Dovresti fare come dico io: promuovere la sofferenza!

Mi è stato chiesto, in modo abbastanza imperativo, da diverse persone, di pubblicare LA VITA VERA. Mi è stato chiesto di postare foto cruente di violenza e tristezza visto che in parecchi mi leggono (grazie). Di far vedere a tutti com’è realmente il mondo. Mi è stato, in pratica, chiesto di non parlare del mio mondo ma del loro, forse perché da soli non riescono e hanno bisogno di complici, laddove non ne vedo l’utilità. Io riesco benissimo ad andare avanti da sola, senza chiedere ad altri di parlare di ciò che vivo. Ma, a questa richiesta, ho deciso di rispondere con un articolo intero. Accade raramente.

Non ditemi che non vi ho considerato. “Mi avete” fatto scrivere per un’ora… ma ci siete riusciti solo perché, ancora una volta, vi contrasto con con-passione.

SE SEI FELICE NON PUOI STARE QUI

Molto spesso le persone felici e portatrici di messaggi positivi vengono accusate d’insensibilità e, ancor più grave, vengono scambiate per perbenisti.

Trovando queste frettolose soluzioni completamente errate, mi è barlumato per la testa di buttare giù due righe a tal proposito.

Forse, secondo te, alcuni esseri non hanno un cuore o non hanno un cervello, non vedono, non capiscono, non soffrono. Si preoccupano esclusivamente di fare voli pindarici in mondi irreali ai quali tu non hai accesso e per questo sbagliati. Forse pecchi di superficialità. Qui non si parla di farfalline che vivono su una nuvoletta rosa in un’esistenza di pura finzione. Qui si parla di chi fa una scelta e opera. Il fatto che della sua azione, ne vedi solo una parte, non ti permette di giudicare. Non ti è MAI permesso di giudicare a dire il vero.

Dare amore, perché se si è felici, nel senso di gioia plena, se ne è colmi e non si può dare altro (che ti piaccia o meno) e cercare d’infondere gioia piuttosto che negatività, non significa essere conformisti e ipocriti affidandosi alle norme convenzionali del vivere.

Credere, volere e agire dal profondo del proprio cuore per la pace, verso tutto quello che porta alla serenità dell’animo, piuttosto che alla guerra, non ha niente a che vedere con il falso moralismo di chi vuole farsi figo propinando teorie che nemmeno è in grado di dimostrare, capire e soprattutto sostenere alla prova dei fatti. Questo vorrei tu capissi: ti parlo di cose che so fare, faccio e potrei fare qualora ce ne fosse bisogno.

Non sono in grado di ammazzare un cane dopo averlo torturato, non sono in grado di dichiarare guerra alla Siria e uccidere vittime innocenti, non sono in grado di fare sommosse, commettere atti truci, distruggere il pianeta. Non sono in grado perché non voglio.

E meritare di sentirsi dire, com’è capitato a qualcuno di mia conoscenza – Vorrei vedere se succedesse a te… – è un’affermazione a mio avviso davvero molto piccola e misera, più distruttiva che costruttiva e nettamente fuori questione dal momento che “un felice”, non perbenista e non cinico, sta semplicemente cercando d’infondere vibrazioni positive anziché negatività e angoscia come fai tu.

Osserva attentamente la tua vita. Dimmi cosa vedi. E poi dimmi cosa vedi nella vita di quello che vorresti veder soffrire. Ti ergi a giudice invidioso assumendo una posizione che non meriti e non ti è stata chiesta da nessuno. Ti sei auto-nominato paladino del “vi faccio vedere io” ma non hai minimamente pensato che se tutti gli esseri viventi si comportassero esattamente nella tua maniera, lo stesso pianeta che tanto dici di amare ci avrebbe già scrollati di dosso come fossimo acari di rogna.

Ma un’intelligenza più potente della tua sa che dobbiamo esistere entrambi. Sa che tu a tuo modo servi così come servo io che non ho il rantolante tuo bisogno di chiederti d’essere come me.

Scusa se mi permetto, ma questa frase poco ti scosta da un terrorista che crede di fare il meglio per sé e il proprio popolo. Lui agisce nella materia, chi pensa come te agisce con l’immaginazione. E grazie a Dio è disarmato.

Il fanatico è soltanto un figlio della paura. La fierezza nobile non ha necessità di fanatismo alcuno. Quel chiasso insopportabile che nessun essere al mondo, tolto uomini come te, si permette di fare.

Cos’hai risolto nell’augurare, ad esempio, la morte di un caro? Dimmi, o bieco. Hai forse realizzato il tuo volere? Sei ora stracolmo di ricchezza e meraviglia? Ti senti divinamente bene? Non credo.

La citazione che sta girando in questi giorni e che afferma – C’è gente che ammazza altra gente per insegnare che ammazzare la gente è sbagliato – mi sembra riesca bene a spiegarsi da sola ma c’è ancora chi esige che tutti quanti parlino in modo aggressivo e bellicoso nei confronti di un’epoca che stiamo vivendo, senza rendersi conto che quell’ira è soltanto lo sfociare delle proprie paure.

Come diceva qualcuno, molto più saggio di me, dall’inizio dell’umanità non si è mai vista spegnersi una violenza con altrettanta violenza. (Il fuoco non lo spegni con il fuoco).

In caso di bisogno sono la prima ad agire ma perché promuovere e nutrire la collera?

Mi chiedo perché mi viene suggerito di postare immagini cruente, vista la mia attività sui social e i miei diversi (amatissimi) followers che mai vorrebbero quello che mi stai chiedendo tu. Mi chiedo perché tu pensi male di me se continuo a pubblicare belle notizie nel mondo che stiamo vivendo e dal momento che, probabilmente, nemmeno tu hai una risposta valida a tal proposito che non sia: “bisogna fare come IO dico”, la spiegazione te la do io:

Sei un insofferente. Un infelice. E non ti ami.

Mi chiedi, con disgusto dipinto sul viso, di amalgamarmi al tuo realismo divulgando brutture perchè la gente – deve vedere! -.

Sai cosa penso? Che se tu ammazzi un uomo, è come se uccidessi l’intera umanità. Cento saranno le persone che soffriranno per quella morte. Hai ferito la Terra, sua madre, ma non mi permetti di aiutarla, mentre tu vorresti sorpassare tutti al Pronto Soccorso per ricevere le giuste cure in caso di bisogno. Se io sottolineo la tragedia che tu hai compiuto, non solo alimento il male che è in te, ma soprattutto alimento l’energia negativa che il tuo gesto ha scaturito andando così ad uccidere (perché credimi che di sofferenza si muore di morte lenta) altre mille persone. Perché ingrandisco la paura. Che cosa abbiamo ottenuto alla fine? Che 1.101 persone sono morte. Che 1.101 persone hanno prevalentemente perso un diritto sacro, quello della LIBERTA’, perché saranno state manipolate e angosciate dal tuo gesto e dal mio post. Post costanti che vorresti quotidiani come gocce cinesi. Allora, se di manipolazione vuoi parlare, mi scelgo lo strumento.

Stai facendo la stessa cosa che fanno le multinazionali ogni giorno per venderti dei prodotti spazzatura andando a lavorare costantemente nel tuo inconscio, ma non sono normale nel dire queste cose vero?

Stai facendo quello che fa la religione che ti inietta ogni giorno dosi di peccati nel sangue. Stai facendo quello che fa il Governo quando ti insegna a reputarti povero e meschino. Uno schiavo.

Lasciamo l’immenso dolore a chi ne è stato toccato da vicino pregando per lui (e il mio non è un discorso cattolico) affinché si possa quanto meno sperare di alleviare la sua silenziosa devastazione d’animo. Condividiamo il suo dramma con l’amore “la forza più potente del mondo”, almeno ad Einstein mi auguro crederai.

Anziché condividere uccisioni guardati dentro e prova a comprendere che quella morte è avvenuta per gente come te che ha soltanto esaltato all’ennesima potenza i tuoi stessi sensi. Preoccupati del fatto che la tua infelicità, per qualcun altro è arrivata a livelli tali da fargli commettere un omicidio. Perché mi duole immensamente dirtelo ma una persona pregna d’amore non uccide.

Ora, bisogna quindi tacere davanti a tanti drammi e vivere come se tali cose non accadessero? No.

Non ti chiedo questo. Non ti chiedo un àut àut perché io non sono come te. Non sempre vige l’espressione tertium non datur.  Non sono imperativa, non nel tuo stile per lo meno.

Ti chiedo la trasformazione. La curiosità. Sei nato scopritore di cose nuove, tanti tanti anni fa, continua ad esserlo. Pensa alla tua di vita e non alla mia. Cerca di migliorarla. Impegnati a diventare una fotocopiatrice di sorrisi se vuoi veder ridere il mondo.

Ogni messaggio può essere mandato in diversi modi differenti e ottenere addirittura ancora più potenza. Non esiste solo il bianco o il nero. Sono mille i colori che puoi utilizzare e altri mille che puoi creare. Fallo. Non disperdere energia a giudicare me che non ho scritto quello che volevi tu. Accetta che entrambi dobbiamo vivere ma se mai ti venisse la voglia di divenire come me quell’energia usala per prendere dalla tua tavolozza la sfumatura giusta a riportare ciò che vuoi riportare, facendo stare bene il mondo. Fallo stare bene questo mondo. Fai di tutto per riuscirci. Ci vivi anche tu.

E’ dura, è difficile ma non impossibile. E se proprio non riesci, almeno non giudicare. Ricordati che quell’omicidio, che tanto ti fa arrabbiare, è nato proprio dal seme del giudizio.

Mostra, realizza e diffondi ciò che sogni non ciò che dici di odiare. Abbassa la testa e chiedi permesso per entrare in quella tanta bellezza che c’è e non vuoi conoscere, privando anche gli altri di tanta maestosità.

Sei un essere incredibilmente potente e potresti fare molto, prova a farlo per favore. Le cose prova a cambiarle davvero.

Ti ringrazio.

Crea. Trova soluzioni nuove se vuoi mostrare che esistono certe brutture ma che a te non stanno bene e non le vorresti. Spreca un attimo del tuo tempo a trovare nuovi sistemi. Inventa. Si fa presto a fare “click” da un cellulare.

Ricorda che ad ogni tua immagine feroce rispondono due tipi di persone: quelle che mai commetterebbero una cosa del genere e alle quali stai provocando DOLORE (assumiti la responsabilità di questo) e quelle felici di vedere tanta crudeltà e che stai aiutando a nutrire, le stai facendo diventare belle pasciute (assumiti la responsabilità di questo).

Infine, se la cosa ti fa sogghignare posso anche concludere con un – Amen! – ma preferisco dirti – Prosit! -.

Dovresti tu essere gioia per il tuo animale, non lui il tuo salvagente

UNA VOLTA AVEVO UN CANE, ORA HO UNA VITA

Mi sembra che troppo spesso, molte persone, si aggrappano ai loro amici pelosi in modo morboso come se questi fossero la loro ancora di salvezza. Lo comprendo. Ci sono individui che non amano gli animali o non li vogliono vicino pur rispettandoli e altri, invece, più deboli o tristi, hanno solo il loro grande amico sul quale contare e non sta a me giudicarli (neanche voglio). Vorrei solo spiegare, secondo il mio pensiero, che cos’è un animale.

Un animale non è un ammasso di pelo che fa delle feste, mangia e fa i bisogni come possiamo credere. Non è neanche soltanto colui che ci sta vicino e ci considera la cosa più importante che ha, perché, fondamentalmente, oltre all’amore che prova, da noi dipende.

Un animale è una FONTE ENERGETICA. È un ammasso di vibrazioni. Questo è e vale per tutto ciò che compone l’Universo. Ha un corpo sì, degli organi, una voce, un istinto, etc… ma è un generatore e un magnete di frequenze energetiche.

Significa, spiegandolo banalmente, che un mucchio di onde elettromagnetiche, lo riempie, lo contorna, lo fa vivere.

Gli animali non sono come noi. Non usano mente o ragionamento. Non parlano come noi. Loro comunicano attraverso vibrazioni. O meglio, loro SONO vibrazioni.

Immaginatevi un branco di lupi che si accorda per cacciare con tanto di furbizia e piano “bellico”. Mica si siedono a tavolino e discutono. Comunicano attraverso le vibrazioni. Voi direte – Ma è l’istinto -; ok, ma da dove arriva l’istinto? I più intellettuali rispondono – Dalle memorie cellulari! -; va bene, ma cosa sono le memorie e da cosa nascono? La risposta unica, a tutte queste domande, la si trova nel lavoro delle VIBRAZIONI.

IO CHE AMO SOLO TE… FORSE HO UN PROBLEMA

Le vibrazioni si emanano e si ricevono in un continuo e perpetuo scambio perfetto e universale sia che lo vogliamo sia che non lo vogliamo. Vale per ogni creatura vivente.

Dopo aver visto cos’è un animale, torniamo al discorso iniziale. Dal momento che, più di noi, egli usa le vibrazioni e vive grazie ad esse, chiediamoci: cosa accade nel momento in cui un animale è obbligato a vivere con una persona triste che riversa su di lui tutta la sua angoscia e si aggrappa a lui pretendendo (inconsciamente) da lui sostegno?

So già che una persona così potrebbe dirmi – Eh, ma io tutti i giorni lo coccolo. Ma io gli do da mangiare. Gli metto sempre la copertina e gli compro giochi nuovi -. Bellissimo.

Però, vorrei chiedere a questo animale, che è una spugna (infatti dite sempre che “loro sentono”) come si sta a dover assorbire tutti i giorni frequenze negative obbligatoriamente, senza poterne fare a meno, doversele tenere dentro e dover, in cambio, cercare di emanare frequenze di supporto.

Beh, ecco, io penso che nonostante tutto l’amore che possiamo provare per i nostri amici animali e nonostante tutto l’amore che loro possono provare per noi non abbiamo nessun diritto di riversare su di loro la nostra stanchezza o la nostra frustrazione ogni momento della loro/nostra vita.

COSÌ NON SI ALIMENTANO LE ENERGIE DELL’AMORE

Basta con le solite frasi – Meno male che ci sei tu – di continuo, ogni giorno, per anni… perché, quel “tu”, in certe occasioni, appare più come un bidone dell’immondizia dove buttare i nostri sentimenti negativi che altro.

Basta con il nostro egoismo e il nostro parassitismo. Dobbiamo noi essere fonte di gioia per loro non solo fonte di cibo e carezze. Gioia, quella vera, quella piena. Se vogliamo fare i San Francesco pensiamo soltanto a dare e non a prendere, proprio come faceva lui. Il “prendere” sarà una conseguenza. Una meravigliosa conseguenza, perché attraverso l’ovvio scambio energetico, dando gioia, si riceverà tutto quello che la gioia comporta moltiplicato per molte volte. E la gioia non ve la da il vostro cane anche se questo può sembrarvi assurdo. Non ve la da nessuno. È un qualcosa che si ha dentro, che ci appartiene, ci deve appartenere, che divampa nel nostro cuore, costantemente. Se c’è.

PER FORTUNA (???) HO TE!

Se non c’è o meno, non è responsabilità di un animale. Non nutrite il vostro animale solo di crocchette. Nutritelo d’amore ma non amore bisognoso. Siate voi fonte di ricchezza per lui.

Venne detto all’uomo – Fatto a immagine e somiglianza di Dio -. Venne detto all’uomo non all’animale. Perché l’uomo è Dio. L’uomo è un essere divino, inteso come colui che racchiude in sé la forza dell’Amore, quello vero. Quello che muove il creato e dona la vita. Quello dal quale tutto il resto… tutto (anche gli animali) dipende.

Tu devi essere àncora. Le creature ti appartengono non appartieni tu a loro. Non è una maestra che impara a scrivere a scuola ma gli alunni. Non invertire i ruoli visto che di ruoli vuoi trattare. Non è vero che non hai nessuno, che non puoi contare su nessuno, che hai solo il tuo animale, che nessuno ti capisce come lui. Tu sei potenza divina. Tu sei il tutto. Amati, cogli la meraviglia dell’essere solo e solo non lo sarai più. Ama te stesso, senza mendicare amore. Perdonati. Coccolati. Rispettati. Stimati. E allora sì, sarai fonte d’acqua fresca e dissetante per chiunque abbia voglia e bisogno di abbeverarsi.

Penso che, se ti reputi infelice e solo, dovresti cercare di fare un lavoro su di te anziché prenderti un animale disposto a ricevere la tua frustrazione, perché secondo me ti farebbe bene davvero diventare più gioioso a prescindere.

Gli animali non sono sacchetti, sono creature da amare. E solo se abbiamo amore dentro possiamo dare amore. E’ meraviglioso il rapporto che alcuni riescono ad instaurare con il loro animale da compagnia ma è sbagliato, secondo me dipendere dal loro affetto. Per tanto grande e ricco sia quell’amore, unico nel suo genere e stupendo, è simbolo di povertà se è l’unica cosa che si possiede. Soprattutto se non si possiede amore per se stessi.

C’è chi invece sceglie nella vita di amare solo ed esclusivamente un animale, condividendo la sua esistenza soltanto con lui ma dentro è un essere colmo di gioia, che ha felicità attorno e la si percepisce. E’ tutta un’altra storia in pratica.

Prosit!

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L’assurda e nascosta paura di ricevere e meritare

SANTI NUMI QUANTA ROBA!

Come indica già il titolo, l’argomento che affronto oggi sembra assurdo, in realtà è reale e molto comune, posso dirlo con sicurezza visto che mi appartiene e ho notato appartenere a molti.

Abbiamo paura di ricevere. Inconsciamente pensiamo di non essere degni di ricevere e, quando qualcosa ci viene dato, una serie di allarmi, figli del timore e della preoccupazione, si accendono dentro di noi. Mi viene in mente l’immagine di un uomo anziano, grande e grosso, dalle maniere un po’ spartane, al quale viene messo in braccio un neonato. Riuscite a vedere quanto si sente impacciato? Ha paura di fargli male, di non farlo stare comodo, paura di non piacere a quell’esserino. Si ritrova tra le mani tutta quella ricchezza ma è rigido, lontano con il proprio torace, c’è poco abbraccio, poca accoglienza e, la sua, non è cattiveria ma paura. Magari gli scende anche una lacrima per l’emozione ma non riesce a far sua quella creatura che, in quel momento, gli sta dando un qualcosa di più grande di lui, che lui non riesce a gestire. Non riesce a diventare un tutt’uno con lei.

Nell’Universo c’è un’infinita risorsa di abbondanza per ciascuno di noi e quello che chiediamo ci arriva ma, la paura di ricevere, non solo non ci permette di domandare nel modo esatto costringendoci a non ottenere nulla, ma ci obbliga anche a non vivere con gioia quello che viene a noi, rompendo un meccanismo fantastico che dovrebbe essere vissuto in modo completamente diverso.

Come abbondanza non si parla solo di cose materiali, come il denaro, ma si intende qualsiasi cosa: fama, affetto, complimenti, gentilezza, attenzioni e anche, ovviamente, materialità.

MIIIII…! CHE PAURA!

Ricordo i primi tempi in cui ho aperto questo blog. All’inizio, piena di entusiasmo e convinta di poter aiutare le persone, mossa dal mio spirito di condividere quello che ritenevo salutare per tutti, ambivo all’essere letta da più persone possibili. Naturalmente, viste le aspettative, la brama di piacere, la voglia di essere conosciuta e la paura inconscia della quale vi sto parlando in questo articolo, ciò non si avverava e i miei lettori erano solo pochi conoscenti.

Quando imparai a lasciar andare ciò di cui ero conscia, e cioè quello che vi ho appena detto, tranne la paura di ricevere (che è inconscia), tutto cambiò. Iniziai a scrivere solo per amore. Scrivevo con amore, per me stessa e senza aspettarmi di ricevere qualcosa in cambio. Neanche un – grazie -.

A chi arrivava il mio dono speravo facesse del bene, altrimenti non importava, io andavo comunque avanti a scrivere per una mia passione. Ecco che, all’improvviso, le visite sul blog aumentarono notevolmente e ora voglio raccontarvi di quella mattina in cui mi accorsi che 400 (!) persone avevano letto un mio articolo.

Per i grandi blogger, 400 visitatori sono il nulla ma per me erano tantissimi, così tanti che… mi spaventai. Ma come? Era proprio quello che avevo sempre desiderato! E invece, completamente destabilizzata, iniziai a preoccuparmi. Mi darete dell’idiota, e lo accetto, ma tutto questo nacque dentro di me senza che io potessi fare nulla, completamente in balia di emozioni che si permettevano di governare al posto mio e io non ero in grado di prendere le redini in mano di quella situazione.

Ovviamente, dopo, lavorai sodo dentro di me e riuscii a modificare tutto quel trambusto, ma inizialmente, se devo essere sincera, sembravo un burattino nelle mani di Mangiafuoco. La mia mente iniziò a chiedermi – Guarda in quanti ti hanno letto! Hai almeno scritto le cose giuste per non fare una colossale figura di cacca? E quanti errori grammaticali e di sintassi hai fatto come tuo solito? Prima, quando a leggerti erano solo in 50 potevi avere solo 50 giudizi negativi, ora 400! Immagina che sfacelo! E ora hai anche più possibilità che ti vengano chieste cose. Sei in grado di rispondere? Ti sei messa in piazza e… “fa più rumore un albero che cade che un’intera foresta che cresce” (Lao Tzu) lo sai! Ora voglio proprio vedere come te la cavi Meg, tu che hai sempre amato restare dietro le quinte…

Oh! Insomma basta! – urlai alla mia mente che mi stava trascinando in un pozzo scuro senza fine. Mi sentivo quasi soffocare, vuoi l’emozione e vuoi la preoccupazione. Dov’era la gioia? Da nessuna parte. La paura mi aveva totalmente inglobata in sé e, ahimè, lo spazio per l’entusiasmo e la felicità non c’era. Che tristezza.

IO PIU’ DI QUELLO NON MERITO

Ma potete capire? Ok, io sarò anche un caso anomalo ma, come vi dicevo prima, ho scoperto di avere molti simili. Siamo vittime del giudizio degli altri. In noi è stato inserito il tarlo di essere peccatori e poveri schiavi debosciati. Non meritiamo la bellezza! So che, dall’altra parte, ci sono invece persone convinte di meritare molto e, vantandosi, chiedono sempre di più (infatti ottengono). Magari risultano antipatiche e presuntuose e, quello che sto dicendo, a loro può sembrare impossibile ma mi rivolgo a quelli come me.

Quante donne ci sono, ad esempio, che non mirano a uomini belli, ricchi e facoltosi? Sono convinte di non meritarli. Sono convinte di essere adatte all’operaio medio (senza offesa per l’operaio ma intendo far capire un concetto) e non si sognano neanche di puntare gli occhi addosso a un fotomodello o all’imprenditore di quella grande azienda. Stessa cosa per l’uomo che, con l’immaginazione, sogna la vamp di turno ma è convinto di non piacere e di non meritarla – Tanto non mi guarderà mai – dice tra sé e sé, senza neanche rendersene conto. Si viaggia per schemi e solo se sei alto, bello, ricco, laureato, etc… puoi sperare nell’avere di più. Invece per l’Universo non è così.

Sogniamo amore, affetto, complimenti ma quando arrivano ci trovano imbarazzati, non sappiamo gestirli e ci premuriamo subito di dire – Ma no, ma no… ma figurati… non ho fatto niente di che… -. È vero che devono esistere la gentilezza e l’umiltà ma, troppe volte, sostituiamo l’umiltà con una mancanza di dignità e questo è sbagliato.

MAGOLAMAGAMAGIA!

Immagina di voler diventare famoso. Lo brami, lo desideri con tutto te stesso e un bel giorno accade. Puf! Eccoti su un palco sotto al quale mille persone sono pronte ad ascoltare tutta quella beltà che hai da dire. Il tuo sogno si è avverato. L’Universo ti ha dato quello che volevi. Cosa fai ora? Ti caghi addosso, ecco cosa fai. Scusa l’espressione ma rende l’idea.

Siamo abituati a dare. O, al massimo, come ho detto prima, a chiedere. Ma non a ricevere! C’è una bella differenza.

Per non parlare del senso di colpa.

Un giorno, un mio caro amico, fece per me una cosa grandissima ma, anche qui, anziché godermela fino in fondo mi preoccupai del suo sacrificio e mi sentii in colpa di aver detto, tempo prima, che mi avrebbe fatto piacere ricevere quella determinata cosa. Ha fatto tutto lui, io non gli ho chiesto nulla, ma lo ha fatto perché mi ha sentito esprimere un desiderio. Se solo fossi stata zitta lui non avrebbe dovuto fare quella fatica. Così, oltre a non godere io, inquinata dal “non merito così tanto”, anche lui non poté godere della mia gioia dopo tutta la fatica che aveva fatto. Che casino! Ero proprio un danno. E mi sentivo colpe su colpe. Basta! Dovevo smetterla. Dovevo a tutti i costi imparare a ricevere. A convincermi di meritare.

DARE SENZA RICEVERE

Non dobbiamo cadere nell’inganno che ci hanno insegnato: “se ti dimostri piccolo, remissivo e semplice allora sei una BELLA persona”. No! Sei un guaio! Disastroso.

Porca zozza avrei piuttosto dovuto dire – È il minimo! Merito persin di più! -.

E, da qui, sorge spontanea una riflessione: merito di essere amata? Ah! Tasto dolente! Chi mi ha amato ha sempre dovuto scontrarsi con questa mia “meravigliosa” caratteristica. Convinta, quindi, che il loro NON FOSSE AMORE… potete immaginare i casini vero? Non fatemeli elencare per favore. Quando sei convinto di non meritare amore sei un danno, credimi. E il tuo danno è deleterio. Puoi leggere qui https://prositvita.wordpress.com/2018/08/26/far-male-credendo-di-non-meritare-amore/ quello che avevo scritto a proposito.

È difficile guarire da questa “malattia” della paura di ricevere, è molto difficile, ma per il nostro bene e quello degli altri bisognerebbe farlo. Si apriranno per noi anche le porte dell’abbondanza ed è una figata pazzesca, te lo assicuro. Allora sì, che riceviamo anche amore e lo riconosciamo, perché abbiamo amore dentro anziché altre emozioni-spazzatura.

Ricevere è assai difficoltoso. Il nostro senso di inferiorità lavora contro di noi. Siamo stati educati a dare. Ci hanno insegnato a dire – Buongiorno – non a riceverlo, a imprestare o regalare quello che abbiamo non a ricevere, a dare aiuto non a riceverlo, ad essere gentili non a ricevere gentilezza, a preoccuparci per gli altri non a ricevere attenzione, ad essere onesti non a ricevere correttezza, a non pretendere, ad accontentarsi, a ringraziare… (parlo sempre per quelli come me). Mamma mia, quanto è difficile.

Questo discorso potrebbe continuare all’infinito, andando poi a toccare i tasti dell’autosvalutazione, dell’autostima, etc… ma una cosa, alla fine, è certa: dobbiamo convincerci che meritiamo e che possiamo avere una vita prosperosa e – possiamo possiamo possiamo essere felici -. Ci spetta di diritto. E spetta a ognuno di noi. L’Universo e la vita non fanno discriminazioni.

Prosit!

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Epistassi: la Gioia ha trovato una via d’uscita

IL SANGUE – FONTE DI VITA

Cosa rappresenta il sangue in alcune filosofie alternative?

Il sangue, trasportando ossigeno, elemento vitale per noi, è considerato la linfa della vita. Il sangue, inoltre, trasporta sostanza di scarto sostituendole con quelle nutritive in continuazione. Alimenta tutti i nostri tessuti e ci permette di essere vivi.

Molte volte ho parlato della differenza tra il semplice esistere (o sopravvivere) e il vivere pienamente la propria vita e, tra le due cose, c’è una significativa differenza. Il semplice esistere è dato da una prassi quotidiana nella quale si compiono le solite azioni, si formulano i soliti pensieri e si è governati dalle solite emozioni. Non c’è brio, non c’è follia vista come la capacità di vedere oltre. Non c’è un impetuoso sentimento di goduria verso il miracolo più grande tra tutti: quello di essere vivi.

Tutto questo è definito da un’emozione simbolo, emblema della bellezza del vivere e sto parlando dell’amore vista come la forza più potente all’interno di tutto il disegno cosmico e che appartiene anche a noi. L’amore è però rafforzato da una sua importante figlia, forse la prediletta, emozione basilare nello stato di quello che dovrebbe essere il percepire tale miracolo. Sto parlando della gioia. La gioia, vista in questo contesto, è l’ingrediente principale quindi del nostro vivere – appieno – la vita.

Pertanto, riassumendo il concetto, il sangue rappresenta la gioia. La gioia che attraversa ogni nostra parte del corpo, che ci riossigena, che ci nutre, che ci permette di alzarci tutte le mattine e affrontare la nostra giornata. La gioia, antagonista indiscussa della tristezza. La gioia che ci permette di condurre i nostri giorni nell’appagamento totale e nella beatitudine.

LA TRISTEZZA TRASBORDA

È infatti quando coviamo in noi molta tristezza che la gioia, come a non “avere più spazio”, prima o poi, deve uscire. Possiamo tagliarci, ferirci in qualche modo, perdere sangue… perdere un po’ della nostra gioia. Un avviso ben visibile, di un bel rosso intenso, “alarm!”, che ci grida – Alt! Guarda! Stai perdendo felicità! Fa’ qualcosa! -. Un pianto interiore che alla fine fuoriesce.

Nel caso dell’Epistassi, e cioè la perdita di sangue dal naso, occorre osservare in primis che cosa rappresenta il naso per noi. È la parte che ci accomuna al mondo esterno. Percepiamo attraverso esso gli odori del mondo. Di cosa sa quella cosa? Il famoso fiuto animalesco, senza barriere.

Fiutare, indagare, conoscere… di primo acchito, quasi senza rendercene conto. Ad esempio, non riconosciamo di percepire i ferormoni di un’altra persona, eppure lo facciamo.

Il fiuto visto come il nostro intuito, ossia la capacità di riconoscere subito un qualcosa e la sua energia. La filosofia alchemica, che racconta come l’esterno sia il nostro interno, ci suggerisce quindi come non accettiamo quello che ci circonda o persino noi stessi e anche come non ci sentiamo accettati (riconosciuti, amati).

ACCETTAMI PER COME SONO

Accettami per come sono! – è il principale messaggio che grida tristemente la persona che soffre di epistassi. Ma le sue urla soffocate possono anche voler intendere: questa non è vita, la vita non mi ama, sono poche le cose che mi rendono felice a questo mondo… etc…

A soffrire maggiormente di epistassi sono infatti i bambini e gli anziani, anche perché hanno dei capillari più sottili e delicati. Per i primi, parecchio sensibili e assorbenti come delle spugne, è molto semplice e assai frequente non sentirsi amati. I secondi, invece, alla loro età, si sentono stanchi della vita che conducono oppure trovano questa vita difficile e faticosa da vivere visti gli acciacchi, la paura della morte che si avvicina, la perdita di persone care, gli impedimenti.

Modificando il proprio pensiero, e di conseguenza l’emozione che ne scaturisce, ossia – sorridi alla vita se vuoi che ti guardi sorridendo -, si può guarire dal fenomeno dell’epistassi soprattutto quando questo si rivela frequentemente.

Finchè non ci si sente amati e non si conducono le giornate nella gioia, purtroppo essa in qualche modo deve uscire per lasciare il posto alla tristezza. Ma si fa bene vedere e quindi possiamo porre rimedio.

Prosit!

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CITAZIONI DISCUTIBILI 1° – Buddha, l’Ego e il Volere

Eccoci alla prima citazione, a mio parere, da smentire. E’ quella che potete leggere nell’immagine qui sotto:

Un uomo disse al Buddha – Io voglio la felicità –

Il Buddha rispose – Rimuovi IO, questo è egoismo, rimuovi VOGLIO, questo è desiderio… e quello che ti rimarrà sarà solo felicità –

Ad una prima occhiata sembra una bella frasona, di quelle che ti lasciano di stucco e ti spiegano molto sull’Ego e sul pretendere ma… beh… ecco, dubito fortemente possa aver detto questo Buddha e vi spiego il mio perché:

Partiamo da qui

“Togli – voglio – quello è desiderare”.

Ebbene no. Anzi… Ora vi mostro anche come, tutto questo, tra le altre cose, sia pure un controsenso.

Il verbo “volere” è proprio l’unico che funziona quando si “vuole” (appunto) qualcosa. La nostra educazione e la nostra cultura ci hanno insegnato che “voglio” è sbagliato, maleducato, supponente e arrogante anche se accompagnato da un – Grazie – o da un – Per favore -. Lo si è quindi trasformato in “vorrei” che suona più elegante e più umile ma che reca con se’ il – Se posso… se me lo merito… chissà… forse… -. Per tanto, in caso di “desiderio”, come si cita qui, puoi aspettare anche mille anni che comunque non otterrai mai nulla. Non otterrai mai nulla perché speri e sperare significa mettersi in attesa. Volere invece vuol dire agire e procacciarsi con determinazione quella cosa fosse anche solo con il pensiero/immaginazione. Che sia un bicchiere d ‘acqua, che sia un sogno.

Non per niente i bambini, fintanto che non vengono ammoniti, dicono – Voglio! -. E guarda un po’. Inoltre, se “voglio”, mi rendo più responsabile nei confronti di quella determinata cosa. Si intende una sorta di responsabilità positiva. Io la voglio, io la creo, io la ottengo. È merito mio. Soltanto chi si identifica con il suo Sé Superiore o, se preferite, con il suo essere Dio, può affermare tali considerazioni e gioirne per questo. Un po’ come non dare merito a terzi; destino o individui che siano: se posso, per favore, vorrei… se me lo concedi… Sentite come stridono queste frasi nella vostra parte intrinseca?

E poi ditemi, avete mai sentito un Mago dire “vorrei… per piacere…”. Vi immaginate Gandalf contro il Balrog chiedergli – Senti… per favore… potresti andare via? Vorrei te ne andassi… se puoi eh? -. Vi rimetto qui il video che mi piace assai e colgo sempre l’occasione per postarlo.

Beh, insomma, mi sembra abbastanza imperativo no? Non chiede mai – Per favore – al mostro. E lo so che state pensando che tutto questo è solo un film ma funziona così anche nella vita, non per niente J. R. R. Tolkien, l’autore, era un risvegliato.

Per Mago Merlino vale la stessa teoria, non l’ho mai sentito, quel vecchio bisbetico, dire – Vorrei -, in nessuna delle sue formule magiche.

In secondo luogo la parola “desiderare” è sbagliatissima, per questo ad essa si affianca il “vorrei”.

De – sidera significa Fuori – dalle Stelle. Al di fuori del disegno delle stelle. Cioè impossibile, o meglio non affine, al disegno universale. Al suo posto occorre usare “considerare” che si affianca al “volere” e che risuona nel con – sidera cioè all’Interno del disegno delle stelle.

L’Universo e la nostra parte divina non sono permalosi e nemmeno hanno la nostra morale. Non diventano quindi schiavi di sciocche emozioni come noi. Il “voglio” non offende proprio nessuno mentre si sta ordinando una commissione al Cosmo divenendone co-creatori. Ovviamente la si dovrà condire con gratitudine, fede e amore ma – io voglio la felicità -, al di là del fatto che è già dentro di te e devi solo spolverarla, (la felicità infatti, uno che già è Mago della propria vita, non ha bisogno di volerla) è una frase più che legittima, alchemica e spirituale ricca di profonda consapevolezza che un Buddha non avrebbe mai contestato.

E chi la vuole questa felicità? Io. Certo! Che Ego? L’Ego si presenta in moltissime altre occasioni ma se tu sai ben dividere il tuo io materiale e schiavo dal tuo io spirituale e libero… beh, io è e io ti chiami. È naturale che il secondo modello, cioè Mago, come ho detto, non dovrà neanche volerla la felicità. Se è in quel riconoscimento ne sta già godendo. Così come è naturale che per educazione, ormai, se si entra in un negozio occorre dire “vorrei, per piacere” ma è il senso che mi premeva spiegarvi.

Credendo a questa citazione e che così stanno le cose purtroppo si rimane “bassi”, con pesanti palle di ferro attaccate alle caviglie, anziché darsi la possibilità di volare.

Ho voluto spiegare questo perché molte persone prendono queste citazioni e le usano nella loro vita come massime indiscutibili, credendoci e volgendo le loro azioni in base a ciò che hanno letto. Mica dovete pensarla come me! Ma per lo meno adesso, se prima non le avevate, possedete due visioni e potete scegliere. Riflettete sempre, prima di fare vostra, la frase di qualcun altro.

Io voglio la felicità! Ditelo ancora! E’ bellissimo! Io voglio la felicità! Io voglio la felicità!

Prosit!

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E’ Impossibile stare Bene

ESSERE FELICI E’ NORMALE

Lo so che può sembrare assurdo quello che sto per dire ma per molti (quasi tutti)… è impossibile stare bene. Sentirsi bene. Gioire. Soprattutto dopo una sofferenza. Sì, sì… anche se non lo credete. Poi, se mi sbaglio, non posso che essere felice per voi (e per me) ma lasciatemi spiegare che mica voglio fare l’uccellaccio del malaugurio eh?!

Con chi crede questo normale invece vorrei condividere infatti una riflessione che mi è venuta alla mente e  mi ha lasciata alquanto perplessa.

Supponiamo che, quella determinata persona, alla quale io tengo, per esempio, mi tratta male e io soffro a causa del suo modo di fare nei miei confronti. Dopo un po’ mi tratta ancora male e io soffro di nuovo. Poi mi tratta male per l’ennesima volta e io, per l’ennesima volta, soffro. In pratica – dipendo – dal suo modo di fare. Se lei si comporta bene con me io mi sento felice, se lei mi maltratta con sgarbo e superbia, io mi rattristo. Questo accade un po’ a tutti. Pensiamo al rapporto con il nostro partner o con uno dei nostri genitori. Pensiamo ai nostri figli adulti che ci offendono, pensiamo ai nostri colleghi di lavoro. Ci sono persone, nella nostra vita, alle quali “diamo” la possibilità di modificare il nostro stato d’animo.

C’E’ UN VIOLINO DENTRO DI NOI

Bene. Ma, visti gli effetti, io rompo le regole e decido di eseguire un lavoro dentro di me. Se lei riesce a farmi soffrire è perché riesce ad agganciarsi a delle frequenze mie, interne, schiacciando così tasti che io vivo come traumi ma sono miei non suoi. Tant’ è che, il suo medesimo comportamento verso un altro individuo, a quell’altro non comporta nessun disturbo. Ora voi direte – Non c’è lo stesso sentimento – e invece posso assicurarvi che per due fratelli i genitori sono gli stessi e si comportano allo stesso modo con entrambi ma, mentre uno subisce determinati effetti, l’altro non ne subisce alcuno. Al di là di questo però è che dobbiamo vedere quali corde del mio inconscio vengono fatte vibrare.

Detto questo continuo. Come dicevo lei mi tratta di nuovo male e io soffro nuovamente, poi ancora e poi ancora e diventa un loop. Fino al giorno in cui lei mi tratta male, per l’ennesima volta, e io… non soffro per niente. Il lavoro svolto sta dando i suoi effetti e io sono diventata, anche se solo in parte, più padrona di me. Ora, la cosa buffa è che, mentre mi viene da ridere e mi sento felice, mi dico – No… no aspetta… non è possibile. Com’ è possibile ch’io stia bene? Mi ha appena maltrattato e io sto bene? No… è uno scherzo della mente, in realtà sto soffrendo e qualcosa mi illude ch’io stia bene così poi cado e mi faccio ancora più male -. Mon Dieu! Ma vi rendete conto? Vi rendete conto dei giri allucinanti e dei merletti che la nostra mente compie?

TRABOCCHETTO INSIDIATO, DANNO CREATO

Invece occorre comprendere che è proprio l’inverso. È il credere di non essere veramente felici il tranello. Come ad aver paura di toglierci da quella sofferenza. Perché, in fondo, toglierci da quella sofferenza significa effettuare un cambiamento e, i cambiamenti, o più o meno, spaventano sempre. Quei “click!” che partono nel cervello ci lasciano sempre dubbiosi e timorosi. Si sente la gioia e si ha paura a lasciarsi andare perché si ha paura di rimanere poi fregati. Il male è sempre dietro l’angolo, pensiamo, dobbiamo stare sempre in allerta con spade e antenne ben diritte! Abbiamo imparato questo grazie al nostro Istinto di Sopravvivenza. Per poter sopravvivere appunto ma abbiamo esagerato un po’ diramando tale congegno un po’ ovunque nella nostra vita. Senza dimenticare il perverso e celato meccanismo del “io non merito di essere felice”. Uno strano fenomeno che s’innesca già nella prima infanzia e, se non facciamo nulla per cambiarlo, ci accompagna, mortificandoci, per tutta la vita. Non siamo degni di provare quella gioia, di sentirci lievi, senza pesi inutili.

Esiste inoltre il – sentirsi in colpa nei confronti degli altri – cioè: io mi sento bene ma tante persone invece soffrono e non lo meritano di soffrire quindi io sono sbagliata. Toh! Deduzione perfetta!

Ecco, descritti tutti questi balordi tafferugli del cervello, si può stabilire come sia realmente difficile se non impossibile stare bene. Non vi pare? Posso dirvi che a me, tempo fa, è successo. Una sorpresa totale nel momento in cui mi è accaduta quella determinata cosa che da sempre mi faceva soffrire e io invece provavo dentro la gioia. Una gioia piena, grande, reale. Ma appunto così sorprendente da risultare INcredibile.

Continuavo titubante a dirmi – Non è possibile! Non è possibile! Non puo’ essere! – e questa diffidenza non mi permetteva di godere appieno di quell’entusiasmo che voleva pervadermi, non mi permetteva di lasciarmi andare completamente abbandonata in quella pace e in quella soddisfazione. Una sensazione stranissima. Allenarci ad accettare la felicità. Al solo dirlo mi sembra davvero insensato, pazzesco. Eppure… accade anche questo. Ma dobbiamo assolutamente farlo. E’ un nostro diritto. Meritiamo di stare bene.

Prosit!

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Quante Risorse abbiamo? Uno sguardo all’”Oltre”…

Nell’ultimo periodo la gente quasi non mi riconosce più.

Per non darmi dell’insensibile (così quasi appaio) mi dicono che sono forte.

Sanno perfettamente che cinica non sono e, quindi, non sapendosi dare una spiegazione inerente al distacco che notano tra me e l’eventuale brutta situazione che sto vivendo (sempre più raramente ormai), traggono come conclusione il fatto ch’io sia diventata più capace nel gestire determinati disagi o che sono più padrona di me.

Ma come fai? – mi chiedono alcuni – Come fai a sorridere nonostante tutto? -.

Però… non ti vedo male malgrado quello che ti è accaduto – mi domandano altri.

Quella che una volta era la solarità che mi contraddistingueva, quasi giornaliera, si è come trasformata, per chi mi osserva, in indifferenza nei confronti degli eventi negativi.

E’ sempre positiva, ma come fa? – sussurra la gente. Fortunatamente non sono ancora giunti a darmi della psicopatica (…sorrido).

Ho sempre cercato di dare spiegazioni a proposito, non avevo nessun segreto anzi… avrei voluto che tutti, anche loro, potessero trovare questa forza che non possiedo solo io. Ognuno ce l’ha. Al fine di stare meglio, di riuscire a superare le difficoltà in modo meno drammatico. Sono però sempre stata abbastanza sconclusionata nelle mie confessioni e non perché volevo apparire misteriosa, o avara nel dare, ma perché, io stessa, non capivo bene cosa mi stava succedendo. Io stessa avevo confusione dentro me e non riuscivo a leggere alla perfezione che cosa mi faceva “stare bene” nonostante tutto.

Oggi forse l’ho capito, mi è più chiaro questo sentore e posso decifrarlo meglio, regalandolo bene a chi vuole riceverlo.

Penso di aver semplicemente compreso che abbiamo risorse infinite. Mi sono convinta, dopo un lungo periodo di allenamento (l’inconscio và soltanto educato come ho scritto molte volte) del fatto che sono io stessa un essere infinito e quindi ho infinite risorse.

Se mi soffermo a pensare di essere soltanto carne e ossa, cioè un corpo, ovviamente percepisco di finire lì dove il mio corpo finisce ma, se concepisco il concetto di essere anche qualcosa di più, una fonte incredibile di energia ad esempio, capisco automaticamente di andare ben oltre il mio corpo. Di andare molto più in là, chissà fino dove… infinitamente.

Se riesco a far arrivare la mia energia attraverso una cornetta telefonica (sarà capitato anche a voi immagino) ciò significa, per forza di cose, che posso arrivare molto molto lontano.

Di conseguenza, anche le mie risorse, non finiscono dove finisce il mio corpo tangibile. Non finiscono nel petto, o nella testa, dove ho e abbiamo sempre creduto risiedessero, ma vanno ben oltre.

L’inconscio, oggi, lo abbiamo pieno di spazzatura e cose che ci inquinano: brutti pensieri, cattive emozioni, schemi mentali che non servono a niente ma, a pensarci bene, esso è in realtà vuoto e stupido. Possiamo riempirlo noi di cosa vogliamo, proprio come abbiamo fatto in passato durante tutta la nostra vita senza nemmeno rendercene conto. Essendo egli sciocco (ma anche lui infinito), senza la possibilità di intendere e di volere, è obbligato ad obbedire a seconda di quello che noi ci infiliamo dentro.

Se io mi convinco, o mi lascio convincere, di essere povera, per il mio inconscio sono povera ed egli lavorerà da povero facendomi ogni giorno sentire una poveraccia.

Ma se io ordino al mio inconscio, quotidianamente, che sono ricca (è un lavoro duro ma si può fare) egli non potrà che dirmi e convincermi di essere ricca. Perché obbedisce e basta. Esegue gli ordini. I miei. E’ solo un contenitore.

Ora, voi direte – Si, ma comunque, in banca hai sempre e solo 10 euro e non mille – . E’ vero ma… come vivo il fatto di avere solo 10 euro?

Il punto focale è proprio questo: se vivo male, e drasticamente, il fatto di avere solo 10 euro automaticamente andrò sempre più in malora. Non ho nulla e niente che mi permette di aumentare la cifra. Mi tiro la zappa sui piedi da sola. Mi considero senza risorse. E’ come se, oltre a quei 10 euro, non si possa andare. E’ come se, quei 10 euro, segnassero la mia fine. Sto dando a 10 euro il potere di segnare la fine di me.

Questa cosa è da non fare assolutamente. E’ da non fare mai.

Rendendoci conto che abbiamo risorse infinite, possiamo di conseguenza trovare il modo di aumentare i nostri 10 euro. O comunque ne abbiamo maggior probabilità. Anche le probabilità sono infinite nell’Universo. Innanzi tutto, attraverso le frequenze positive che emaniamo, ci ritornano altrettante frequenze positive che lavoreranno per noi, e poi, possiamo: creare, possiamo farci venire un’idea, possiamo trovare un lavoro nuovo, possiamo effettuare nuovi scambi… tutte cose che ci possono portare ad aumentare le nostre entrate economiche. Ma senza risorse siamo persi. E, se siamo convinti di essere senza risorse, siamo persi ugualmente.

Non posso dirvi come andrà a finire. Nè per voi, nè per me ma, è certo, che senza risorse, non si muove nemmeno un passo. Non bisogna focalizzarsi sulla fine, sul “come andrà…” ma, facendo un passo alla volta, si deve partire dal giusto step, ossia dalla prima risorsa. Concentriamoci sul primo scalino da salire.

A questo punto, non posso essere triste, perché è ovvio che troverò una soluzione. Prima o poi troverò la risorsa che mi porta alla soluzione e, fiduciosa, l’attendo. Ed essa arriva. Che ci crediate o no, arriva. Non bisogna dubitare.

Uomo di poca fede, perché hai dubitato? – (Gesù)

Soltanto uscendo dalla logica che ci hanno sempre insegnato e nella quale ci crogioliamo perché ci dà risposte e sicurezza possiamo andare oltre… verso quell’oltre infinito e pieno di nuovi orizzonti.

Manteniamo lo sguardo sulla realtà, non dico di fare salti pindarici, ma dobbiamo riconoscere che qualcosa di noi può, INDISCUTIBILMENTE, andare oltre

E allora, perché sono comunque felice? Perché finchè riesco ad andare oltre non vedo mai la fine, la mia fine, non “ho ancora sentito suonare la campana” come diceva Mickey, allenatore di Rocky Balboa. E se la fine non c’è, come posso essere triste?

Alla fine andrà tutto bene, se non andrà bene, non è la fine – (John Lennon)

Prosit!

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Se stai bene te ne accorgi dalla Gente

Ho fatto questa prova più volte e mi ha sempre dato la conferma di quello che sto per dirvi.

Se si sta bene, spiritualmente intendo, se si è felice davvero e di buon umore, la gente, nei nostri confronti, è diversa. Appare più solare, più gioviale, più ridente.

Ci sono stati periodi, fortunatamente brevi, di pochi giorni, in cui mi sentivo svogliata e giù di tono. La gente che incontravo per strada, mi salutava ovviamente, ma con ben poca enfasi nonostante io, salutando per prima o rispondendo al saluto, mostrassi tutti i miei denti in un sorriso gioioso. Il loro, appariva più come un – Ciao – di cortesia che altro.

Quando invece ero o sono veramente in forma, sentendomi appagata dalla vita, gaia e serena, non solo mi salutano tutti in modo nettamente diverso e con molto più calore, ma si fermano anche volentieri a parlare con me e lo fanno con voglia, con interesse e con entusiasmo dipinto sul viso.

Accorgendomi di questo, nelle giornate in cui ero down, ho provato a mascherare il tutto come una vera attrice. Volevo vedere se era davvero una questione energetica o se traspariva dalla mia espressione che c’era qualcosa che non andava ed ero abbacchiata.

Come a recitare un ruolo, sfoderavo così sorrisi a destra e a manca mostrando attenzione a chi incontravo e voglia di scambiare quattro chiacchiere. Si, come sempre, per educazione si fermavano e parlavano con me, di certo non mi mandavano a spigolare, ma erano diversi. Erano svogliati, stanchi o di fretta, poco dilettati e attratti dalla mia persona.

Capii presto che avrei potuto fare tutte le finte che volevo, come su un vero palcoscenico, ma l’energia non la si può fregare. O meglio, non la si può trasformare. L’energia è energia e parte da dentro di noi, dalla parte più intrinseca verso la quale, non abbiamo alcuna possibilità di governo. E’ lo stato emozionale ed è ciò che in quel momento siamo.

La mia energia veniva percepita dall’energia dell’altra persona che rispondeva così di conseguenza. La stessa persona che magari il giorno prima era divertita e contenta di vedermi. Ovviamente capita anche all’inverso ossia da me verso loro. Sembra una banalità tutto questo ma non lo è. Quest’energia esiste in ogni frangente della nostra vita.

Siamo collegati e connessi. E’ come quando un animale sente la nostra paura. E’ la stessa cosa, solo che tra noi e su di noi non ce ne accorgiamo.

Non siamo dotati soltanto dei cinque sensi fisiologici che abbiamo imparato a scuola durante l’ora di scienze: il gusto, l’olfatto, la vista, il tatto e l’udito. Ce n’è un altro, ancora più preciso, ancora più sensibile, ancora più viscerale ed è quello energetico il quale comprende anche il nostro intuito.

Quest’ultimo senso, non solo sensibilizza tutti gli altri che ho elencato poc’anzi, ma accende dei campanelli all’interno di noi i quali sviluppano sensazioni che, nonostante spesso non riusciamo a tradurre, ci fanno vivere quella determinata situazione in un determinato modo.

Mi sento oggi di dire, e oserei anche di confermare, che se vogliamo sapere davvero come stiamo nel nostro interno e nel nostro inconscio, possiamo tranquillamente specchiarci nella gente che è un nostro riflesso ed emana a noi le stesse frequenze che noi emaniamo. Molto spesso, crediamo di essere felici ma in realtà non lo siamo. Abbiamo mille paure che nemmeno conosciamo e, allo stesso modo, molte volte, pensiamo di essere più angosciati o sfortunati di quello che in realtà il nostro cuore sente di essere. Le persone che incontriamo per la strada ci possono dare la conferma di tutto questo.

Basta il – Buongiorno! – del postino, o il – Mi dica? – del negoziante, o ancora, il saluto amichevole di un conoscente dall’altra parte della strada. Osserviamo i suoi occhi, l’espressione del suo volto. Proviamo a capire se ci sorride per circostanza o se gli ride anche il cuore. Che gesti fa con la mano? Quanto calore mette in quel saluto o quanto è piacevolmente sorpreso di vederci? Anziché camminare guardando il marciapiede, alziamo la testa e osserviamo i passanti, ci guardano a loro volta? Attiriamo il loro interesse? Siamo “belli” (energeticamente)?

Quando diciamo “nessuno mi considera”, chiediamoci anche il perché. E credetemi, non serve essere sensuali o appariscenti. E’, come ripeto, una questione energetica. Sarà la nostra energia a far girare i volti degli altri, sarà lei a mandare uno sconosciuto da noi per chiedere un’informazione, perché lo attiriamo.

Incontrare persone che sorridono, che si abbracciano tra loro, che mostrano al nostro sguardo il loro lato bello e positivo deve farci capire che, quel giorno, in noi, c’è bellezza e positività nei confronti della vita. A volte invece potremmo vedere mummie che ci camminano intorno come zombie. Perché, quegli zombi, in realtà, siamo noi.

Provateci, se non altro, è divertente.

Prosit!

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Ama e ama e ama…

E’ davvero difficile amare. Amare in modo vero, sincero, puro, quando…. non si è corrisposti.

Quando ad ogni nostro slancio di entusiasmo si riceve una mazzata sulle orecchie che ci rintrona per un attimo moooolto lungo.

Poi ti ripigli, sbatti un po’ le palpebre e ti dici – Ama, non fa niente, tu ama, continua ad amare, ama, oltre qualsiasi cosa, sopra il tutto, ama, spingiti oltre… – e intanto lo stomaco si lacera, il cuore si vena, gli occhi si riempiono di lacrime e vorresti urlare.

Ok, dopo questa introduzione penso sia giusto scrivere anche una premessa al fine di comprendere questo post al meglio anche perché già sento che mi verrà fuori confuso….

Si, mi sto riferendo a quando si decide di amare incondizionatamente. A prescindere. Che già il termine “decidere” è sbagliato perché è una cosa che non la si determina anticipatamente, ma ci sono avvenimenti nella vita che ci accadono, al fine di insegnarci qualcosa, e spesso dovremmo prenderli, nonostante forse la sofferenza che ci regalano e, anziché tenerli come una spada di Damocle puntata sulla nostra testa per tutta la vita, quasi fieri di avere un melodramma triste da raccontare, trasformarli in qualcosa di positivo. In una specie di allenamento, per cercare di riuscire a vivere meglio. In modo più felice. Per evolversi si potrebbe dire.

Il tema che ho scelto, quello dell’amare in tale maniera, è sicuramente il più difficile tra tutti a mio avviso. E’ collegato ad un milione di altre cose.

Detto questo, non intendo affermare che è giusto farsi maltrattare da qualcun altro o permettere a chi ci sta di fronte di mancarci di rispetto, ma vorrei sottolineare quanto è dura accettare i comportamenti dell’altro quando non sono come i nostri, quando non ci appartengono, quando ci fanno più male che bene, quando non rispondono alle nostre aspettative provocano malessere. Mi riferisco ad un altro che non la pensa come noi e che si, è vero che ci reca dolore, ma non lo fa apposta. Non ci pensa. E’ innocente. Ma noi sentiamo male. Questo è il dramma. Un male tremendo e… vorremmo concluderla lì. Certo, sto naturalmente parlando prevalentemente di un rapporto di coppia, ma potrebbe non essere l’unico tipo di legame al quale correlare tali affermazioni. Quando si è in Amore, in modo totale, non c’è sofferenza di alcun tipo e quindi nemmeno le mazzate sulle orecchie esistono, ma arrivare all’amore incondizionato è un percorso di scalini, duri e faticosi, ci sono degli step e, prima di giungere al traguardo, purtroppo, si sta anche male.

Ora, mettendoci tutto il nostro impegno, credetemi che ce ne vuole parecchio, si potrebbe anche riuscire a sorpassare il dolore della fitta nel fianco che subiamo, ma la cosa più importante da fare è chiedersi – Ma sono davvero felice? -.

Riuscendo ad ascoltarsi attentamente, nel più profondo, e producendo una buona dote di sincerità, vedrete che si può rispondere tranquillamente – No -. Perché è difficile dare amore mentre si viene feriti. Perché è difficile essere felici quando per la prima volta, dopo sette mesi di relazione, lui ti chiama “Amore”, tu fai i salti di gioia e poi scopri che è stato solo uno scherzetto del correttore automatico. Sul serio! E’ difficile essere felici dopo che da due giorni si aspetta di sentire la sua voce, poi finalmente riesci a chiamarlo e lui ti risponde di corsa salutandoti di fretta perchè sta iniziando la partita di calcio. E’ difficile essere felici quando lei ha organizzato di andare a fare un viaggio, prospettandolo come uno dei più belli della sua vita, e non ti chiede di accompagnarla. E’ difficile… accettare. L’accettazione è qualcosa che può rodere, che graffia forte come artigli possenti.

A questo punto, tante persone potrebbero iniziare a parlare di mancanza di rispetto ma altre invece potrebbero rispondere che il rispetto nasce proprio nel lasciar libera, al 100%, quella persona che sta assieme a noi. Senza interferire nella sua vita, senza costringerla, senza amputare nulla della sua libertà. Permettergli persino di andare a letto con un’altra. Certamente. L’amore è amore, il sesso è sesso. Due cose completamente differenti.

Nella savana, un leone che si tromba dieci leonesse, mica subisce le angherie della leonessa precedente una volta rientrato in tana. La natura vuole che si prolifichi, noi non prolifichiamo, godiamo solamente, appaghiamo un nostro bisogno, un piacere, ma è comunque sempre un bisogno intrinseco. Ancestrale. Senza nominare gli animali che hanno sicuramente una mente meno sviluppata della nostra e non hanno una morale o una ragione, potremmo prendere popoli di altri Paesi che non temono assolutamente, nè rifiutano, il fatto di andare a letto con più persone contemporaneamente. Quindi, i nostri, sono solo schemi mentali. Quindi siamo praticamente vittime, e soffriamo per questo, di una nostra educazione ricevuta.

Altri ancora invece pensano che se davvero ami una persona non ti viene lontanamente in mente di fare sesso con un’altra. Ma io mi chiedo se questo criterio può continuare per molti anni, anche dopo la famosa “abitudine” o se ha modo di esistere anche in caso di rapporti a distanza. Quei rapporti in cui ti vedi magari solo una volta al mese.

E quindi insomma che, detta così, sembra davvero facile ma non lo è per niente. Non è facile dare a qualcuno un “buongiorno”, al mattino, pieno di gioia e caloroso affetto e ricevere un freddo – ‘giorno – semplicemente perché quella persona non è calda come noi, o non ha mai ricevuto affetto e non sa come offrirlo. Penso altrettanto però che, molte cose, non si debbano imparare. Le abbiamo dentro e nascono spontaneamente. Se si ama davvero.

Il discorso alla fine è un altro. Si ha voglia di continuare così o è meglio andarsi a cercare una persona più simile a noi che ci saluta affettuosamente al mattino o che se va a fare un viaggio ci invita perché ha piacere a stare con noi? Direi la due. Ma, dopo aver detto la due, sorgono i primi dubbi: è allora davvero amore incondizionato, a questo punto, o soltanto l’appagamento inconscio di alcune nostre umane necessità? Umane e più che comprensibili.

Non voglio estremizzare. Ci sono coppie che stanno insieme solo per un vero e proprio ritorno, io non parlo di questo tipo di legame che davvero non mi piace e lo trovo abietto. Mi si perdoni il giudizio. Mi riferisco alla via di mezzo, a quei bisogni umili e che hanno modo di esistere proprio perché… dove sta il limite? E c’è un limite? Quanto posso accettare? Fin dove posso spingermi? Per quanto tempo ancora posso provare quella puntura forte nelle viscere che non mi fa stare bene?

Basta, vaffanculo, non lo sopporto più. Vorrei che facesse… vorrei che dicesse… -. Alt! Dov’è l’Amore in tutti questi “vorrei”?

E quel “basta”, che in verità non riusciamo a dare, è davvero amore o è paura della solitudine? Perché in realtà si può amare comunque anche lontani. Si può amare anche una persona che non è con noi o non lo è più, anche se il vero amore, presumo, riesca a far andare tutto a pennello e il puzzle si crea. Si crea perché l’amore è alla base di tutto. Non c’è niente di più forte dell’amore. Perché se è vero che l’amore move il sole e l’altre stelle pensate davvero non riesca a far combaciare due esseri umani se la loro unione è vita? E’ creazione di qualcosa di meraviglioso? (Non parlo di figli). Se sei amore sei luce e quella luce la si vede. Abbaglia. L’amore è il nutrimento primario della creatività. Quando si è pieni d’amore si crea, deve uscire in qualche modo o scoppieremmo. Se c’è apatia, non c’è amore. O per lo meno ce n’è molto poco. Se c’è paura, insofferenza, tristezza, de-pressione, non c’è amore.

E insomma, sapete bene ormai, se mi conoscete, che io sono quella delle sfumature di grigio e per me ce ne sono ben più di 50 e con meno erotismo.

E allora che si deve fare? Mollare tutto e quindi perdere la possibilità di capire, di provare un qualcosa di nuovo grande come l’amore?

O bisogna continuare rodendosi l’anima perché a tutti i costi occorre spingerci oltre il limite se vogliamo capire qual è, il vero amore di cui parla l’Universo?

Solitamente, in questo mio blog, sono io quella che offre il risultato bell’è pronto su un vassoio d’argento. Lieta oggi di mostrarvi la mia umanità. Non potrei mai, perdonatemi, competere con la maestosa, potente, complessa, o forse semplicissima, forza dell’amore.

Ma qualche riflessione probabilmente avviene.

Prosit!

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L’Ottimismo di Rob

Su slide player.it http://slideplayer.it/slide/957509/

^Presentazione sul tema: “ROB E’ IL TIPO DI PERSONA CHE TI FA PIACERE ODIARE”

– Rob è sempre di buon umore e ha sempre qualcosa di positivo da dire.

– A Rob, quando gli chiedi come va, lui risponde: “se andasse meglio di così, sarei due persone!”

– Rob è un ottimista riesce sempre a far vedere il lato positivo della situazione.

Un giorno chiesi a Rob: “Io non capisco, non è possibile essere ottimisti ogni giorno, come fai?” 

Rob mi rispose “Ogni giorno mi sveglio e mi dico, oggi avrò due possibilità. Posso scegliere di essere di buon umore o posso scegliere di essere di cattivo umore. E scelgo di essere di buon umore. Quando qualcosa di brutto mi succede io posso scegliere di essere una vittima o di imparare da ciò. Ed io scelgo di imparare. Ogni volta che qualcuno viene da me a lamentarsi per qualcosa, io posso scegliere di accettare le lamentele, o posso scegliere di aiutarlo a vedere il lato positivo della vita. Ed io scelgo il lato positivo della vita. 

“Ma non è sempre così facile Rob!” gli dissi.

“Si, lo è ” disse Rob, “la vita è tutta una questione di scelte. Sta a te scegliere come reagire alle situazioni, sta a te decidere come lasciare che gli altri influenzino il tuo umore. Tu scegli se essere di buon umore o di cattivo umore. Alla fine sei tu a decidere come vivere la tua vita”. 

Dopo quella conversazione ci perdemmo di vista, ma spesso mi ritrovai a pensare alle sue parole quando dovevo fare una scelta nella mia vita. Ho saputo che Rob aveva avuto un brutto incidente sul lavoro, era caduto da 18 metri di altezza, gli misero una piastra d’acciaio nella schiena. Sono andato a trovarlo e gli ho chiesto come si sentisse.

“Se stessi meglio sarei due persone” mi rispose. 

“Ma come fai ad essere così positivo dopo quello che ti è successo?”

“Mentre stavo cadendo, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la mia bimba. Poi mentre giacevo per terra, mi sono detto che potevo scegliere di vivere o di morire. Ed ho scelto di vivere”. 

“Ma non hai mai avuto paura?”

“Si, quando mi hanno portato in ospedale ed ho visto l’espressione sul viso dei medici. Perché era come se guardassero ad un uomo morto. Dissi: operatemi da uomo vivo, non come se fossi già morto! Ho avuto paura, perché era come se guardassero ad un uomo morto.” 

Rob insegna che ogni giorno abbiamo la possibilità di scegliere di vivere la vita pienamente. Quindi è inutile preoccuparsi sempre per il domani, perché ogni giorno ha i suoi problemi su cui scegliere di vivere, dopo tutto, oggi è il domani di cui ti preoccupavi ieri.

Vivi pienamente ogni giorno, ogni respiro, e soprattutto, ogni amico.

Buona Giornata! Suono e “accorgimenti” by Soraya^.

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Ho trovato questo scritto sul Web e nonostante (forse) l’enfatizzazione del contenuto, due frasi che ho sottolineato, mi hanno molto colpito:

– Operatemi da uomo vivo!

– Oggi è il domani di cui ti preoccupavi ieri.

Quando un medico deve operare, difficilmente, secondo me, lo fa senza speranza. Ce la mette tutta e molto spesso è convinto di riuscire utilizzando tutti i mezzi di cui dispone. Ma il discorso non voglio rivolgerlo al medico, voglio rivolgerlo alla sensazione di Rob che sottolinea l’essere vivo. L’essere ancora vivo.

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Non importa cos’ho, non importa quanto grave sia il danno, io ADESSO sono vivo!

E’ strabiliante se si pensa a quante persone si danno per spacciate pur avendo ancora un cuore che batte in quel mentre, dell’aria che entra nelle nari, del sangue che viaggia all’interno dei capillari.

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La condizione. Ciò che ci spaventa è ciò che abbiamo visto e vissuto da altri. E’ normale morire per quella determinata malattia, per quel particolare incidente, in quelle determinate condizioni. E’ successo a tutti. Invece no, non è successo a tutti. C’è chi si è salvato, ma è come se ci venisse comodo pensare che in quel caso si è trattata di straordinaria fortuna o qualche santo che a noi non è concesso avere come amico.

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E’ la paura che ci fa ragionare così, sono le esperienze, i ricordi delle esperienze, ma in realtà è, in quel momento, un qualcosa di ancora finto. E’ finzione. Perché no… non si è ancora morti.

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Vi ricordate quella storiella, non mia, che vi raccontai tempo fa? Ve la ripropongo:

Un giorno un saggio che stava recandosi in pellegrinaggio in un piccolo villaggio dell’India, incontrò sulla sua strada il signor Colera. Il saggio gli chiese dove stesse andando così di buon’ora e il signor Colera gli spiegò di aver ricevuto il mandato di prelevare 500 anime dalla Terra.

– Dal momento che il pellegrinaggio è molto affollato e le condizioni igieniche lasceranno a desiderare è il posto ideale per compiere la mia missione! -.

Quando il saggio fu di ritorno dal pellegrinaggio, pensò tuttavia che il signor Colera gli avesse mentito giacchè invece di 500 anime, come gli aveva detto, ne aveva prelevato 1.500. Pensò – Ah! Se lo rivedo quello là! -.

Fu in quell’istante che incontrò nuovamente il signor Colera. Gli chiese allora – Ebbene, e gli altri 1.000? -. Il signor Colera si affrettò a rispondere – C’era, al pellegrinaggio, anche il signor Paura: gli altri 1.000 se li è portati via lui –“.

tratto da “Metamedicina – Ogni Sintomo è un Messaggio” di Claudia Rainville.

Di colera si muore. Punto. Questo è quanto. Perciò così è.

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Ecco perché tanti filosofi, tanti studiosi di medicine alternative si preoccupano sempre di sottolineare come la paura, la preoccupazione, siano in realtà le nostre più grandi nemiche. Siano in realtà la causa principale di malattie e morti. Ecco perché vogliono convincerci a vivere pensando in modo positivo e vogliono insegnarci che possiamo governare il nostro corpo anche nel senso opposto. All’incontrario.

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E’ un tema sempre molto difficile da comprendere e soprattutto da svolgere, ma penso sia bene piantare dei semini che sicuramente germoglieranno, con il tempo, con la fatica, con la voglia.

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Rob è un altro dei tanti che non si stanca nel dire di essere ottimisti, di emanare frequenze positive per correlarci alle energie buone che ci circondano, per essere protetti, per stare bene. Per essere vivi finchè si è vivi. Per rimanere vivi.

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E’ anche questione di allenamento. Io ci sto provando e devo dire che funziona. La vita la trascorro diversamente. E’ più appagante. Non posso stabilire quando arriverà la mia fine ma quello che mi è dato di vivere ora, lo conduco in modo migliore, in un modo che mi fa stare meglio.

E se sono viva, con tutto quello che può succedermi, voglio comunque sentirmi viva.

Prosit!

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