Quel pazzo di Hamer

E’ piccolo il libro di Giorgio Mambretti e Jean Séraphin intitolato “LA MEDICINA SOTTOSOPRA”. Appena 117 pagine e forse, per i primi approcci a tali argomenti, bastano e avanzano.

E’ un libro che parla di un modo nuovo, totalmente nuovo, di guardare una malattia o un malessere.

E’ un libro che trasforma persino il termine che ho appena citato. “Malattia” diventa “Benattia” andando a scardinare alcune memorie arcaiche che ci appartengono. Perché si sa, sono proprio loro, le memorie, a  creare tutto in noi. Sono i pensieri, consci e inconsci, a formarci.

L’uomo è quello che mangia! – diceva Ludwig Andreas Feuerbach, filosofo tedesco copiato poi da Naboru Muramoto nel suo libro “IL MEDICO DI SE STESSO”. Frase che ho sempre condiviso. Ma mia madre aggiungeva anche – L’uomo è quello che mangia… e anche quello che pensa! – e mica solo lei lo diceva. Tutti i più grandi maestri del passato, spirituali e di scienza, di fama mondiale, lo hanno detto conoscendo bene la Legge vibrazionale di Risonanza. La proiezione materiale del nostro pensiero.

“LA MEDICINA SOTTOSOPRA” è un libro che parla di un medico. Una figura ambigua lo si potrebbe definire. Per molti un ciarlatano radiato dall’albo, per altri un salvatore: si tratta di quel pazzo di Ryke Geerd Hamer.

Chi mi segue da tempo sa bene che non ho mai avuto intenzione di giudicare all’interno dei miei scritti, ne’ di schierarmi verso un movimento piuttosto che un altro. Mi piace semplicemente riportare, accendere luci e dire il mio parere. Quindi, senza lasciarvi troppo sulle spine, vi dico subito che a Hamer credo. Non m’interessa credere in lui come persona, può aver fatto la qualunque. Non mi interessa nemmeno credere in Gesù, il quale potrebbe anche non essere mai esistito in carne e ossa. Accolgo semplicemente un messaggio e provo a conoscerlo. Se mi rendo conto che può essere un buon insegnamento lo faccio mio. Lo metto in pratica.

Ma qual è il messaggio di questo amato e detestato medico?

Hamer nato a Mettmann nel 1935 e morto a Sandefjord nel 2017 dopo una vita di condanne, fughe, giorni passati in carcere e chi più ne ha più ne metta, ha cercato di dare un volto nuovo alla malattia e alla Medicina stessa. Quella occidentale soprattutto. In realtà non ha scoperto niente di nuovo ma andiamo con ordine… Si è anche prodigato nel dare soluzioni utili a chi ne aveva bisogno. Si possono tranquillamente leggere, su molti siti, gli strambi rimedi di ortica e ricotta che forniva a gravi malati di cancro… E già… su molti siti ma non su tutti.

Ad una più attenta supervisione e tralasciando le soluzioni considerate “barbine” dell’impavido medico, si può notare bene come il focus andrebbe fatto sul suo modo di osservare la malattia. Hamer infatti sosteneva che la malattia non è solo la realizzazione di un colpo di sfortuna o una disavventura genetica, bensì un conflitto interno non risolto che si manifesta attraverso un malessere del corpo più o meno gravemente. 

Questo tema è ben conosciuto dalla biologa e psicoterapeuta Claudia Rainville, madre della Metamedicina, e dall’insegnante Louise L. Hay. Vi consiglio di leggere tutti i loro libri.

Conflitti interni non risolti… beh, perbacco, questo è interessante. E se serbasse in sé una verità? Una verità che diventa – mia – non più di Hamer, cioè che dona – a me – una sorta di insegnamento.

In pratica, mi stanno dicendo che se soffro di Sinusite (come ho anche già scritto) non è solo perché ho preso freddo. In effetti tutti prendono freddo e no, non è ereditaria. Infatti sono l’unica in famiglia a soffrirne. E’ perché in realtà, sono vittima di una situazione/persona che non sopporto ma sono obbligata a tollerare. Tant’è che posso soffrire di questo disturbo per due o tre anni nella mia vita ma né prima ne’ dopo ne ho sofferto o ne soffro. La cosa inizia a farsi interessante.

Da dove nasce tutto questo? Nei nostri tempi recenti (in quanto dopo aver fatto, per anni, lunghe ricerche ho scoperto che certe teorie erano già più che approvate in luoghi, popoli e tempi antichi; per questo dico che Hamer, in realtà, non ha scoperto nulla di nuovo) nasce proprio da un evento che il dottor Hamer ha subito e gli ha cambiato la vita in tutti i sensi.

Il figlio di Hamer, il diciannovenne Dirk Hamer, venne colpito ad una gamba da un colpo di fucile sparato a quanto pare (ma il “quanto pare” si potrebbe tranquillamente togliere) dal Principe Vittorio Emanuele di Savoia da una piccola barca al largo dell’Isola Cavallo in Corsica. Vittorio Emanuele, che al momento del fatto era ubriaco, ha sparato diversi colpi contro alcuni suoi ospiti accusandoli di avergli rubato un gommone. Uno di questi colpi, sparati alla rinfusa, penetrò la gamba di Dirk che in seguito andrà in gangrena. Dopo un calvario durato circa quattro mesi, vari interventi, emorragie e infezioni che non guarivano, il giovane ragazzo morì lasciando un profondo dolore nel cuore dei suoi genitori e i suoi tre fratelli. Come a voler rincarare la dose di angoscia, pare anche che il Principe Vittorio Emanuele, dopo essere stato assolto a processo per mancanza di prove (era il 1978 e venne condannato solo per porto abusivo di armi, quindi la sua pena fu lieve) si sia persino vantato con un amico di averla “fatta franca”. Un po’ come a dire “oltre al danno, la beffa”. Tutto questo causò nel dottor Hamer un rancore così grande, una così forte rabbia, una così intensa voglia di vendetta che poco dopo gli diagnosticarono un tumore (un carcinoma) ad un testicolo. Anche la moglie di Hamer, Sigrid Oldenburg si ammalò di cancro e morì poco dopo.

Un momento del processo a carico di Vittorio Emanuele di Savoia accusato di omicidio volontario del giovane tedesco Dirk Hamer, Parigi, 1991. ANSA

Questa nuova visione della malattia citata in dottrine come la Psicosomatica, spiega che il tumore viene formato dal rancore. Colui che è rancoroso, non è da vedere come una persona – cattiva – come i nostri schemi mentali ci insegnano. Provare rancore significa anche, semplicemente, avere rimpianti, rimorsi, sopportare in continuazione situazioni che ci provocano profonda insofferenza e sentirci impossibilitati a cambiare le cose… Anche la persona più buona del mondo può provare rancore, magari proprio per se stessa, perché ogni mattina si guarda e non si piace, perché viene trattata come uno zerbino, perché non riesce a reagire, perché non è riuscita ad avverare i suoi sogni… Oppure, ovviamente, si può provare rancore nei confronti di un fatto particolarmente triste che ci è accaduto nella vita. Si può provare rancore inconscio verso un genitore dal quale si desiderava solo amore, si può provare rancore verso un Governo vessatore, verso un lavoro che non ci piace ma dobbiamo fare per poter vivere, mantenerci. La mancanza di una persona cara come un figlio, la non-accettazione di quella perdita e soprattutto il modo in cui quella perdita è avvenuta, può farci provare senso di rivalsa, sofferenza, ingiustizia, collera… sono tutte emozioni che vanno a nutrire il rancore, un sentimento più sopito, più profondo e nascondo, difficile da riconoscere ma assai grande e potente.

Ragionando, il dottor Hamer, ha iniziato a farsi delle domande. Non poteva lasciare i tre figli rimasti senza un fratello e ora senza nemmeno la madre. Non poteva morire anche lui. Doveva a tutti i costi far qualcosa. Doveva guarire. Suo padre, Heinrich Hamer, Pastore Protestante, lo introdusse a studi spirituali e, infatti, Hamer, oltre ad essere un medico era anche un teologo. Iniziò a mettere insieme le sue conoscenze, ad unire, anziché dividere, la scienza dalla spiritualità in un tutt’uno. Lui… era un tutt’uno.

Era proprio dai suoi testicoli che Dirk aveva preso vita. I testicoli simboleggiavano, senza ombra di dubbio, la sua paternità verso quel figlio perduto. Un figlio che, Hamer, non era stato in grado si proteggere secondo il suo – senso di colpa -. I testicoli sono l’emblema del maschio, del creatore, della forza, della protezione, dell’azione, di tutto quello che è maschile. E’ in loro che si forma il testosterone.

Claudia Rainville spiega che un problema ai testicoli può indicare un disturbato vissuto della propria mascolinità oppure una tristezza profonda nei confronti della propria paternità. Il senso di colpa nei confronti di un figlio, che può nascere per svariati motivi, può essere così forte da provare inconsciamente il desiderio di autodistruggerci. Addizionando a questo, come in tale caso, la tristezza incredibile per la grave perdita, tutto ciò diventa un conflitto massiccio dentro di noi, o meglio, dentro un padre. Un nodo duro, doloroso: il tumore.

Convincendosi sempre di più che il suo problema ai testicoli derivasse dal dramma vissuto, Hamer, capì presto che doveva ribaltare dentro di lui la situazione, ossia le emozioni provate. Se a far nascere il tumore furono emozioni di rancore, senso di colpa, vendetta, rabbia, frustrazione, etc… doveva allenarsi a provare l’esatto contrario. Doveva prima di tutto perdonarsi. Amare. Amare qualunque cosa. Amare persino la vicenda stessa. Doveva trasformare l’ingiustizia in giustizia sacra, la vendetta in perdono (per-dono, fare un dono a se stesso) la rabbia in pace, la sofferenza in accettazione. Doveva farlo per lui e per i suoi figli ma… col tempo, dopo aver visto che tutto questo funzionò, decise di farlo per l’intera umanità. Passando questo messaggio al mondo.

Le sue teorie, nonostante lo fecero guarire dal tumore, non avevano però alcuna valenza scientifica e vennero considerate pericolose dalla medicina. Si addebitano ad Hamer centinaia di morti. La scienza calcò pesantemente la mano con – …centinaia di morti innocenti che avrebbero potuto guarire se non si fossero affidati al metodo di Hamer… -. Elenca un bel numero di queste morti ma non le guarigioni, perché anche quelle ci sono state. Ne descrive solo i buffi rimedi e quant’altro.

In altri luoghi, però, si può notare come la casistica di guarigione di malattie considerate degenerative sia stata così impressionante da far vacillare gli edifici della Sanità.

Hamer ha fatto errori? Sicuramente! Ha detto cavolate? Sicuramente! Ma ha anche esposto un concetto.

Hamer spiega, come a livello di tensione o rilassamento della fase simpaticotonica o vagotonica del neoencefalo e del paleoencefalo, ci può essere un’evoluzione o una riparazione del conflitto.

Ricordate quando vi parlai del fatto che siamo formati da ormoni? Gli ormoni, o i neurotrasmettitori, vengono secersi dalle nostre ghiandole in base alle emozioni provate e vanno nel sangue, il quale va a nutrire tutto il nostro corpo. In base a cosa contiene il sangue nutrirà di conseguenza i nostri organi, le nostre arterie, tutto. Vi ricordate anche di quando vi dissi che emozioni negative “induriscono” (tensione) persino le molecole del nostro DNA che resta quindi compresso? Ecco, per Hamer, sarei stata una buona allieva.

Ma questo non mi interessa. Non mi interessa pendere dalle sue labbra, ne tantomeno pensare a lui come a un Dio che non sbaglia mai. Sono dotata di una testa e la uso, almeno dove riesco. Una cosa però è inequivocabile: ha fatto tutto questo per salvare se stesso e gli altri. Ha cercato di espandere questo insegnamento. Pensate davvero che lo abbia fatto per avere morti sulla coscienza? Per avere fama? Quella fama che lo ha obbligato a scappare, a nascondersi, a passare giorni in carcere, ad essere additato come un impostore? Un mistificatore? A non poter più svolgere la sua professione? Può anche essere… D’altronde, Oscar Wilde diceva – Di me… Parlarne bene o parlarne male non importa, purché se ne parli -.

Ho messo alla prova le teorie di Hamer su me stessa. Con il mio corpo. Mi occupo di Alchimia Interiore, per cui, il suo insegnamento è stato condito anche da altre arti che conosco e pensare di poter guarire attraverso un metodo più energetico o spirituale che dir si voglia beh… è possibile. Ci sono stati momenti in cui ho dovuto ricorrere, come aiuto, ai metodi della nostra medicina, che ho sempre ringraziato nei miei articoli precedenti. E’ normale. Non si può pretendere di arrivare a fare un lavoro così eroico dall’oggi al domani. Non si può pensare di riuscire a conoscere il nostro subconscio nel giro di due giorni. La paura stessa, nei confronti di quella malattia che ci ha fatti vittime, ci blocca, nonostante la nostra fermezza di voler procedere in tal senso. Sono le nostre memorie e sono più potenti di noi, ci conoscono da quando siamo nati.

Ciò che è importante fare è avere un interessamento verso questo modo di osservare il disturbo perché, quantomeno, si può migliorare di moltissimo:

1) si possono prendere meno farmaci

2) si può guarire a monte e non a valle, dalla sorgente… e quindi sradicare quel conflitto in modo che il malessere non arrivi più, anziché farlo tornare di tanto in tanto (secondo di che malessere si tratta)

Sciogliere il conflitto, in pratica, evitando così di secernere in continuazione determinati ormoni visti i traumi subiti in passato.

Quella che noi chiamiamo – malattia – è un rimedio che il cervello fa entrare in azione attraverso un programma biologico per la sopravvivenza dell’individuo. Il cervello non fa differenza tra un qualcosa di reale e un qualcosa di immaginario. Se continui a dire frasi come – Questa situazione non la digerisco! Questa cosa mi è rimasta sullo stomaco! Quella persona non la mando giù! – e provi davvero questi stati d’animo, ecco che il tuo cervello cercherà il modo di secernere nel tuo stomaco più acidi, come l’acido cloridrico che ha un potere digestivo molto potente, per poterti permettere di digerire. Da qui, tutta questa emissione di sostanze acide, possono far insorgere: bruciori di stomaco, cellule tumorali, ulcere.

Continuare a prendere il Gaviscon o il Maalox (ringraziamone l’efficacia in caso di bisogno, per carità) ti aiuta ma non risolve il conflitto alla radice. Era infine questo il messaggio di Hamer, le soluzioni che il tuo cervello realizza. Messaggi… come vengono chiamati dalla Rainville in “OGNI SINTOMO E’ UN MESSAGGIO”, un suo bellissimo libro.

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In una Grotta, la mia Grotta, la mia Valle – Conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei

Chi mi conosce sa che amo gironzolare in lungo e in largo per la mia Valle, la quale mi regala la possibilità di vivere a contatto di una Natura splendida e molto variegata.

E’ una natura che parla e mi permette di comprendere molto, anche su me stessa, in quanto mi piace ascoltarla e mi piace tradurre i messaggi che ha da suggerirmi.

Spesso ti ho parlato dello strano e saggio linguaggio del Bosco, oppure dello sconosciuto riflesso degli Animali che possono mostrarci le nostre memorie più nascoste. Oggi, ti porterò in un luogo davvero suggestivo e ricco di informazioni per la nostra crescita personale.

Lo chiamo – luogo – ma non è unico. Lo si può trovare in diverse zone e può essere di varie tipologie. Può essere profondo, stretto, breve, molto scuro, o più illuminato. Può essere umido, puzzolente, pieno di vita, silenzioso. Può disturbare, inquietare, disorientare o piacere molto.

Ti sto parlando della Grotta – un luogo altamente idoneo per osservare il nostro lato più oscuro e provare a esercitarci un po’, in modo alchemico, al fine di conoscere meglio noi stessi ed evolverci.

Alla ricerca della Lapis Philosophorum…

Anche noi abbiamo una “grotta”. Si tratta prevalentemente del nostro ventre ma indica quella caverna cosmica che ognuno di noi ha e non conosce. Tutti siamo formati anche da questo grande contenitore buio, ricco di emozioni, di memorie, di schemi, di sensazioni.

Quando si dice di entrare dentro noi stessi, per osservare anche ciò che di noi non ci piace, si va proprio in queste parti a noi sconosciute anche se crediamo di conoscerle perché nostre.

Non c’è presa di coscienza senza sofferenza. In tutto il mondo la gente arriva ai limiti dell’assurdo per evitare di confrontarsi con la propria anima. Non si raggiunge l’illuminazione immaginando figure di luce, ma portando alla coscienza l’oscurità interiore. Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia – (Carl Gustav Jung).

Siamo convinti di conoscerci al 100% ma non è affatto così. Ed è per questo che i nostri Demoni possono farci reagire come vogliono.

Ci arrabbiamo se qualcuno ci fa arrabbiare, ci offendiamo se qualcuno ci offende, ci annoiamo, ci infastidiamo, ci rattristiamo, ci intimoriamo… certo, sono tutte emozioni umane e comprensibili ma, sopportate o sviluppate in questo modo ci definiscono – schiavi -. Schiavi degli eventi esterni. Siamo in balia di quello che succede nel mondo attorno a noi. E’ lui, con i suoi eventi, le sue persone, le sue situazioni a gestire noi e la nostra vita, noi non siamo padroni di noi stessi. Non siamo padroni di arrabbiarci quando vogliamo arrabbiarci, bensì quando l’esterno lo decide.

Questo accade perché non osserviamo dentro di noi con molta attenzione, pazienza e umiltà. Fa male. Significa vedere e di conseguenza ammettere di provare invidia, ammettere di aver bisogno di stima, ammettere di essere gelosi, egoisti, giudicanti, paurosi, bisognosi, opportunisti, vanitosi, avidi, superbi, manipolatori, incapaci… Non vediamo e non vogliamo vedere quei mostri. Li abbiamo creati come strumenti di difesa per sopravvivere, li abbiamo nutriti, ora sono cresciuti e noi, pur essendo da questi governati totalmente, non ci rendiamo conto di tali giganti che custodiamo nel nostro ignoto Subconscio, in quella nostra “grotta”, ai quali continuiamo a dar da mangiare. E l’Ego cresce assieme a loro. Quei mostri che potrebbero sparire soltanto nell’esser visti. Anzi… a dire il vero, non spariranno ma si tramuteranno in Angeli, cioè in forze, in buone energie utili a noi.

Nel nostro ventre c’è un mare sacro pieno di tutto ciò che noi siamo. Nella nostra mente ci sono stanze alle quali non abbiamo mai voluto accedere. Nel nostro cuore ci sono vibrazioni che non abbiamo mai voluto usare.

Tutte queste parti nascoste sono nostre ma per essere utilizzate, spesso, ci vuole coraggio, impegno, determinazione, gioia.

Ogni volta che entro in una Grotta, tra i monti della mia Valle, o in una caverna, o in una miniera, o in un cunicolo è come se entrassi dentro di me. E’ un cammino. E’ una metafora. Una scoperta. Mi introduco in un qualcosa di nuovo.

Lì dentro fa più freddo. L’aria è diversa. C’è umidità. E’ un luogo quasi sconosciuto, meno noto rispetto al resto. Cerco di porre massima attenzione ai messaggi che mi vengono suggeriti ma voglio anche lasciarmi andare, per percepire al meglio tutto quello che quell’anfratto ha da dirmi e poter vivere le sensazioni che devo vivere.

La Fenice rinacque dalle proprie ceneri, al buio e al silenzio. E’ l’emblema della rinascita, della resurrezione e, di resurrezioni, possiamo viverne diverse durante la nostra esistenza. Ogni scalino verso l’alto è una resurrezione.

Il buio e il silenzio sono i complici migliori che possiamo avere quando dobbiamo conoscere bene noi stessi e quell’altro che abita con noi, dentro di noi, ma che non conosciamo e non valutiamo. Lo abbiamo tutti. Una specie di alter ego che spesso ci manovra come un Mangiafuoco.

Ah! Le fiabe alchemiche…. Quanta ricchezza! Il burattino che si trasforma in essere umano proprio dopo essere stato all’interno del ventre della balena…. Un ventre buio e silenzioso…

Il buio e il silenzio ci spaventano a volte ma sono invece cari amici.

La Grotta, con quel suo buio deciso e perdurante conduce poi anche alla luce, una volta che si esce, e anche questo è un bellissimo messaggio. Ti obbliga, con la sua oscurità, ad aguzzare la vista, ad acuire i sensi, a cercare il chiarore per poi arrivare dove ad accoglierti è il Sole e tutti quei colori sgargianti e vivaci che i suoi raggi illuminano ed esaltano.

Là dentro è come se fossi dentro a me stessa. Che cosa sta accadendo?

Tutto è immobile, fermo da tempo… un tempo diverso da quello che sono abituata a vivere. Un tempo sospeso. Sembra che aspetta di essere “lavorato”, come del pongo da modellare. Certo, nessuno è mai andato a mettere in subbuglio quel luogo. Noi stessi dormiamo per anni sopra alle nostre abitudini, alla nostra comfort zone, ai nostri schemi mentali ripetitivi.

Fa freddo. Non c’è calore. Non c’è nessun tipo di abbraccio materno. E no. dobbiamo cavarcela da soli. Ed è proprio così anche nella nostra evoluzione. Nessuno può aiutarci. Nessun Maestro. Possiamo ricevere consigli ma nessuno può fare quel “lavoro” al posto nostro.

L’aria è pesante, stantia. Da quanto tempo tutto è lì, dormiente. Anch’io, dentro di me, sono stantia. Anch’io re-agisco come reagivo anni fa, sempre allo stesso modo, sempre guidata dalle stesse emozioni. Abbiamo vizi, ossessioni, fobie che girano… e girano… come un criceto sulla ruota imprigionato nella sua gabbia. Ma un Guerriero non re-agisce. Non ripete le stesse azioni come un automa. Un Guerriero agisce e c’è differenza. Il reagire è sinonimo di schiavismo, mentre l’azione è figlia della propria volontà.

Solo nel buio è possibile vedere la luce ma qui non vedo niente. Questo significa che devo mettermi a cercarla o forse crearla. Sono infatti una creatrice. Collaboro costantemente con l’Universo per co-creare la mia realtà. Ne ho la facoltà e la utilizzerò.

Quanto ancora voglio stare qua dentro? Ne ho abbastanza? Voglio uscire in fretta? Voglio restare? Che sensazioni provo?

Conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei – (Oracolo di Delfi).

Sedersi al centro di una grotta e chiudere gli occhi per diversi minuti…

Ci riusciresti? Nonostante il silenzio, alcuni rumori sono pressoché insoliti. Il gocciolio delle stille, la pietruzza che cade, la corrente d’aria gelida che accarezza le rocce. Lo sbattere d’ali di alcuni Pipistrelli. Alcune persone hanno allucinazioni visive dopo qualche minuto, altri hanno paura, altri aprono gli occhi di tanto in tanto, altri non provano assolutamente nulla, altri trovano la beatitudine…

Un viaggio dentro di me. Le pareti sono lisce o a volte ruvide, bagnate o asciutte, una Falena mi conduce dove posso comprendere. E’ tutto frastagliato e aguzzo. Quanto sono tagliente? E perché?

Guardando meglio mi accorgo che c’è più vita di quello che pensassi. Vermi, insetti, anfibi, chirotteri… licheni, aria, acqua… e le rocce stesse che parlano.

Rivolgendomi al loro saggio sapere chiedo di rendermi nota un’esegesi di ciò che sto vivendo.

Hai una di noi sul tuo petto Meg, vero?

Sorrido… – Oh si… un grosso masso mi comprime proprio il basso torace non permettendomi di respirare come io vorrei. Non mi permette di ricevere tutto l’ossigeno che vorrei assorbire, non mi permette di vivere quella splendida sensazione di polmoni pieni, aperti, spalancati… -.

Guardaci, toccaci, amaci. Ci hai creato tu. Siamo tue figlie. Nonostante tutto, meritiamo il tuo amore. Anche il nostro simile, sopra al tuo petto, merita amore, tu l’hai creato. Se riuscirai ad amarlo se ne andrà. Il tuo amore, il tuo perdono, è l’unica cosa di cui ha bisogno, altrimenti peserà sempre di più per riuscire ad ottenere questi doni. Proprio come un piccolo bambino che pesta i piedi e fa i capricci per essere ascoltato, per ricevere attenzioni -.

E che bel tempo che ho raggiunto laddove nelle Grotte che visito non c’è più odore di deteriorato. Dove le rocce brillano e mi sembra di essere circondata da diamanti rilucenti. Dove l’aria, nonostante tutto, è fresca e sa di pulito. Dove il buio non fa più paura ma incita all’evoluzione e con la sua calda voce profonda e suadente mi invita in lui porgendomi la mano.

Non ho paura. Non di soffrire quanto meno. So di essere più forte di qualsiasi dolore. Sono come quelle rocce. Resto. Sono stabile. Granitica. Quelle rocce sono una Madre. Quella loro parvenza asettica si trasforma in abbraccio.

La paura è una cara amica ma non le permetterò di diventare la mia amministratrice.

Non ho più paura di guardare dentro di me. Di essere libera. Di essere me stessa.

Posso aver paura di molte cose ma non di me…

Amati Meg…

Soltanto dopo la notte si può vedere spuntare il sole. Soltanto dopo il temporale si può veder nascere l’arcobaleno. E’ banale ma così vero!

Tutta la bellezza scoperta di quel luogo la possiamo vedere dentro di noi.

Hai paura di entrare in una buia Grotta? Prova a domandarti il perché.

Paura dell’ignoto, del sentirti imprigionato, di non respirare, di non poter più uscire, dell’imprevisto… E come la vedi quella Grotta? Che sensazioni ti da’? Ognuna di queste paure o sensazioni porta con sé una lunga storia. La nostra. Una lunga storia d’amore.

Prosit!

Non riusciamo ad accettare la Verità della Natura e dell’Uomo

E’ come se fossimo stati programmati per non soffrire.

Tutto quello che reca sofferenza lo rifuggiamo.

Al di là di quello che ci reca palesemente dolore, addirittura preferiamo la menzogna al posto di una verità che noi reputiamo – triste – o – scomoda -.

Siamo convinti di volere il “Vero” ma non è così. Chi parla senza mentire non ci piace, ci offende, ci provoca malessere. Risveglia i nostri mostri interiori. Lo definiamo acido, antipatico, talvolta aggressivo.

La stessa cosa accade nei confronti della Natura, laddove vogliamo accogliere solo quello che di lei ci piace: il fiorellino, il cucciolino, l’occhietto dolce, la fogliolina, il semino…

La verità della Natura, quella senza vesti, in tutta la sua selvatichezza, è per noi – crudele -.

Passiamo le giornate ad ambire nel diventare come Lupi ma mai saremmo in grado di accettare le dure leggi di un branco e nemmeno potremmo avere la stessa forza di un Lupo mentre ama la sua solitudine, mentre si mostra totalmente per quello che è.

Dal momento stesso in cui veniamo al mondo, diversi messaggi iniziano a colpirci da vari fronti. Tra questi, un consistente gruppo di informazioni ci suggerisce e ci convince di essere due cose:

COLPEVOLI e INADATTI

Gli aggettivi e le sensazioni correlati a questi due – termini pilastri – sono molteplici:

non sono degno, senso di colpa, non valgo, non me lo merito, condizionamenti, mancanza di fiducia in se stessi, sbaglio sempre…

La nostra mente è colma, anzi satura, di pensieri di questo tipo, costantemente, ogni giorno della nostra vita.

Nasciamo grandiosi, invincibili, potenti, magici per poi divenire, col tempo, “sbagliati, piccoli, micragnosi, tapini”.

Non va bene. E’ molto sofferente tutto questo. Bisogna guarire, modificare ogni memoria, trasmutare tutto ma… ma come si fa? Come è possibile riuscire a fare così tanto? Un enorme, eroico, lavoro così gigantesco che ci stanca alla sola idea. No, non è possibile. Troppa fatica, troppa angoscia.

Da venti, trenta, quaranta, cinquanta anni, i nostri schemi mentali ci portano in una determinata strada e ora, modificare quel sentiero, è un compito davvero troppo arduo. Proprio come scalare la ripida montagna.

E’ molto più facile ricoprire il tutto, tirare giù il sipario, non vedere più niente e andare avanti. Ah! Che bello! Come nascondere la polvere sotto al tappeto.

Dobbiamo proteggerci in qualche modo.

Bello sì… apparentemente è bello. Bellissimo. Occhio non vede e cuore non duole. Peccato, però, che esiste un piccolo, microscopico, insulso problemino… una quisquilia:

NOI NON SIAMO SOLO UN CORPO

Siamo emozioni, ragionamenti, sentimenti, sensazioni, percezioni. Siamo Anima e Spirito. Siamo dotati di una Natura, di una Coscienza, di una Intelligenza.

Tutte queste cose dove le mettiamo? Tutte queste cose sono quelle che si ribellano al sipario con il quale abbiamo deciso di ricoprire tutte le brutture che non vogliamo  vedere ne’ provare.

Si ribellano molto. Come cani arrabbiati. Ringhiano. E il ringhio ci spaventa sempre.

Non accettano che noi, figli della Sorgente Divina, possiamo sentirci anche solo lontanamente dei piccoli esseri indegni.

La lotta dentro di noi è perpetua anche se non la vogliamo percepire. Queste parti di noi sono vive e crediamo di stare bene ma non è così perché ci appartengono più di quello che pensiamo.

Tentiamo di proteggerci ulteriormente, tentiamo di ricoprire sempre di più, aggiungiamo sipari alle tende già spesse che abbiamo posizionato precedentemente. Non voglio sentire! Non voglio vedere! Non voglio provare! Via! Sciò!

Via da noi tutto quello che ci fa star male.

Per questo rifuggiamo la verità. Perché la verità è quello che dice la parola stessa – Verità – dal latino “veritas” da “verus” e cioè “vero” e dal sanscrito “vrtta” e cioè “evento, fatto, accadimento”. Che combinazione!

Sapete che il nome del colore – Verde – deriva dal latino “viridis”, stessa desinenza quindi, e significa “tornare alla vita”? Trovo emozionanti questi collegamenti.

La verità è che:

– non mi piaci, ti rifiuto, posso vivere bene anche senza di te e questo non lo accetti, ti fa male, sveglia in te il senso dell’abbandono che tanto ti fa soffrire

– una leonessa può decidere di uccidere un suo cucciolo se lo ritiene necessario ma tu non lo accetti perché, per la tua morale, il senso del tuo giudizio è più forte

– puoi essere amato, tanto amato, ma questo ti sembra impossibile, ti senti preso in giro e reagisci come chi è ingannato, combinando veri casini

– davanti al famosissimo “quieto vivere” io metto il rispetto per me stessa e se una cosa mi fa male o non mi va bene te lo dico

– quella malattia, o quel disturbo, o quell’inestetismo vuole recarti un messaggio al quale tu non credi e, pur non credendoci, lo consideri – brutale –

Chi mostra schiettamente e in modo viscerale i suoi sentimenti, di qualsiasi genere essi siano, viene deriso, o giudicato, o allontanato. Viene considerato presuntuoso, pazzo, collerico, sdolcinato, noioso, superficiale, aggressivo, menefreghista… l’importante è definirlo per capire bene che tipo di – nemico – abbiamo davanti. Questo accade perché chi ascolta non è pronto a ricevere quella verità. Si sente giudicato da quella verità, si sente in colpa, si sente oppresso, infastidito, offeso… e allora giudica egli stesso.

Per favore, non parliamo di – tono – con il quale vengono dette le cose. E’ un punto importante ma il mio discorso è un altro.

La Natura non è cattiva è soltanto inesorabilmente indifferente. Non ha le tue emozioni PERCHE’ NON HA LE TUE MEMORIE. Le tue emozioni nascono da quei messaggi che citavo prima e che ti hanno colpito da vari fronti. Senza palesare il fatto che tu sei un Essere Umano, il più potente ed elevato Essere emanazione dell’Intelligenza Cosmica Creativa.

L’altro Essere Umano, che ti parla schiettamente, non è cattivo. E’, come la Natura, indifferente a quelle tue emozioni PERCHE’ NON HA LE TUE MEMORIE. Ne ha sicuramente altre ma non ha le tue ed è un bene. E’ un bene perché soltanto chi non ha le tue memorie, ma allo stesso tempo ti riflette e appare nella tua vita, può farti da specchio. E’ l’unico modo che hai per leggere le pagine del Subconscio che altrimenti non saresti in grado di vedere.

Mentre tu cerchi di sconfiggere quel dolore, o allontanarlo da te, lui è lì per aiutarti. E’ lì affinchè tu possa lavorarlo, trasmutarlo ma, come dicevo prima, è troppo faticoso ed eroico.

Elevati. Impara ad accettare, sinceramente, con il cuore, la verità in qualsiasi sua forma. Impara ad accogliere tutto quello che arriva senza giudizio.

Accetta che dei gatti possano morire, che quell’amico possa tradirti perché è opportunista, che una ferita possa infettarsi, accetta tutto. Solo attraverso la vera accettazione ci può essere la cura.

Prenditi cura di ogni forma di vita. Amala. E da questo impara ad amare te stesso.

Osserva la bellezza in ogni sua manifestazione.

Le persone dicono di esigere la verità ma non è così. Vogliono la ragione, vogliono sentirsi dire << Ok >>, vogliono il perdono, il complimento, il << Va tutto bene >>, così… Sans souci (senza preoccupazioni). Sono già tanti i problemi nella vita, si vuole solo il bello. Senza rendersi conto che quel – bello – arriva solo dopo essere riusciti ad accogliere.

La crudeltà, la cattiveria, la violenza sono tutt’altra cosa.

Impariamo ad accettare gli insegnamenti, impariamo a lavorare il dolore.

Sia la Natura, con i suoi adattamenti, la sua determinazione, la sua libertà, la sua indifferenza… sia l’Uomo con i suoi comportamenti, con i suoi sentimenti, con le sue azioni… ce lo stanno insegnando.

Se decidiamo davvero di “amare la Natura”, come spesso si sente dire, dobbiamo comprendere che dobbiamo riuscire ad amare tutto di lei, anche l’Uomo, che è il suo massimo esponente. E anche quello che ci appare troppo selvaggio.

Davanti ad una scomoda verità proviamo a capire il messaggio che si nasconde.

Davanti alla morte di una pianta proviamo a capire il messaggio che si nasconde.

Esiste la RINASCITA. E, per rinascere, deve prima esserci la morte che l’Universo non contempla come noi.

Prosit!

La Fiaba di chi ti fa del male

PREMESSA:

Ciao, se hai intenzione di leggere questo articolo intendo avvisarti che stai per leggere una storia un po’ strana che forse stona molto con il tuo modo di pensare. Questo potrebbe portarti ad avercela con me, a pensare che io non conosca la sofferenza ma credimi, non è così. Intendo solo aiutarti, provando a darti una nuova chiave di lettura. Certamente non posso conoscere la tua sofferenza ma, davanti ad essa, qualunque sia, io mi inchino umilmente, rispettandola, ma voglio comunque provare a donarti una nuova luce. Una luce difficile da vedere ma che c’è, esiste. Te la offro perché ho avuto la straordinaria bellezza di conoscerla e possederla e mi ha fatto un gran bene, anche se ci sono voluti anni affinché io capissi che cosa questa luce stava illuminando dentro di me. L’ho detestata, mandata via, offesa. Ho provato a non riconoscerla ma ormai mi era entrata dentro e qualcosa, ogni volta che stavo male, mi portava a lei.

Oggi, nonostante tutte le angosce, le difficili prove che ho dovuto superare, i periodi di buio, devo ammettere che mi ha aiutata tantissimo e, in alcuni importanti casi, mi ha persino mostrato una soluzione che per me è stata una resurrezione.

Per questo intendo soltanto condividerla con te. Come a parlare tra me e me. Non ci sarà superficialità nelle mie parole. Non mi permetto di affermare quanto soffri ma posso permettermi di dire che questa luce arriva dalla Sorgente Divina che ci ha creato e non vuole farci del male ulteriore. Tutt’altro. La nostra Mente, però, per un ovvio processo di evoluzione e di sopravvivenza, ci fa vedere tutto all’incontrario. Ben venga. E’ tutto giusto. Ma possiamo anche guardare oltre

Immagina… Chiudi gli occhi e immagina…

Immagina di essere una forma senza materia. Quasi come ad essere un fantasma. Sei nell’infinito e fluttui assieme alle stelle delle quali sei figlio e fluttui nell’Energia Creatrice della quale sei sacra emanazione. Attorno a te, altri corpi che corpi non sono, galleggiano in quello spazio cosmico e siete come scintille. Sei contornato da nuvole di vapore dal colore rosa e, dietro loro, si staglia l’azzurro prima dell’antracite che dimostra quello spazio immenso e senza fine.

Accanto a ciò che sei, altre forme come te, senza fisicità ma che sembrano insiemi di polvere di stelle, ti ondeggiano vicino.

Ad un certo punto, una di queste forme ti rivolge la parola e ti dice – Ciao! Quando andrai sulla Terra? -. Tu non lo sai con precisione, perché dove sei tu non esiste il Tempo e quindi rispondi – A breve -. 

Questa forma ti sorride e continua – Va bene! Sappi che io sono stata arruolata dalla Grande Fonte per farti del male, scenderò con te sul Pianeta. Ad un certo punto della tua vita terrena mi incontrerai e io ti farò soffrire moltissimo -.

Tu sei stranito, non capisci il senso di quelle sue parole che appaiono brutte e negative ma quel suo sorriso è così dolce che non riesci a provare emozioni distruttive. Attorno a te, inoltre, è tutto così bello e le sensazioni sono così meravigliose che ti senti bene, nella beatitudine più totale e non provi nulla di male. Tutto questo ti lascia perplesso e vuoi saperne di più, allora chiedi – In che senso mi farai del male? E perché? -.

Quella forma, alla quale hai fatto questa domanda, ti sorride ancora di più e inizia a spiegarti capendo che probabilmente sei nuovo da quelle parti – Beh, è molto semplice. Siamo Anime ora. Lo eravamo prima e lo siamo di nuovo. Solo Anime, senza più corpo. Tra poco ti incarnerai ancora in un fisico, come hai fatto diverso tempo fa. Hai condotto una splendida vita nella materia ma non sei riuscito a trasmutare molti mali che ti appartengono tuttora e distruggono l’immensa divinità che sei come Figlio dell’Universo. Ricordi? Eri ricco, avevi una bellissima moglie, una grande casa, la notorietà ma eri schiavo del Demone del Giudizio degli altri, ne avevi paura e questo ti soffocava. Poi, se fai mente locale, eri anche molto ansioso e ti arrabbiavi facilmente! Oh! No… Tutto questo la tua Anima divina non può accettarlo… Noterai ora che erano solo bazzecole vero? Bene. Quando sei tornato qui, non sei venuto subito tra questo spettacolare luogo di pace che gli umani chiamano “Paradiso”, bensì ti è stato mostrato che cosa non sei riuscito a modificare di te per diventare sempre più Spirito e non solo Corpo. Anche se vai sulla Terra non puoi dimenticare chi sei veramente! Ora, quando tornerai giù, bisogna che qualcuno ti aiuti e io sarò uno di questi. Dal momento che patisci moltissimo il Giudizio degli altri, io ti giudicherò e ti valuterò negativamente in modo da farti sentire tanto dolore. Solo in questo modo, attraverso la sofferenza, potrai guardarti dentro, comprendere quanto tutto questo faccia male e decidere di trasmutarlo a tuo favore. Ma non sarò l’unico… saremo in tanti e appariremo a te per tutta quella vita terrestre, sempre al fine di giudicarti, affinché tu veda il Giudizio tuo che serbi dentro perché, in realtà, sei tu il primo a giudicare te stesso, noi saremo i tuoi specchi perfetti –

– Ma perché tutto questo se io ce l’ho già dentro, a che servite voi? – chiedi tu, a quel punto, un po’ stupito.

– Vedi – risponde quella forma che man mano diventa sempre più bella, quasi ad essere angelica – Immagina di essere spettinato ma di non avere uno specchio davanti. Oppure di avere una macchia sul viso ma sei comunque senza specchio. Non noteresti nulla. Ti serve per forza uno specchio per vedere -.

– Ok, ho capito ma… perché in questo modo che mi sembra un po’ severo, doloroso… –

– E’ facile da capire. Semplicemente perché rispecchiamo quello che Tu sei. Se senti dolore è solo perché tu, dentro di te, provi cose dolorose per la tua meravigliosa natura intrinseca e il bambino sacro che porti dentro per tutta la vita, ossia l’essere puro e speciale che eri un tempo. Noi ci limitiamo a riflettere. Se tu provi cose buone noi riflettiamo cose buone ma se tu provi cose “cattive” come: la rabbia, la tristezza, il fastidio, il giudizo, etc… noi riflettiamo quello… se ti fanno male è un problema che devi risolvere. Quando provi rabbia celata neanche ti rendi conto di quanto male ti stai facendo, per questo ognuno di noi ti mostra pagine della tua vita che altrimenti non potresti vedere –

– Perché non le vedo? –

– Perché appartengono a delle memorie antiche. Un tempo sono stati per te mezzi di difesa per sopravvivere davanti ai demoni di chi ti stava vicino, di chi ti ha cresciuto, di chi hai incontrato e tutte queste memorie arcaiche finiscono in un posto della tua mente chiamato “subconscio” e quindi invisibili a te se non effettui un lavoro di meticolosa perlustrazione atta all’evoluzione –

– Ma quindi incontrerò anche chi mi farà vedere del bello? –

– Certamente! Guardati intorno… vedi tutte queste forme che ti sorridono? Sono tutte pronte a scendere con te. Quella che sembra color arancio sarà tua madre. Lei si complimenterà sempre molto con te ma solo se le dimostrerai che farai quello che lei desidera… E guarda quella là in fondo… lei ti tradirà e tu piangerai moltissimo e non mangerai più per tanti giorni. Ti innamorerai di lei ma lei ti abbandonerà per un altro al fine di farti capire che non vali nulla… –

– Cosa?! Ma è assurdo! –

– Oh! No! Non è assurdo! E’ tutto perfetto! Non riesci a comprendere che lei sta eseguendo un egregio lavoro perdendo persino il suo libero arbitrio per te! Lei ti farà vedere chiaramente che tu, per te stesso, non vali nulla! Non capisci cosa sei veramente! Una scintilla dell’Energia Cosmica! E invece ti tratti come ad essere un tapino smarrito… Tu… sei Dio! Riconoscilo! Ricordalo sempre! Non dimenticarlo mai! Solo grazie a lei effettuerai un lavoro di trasmutazione e finalmente ti riconoscerai Dio! E sarà bellissimo! Fidati di me… ancora non puoi capire cosa proverai… –

Resterai attonito dopo aver udito quelle parole. Ti sembreranno incredibili ma qualcosa ti dice che non puoi considerarle sbagliate. Tutto quello al quale riuscirai a pensare sarà che… in effetti… visto in questo modo, tutto assume un altro aspetto.

Immagina… chiudi gli occhi e immagina… immagina se davvero tutto fosse così in dimensioni che non conosci… ma che esistono…”.

Prosit!

Se parli sottovoce in Chiesa fallo anche nel Bosco

Alla Natura piacciono le grida di gioia, di entusiasmo, di stupore. Piace sentire la voce forte di chi emana sorpresa meravigliandosi grazie alle sue bellezza ma un conto è esclamare in quel momento, o in determinate occasioni, mentre un altro conto è parlare a voce molto alta, per tutto il tempo, come ad aver a che fare con dei sordi.

Vorrei porre un esempio, non penso che durante la celebrazione della messa, uno si permetta di entrare in Chiesa e urlare dalla porta d’entrata a quello che sta seduto alle prime panche dall’altare – Ahò! Mario! Guarda che la borsa è rimasta in macchina!!! -. Vero? Non lo si fa neanche in un Museo. E allora mi chiedo perché invece in un bosco debba capitare. Ovviamente non mi riferisco ad una sola frase ma a veri e propri dialoghi continui.

Beh, è ovvio, la Chiesa è considerata un – tempio sacro – al quale bisogna portare rispetto, che si sia credenti o meno. Questo ce l’hanno insegnato la morale e l’educazione che abbiamo ricevuto da società, famiglia, scuola da quando siamo bambini. Se bestemmi in pubblico, in televisione per dire, vieni punito, ma se urli in un bosco no. In un luogo esiste l’offesa, la mancanza di rispetto, in un altro no.

Che poi, a sbraitare si consumano così tante energie…

Non intendo giudicare un determinato comportamento ma più che altro mi preme far riflettere su quando si dice (perché lo dicono in molti) – Io considero gli alberi degli esseri viventi – oppure – La Natura è viva -. Oppure ancora – Io amo la Natura – e – Io sono connesso alla Natura -. Mhmmm… sei sicuro? Hai bisogno di urlarti le cose quando parli tra te e te?

Con la mente e la voce professiamo queste frasi convinti di provare veramente una comunione totale con il mondo naturale, in realtà è solo la parte materiale che ha interesse su di noi.

Sia nei nostri confronti, che verso il mondo, consideriamo solo (o quasi) la parte di materia, quella che possiamo toccare, vedere, sentirne gli odori. Allora per noi esiste. La parte che invece non vediamo e non tocchiamo non la consideriamo. Se la considerassimo veramente, quando siamo in un bosco, non vedremmo filari di tronchi con fronde ma… spiriti. Mi si passi il termine. Agglomerati di energia viva e con tanto di sentimenti e intelligenza. Non parlo di sentimenti umani ma risposte vibrazionali.

Vedremmo un insieme di vite, così come vediamo un insieme di vite (le persone) all’interno di una Chiesa. In una Chiesa facciamo silenzio anche quando è vuota ma il bosco non lo consideriamo, nel nostro cuore, un tempio sacro.

Non ci rendiamo conto che urlando stiamo mancando di rispetto ad un intero ambiente, alla biocenosi che lì vive in una sua armonia, sintonizzata al suo suono.

Noi non siamo “ospiti” nella Natura perché noi siamo Natura e vibriamo assieme in un tutt’uno con lei nell’Universo. Ma è anche vero che chi abita quell’ambiente non è abituato ad averci. E’ quindi opportuno moderare i toni per evitare di spaventare gli animali che sono abituati ai loro suoni.

Immaginatevi se uno entrasse in casa vostra e iniziasse a urlare, incurante della vostra sensibilità, dei vostri vicini di casa o degli animali domestici che avete. Vi piacerebbe? Non penso.

Di certo, urlando per tutto il tempo, di animali potrete vederne ben pochi ma comunque ci sono. Tra l’altro, hanno un udito molto più sensibile del nostro e, in più, la nostra voce riecheggia. Dentro alle loro tane, spaventati e turbati da quel frastuono, Scoiattoli, Ghiri, Uccelli, Camosci, Lupi, etc… si stanno chiedendo cosa caspita stia accadendo.

Per chi crede nel Dio del Cristianesimo e si preoccupa, con molta attenzione, di fare silenzio all’interno di una struttura religiosa costruita in pietra e cemento, suggerisco di osservare come Dio sia anche lì, tra quegli alberi, quei fiori, quel verde. Quel mondo vivo e palpitante. Non c’è differenza.

Non dev’essere una questione di educazione ma di “rispetto”, intrinseco, che si nutre dentro e allora lo si ha verso Tutto non solo verso quello per il quale ci è stato insegnato. Se si attua questa forma di rispetto verrà normale abbassare il tono della voce, evitare di buttare immondizia a terra, estirpare senza senso fiori o frutti, etc… in quanto ci rendiamo conto maggiormente che siamo lì per dare (il rispetto appunto) e non soltanto per prendere. Come dare ad un amico, ad un figlio, ad un parente, al proprio cane… è la stessa cosa.

Più che un articolo forse questo è un appello che mi premeva fare. Sta arrivando la bella stagione e, dopo mesi di lockdown, segregati in casa, si ha voglia di uscire. Ricordatevi che, come dico sempre, la realtà risponde a ciò che siamo. Se non rispettiamo non riceveremo rispetto.

Prosit!

L’Ansia riposa nell’Apparato Digerente

Prima di andare al nocciolo del discorso chiarisco che l’Ansia è data dalla Paura (che trova sede nei Reni) e porta Tristezza (che ha sede nei Polmoni) quindi, si hanno sicuramente manifestazioni anche da parte di questi organi ma c’è un intero apparato, nella quale essa riposa, si nutre e si trastulla, che è il nostro Apparato Digerente, in principal modo simboleggiato dallo Stomaco e dall’Intestino e, devo dire, anche dal Pancreas.

Dallo Stomaco, inoltre, spesso, si mostra anche sulle labbra attraverso l’Herpes Simplex.

Ma iniziamo a parlare di lei. Che cos’è l’Ansia? E’ un’emozione, figlia della Paura, che da questa nasce, piccola piccola, dentro di noi (nel nostro “mare dentro” – cioè il Ventre) e cresce fino a diventare la nostra padrona.

Naturalmente, la percepiamo poi anche nella testa, nel senso che sono i pensieri a far nascere determinate sensazioni e stati d’animo: attacchi di panico, stress, fobie, ossessioni, timori, preoccupazioni, etc… fino ad arrivare a quelli che possiamo definire “Demoni” che, a causa dell’ansia, Demone anch’essa, ci fanno diventare: avidi, lamentosi, egoisti, gelosi, possessivi, rabbiosi, nevrotici, inebetiti, etc…

Quindi, si nota chiaramente come sia uno stato emotivo che ci opprime ovunque, in tutto ciò che siamo e che governa tutto ciò che facciamo o come reagiamo.

Le cause che indicano un malfunzionamento del nostro Apparato Digerente, il quale parte dalla Bocca e finisce all’Ano, sono molteplici e comprendono ogni tipo di disturbo, dai denti/gengive – non riuscire a prendere delle decisioni (paura) alla defecazione, stitichezza o diarrea – trattenere le emozioni o espellere ciò che ci agita (paura). Più, tutto quello che ci sta in mezzo. Ma, a predominare su tutto, c’è sempre lui, uno stato d’Ansia, celato o meno, che coordina il nostro vivere.

Esso può essere molto intenso, altamente visibile anche esteriormente o più nascosto, leggero, ma comunque perenne. Quest’ultimo non sfocia in crisi o eventi eclatanti ma logora nel quotidiano, rosicchiando parti di noi come un tarlo.

Detto questo, se mi riferisco al periodo che abbiamo appena vissuto non ancora del tutto finito e che ricorderemo come il periodo del Corona Virus, mi vien da pensare che di ansia, alcuni di noi, possono averne provata tanta. Vuoi la paura nei confronti di un nemico invisibile, vuoi il convivere con persone che non stavano bene, il terrorismo psicologico, il dover lavorare nei settori che facevano di tutto per salvare vite umane… insomma, è sicuramente stato un momento della nostra vita molto stressante e potrà capitare, se non lo ha già fatto, che il nostro organismo “scarichi” questa tensione in qualche modo. Attraverso cioè un disturbo all’Apparato Digerente.

Ovviamente questo vale anche per chi si porta dietro malesseri da tempo, tuttavia, l’importante è comprendere cosa il nostro fisico sta cercando di dirci. Serbiamo in noi una sorta di agitazione. Possiamo essere compressi. Inquieti. Destabilizzati. Anche se non ce ne accorgiamo.

Siamo, e siamo stati, tutti vittime dell’apprensione, fosse anche solo per aver tentato di tranquillizzare chi era con noi, quindi, se dovesse capitarci di risentirne, nelle zone che vi ho detto, cerchiamo solo di rilassarci il più possibile provando, assolutamente, di immaginare il bello e la tranquillità intorno a noi.

Con amore, massaggiamo la nostra pancia come a coccolarla, doniamo a lei pace, come una madre farebbe con una figlia e ripetiamo a noi stessi che tutto si è sistemato, che stiamo bene. Anche se ci vediamo circondati dai problemi e anche se proviamo malessere, diciamo ugualmente queste cose e queste parole amorevoli perché, se riusciamo a convincere il cervello, poi tutto si sistema.

Non dimentichiamo che la pancia è la nostra seconda intelligenza. Lì dentro avvengono importantissimi meccanismi che hanno a che vedere con tutto il nostro Essere e, trattando bene lei, significa trattare bene noi stessi. Cullandoci, rasserenandoci e mostrandoci la vita che preferiamo.

Per circa tre mesi abbiamo permesso alla Paura di coordinare la nostra vita, adesso, meritiamo di farci amministrare dalla serenità.

Prosit!

Photo metropolitano.it – melarossa.it – tes.com – dilei.it – freepick.com – wipradio.it

Il Linguaggio delle Colombe

In questo periodo, oserei dire tragico sotto diversi aspetti ben più gravi del Covid-19, che ci ha unito a livello mondiale, la Paura è stata (ed è ancora) il collante che ha saldato assieme le genti.

Evitiamo di pensare a persone abbracciate tra loro pronte ad affrontare il nemico, evitiamo di immaginare fantastiche scene di scozzesi, fedeli servitori di William Wallace contro il Re inglese carichi di orgoglio e coraggio, evitiamo di credere alla bontà d’animo, all’aiuto reciproco, al perdono, al silenzio… non c’è stato nulla di tutto questo.

A sommergere gli animi è stato il terrore, il popolo era malato di spavento e la bontà appartiene agli impavidi perché il cuore, dove lei trova sede, è un organo cazzuto.

A insinuarsi tra quelli che definiamo – umani -, l’angoscia. Quella fatta di pece, che ti si appiccica addosso, e mentre cola via, senza mai abbandonarti, ti trasforma in un essere che non eri. Che non sei.

Il Demone della Paura trasforma, aliena, rende mostri.

Si potrebbe dare la colpa al Sistema, alla comunicazione, al terrorismo mediatico, invece non sono d’accordo. Direi che ognuno dovrebbe assumersi le proprie responsabilità. Tutti noi abbiamo aperto la nostra porta alle notizie ma c’è chi ha scelto quali messaggi lasciar entrare, c’è chi ha valutato e chi non si è lasciato modificare, come pongo molle, da quello che investiva le sue orecchie. Pertanto sì, in tutto questo marasma, c’è anche chi quella famosa bontà, in quel cuore non codardo, è riuscito a mantenerla e a nutrirla ma, ahimè, pochi… pochissimi confronto a tutti quelli che come licantropi al chiar di luna si sono mutati in lupi famelici pronti ad azzannare carni.

Ora, le fondamenta che reggono le basi della nostra vita sono fatte di sgomento e ossessione per la maggior parte. Un’ossessione urlata, ripetuta fino alla nausea. Paranoica. Un’ossessione che fa vedere colui che non la pensa come te un diverso, naturalmente maligno, da deridere, umiliare, punire, annichilire.
Si osanna la ghigliottina, la sedazione forzata, la tirannia verso chi osa dire – Io non ho paura -.

La Paura ha trasformato l’Essere Umano in un qualcosa che in quaranta anni non avevo mai visto.
E ciò che vedo non mi piace… Non avrei mai creduto di leggere o ascoltare cose, da persone che conosco da sempre, che non stanno ne in cielo ne in terra. Maligne, terribili.
C’è chi ha l’amico medico e quindi detiene la verità assoluta in tasca, chi augura agli altri la malattia e la morte, chi “guai se ti levi la mascherina” confondendola con il Sacro Graal, senza neanche essersi chiesto come davvero si muove un Virus e cosa realmente può o non può bloccare questo aggregato molecolare. Non sei libero neanche di scherzare o puoi finire al muro perché, oggi, c’è chi sente passare un’ambulanza e lo dice. Come se prima, le cinquecento ambulanze che passavano ogni giorno non fossero mai esistite.
L’Essere Umano trasformato dalla comunicazione che giunge alle sue orecchie. Quanto siamo fragili.

E allora mi chiedo davvero dove cavolo è andato a finire il parlare del nostro cuore. Come sia possibile che essendo noi, un’emanazione dell’amore universale, possiamo arrivare ad esternare così tanto odio. Possiamo renderci così burattini di un Demone che ci tiene nelle sue grinfie.

Mai come ora c’è bisogno di un linguaggio colmo di compassione, di genuina dolcezza, di umiltà e di perdono. Ce n’è stato bisogno, tantissimo, ma era più comodo lanciare strali dai divani, sui quali, raggomitolati e dormienti, si tremava davanti ai nuovi decreti. E chi provava a ribellarsi a tutto questo doveva essere condannato a morte.

Mai come ora c’è bisogno di pietà, c’è bisogno del candore delle colombe, della purezza dei bambini che in tutto questo tempo hanno obbedito senza lamentarsi, nella totale accettazione e senza infangare il prossimo. In loro è ancora vivo il germoglio della fratellanza che noi abbiamo perso molto tempo fa.

Ma che se ne dica, questo cancro non mi colpirà mai. Datemi della buonista, giudicatemi come volete, ha poco interesse in me. Ciò che mi preme è restare pulita, degna, umana. Questa è la vera sfida, laddove – sfida -, come termine, è persin sbagliato. Questo è il vero Virus, laddove Corona ha provato a portarci ma forse non lo abbiamo compreso.

Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza – (Dante Alighieri).

Questo non è buonismo. E’ semplicemente il rendersi conto di non essere solo un corpo ma qualcosa di molto di più. E’ comprendere di non voler essere schiava di nulla, neanche di un mostro che si materializza davanti ai miei occhi, che si inventa, che si inventano, che esiste oppure no. Non sono schiava di questo ambaradan bensì cosciente a me stessa e so da dove arrivo.

Grazie a chi ha avuto il coraggio di dire la sua, a chi si è dimostrato ribelle senza danneggiare, a chi ha ragionato con la sua testa, a chi ha avuto l’umiltà di non trasformarsi in ciò che non era, a chi ha voluto ascoltare più campane, a chi si è sentito perso, confuso, destabilizzato ma non ha mai fatto del male ad altri neanche con le parole. Grazie a chi ha saputo amare chiunque, anche i più biechi, anche i più inetti. Grazie a chi ha aiutato.

Ammetto che più volte, l’emozione dell’ira, ha provato a rendermi sua serva. In alcuni momenti ho persino quasi ceduto ma sono riuscita a non dargliela vinta e non mi riferisco a quella bella rabbia sana ed energica che è bene provare. Ho sentito la collera per quegli uomini che avrebbero ucciso senza ritegno, che credevano di sapere, che amavano diffondere paura e pretendevano di spaventare ma, sforzandomi, sono riuscita a trasmutare questa emozione e ritrovare la centratura. Volevo solidarietà, volevo amnistia, intelligenza, indulgenza e ne vedevo troppo poca. Solo dopo essere riuscita a far calare il torbido velo che appannava la mia vista ho notato che tutta quella paura, quella ferocia, quella sofferenza, mi appartenevano. In qualche modo riflettevano frammenti di me stessa. Nessuno ne è immune ma pochi hanno voglia di lavorare come antichi alchimisti trasformando questi ingredienti.

Ciò che come esterno m’appare è in realtà il succo del mio cuore – (Conte di Cagliostro).

Nel buio del mio antro ho provato a modificare quel piombo in oro ed è stato allora che è arrivata la bellezza. E’ stato allora che emanando amore ho visto amore. Che divulgando gratitudine ho notato la gratitudine. Che restando retta, centrata e indissolubile, nei confronti della debolezza ho vinto. E’ stato allora che ho capito come tutto questo non sia riuscito ad intaccarmi. Per questo vincerà tutto il mondo.

Perché ci vorrà ancora tanto tempo ma saranno le colombe a cantar vittoria un giorno. Tutto questo è destinato a sgretolarsi e allora l’uomo sarà libero. Libero soprattutto di poter amare. Senza paura. Perché è proprio come se facesse paura perdonare, “farla passare liscia”, avere misericordia. Si diventa avidi, egoisti, oppressori pur di accertarsi la sopravvivenza. Senza rendersi conto che ci si inoltra in un sentiero di morte lenta, che non porta a nulla, e che fa vivere con l’animo annientato.

Divulgate parole buone. Divulgate energie di benevolenza. L’Umanità ne ha bisogno. Ne ha bisogno più del pane che crede indispensabile. Ne ha bisogno come ha bisogno di respirare.

Prosit!

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Puoi ricevere solo l’amore che sei in grado di contenere

Quante volte abbiamo sentito dire da diverse persone, o abbiamo pronunciato noi stessi, la triste frase – Io non mi sento amato -. Molto spesso la si esprime in momenti di puro sconforto, quando sembra che tutto il mondo abbia deciso di rifiutarci ma, in realtà, non la pensiamo davvero. Ci sono casi però in cui veramente non si è amati e questo è uno dei più brutti “sentire” che può capitare ad un essere umano, il quale vive d’amore e ne ha bisogno come l’aria che respira.

Arrivare a riconoscere di non essere amati significa mettersi di fronte ad una realtà cruda, dolorosa che fa male e ci annienta.

E’ in questo momento però che occorre agire, nonostante la sofferenza, e creare una nuova realtà, più piacevole per noi. Rendendoci responsabili.

Quando si riesce a riconoscere come stanno le cose e a trarre determinate somme, siamo sempre troppo predisposti a dare la colpa e la responsabilità agli altri, al mondo che ci circonda. Il nostro pensiero, oltre a comunicare – Io non sono amato –, e oltre a suggerire – Io sono sbagliato e quindi non sono amato –, tenta sempre di caricare l’altro della responsabilità di quell’amore. – Sono gli altri che non mi amano -. I motivi possono essere mille, possiamo dare sciocche colpe deleterie a noi stessi, possiamo dire che il mondo è cattivo, possiamo pensarla in tanti modi ma, alla fine, sono sempre gli altri che non ci amano.

Ma le cose, in verità, non stanno così. Gli altri non hanno potere su di noi, gli altri possono soltanto riflettere ciò che noi abbiamo dentro.

Se, per assurdo, misurassimo l’amore che possediamo in quantità e se potessimo dire, per esempio, che dentro di me c’è amore solo al 20% non potrò essere amata al 60% ma soltanto al 20%. Una cifra ridicola, povera, ma è semplicemente la quantità che possiedo io e gli altri non possono darmene di più e neanche di meno.

Per questo, quando qualcuno dice – Nessuno mi ama –, nonostante la tenerezza che questa frase può fare, in quanto tale concetto fa realmente soffrire, occorre insegnare a quella persona a nutrire l’amore dentro di sé anziché restare a piangere incolpando l’esterno.

Se tu non ti ami o non ami il mondo, non puoi pretendere che sia il mondo ad amarti.

Non puoi contenere l’80% d’amore se dentro di te c’è spazio solo per il 20% perché l’altro spazio è già pieno di altro. Ad esempio di altre emozioni come: fastidio, paura, rabbia, svalutazione, tristezza, biasimo, invidia, insopportazione, preoccupazione, bisogno di riconoscimento, etc…

Bisogna svuotarsi di tutta questa “spazzatura”, di queste emozioni negative e fare spazio all’amore. L’amore prenderà immediatamente il sopravvento anche se, arrivare a questo momento è un lavoro arduo ma quando si giunge a questo punto l’amore non permetterà a nient’altro di occupare il suo spazio. Quello spazio che è stato preparato appositamente per lui e, senza bisogno che tu faccia nulla, in quell’istante sarà lui a fare tutto. Riempiendoti di se stesso.

Immancabilmente noterai che anche gli altri inizieranno ad amarti di più. Tu vedrai e comprenderai più amore da parte loro perché vedi solo quello che hai dentro. Nel bene e nel male. Alcune persone se ne andranno dalla tua vita e ne arriveranno altre che ti ameranno moltissimo oppure, dalle solite persone, come ho detto, noterai fuoriuscire più amore nei tuoi confronti.

Con questo discorso, se sei un individuo che non si sente amato, non intendo dire che sei una brutta persona. Intendo consigliarti di guardare dentro di te e notare che non ti ami e non nutri sufficiente amore perché sei troppo preso da altre emozioni che sono tutte meccanismi di difesa che hai mantenuto vivi per sopravvivere. Ora però, forse, è arrivato il momento di vivere anziché sopravvivere e quindi, visto che non hai colpa alcuna e sei un essere perfetto essendo una scintilla di Dio, cioè del Cosmo, dovresti provare a preoccuparti di te stesso da un punto di vista più intrinseco e non della tua esistenza materiale.

Non passare più il tuo tempo a fare del vittimismo o a soffrire realmente, cerca di costruire in te tutto l’amore che meriti. Sii il protagonista della tua vita. Permetti a quella fonte divina che ti nutre di invadere ogni centimetro del tuo corpo e permetti poi a quelle vibrazioni amorevoli di spargersi per il Creato. Sarà allora che vedrai arrivare da ogni dove amore per te. Provaci. Ti sembrerà di vivere un miracolo.

Non è vero che gli altri non ti amano. Sei tu che non riesci a vedere più amore da parte loro e non puoi ricevere più amore da parte loro.

All’inverso…. E qui arriva il brutto… una persona non può essere aggressiva con me, o egoista, o invidiosa, o rabbiosa, più di quello che io sono dentro, quindi, se io ricevo una grande dose di rabbia da parte di qualcuno, quel qualcuno mi sta solo mostrando (riflettendo) la grande dose di rabbia, magari celata, che io nutro dentro di me e che probabilmente nemmeno io so di avere ma, grazie a questa particolare lettura delle pagine della mia vita e di chi sono realmente nel mio subconscio, lo posso vedere. E, ATTENZIONE, lo posso MODIFICARE.

Quindi anziché soffermarti ora ad arrabbiarti e chiedermi la solita e ritrita domanda – Ma allora se uno mi maltratta è colpa mia? – preoccupati di arricchire la tua vita, eliminando questa collera ora che hai potuto vederla e riempiendoti di altre emozioni più sane. Te l’ho già detto: non è colpa tua. Quella rabbia che nutri ti ha difeso in qualche modo da quando sei venuto al mondo per tutti gli eventi che hai vissuto e che ti hanno fatto male. Ma la tua Anima, gradisce tu veda di cosa sei fatto e gradisce anche che tu ti renda libero, come individuo, e non schiavo dei comportamenti degli altri. Questo significa essere padroni della propria vita. Cioè evitare che altri possano farci ciò che non vorremmo vivere e ricevere invece solo quello che riconosciamo esistere in noi e nutriamo.

Punta la tua attenzione, la tua preoccupazione, il tuo impegno, le tue forze solo ed esclusivamente su di te e crea la vita che meriti perché di amore ne meriti tanto.

Prosit!

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Andando contro Osho e Buddha usiamo i doni di Madre Natura

Possiamo prendere quello che Madre Natura ci offre? Sì, certo, ma prima c’è da fare una premessa. Una lunga premessa.

Tutto si basa da ciò che sei. Intendo dire cosa sei dentro non come appari. Quali emozioni e quindi quali energie ti appartengono in quel momento. Dentro… molto dentro.

Mi capita spesso di sentir dire che i fiori non si devono cogliere. Si parla solitamente di fiori selvatici, magari visti in montagna. Ecco, ora tutte le Guide Escursionistiche ce l’avranno con me ma che mi lascino spiegare.

Una bellissima citazione, che dicono appartenere al Buddha, usa proprio il “non cogliere un fiore” come metafora per spiegare cosa significa amare – Se ti piace un fiore semplicemente lo cogli. Quando lo ami, lo annaffi tutti i giorni -. Ci sta.

Anche Osho ha provato a spiegare questo concetto con la nobile frase – Se ami un fiore, non raccoglierlo altrimenti morirà e cesserà di essere ciò che ami. Quindi, se ami un fiore lascialo essere. L’amore non ha a che vedere con il possesso, ha a che vedere con l’apprezzamento -. Sono d’accordo con entrambe le citazioni, o meglio con il loro senso, ma possiamo provare ad andare oltre e diventare un goccio più esperti di quello che siamo. (Osho per primo raccoglieva fiori a tutto andare per preparare tisane, infusi e abbellire i luoghi in cui accoglieva i suoi ascoltatori ma ssssst…. non ditelo a nessuno!).

Dobbiamo imparare ad avere un rapporto diverso e migliore con la Natura, rispetto a quello che abbiamo solitamente. Un rapporto più fertile.

E’ giusto voler proteggere certi luoghi. Io per prima sconsiglio di cogliere fiori così, ad minchiam, come si usa dire elegantemente (ehm… mi si perdoni perchè così è chiaro) ma oggi voglio provare a spiegarti qualche differenza.

Infatti, possiamo fare tutto. Possiamo relazionarci in maniera ben diversa con la Natura, finendola di distaccarla da noi, e iniziare a comprendere che siamo un tutt’uno con essa. Se non vogliamo mancare di rispetto a noi, non dobbiamo mancare di rispetto neanche a lei: piante, animali, rocce, etc… E dobbiamo metterci in testa che il rapporto perfetto è quello del – dare e avere -.

Bisogna iniziare partendo da un basso bassissimo livello di umiltà che non significa mancanza di dignità ma considerazione verso quello che stiamo facendo e soprattutto verso il fatto che stiamo prendendo un qualcosa. Quel qualcosa è nostro, è lì per noi, ma per noi è stato creato e se, con umiltà, riconosciamo questo sacro fenomeno, possiamo facilmente accedere al gradino successivo e utile. Quello che ci porta all’interno della grande stanza della GRATITUDINE.

In questa stanza possiamo accogliere in noi ed essere permeati da una grandissima dose di gratitudine che è l’emozione più importante che possiamo e dobbiamo avere ogni volta che vogliamo usare qualcosa che ci viene offerto.

La Natura è ben felice se noi apprezziamo i suoi doni e li facciamo nostri e tutto è lì per noi in abbondanza divina. La Natura non ha paura di – restarne senza -, non ragiona e non vive come noi umani. Lei da’, regala tutto con tutto il suo amore, senza problema alcuno. Una generosità che commuove. Devi riuscire a connetterti a questa generosità mentre cogli quel ben di Dio. Qualsiasi cosa sia.

Così come prendiamo una mela dall’albero per nutrirci, o le uova di una gallina, o delle bietoline selvatiche, possiamo prendere anche un fiore per sfamarci, curarci o poterlo ammirare all’interno della nostra casa ricordando quanto è bello il mondo là fuori. Possiamo prendere un tronco o una pietra per realizzare componenti d’arredo in casa nostra e vivere il più possibile sentendo i materiali naturali vicini a noi. Per permettere alla nostra creatività di trionfare. Ce n’è un gran bisogno di fantasia. La Natura ne sarà lieta. Questo ci farà stare bene e, se stiamo bene, la Natura è contenta perché, automaticamente, la inondiamo di buone vibrazioni.

Cogliere un fiore è come tagliare la legna per affrontare l’inverno e poterci così scaldare grazie alla sua trasformazione.

Ma non dobbiamo approfittarcene. Con questo non significa che possiamo fare man bassa andando oltre il dovuto. Diventeremo egoisti e approfittatori non più esseri umani che vibrano in alte frequenze. Ecco quindi qualche accorgimento da tenere a mente se si vuole cogliere un fiore (o prendere qualsiasi altra cosa):

Innanzi tutto serve osservare se di quella specie di fiore ce ne sono molte altre nei dintorni. Non essere sbrigativo e affamato. Stai per compiere un’azione che rimarrà registrata nella memoria dell’Universo, esegui il tutto con equilibrio, centratura e sapienza. Se quel fiore particolare è l’unico nel raggio di parecchi metri, lascialo stare, il prossimo anno potresti trovarne due e poi tre e così via. Se invece quel luogo abbonda di quella specie allora puoi anche prenderne qualcuno.

Non esagerare con il numero di fiori. Per abbellire una stanza o per ricordare a te la bellezza che ti circonda fuori casa, ti basta un vasetto con dentro queste ricchezze, non devi addobbare una cattedrale, non ti stai sposando! E’ il senso ad essere importante, non dimenticarlo mai!

Non prendere un fiore durante un’escursione. Quando alla sera sarai arrivato a casa esso sarà morto o avrà patito tantissimo, che te ne fai? A che ti serve un fiore passo? Coglilo solo se vuoi tenerlo per ricordo, magari tra le pagine di un libro. Dai un senso alla tua raccolta, a quell’atto che compi, non pensare solo al “volere”. Cerca sempre di operare come se stessi realizzando una piccola cerimonia.

Ridona alla Terra ciò che è suo. Le mele che cadono da un albero vengono mangiate dagli animali del bosco, quindi sono utili come alimentazione, oppure marciscono e vengono assorbite dal terreno diventando humus, utili anche in questo caso. Alla Natura serve ciò che tu consideri una schifezza da eliminare. Lei lo lavora e lo rende utile sostanza. Pertanto, ogni volta che puoi, gli scarti, ridaglieli. Lei saprà cosa fare. Il fiore colto, e che ora consideri morto, adagialo in un prato.

Quando cogli un fiore lascia a terra l’apparato radicale. Tutta la parte più legnosa vicina alla terra, alla fine del gambo, quella delle radici e a volte con anche qualche foglia, lasciala dov’è. Tu non te ne fai niente. Madre Terra potrà più facilmente far sorgere da lì un nuovo fiore. Attraverso questa attenzione emani rispetto sia per il Pianeta che per gli insetti e sarà il rispetto a tornarti indietro.

Cogliere un fiore è un atto da benedire. Non prenderlo strappandolo come se fosse un foglio di carta soddisfatto di averlo ora tra le tue mani. Questa è avidità.

Avvicinati a quel fiore e benedici la sua bellezza, la sua ricchezza. Inchinati verso chi lo ha creato, ama te stesso e anche la Natura se nella tua mente queste due cose sono ancora divise. Ama la bellezza del creato e ringrazia, di cuore, il poter possedere ora quella creazione divina tra le tue mani.

Stai emanando energie bellissime, il mondo non potrà che esserti riconoscente. Gli stai facendo del bene e tutto quel bene tornerà a te. L’Universo, in queste situazioni, non distingue il cogliere un fiore dal dare una moneta ad un povero. A lui interessano le vibrazioni che stai elargendo, qualsiasi sia il tuo scopo.

Se prendi dell’acqua da un torrente devi cercare di provare le stesse sensazioni. In questo modo, utilizzando il grande tesoro che possiedi del “rispetto” saprai da te regolarti sulla quantità da ottenere senza rischiare di abbondare. Saprai dire basta al momento giusto.

Purtroppo, la maggior parte delle persone non pensa a tutto questo ed essendo che siamo in molti, senza alcuna educazione nei confronti di questi temi, qualvolta ognuno di noi decide di impadronirsi di un elemento naturale accade un pandemonio. Da qui ne deriva rabbia e giudizio da parte di chi sgrida chi non si attiene alle regole create dall’uomo e, alla fine, il risultato, è quello di un gran casino che non serve a nulla e a nutrire la Terra c’è soltanto un caotico movimento di energie negative che sono totalmente deleterie.

Prova ad operare in questo modo. La Terra risponde immediatamente e ti accorgerai subito che non stai provocando un danno bensì essa è contenta. Tratta quel fiore come tratteresti un qualcosa di molto caro per te. Usalo ma non sfruttarlo. Cogline la vera essenza che ti appartiene. Più tu ti ami e ti elevi e più la Natura tutta non potrà che trionfare seguendoti. Perché lei è il tuo riflesso.

Molti anni fa, un mio amico mi disse – Guarda Meg, se strappo il Timo in questo modo, le Api non lo considerano più. Se invece lo colgo in quest’altro modo, loro vanno ancora a succhiare il suo nettare anche se è dentro al cestino. Ti rendi conto? –. Sorrisi davanti alla sua ragione.

La meraviglia di un uomo che coglie un fiore per portarlo alla sua amata o della donna che lo usa per intrecciarsi i capelli con dolcezza… di questo ha bisogno la Terra in cui viviamo. Di questo si nutre felice.

Mantieni quel dono vivo. Non ucciderlo con metodi grezzi. Sii elegante e grato soprattutto. Usa la delicatezza, la parsimonia e, come ti ripeto, la gratitudine. Non puoi fare nulla senza di lei. E puoi fare tutto ciò che vuoi se la utilizzi.

Prosit!

Come, senza accorgertene, ti distacchi da Madre Natura

ESSERE UNO

Molte persone, sovente, mi dicono – Io amo la Natura! – e, solo su questa frase, ci sarebbe da aprire un dibattito abbastanza importante, in quanto viene pronunciata quasi come a distaccarsi dalla Natura. Come se la Natura fosse una cosa (da amare) e noi un’altra. In realtà noi siamo Natura. Amare lei significa amare noi stessi, per forza, e qui le cose iniziano a complicarsi.

Ma l’argomento che voglio affrontare oggi è un altro perché, senza rendercene conto, ci distacchiamo da Madre Terra anche in altri modi, molto più di quello che crediamo.

La onoriamo, la difendiamo, creiamo dei veri e propri movimenti a suo favore ma non ci accorgiamo che basterebbe vivere un po’ di più come Lei, sentirsi Uno, per nutrire il suo Essere e farlo divampare. Per essere Lei. Un tutt’uno con Lei, in simbiosi. Per ingigantirne l’energia. Per renderla ancora più potente.

NON C’E’ TEMPO

Ora, io mi rendo perfettamente conto che, nel nostro mondo, siamo obbligati a vivere con dei “tempi”. Dei tempi che piante e animali non hanno. Siamo costretti a mangiare ad una cert’ora, anche se non abbiamo fame, perché poi sennò fino a sera non possiamo più farlo. Siamo costretti ad andare ad una certa velocità. Dobbiamo essere dinamici, dobbiamo sopportare molte cose e questo ci rende stressati e nervosi, mi rendo conto di tutto, ma è anche vero che dentro di noi, nel nostro mare interiore, non ci sono ostacoli e che almeno un po’, anche solo un pochino, potremmo provare a renderci il più possibile suoi figli – figli di Madre Natura.

Siamo l’emanazione dell’Universo più completa e perfetta che l’Energia Cosmica abbia estrapolato da se stessa. Siamo Esseri superiori, pensanti e dotati della sua stessa onnipotenza ma queste parole possono apparire esagerate seppur vere. Non sarà esagerato, invece, cercare di renderci davvero creazioni della Terra e godere così (soprattutto) dei suoi benefici.

L’uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo
(Giordano Bruno)

Libero. Libero come un animale selvatico, come un fiore che non è condannato all’invidia, come una pianta mossa dal vento, come il mare che governa gli animi di molti.

LA GIOIA VIVE NELLA LIBERTA’

Quando qualcuno è convinto di amare la Natura – sopra ogni cosa -, in verità non bada al fatto che egli stesso si sta distaccando parecchio da lei. Non accade sempre ma molti individui cadono in questo tranello.

Non basta andare a dormire come le galline e alzarsi all’alba per dire – Io vivo in base alla Natura -.

Essere in simbiosi con Lei e sentirsi Lei (come dovrebbe essere) significa anche:

– LASCIAR ANDARE. Noi non lasciamo mai andare. Restiamo aggrappati alle nostre cose, al nostro passato, ai nostri affetti. Restiamo legati alle situazioni, ai modi di fare, agli schemi mentali. Ai ricordi, anche se tristi. La Natura sa abbandonare ciò che non gli serve più, lo sa anche eliminare del tutto, quasi severamente, e si rinnova di un qualcosa di ancora più bello.

– CAMBIARE. Ogni cosa in Natura muta. Sempre. In un costante e perpetuo ciclo. Ogni cosa è diversa, imperfetta, bellissima. Noi siamo totalmente restii al cambiamento. Il cambiamento ci spaventa, ci fa male, abbiamo una paura folle del cambiamento. Tutto, della nostra esistenza, deve sempre restare così com’è altrimenti guai.

– VIVERE SENZA ASPETTATIVE. La Natura gode di quello che è letteralmente chiamato Amore Incondizionato. Non si aspetta nulla. Esiste e basta e dona il meglio di sé, in totale purezza, senza aspettarsi nulla in cambio. Non si muove in base ad un riscontro. Non offre in base ad una determinata risposta che dovrebbe arrivare. Non spera. Non attende l’azione di terzi. Lei E’. Focalizzandosi sulle aspettative si soffre molto. La delusione inizierà a governare in noi e la tristezza, nei confronti della vita, prenderà presto il sopravvento.

– SAPER ASPETTARE. Aspettare con gioia, senza rammarico. In serenità. Essere pazienti. Essere coscienti che tutto ha un tempo e che tutto ha un giusto tempo. Nella materia le cose sono lente e pesanti, è inutile affannarsi e disperdere energie dove serve solo attendere nascite. Ogni cosa ha un suo momento, lo si vede chiaramente nelle stagioni. Le stagioni sono periodi dei quali non sappiamo minimamente nulla e mai ci comportiamo come una stagione quando invece, se questo tempo esiste, ed esiste in quel modo, c’è un perché. La nascita, il vivere, il trionfo, la stasi, la morte, la rinascita… nulla di questo culliamo nel nostro intento, verso quello che siamo o che potremmo essere.

– ACCETTARE. La totale accettazione della Natura non ci appartiene. Potrebbe appartenerci ma prevalgono i sentimenti della rabbia, della vendetta, del dispiacere, del fastidio, etc… Non riusciamo ad accettare laddove, come accettare, non s’intende sopportare, ne’ rassegnarsi ma accogliere come nostro ciò che sta accadendo ed eventualmente trasmutarlo con amore e coscienza. Altrimenti è solo un generare dolore. La Natura accetta ogni cosa e brilla sempre più forte di prima.

Devi prima ardere se vuoi brillare – (Mikhael Aivanhov)

LA TOTALE BELLEZZA

Potrei andare avanti con altri esempi ma sappiamo bene che la Natura è una grande Maestra. Il problema è che non teniamo conto dei suoi insegnamenti più profondi. Quelli che vediamo di meno, pur sentendoli dentro di noi a volte anche impetuosi e che scalciano per essere ascoltati.

Ogni volta che ti comporti in modo contrario alla tua Natura ti allontani anche da Madre Terra. Quando hai bisogno di piacere gli altri perché non ti ami abbastanza, quando vorresti che il tuo collega venisse licenziato, quando vedi problemi anche dove non ci sono, quando manipoli le persone a tuo piacimento, quando non sai vedere oltre… sei in totale disaccordo con il Creato. Stai vibrando in frequenze non contemplate da lui e, pertanto, sei “fuori”. Fuori dal Regno, fuori da un disegno divino, stellare.

Certo, so a cosa stai pensando: che le piante non hanno sentimenti come noi, che gli animali non hanno una ragione come noi, che le pietre, il cielo e i torrenti non provano le nostre emozioni.

In realtà, all’interno della scintilla divina che ti ha creato, hai molto più potere di tutto questo. Sei solo schiavo della tua Mente, un sacro dono che spesso mal utilizziamo. Se ti alleni ad ascoltare la voce dell’Anima, che non è altro che la voce del Cuore, tu puoi vivere ancor meglio di qualsiasi altra creatura.

Sempre senza esagerare e fare i fenomeni, che non ci siamo nemmeno abituati, proviamo comunque a nutrire queste doti. Poco per volta. Possiamo imparare a non aver paura del cambiamento, ad esempio, o a farci traumatizzare di meno da lui. Possiamo farlo. E, se impariamo, ne va del nostro benessere.

Prosit!