prove da superare.

Era in quel mentre senza tempo che, Ermesyn, vibrando in totale armonia con essa, si trasformava per lei in una carezza d’amore.

Nel suo silenzio, la ragazza, pregava affinché nulla turbasse il cammino di quella scintilla di Dio. La sua preghiera era un decreto e non un bisogno. Ermesyn non chiedeva nulla, semplicemente parlava, accogliendo e accompagnando il dovere di quell’anima. Attraverso la delicata luce di una candela che accendeva appositamente, illuminava quel percorso e quello stato di apparente destabilizzazione, e con la sua generosa dolcezza, rendeva quell’angolo della Fonte un luogo sicuro dove riposare serenamente.

Come un Caronte, che però conduce al vero paradiso, Ermesyn, come una soffice coperta custodiva il travaglio del vagare rendendolo lieto. La sua pietà gentile nutriva d’amore il momento e il suo sorriso confermava la retta via. Regalava accompagnamento e la solitudine veniva distrutta.

Le sue onde vibrazionali erano così potenti che i corpi dei defunti apparivano come più belli e meno sofferenti e la gente tutta, che piangeva il caro scomparso, percepiva una sorta di sollievo nel cuore.

Per tre giorni e tre notti il lavoro di Ermesyn era questo. Un compito scelto che iniziava in modo potente  e persistente per svanire man mano che le ore passavano. Conclusa la notte del terzo giorno l’anima era più pacata e pronta ad avviarsi là, dove la Grande Madre la stava aspettando.

Vola serena, avvolta dalla mia protezione, verso i sacri corpi celesti! – diceva la ragazza.

Sapeva che nel suo volteggiare, quell’anima, avrebbe acquisito le qualità dell’atmosfera che le sarebbero servite per l’esistenza terrena futura. Qualità che potevano rivelarsi, nel mondo della materia, caratteristiche positive o negative con le quali il nuovo corpo avrebbe dovuto affrontare la vita trovando il divino equilibrio e riconoscendosi sempre di più nel suo Sé Superior.

Le braccia di Ermesyn si levavano al cielo, le sue mani erano aperte e le dita affusolate conducevano alla totale libertà. – Procedi anima! Abbandona ogni paura e ogni emozione deleteria. Corri tra le braccia della Sorgente dalla quale sei nata e preparati per il tuo nuovo ciclo. Non temere nulla, io sono qui con te -. La giovane donna sapeva bene che tutto le apparteneva. Tutto. Come quell’anima. E si faceva carico del fatto che tutto andasse per il meglio come il curare una delle sue tante cellule.

E l’anima andava. Nulla poteva eliminarle prove e sacrifici ma l’amore di Ermesyn era con lei”.

Questa è la favola della donna che coccola le anime di chi lascia questo mondo. È la storia di una Maga. È la storia di chi sa di essere Mago e tutto accoglie e niente abbandona.

Perché io sono. Ora stai calmo e ascolta: io sono Dio – (Conte di Saint-Germain).

Prosit!

photo pinterest.com

Il vero significato del numero 666 – il percorso dell’Evoluzione

In tempi antichi i simboli erano molto più usati di adesso. Si usavano per definire un gruppo di persone, una filosofia, un evento o per abbreviare paragrafi dal momento che tutto veniva scritto a mano e non poteva essere fotografato. Simboli ma anche numeri, o lettere, o segni. Nascevano allo scopo di tradurre determinati messaggi e, la maggior parte delle volte, si trattava di messaggi positivi dal momento che erano più i maghi bianchi a voler trasmettere ai posteri che non i maghi neri, avidi di ciò che sapevano.

Simboli che divennero, col tempo, una vera ricchezza in quanto nascondevano risoluzioni su un particolare potere appartenente all’Essere Umano. Un potere che ancora oggi è cosa nostra ma che ci è stato sempre tenuto nascosto. Non voglio però trasformare questo articolo in uno scritto di magia, al quale in molti potrebbero non credere. Voglio parlare in modo più storico, più reale; o reale per lo meno per le testimonianze che abbiamo risalenti dal passato. In pratica, tra queste righe, intendo anche consigliare che a volte bisognerebbe leggere di più, informarsi, studiare, anziché pendere dalle parole che ci sono state dette definendole come realtà assoluta. Per argomentare questo discorso userò un temutissimo numero ma potrei scrivere di molto altro perché, la cifra della quale parlerò oggi, non è la sola ad essere stata traviata nel tempo da chi forse ha voluto passarci altri messaggi. Da chi forse ha preferito inculcarci paure anziché potenza e sicurezza. Da chi forse ha voluto tenerci schiavi, o comunque esseri spenti e privi di libertà, anziché grandi e immensi quali siamo e con diritto di magnificenza.

E allora prendo come esempio il temutissimo numero 666 conosciuto da quasi tutti come: il Numero del Diavolo o della Bestia. Alcuni ci scherzeranno su ma vi garantisco che esistono persone che ne hanno realmente paura. Una paura completamente infondata. Se solo sapessero… sicuramente vivrebbero meglio!

Il 666 può comparire nella nostra vita. Un numero di telefono, la targa di un’auto, un tagliando. Oggi poi, tutto è un numero. Ebbene, questi individui, fanno qualsiasi cosa per modificare tale cifra qualora gli capitasse e non li giudico, perché so che i timori possono diventare veri spaventi o ansie, ma vorrei tranquillizzarli.

666 tre volte 6. Proviamo subito, per non farla troppo lunga, ad analizzare quindi il 6 così importante, evidentemente, da venir scritto per ben 3 volte. 3, il numero perfetto.

Esiste un importante collegamento tra i numeri 3, 6 e 9.

Per spiegare il 6, cosa che farò immediatamente, devo però prima dare una nozione importante da tenere a mente che riguarda il numero 9 e cioè questa: il 9 è il numero dell’Amore. Un Amore visto come amore incondizionato e divino, universale, ovvero come forza primordiale, apice dell’elevazione: unica grande potenza dell’Universo e del Cosmo. – L’amor che move il sole e l’altre stelle – (Dante Alighieri) cioè che può tutto.

Il 9 simboleggia questo perché ha una forma simile ad una spirale, emblema da sempre, anche per Celti e Egizi e altre popolazioni, di “rinascita” e ciclo della vita. La spirale doppia è proprio l’unione tra 6 e 9 anche se spesso viene usata quella semplice o viene persino suddivisa in base alla sua rotazione. La spirale doppia è simile all’8 numero indiscusso dell’Infinito. Ri-nascere, nascere ancora e poi ancora e poi ancora… il cerchio senza fine. All’infinito appunto come infiniti sono l’Universo e il suo ciclo.

Lo stesso emblema di Yin e Yang rappresenta un 6 e un 9 e, insieme, il Tutto.

Quando si parla di “rinascita” si intende l’avvicinamento a Dio, che non è il Dio con la barba bianca che il cattolicesimo vuole farci conoscere, ma è il Dio inteso come forza, bellezza e armonia cosmica universale, cioè Amore.

Torniamo al numero 6

Ma chi deve evolversi? Chi è che ri-nasce?

Ovviamente è l’Uomo. Vi dice niente la frase – Fatto a sua immagine e somiglianza? -… e questa non è religione ma capirete tutto a breve.

Il 6, quindi, simboleggia proprio l’Uomo come se fosse all’incontrario, cioè che deve capovolgersi (elevarsi) per arrivare a Dio. Questo capovolgimento ha facilitato la negativa pubblicità del satanismo vedendolo come – allontanamento da Dio -. Cioè l’opposto. Il male.

In realtà, si intende, come “contrario”, il seme che deve fuoriuscire, capovolgersi, nascere ed esplodere in tutta la sua manifestazione divina e meravigliosa, unendosi così a Dio =  forza, bellezza e armonia cosmica universale, cioè Amore.

Sta nascendo. Deve farlo. Sta simboleggiando la scintilla divina già esistente in lui che, nel suo percorso obbligatorio, andrà ad unirsi alla Fonte Madre (gira gira = spirale). Da 6 a 9.

Il 6 è simbolo dell’Uomo in assoluto e Gesù (che sia esistito o meno), visto come messaggio alchemico e spirituale (non cattolico, il cattolicesimo se ne è appropriato 1700 anni fa!) diceva – Io sono il Figlio dell’Uomo – perché l’Uomo è… Dio. Un essere divino. “Fatto a sua immagine e somiglianza” che racchiude forza, bellezza e armonia Cosmica. Energia Cosmica. L’Essere Umano, come tutta la natura stessa, ma l’Uomo ancor di più perché ha la Coscienza ed essa è la rappresentazione di Dio. E’ il Sé.

666 – 6+6+6 = 18

1+8 = 9

Ecco il percorso rappresentato in modo criptico e, alla fine, Dio-Amore. Basta decodificarlo.

Il 9, inoltre, è la fine, l’arrivo, nel senso che racchiude in sé tutti gli altri numeri. Tutti. Sono infiniti ma racchiusi tutti lì. 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 (immaginiamoli in cerchio). Quindi è il Tutto.

Occorre anche osservare che non è l’arrivo ad essere importante. Quasi non lo si considera. Si considera invece il noto percorso. Il cammino. Il cammino dell’evoluzione e della crescita personale. Il momento del 6, più che del 9.

3 volte 6 – il percorso e l’unione all’Amore perché tutto è Amore e tutto deve andare a finire lì.

Ovviamente è un discorso molto lungo e che contiene molti altri “segreti” ma non posso certo scrivere un libro oggi. Per aiutarvi a espandere la vostra conoscenza in tal senso, vi consiglio questo bellissimo ed esaustivo articolo che tratta anche altri temi interessanti rispetto al numero citato. Come la bellezza del sesso, vista come energia sessuale e quindi vitale della creazione. Come gli elementi naturali che ci appartengono: l’acqua, il fuoco, l’aria, la terra. Il tutto racchiuso in questo splendido numero: 666. L’articolo è questo: https://www.visionealchemica.com/uomo-666-sole-666/ io quindi mi fermo perché prima di terminare il post ho ancora due cosine da dire.

Quelle che noi oggi conosciamo come feste religiose con tutti i loro emblemi connessi: Pasqua, Natale, Epifania, Immacolata, etc… erano in realtà tutti riti pagani antichi, davvero utili e terapeutici per l’Essere Umano, e proponevano un vivere con la natura in modo unico. Stupendo e incredibile. Permettevano di usufruire delle forze del Cosmo e di guarire.

La Chiesa, attraverso il tempo, attraverso varie decisioni, attraverso studi o eventi come il Concilio di Nicea, per opera dell’Imperatore Costantino e le Bolle Papali in seguito che sono solo tra gli esempi più eclatanti, se ne è appropriata trasformandoli e gongolandosi nell’ignoranza della gente alla quale non veniva permessa neanche l’eventuale istruzione. Chi provava ad informarsi o a conoscere veniva bruciato vivo (per farla breve) e non mi riferisco solo alle famose streghe. Così, oggi, viviamo un Natale credendo sia il compleanno di Gesù Bambino quando invece non c’entra assolutamente nulla. Stessa cosa vale per simboli, usi, costumi, etc… li hanno fatti propri e ne hanno dato il valore voluto. Questo è scritto a livello storico, non lo dico io.

Se in qualche modo, nella vostra vita, vi capita il numero 666 provate a tradurre il suo messaggio anziché scappare a gambe levate. Vedrete che è un messaggio bellissimo.

Prosit!

photo blogpositivo.it – it.aleteia.org – crescita-personale.it – universalis.it – esvaso.it – studiarapido.it – angelsworld.it – eticamente.net – crescita-personale.org – freepik.com

Saluti al Demone dalla Luce alchemica

Ecco giungere il malessere. Pervadere anche i capillari più minuscoli. Eccolo pungere le viscere in uno strizzo che non ha pietà. Ecco il respiro,​ che arriva spontaneo,​ come salvezza, per riprendere quel po’ di vita che pare perduta.

​…​Ed ecco anche lui, vicino a me, dentro di me, in tutta me stessa. Così mio.

Ciao Demone… ti ho visto -. Salutandolo gli dimostravo di averlo veduto ed è bene sottolineare questo avvenimento. È la cosa che più lo fa incazzare.

Ciao Meg, come stai? – sogghignava. La sua voce era stridula pur arrivando dabbasso. In realtà non stava ghignando ma per me era così. Per il momento, almeno, era così.

Lo sai come sto – (bastardo) avrei voluto aggiungere, ma non potevo, non dovevo. Non dovevo nemmeno pensarlo. Ciò avrebbe significato che non avevo capito niente. Proprio nulla.

Stai male vero?

Non risposi.

Lui continuava, come uno stampo incandescente che si conficca sempre di più sotto allo sterno – Oh… lo sento che stai male. Stai soffrendo molto e ne sono lieto

“Merda! Merda! Merda! Resisti Meg!” mi dicevo. Poi mi rivolsi a lui – Lo so che ne sei lieto. È proprio grazie a te, e al dolore che mi infliggi, che posso compiere il mio lavoro

Sapeva bene che il lavoro al quale mi riferivo era quello di eliminarlo da me. No… non dovevo dire “eliminarlo”. Trasmutarlo, dissolverlo.

Non credo tu riesca mai a farlo – ora ghignava davvero, non era solo una mia impressione. E ghignava perché si stava irritando. Ma non abbastanza.

Sei stato visto da me. In fondo, dimmi, non è quello che vuoi? Non batti i piedi, come un bambino piccolo, proprio per essere visto?

Forse lo mandai in confusione ma non intendevo ragionarci su. Aveva una forza potente, a me (s)conosciuta e sempre qualche asso nella manica. Però, probabilmente, non avevo sbagliato di molto perché cambiò discorso pavoneggiandosi.

Lo sai che io sono molto più forte di te vero? – voleva deridermi.

Quel suo “vero?” dopo ogni domanda… che fastidio, come a voler sottolineare l’aver ragione e il mio sconforto. La mia debolezza più avvilente.

Può darsi, ma c’è una cosa che io possiedo ed è più forte di te – cercavo di convincere più me che lui.

Rise di gusto – Sentiamo… cos’ha la piccola Meg che potrebbe sconfiggermi?

Ho l’amore Demone

La sua fragorosa risata adesso echeggiava in ogni mio senso e picchiava in testa.

Ahahhaa! Povera briciola! Non sai nemmeno come si scrive la parola “amore” e pretendi di avere amore dentro di te? Stupida! Se avessi amore dentro di te io non esisterei

1 a 0 per lui. Deglutii prendendo tempo. Un nuovo dolore si stava aggiungendo al vecchio. Ansimavo. Ero senza forze.

Lui si fece ancora più grande, più grosso, più mostruoso. Trovai da qualche parte la determinazione per non togliergli gli occhi di dosso.

Nasconditi Meg, vai via, è ancora troppo forte. Non permettergli di ferirti ulteriormente o ti indebolirai troppo. Respira“. La dolce voce giunse da dietro di me. Era soave e materna. Decisi di seguire il suo consiglio ma dovetti lavorare per il senso di inadeguatezza che ora mi pervadeva. Mi sentivo una smidollata, una paurosa, una codarda.

Mi tenni il dolore e andai avanti. Il demone intanto mi offriva, ogni giorno, tentazioni alle quali era difficile negarsi. Come dosi di droga per un tossicodipendente in crisi d’astinenza ma non cedetti sentendomi molto “Gesù nel deserto”.

Lo rividi qualche tempo dopo.

Devo dire che sei brava, comunque, mi stai facendo faticare

Quel giorno mi sentivo leggermente meglio e decisi di approfittarne. Carpe diem, come si dice.

Ciao Demone… io ti vedo -.

Si fece serio. Quella specie di tessuto impalpabile che lo avvolgeva si irrigidì un poco. Me ne accorsi ma feci finta di nulla. Anche lui fece finta di nulla.

Non sei contenta del complimento che ti ho fatto?

Non gli risposi. Penetrai in lui e lo accarezzai. Divenne duro come l’acciaio ma non si spostò ne’ mi aggredì.

A che gioco stai giocando Meg?

Sai Demone – gli risposi – è vero che dentro di me non ho l’amore che intendi tu ma possiedo la scintilla divina di Dio. Non è vero che in me non c’è amore. C’è eccome, ma io lo soffoco, non gli permetto di divampare. C’è anche dentro di te e il mio amore con il tuo tenteranno di unirsi come magneti. Mi basta solo lasciarli fare. E sai una cosa? – non parlò ma mi guardava con espressione interrogativa e anche preoccupata. Continuai – Io…. io in fondo penso di volerti bene. Pensandoci, mi stai anche facendo compagnia. Siamo solo tu ed io in questo viaggio, capisci? -.

La sua austera e scura sagoma si afflosciò un poco. Io respirai. Respirai come poche volte feci. Poi ripresi – Non puoi nulla contro di me. Esisti solo perché io ti permetto di esistere e sono debole. Ma io ti ho creato e io ho i mezzi per distruggerti. Non riesco perché ho paura. Perché la mia mente è forte e ti nutre. Ma oggi, non sei più un nemico da scacciare, anzi, sei un caro compagno. È come non sentirsi soli avendoti

Non sono mai stata una di quelle che prendono il toro per le corna. Io le cose le ho sempre dovute affrontare adagio, sopravvivendo.

Ciò che provavo era vero. C’era dell’affetto sincero nel mio cuore perché, con il tempo, era maturato veramente. Questo lo ferì.

L’unica cosa che posso dirti – affermai – è… grazie…–

Esplose come polvere da sparo. Una nube nera, chiazzata di scintille dorate brillanti, divampò. Il mio Dio lo aveva visto davvero e preso. Ora c’erano le sue ceneri. Respiravano ancora. Palpitavano di tanto in tanto. Non era morto del tutto. La sua ombra rimaneva. Sfiorai quella polvere che rantolava.

Resta ancora se devi. Arriverà il momento”, pensai, e con un sorriso spontaneo stampato sul viso, m’incamminai verso nuove conoscenze. Una tenera gioia, forte e fragile allo stesso tempo, stava facendo capolino per poi divenire l’emozione più grande.

Prosit!

photo target.com

Ma tutto ‘sto casino per una mela?

In qualche modo dovevano pur giustificare la vita in schiavitù che da sempre ci hanno obbligati a fare, che ancora oggi conduciamo, e il perché non meritiamo l’Eden promesso ma, per conto mio, avrebbero dovuto trovare un motivo più grave e valido. Come abbiano potuto campare, per così tanti anni, su una motivazione ridicola come quella della mela colta, disobbedendo a Dio, rimarrà un mistero per l’eternità presumo.

Voglio dire, d’accordo che a contare è il principio e non il frutto proibito, semplice emblema di discordia, ma un Padre buono, amorevole e che soprattutto perdona sempre, come può incazzarsi così per un tradimento che ha proprio l’aria del dispettuccio infantile? In particolar modo, come può portare tutto questo rancore per così tanti secoli?

Conoscerete tutti l’argomento del quale sto parlando e anche dopo averlo pompato, per renderlo più grave, con indicazioni del tipo: avevano tutto quello che volevano, non dovevano disobbedire, non dovevano cedere alla tentazione, etc… equivale al bimbo che ruba la marmellata nonostante non gli manchi nulla e la mamma gli proibisce di toccarla.

Ma, come ripeto, dovevamo tutti essere macchiati di peccato, a partire da quello capitale, perché due nostri predecessori hanno avuto la brillantissima idea di assaggiare una mela. Frutto che, negli anni, acquistò una sua rivincita divenendo quello che – se mangiato una volta al giorno toglie il medico di torno -.

Dio, però, non è un dottore e questo gesto lo ha riempito di offesa e odio verso gli uomini (proprio come un uomo… che coincidenza!).

Ero felice, da bambina, nel pensare che tra me e questo Dio severo c’era mio papà (quello in carne e ossa) a fare un po’ come da intermediario e paciere, il quale, se anche avessi rubato un frutto, al massimo mi avrebbe fatto una romanzina di mezz’ora.

Meno male che non sono nata a quel tempo e forse fu per questo che non mi piacque mai essere una “prima donna”. Quell’imprecazione classica, a me dedicata – Porca Meg! – (Porca Eva) poi, non l’avrei potuta sopportare.

Fatto sta che bisogna ammettere il fascino che si cela dietro a tutto questo. Dobbiamo dire che sono stati proprio bravi, perché se non diciamo che sono stati bravi loro, l’unica cosa che rimane è affermare che siamo stati noi dei veri tontoloni all’ennesima potenza.

Con una sciocca favoletta sono riusciti a piegare l’umanità intera al suono di un’unica voce che conteneva diversi messaggi: devi obbedire (sei un servo), devi saperti accontentare (non vali molto), la pagherai cara (occorre punire e vendicarsi), sei un peccatore (un essere indegno), devi accettare la tua pena (non puoi ribellarti), sei un debole (non hai alcun potere), quello che fai è irreparabile (‘zzi tua), non verrai perdonato (non meriti, devi vergognarti), il giudizio prima di tutto (nasconditi), la storia dell’amore quindi non esiste (sarai sempre tradito) e, se proprio devo dirle tutte… ma, ‘ste cacchio di donne, farsi una padellatina di cavoli propri no eh? Le femmine rovineranno il mondo! Ma non sono femminista, ne’ maschilista quindi non continuo su questo punto a parte il citare – E tu donna partorirai con dolore! -… che poi… io ho visto partorire la mia gatta e non è che lei invece si è divertita così tanto rispetto a un’umana. Ha peccato anche pure la felide?

Però c’è un altro fatto da tener a mente. Ce ne sono molti a dire il vero ma non posso scrivere un romanzo. Ciò che in qualche modo colpisce è come i due protagonisti del fattaccio si siano mossi velocemente a darsi colpe l’uno con l’altra, senza cioè assumersi le proprie responsabilità. Quante somiglianze con il genere umano e così non si fa. No, no e no!

Esopo ha provato per anni, con le sue fiabe, a tirar fuori qualcosa di altrettanto idilliaco ma il massimo che ha ottenuto è stato di essere tradotto in prima liceo.

Ora, venendo seri, di favole ce ne sono state molte, ma ben poche sono riuscite ad avvilire intrinsecamente l’essere umano come questa e tutto quello che ne è poi conseguito. Innestando in lui il concetto dell’“aver sbagliato”, di partire già in svantaggio, di essere già dalla parte del torto. A prescindere. Un insetto di poco valore che ha osato sfidare Dio convinto di farla franca. Che porcheria. Che essere disgustoso l’essere umano! Come si è permesso? È bene che paghi ora e anche caramente. Dio sa tutto, vede tutto e può tutto. Ha fatto confessare i due malfattori perché era giusto ammettere le proprie colpe impauriti e micragnosi come due nudi vermetti ma, in realtà, lui aveva già visto.

E questa storia della confessione andò avanti per anni e poi per secoli, guardando individui che inconsciamente oppressi da una spada di Damocle pendente sui loro capi, andavano a raccontare tutte le loro malefatte a chi, sulla terra, intercedeva tra lui e il Regno dei Cieli. Qualche preghiera per espiare le proprie colpe e si poteva tornare a trascorrere la vita di tutti i giorni, commettendo gli stessi peccati, tanto, il sabato dopo, si raccontavano gli affari propri a chi poteva custodire i nostri segreti.

Ma… le favole… solitamente… non narrano di gioie e lieti fini? Sì, ci sono sempre l’orco e la strega cattiva ma poi c’è anche la vittoria del bene sul male. Tranne qui. Tranne in questa fiaba che ci hanno obbligato a vivere dove, il bene, se c’è, sta comunque perdendo da circa duemila anni. La fiaba. La nostra. Quella che dobbiamo vivere e che doveva essere la più bella di tutte perché era la nostra vita.

Ora, è vero che la parola “peccatore” dal latino “peccare” significa “sbagliare” inteso come “allontanarsi da Dio” (ne deriva l’allontanamento dall’Eden) ma io avrei cercato un’altra metafora anche se, devo ammettere, che questa ha funzionato.

…Come abbiano potuto campare, per così tanti anni, su una motivazione ridicola come quella della mela colta, disobbedendo a Dio, rimarrà un mistero per l’eternità presumo. Me lo devono spiegare. O forse no. Forse mi sono spiegata da sola.

Prosit!

photo illibraio.it – websuggestion.it – democraziaoggi.it – persbaglio.ilcannocchiale.it – travelingintuscany.com – ilritorno.it

Dopo i traumi, la malattia – l’Urlo dell’Anima

NON C’E’ PEGGIOR SORDO…

É normale urlare con i sordi. Urliamo verso chi non sente con la nostra parte fisica e urliamo verso il nostro corpo con la parte animica. In modo differente, ma il principio è lo stesso. Perché a volte siamo sordi anche noi, molto più di chi ha seriamente perso l’udito e, come dice un vecchio proverbio – Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire -.

Noi siamo fisico, anima e spirito. L’anima è quella parte di noi che ci comunica la volontà dello spirito ma noi non comprendiamo praticamente mai, per questo deve gridare. É il messaggero della coscienza. É sbagliato dire – Ho un’anima -. Io sono anima. Sono anche anima, non ho un anima. Ma ci sono parti di noi che non vediamo, non sentiamo, non percepiamo. Non sappiamo tutto ciò che pensa la nostra mente, non conosciamo tutto quello che vive il nostro corpo e non capiamo nulla di Sé Superiore o di anima ma tutto è collegato nel formare la splendida creazione che siamo. O, più che creazione, sarebbe meglio dire “emanazione“. Siamo un’emanzione di Dio, inteso come Energia Cosmica, una sua diffusione.

Essendo il tramite, tra l’Io Superior e ciò che crediamo essere, l’anima, come dicevo, prova a parlarci, prova a dirci cosa siamo realmente e lo fa anche quando viviamo situazioni che a noi sembrano difficili prove da superare.

Non riusciamo ad ascoltare la sua voce, ossia, non riusciamo a vedere oltre il Velo di Maya, una nebbia che abbiamo davanti agli occhi e che non ci permette di osservare e comprendere la perfezione divina anche là, dove noi vediamo solo drammi e tragedie. Ogni dramma e ogni tragedia altro non è che la rivisitazione di un trauma che ci portiamo dentro da quando siamo nati.

IL PRIMO IMPORTANTE ANNO

All’incirca durante il primo anno di vita subiamo tutti i traumi che ci porteremo poi avanti per tutta l’esistenza se non elaborati. Questo non vuol dire che durante il primo anno di vita veniamo per forza violentati o dimenticati o abbandonati o derisi come s’intende, ma significa che viviamo le basi emozionali di quelli che sono i primi gradini del trauma. Di tutti i traumi. Sì, anche forme di violenze o abbandono o derisione, in base a come noi li percepiamo.

Per capirci, se oggi soffri perché il partner ti abbandona, è perché durante il primo periodo dopo la tua nascita hai vissuto un evento che ti ha creato dentro lo spavento o l’angoscia dell’abbandono. Tale spavento o tale angoscia, non “curati”, sono aumentati sempre di più in te, formando, ad esempio, il bisogno dell’attaccamento a cose, persone, luoghi, ricordi. Tutto ciò che riesce a non farti sentire solo. Non curato, quel primo accenno di abbandono, che ai tempi ti ha visto soltanto piangere per cinque minuti, oggi è invece fonte di grande tristezza, paura, delusione, frustrazione perché è cresciuto anche lui, assieme a te, quanto te.

Di traumi ne subiamo mille e più di mille. Alcuni si coagulano in noi, altri no, in base agli eventi che viviamo e, più spiritualmente, in base al percorso che dobbiamo compiere e all’evoluzione della nostra anima. Ogni volta quindi che ci assoggettiamo, magari senza rendercene conto, ad uno di questi traumi in modo emozionale, è come se formassimo una ferita nel nostro organismo.

Ogni volta che, anziché evolvere, al fine di vivere liberi e come esseri divini e potenti, continuiamo emozionalmente a reagire allo stesso modo, creiamo un danno fisico. Fisico perché, come dicevo prima, siamo un tutt’uno. Questo danno, se continua in quel punto, un po’ come girare il coltello nella stessa piaga, diventa sempre più grande fino a divenire una malattia. Come malattia intendo ogni tipo di malessere fisico.

TRAUMA DOPO TRAUMA ARRIVA LA MALATTIA

Se abbiamo paura del giudizio degli altri e non ascoltiamo la voce dell’anima, che invece vorrebbe vivessimo senza questa spada di Damocle addosso, a lungo andare, formeremo un malessere al nostro corpo. I malesseri possono essere tanti, di vario tipo e di varia natura ma, a formarli, sono sempre le emozioni negative che proviamo. É come se avvelenassimo il nostro corpo. Dopo una certa dose di veleno, ecco che il nostro corpo inizia a risentirne e, da qui, la nascita del problema. Un dolore, un malanno, una botta, un inestetismo, una patologia… tutti sono il risultato delle emozioni che abbiamo provato perché non abbiamo ascoltato l’anima e non ci siamo fidati di lei nonostante le sue urla. La tossicità emozionale diventa fisica come un messaggio neuronale che da elettrico, per arrivare al cervello dopo aver ricevuto l’input, diventa chimico e cioè tangibile. Concreto.

Prendersela con quella malattia e con quelle urla è come prendersela con uno che sta alzando il volume della voce per farsi sentire da te che sei sordo.

Questa è la malattia. Il sintomo è un messaggio. La ripercussione sul fisico avviene perché, come ripeto, tutte le parti dalle quali siamo composti, sono collegate e comunicano tra loro.

Se imparassimo ad ascoltare l’anima, fin dai suoi primi sussurri, non dovrebbe gridare. È molto difficile ma, proprio grazie al collegamento anima-corpo, è in realtà possibile. Riuscendoci, non solo smetteremmo di soffrire fisicamente ma potremmo anche scoprire tutte le cose belle che ci attendono e afferrarle.

Prosit!

photo adolescenza.it – discorsivo.it – stateofmind.it – farmacoecura.it – trend-online.com – sanpiox.net – pazienti.it

Avrei voluto dirti tante cose quando mi chiedesti di Dio

Puoi credere a Dio come meglio credi. Puoi appartenere ad una religione oppure no. Puoi pensare che Dio sia l’Amore o una figura precisa. Puoi pensare che Dio sia nella natura o sopra una nuvoletta. Puoi chiamarlo come vuoi. Sappi solo che sei la sua espressione e la sua manifestazione migliore.

Avrei voluto dirti tante cose quel giorno in cui mi chiedesti di Dio ma non ti dissi niente.

Avrei voluto spiegarti come realmente stavano le cose, per il mio sentire, e invece mi bloccai, sorpresa e preoccupata, nei confronti dell’intricato discorso nel quale mi sarei dovuta cacciare.

Avrei saputo raccontarti molto ma non lo feci, negandoti la possibilità, anche minima e forse impossibile, di poter intravedere uno spiraglio di luce.

Fu per questo che venni a prenderti, dopo tempo, all’improvviso. Non avrei più permesso al mio silenzio l’evitarmi di donare una nuova idea. Una nuova riflessione. Fu per questo che, armata di tanto coraggio, ti obbligai a guardarmi negli occhi pronta a sfidare ogni tua richiesta, ogni tua sarcastica risata, ogni tua incredula frase condita di rabbia e voglia di zittirmi. Fu per questo che venni a chiederti di ascoltarmi, di lasciarmi spiegare.

Eri un uomo grande e grosso, e lo sei ancora, ma fu come vederti ancora più grande… con la tua mente chiusa e la tua giustizia. Un rivoluzionario che non amava i soprusi e si lasciava guidare, convinto, dalla sua onestà.

Ricordo i tuoi cinquant’anni che vedevo come un ostacolo. Ricordo l’impulso d’amore che provai per te in quel momento.

Ricordo il tono della tua voce che mi fece la fatidica domanda trovandomi muta. Ricordo la voglia di sviscerarti addosso tutto ciò che mi apparteneva e la scelta, poi, di mordermi la lingua. Ricordo il tuo sguardo avvilito… – Meg… perché Dio ce l’ha con me? -.

Quel tuo vedere te stesso come un giudice punitore ma non lo comprendevi.

E avrei voluto abbracciarti più forte di come feci e lo faccio ora, perché so che non mi credi ma mi leggi ed è come se la tua lunga barba, morbida, accarezzasse le mie guance. Perchè so che qualcosa ti attira verso le mie parole.

Avrei voluto dirtelo fin da allora.

Non esiste nessun Dio che possa avercela con te. Nessun Dio ti giudica. Nessun Dio ti punisce. Nessun Dio ti premia.

Quando ti feci voltare, obbligandoti a guardarmi, la prima cosa che ti chiesi fu – Quanto tu ce l’hai con te stesso? Quanto ti credi sbagliato e meritevole di punizioni?! Quanto pensi di non essere degno d’amore, d’abbondanza, di compassione?

Io mi muovo sempre per il bene – mi dicesti

Un giustiziere. Perché? Perché tutta questa rettitudine nei confronti degli altri? Quali peccati devi espiare? Quali grandi colpe… o quali grandi bisogni devi soddisfare? – risposi.

Fu in quel momento che vidi un tuo sopracciglio inclinarsi verso il basso. L’attenzione. La concentrazione. Due piccole rughe, nette e stropicciate, presero forma in mezzo ai tuoi occhi. Ti avevo. E non ti avrei più lasciato andare.

Quanta punizione pensi di meritare per uno sgarro?

Tanta – mi rispondesti dopo qualche attimo di silenzio

E quante volte compi errori ai danni degli altri o di te stesso?

Fosti più pronto perché non guardasti oltre il “velo”.

Raramente

Questo è il tuo più grande sbaglio. La tua più grande menomazione. Il non vedere -. I tuoi occhi si fecero a fessura. Continuai. – Non ti rendi conto che, dentro di te, il carburante che ti fa muovere, è l’estremo bisogno di piacere agli altri, di essere apprezzato, di essere accolto e amato. Ogni tua mossa ha questo fine inconsapevolmente -.

Che male c’è?

Il male risiede nel movente. Perché ti adoperi in questo senso? Te lo spiego io. Perché hai paura. Paura di non essere visto. Paura di essere messo in un angolo. E perché sei povero. Povero di amore e rispetto per te stesso. La paura e la povertà sono gli elementi che costituiscono questo tuo stato d’essere. Ne sei permeato. Ne sei pieno dentro quanto fuori, attorno a te. Questa è la tua punizione. La tua crocifissione che tu soltanto ti stai infliggendo. Nessun Dio lo fa al posto tuo. L’unica cosa che potrebbe fare Dio, qualora avesse i nostri sentimenti, sarebbe quella di offendersi. Di dover accettare di malavoglia che una sua creazione, unica e perfetta, sua figlia, non si ama. Non riconosce la sua perfezione e mendica accettazione dagli altri. Una sua scintilla, divina quanto lui, padrona del cosmo, vive nella paura e nella povertà. Vive nella punizione laddove alcuni suoi demoni esistenti, dei quali lei non ha colpa, la fanno sentire una povera esistenza mediocre. Laddove nutri il senso di colpa perché non c’è libertà. Perché sei vittima del giudizio, palese o subdolo che sia, di chi ti sta attorno. E perché tu stesso giudichi. Giudichi il giusto e lo sbagliato, con occhi e sensi fisici, perchè tu stesso sei a favore della punizione dolorosa, senza osservare con lo sguardo dell’anima che vede attraverso il cuore. Il cuore, la sede di Dio. Dove vorresti perdonare ma gli schemi mentali te lo proibiscono. Dove vorresti arrenderti ma la ragione ti convince ad infierire. Dove vorresti accettare ma saresti solo un verme se lo facessi. Dove vorresti coccolarti ma ti hanno insegnato che, in certi casi, non si devono usare le carezze ma le sberle. Chi si sta punendo? Dove si trova un Dio disposto al perdono se il perdono non c’è? Come potresti trovare un cammello nella macchia mediterranea? Guardati… chi si sta punendo? Chi si mette davanti a tali prove?

Dio mi punisce perché non vado verso di lui?

Dio è amore. Non c’è nessun Dio là fuori concepito come ci è stato insegnato. L’amore è la Sorgente. L’energia cosmica. Quella è Dio, ed è ovunque. E’ quando non vai verso l’amore, verso qualsiasi sua forma che incontrerai ciò che stai incontrando. Che incontrerai punizioni al posto di compassione, vendetta al posto del perdono, bastonate al posto della dolcezza. E una delle forme più importanti è quella da rivolgere a te, perchè amando te ami Dio e ami il Tutto. Rispettati se vuoi che tutto l’Universo abbia rispetto di te

L’abbraccio. Il silenzio.

Prosit!

photo coaching-espiritual.com

Perché parliamo di Follia come se fosse una cosa Magica

A.A.A. FOLLIA CERCASI

Abbiamo letto spesso varie citazioni riguardanti i folli o la follia. In ultimo, quella di Steve Jobs che immagino tutti conoscete – Siate affamati, siate folli -.

Ne abbiamo fatto una sorta di motto prediletto, volendo andare un po’ contro corrente e comprendendo che, alla fine, molte delle persone considerate “matte” in altri tempi, erano in realtà pionieri di visioni che oggi andiamo ricercando, sgomitando tra schemi mentali e oppressioni che ci ingabbiano.

Ci siamo così ritrovati a voler essere folli. A voler passare come folli, come originali, irrazionali, unici… ma se mentre la maggior parte della gente collega il folle al pazzo, a colui cioè che non sta alle regole, che non vive guidato da schemi e che abita un mondo tutto suo, è bene comprendere che cosa significa anche, e più in profondità, essere folli. Perché, al di la’ di tutto quello che si può credere su Alda Merini (classico esempio) sarebbe davvero bello se tutti riuscissimo ad esserlo! E qui vi porto a delle mie personali riflessioni, forse un po’… folli.

La parola “folle” deriva dal latino “follem” e significa “pallone”.

Il pallone è un oggetto rotondo che rotola, rimbalza e va via. Può fare salti anche abbastanza alti, oltrepassando ostacoli e potendo così: VEDERE OLTRE.

Vi sarà sicuramente capitato di sentir pronunciare la frase – Avere la testa nel pallone -. Lo si dice a chi sembra confuso, disattento, assente… un folle in pratica! In quel momento più che altro.

DAL GELATO AI PASCOLI INCONTAMINATI

Il folle è proprio colui che riesce a vedere cose che altri non vedono. Un esempio di folle? Un bambino! I bambini sono tutti folli! Come simpaticamente racconta anche il Dottor Mauro Scardovelli in un suo video, un giorno, a un gruppo di bambini venne fatto vedere un cono gelato e venne chiesto loro – Che cosa vedete? -.

Naturalmente, dapprima, i bimbi risposero in coro – Un gelato! – ma quando gli venne chiesto ancora – E cos’altro vedete? – ecco che la loro fantasia iniziò ad accendersi, lentamente, ma mai fuori luogo.

Nessuno nomino’ alieni o sottomarini, ma iniziarono a parlare di gusti… e poi di latte… e poi di mucche… e poi di un prato verde…. andarono oltre, molto oltre, ma arrivando al principio. Al principio di tutto. Al principio di quel semplice, banalissimo gelato.

Ora, se dentro di me porto ad esempio il demone dell’invidia, sarà normale incontrare persone invidiose. Qualcuno dovrà pur farmelo vedere e dovrà pur farmi capire quindi come vivrei meglio senza quel mostro al mio interno.

Sarà così che, anziché prendermela con chi mi invidia, fermandomi lì, proverò anche a guardare oltre. Cosa mi sta suggerendo il comportamento di questa persona? Cosa rispecchia di me? Mi farò diverse domande, andando oltre, appunto. Oltre la banalità e quel che sembra, ma arriverò al principio, cioè dentro di me, dove tutto nasce e tutto si crea. Entrerò nella mia matrix (“matrice” che dal latino significa “madre – utero”). Entrero’ nell’inizio.

In questo modo avrò un sensore (in quanto dire pensiero è sbagliato perché riguarderebbe la mente) animico, cioè dell’anima. Infatti, quando si dice di guardare oltre, si dice anche, utilizzando dei sinonimi, di guardare: con gli occhi dell’anima, o di Dio, o di un bambino.

VIVERE COME SE’ SUPERIORE

Avete occhi ma non vedete, avete orecchi ma non sentite! – (Gesù)

Praticamente, avere un senso animico è  ben diverso dall’avere un pensiero duale e cioè che divide, mentre invece dobbiamo osservare un tutt’uno, perché è il Tutto e l’Uno. Solo.

Perché c’è differenza dal vedere e il percepire, dal sentire e il percepire, dal riflettere e il percepire. Dobbiamo essere. Accogliere. Essere con la pelle, con gli occhi, con le mani, con le orecchie, con ogni cosa… come un folle.

Un folle vive pienamente ciò che percepisce. Non nasconde, come chi non è folle, le sue emozioni. Il suo corpo stesso si muove in maniera diversa. Le espressioni del viso, la sua voce solitaria. Il folle non ha maschere e capisco bene che le maschere possono anche essere utili, a volte, ma non lo sono nei confronti di una personale evoluzione soprattutto perché, molto spesso, le maschere le usiamo addirittura con noi stessi.

La follia è magica perché ci avvicina al divino, ci permette di vivere ciò che siamo realmente, ci permette di essere bambini. Senza “immondizia” sopra i nostri cuori ad affaticarci il respiro.

Togliendo tutto ciò che ci “sporca” non può che divampare la magia che già è in noi e che magia non è, ma così la chiamiamo perché ci appare stupefacente a confronto di quello che siamo obbligati ad affrontare ogni giorno.

Ecco perché dovremmo davvero essere tutti folli. Almeno un po’.

Prosit!

photo pinterest.com – riza.it – bookblister.it – fisica.uniud.it – il gazzettino.it