Il significato nascosto nella frattura del Femore

LA VITTORIA E LA SCONFITTA

Si tratta dell’osso più lungo del corpo umano.

Il Femore, osso della coscia, rappresenta a livello generico la nostra forza nell’andare avanti, nell’agire, nel fare, nel procedere in ogni senso. Ma c’è una cosa che più di tutte simboleggia e che ora ti spiego.

Ti ricorderai che nel post sulle cosce avevo già parlato di questo potere ( post https://prositvita.wordpress.com/2016/07/13/il-potere-e-nelle-cosce/ ) ma ora andiamo a vedere che significato si cela in correlazione al Femore e alla nostra potenza quando questo osso si rompe.

Ci si sente in pratica sconfitti. Essendo esso l’emblema della nostra potenza dell’agire, quando troviamo davanti a noi una persona, o un evento, o un qualcosa di più potente, cediamo in questo senso.

In qualche modo ci fratturiamo il Femore.

Ovviamente non accettiamo l’altrui potenza. Questa cosa ci fa sentire inferiori e ci rende rabbiosi e tristi.

Se immaginiamo di dover colpire qualcuno con un pugno, e ci mettiamo in posizione “da combattimento”, possiamo notare come una gamba starà in avanti, leggermente piegata, e sarà la gamba sulla quale faremo forza. Quella forza viene emanata dalla coscia, cioè dal Femore che diventa in questo caso l’organo propulsore. Ma chi abbiamo davanti al quale vogliamo tirare un pugno? E’ un “nemico” che possiamo facilmente sconfiggere, o è un “nemico” che valutiamo decisamente più forte di noi e sentiamo già pervaderci dalla sconfitta?

TRA POCO MORIRO’

Si può notare come siano le persone più anziane a rompersi sovente e facilmente il Femore. Le persone di una certa età hanno naturalmente le ossa più fragili. È purtroppo molto semplice per loro, cadendo, rompersi un osso. Più facile rispetto a un bel giovanotto agile e muscoloso.

Ma è anche vero che, inconsciamente, sanno di andare incontro a qualcosa di molto potente, troppo potente, totalmente impareggiabile: la morte.

Quando si è anziani questo pensiero è più costante rispetto a quando si è giovani. Il concetto della morte, che sopraggiunge alla vecchiaia, è una memoria molto antica dentro di noi. È una cosa che diamo per certa.

Man mano che si invecchia, questa paura si fa sempre più grande anche se non ce ne accorgiamo. Molti amici della nostra stessa età muoiono, gli acciacchi ci spaventano, il rendersi conto di fare più fatica ogni giorno che passa è una cosa che non ci piace per niente, si sa di avere meno tempo e tutte queste cose nutrono il Demone della paura della morte.

IL POTENTE IMPEDIMENTO

Come dicevo però, anche una persona può farci sentire impotenti anziché potenti. Un’autorità ad esempio, un qualcuno che ci sconfigge, ci annienta, non ci permette di ribellarci, di affermarci, di farci valere. Di essere quello che vorremmo essere.

Ritorno agli anziani perché dovete sapere che, per la maggior parte di loro, non è affatto semplice vivere. La società li riduce a dei micragnosi, i figli magari non guadagnano abbastanza, il Governo non permette loro nemmeno di arrivare a fine mese e, tutta questa vita così pesante, per loro è come un mostro potentissimo. Non sentono più le forze per combattere questa situazione, ci si sente già sconfitti in partenza. Ecco un altro motivo del perché, durante l’età senile, è facile rompersi il Femore.

Molto spesso si sente dire proprio questo. Tra tutte le ossa che abbiamo nel corpo (ben 206 in un soggetto adulto) sempre il Femore.

È anche vero che un vecchietto non ha i riflessi di un giovane. Non porta avanti le braccia e non rischia quindi rotture alle ossa degli arti superiori ma il Femore, bene o male, ci va sempre di mezzo.

L’AUTORITA’ DEVASTANTE

È chiaro che anche un giovane o un bambino possono rompersi il Femore e, in questo caso, è curioso vedere nella loro vita che cosa hanno riscontrato di più potente di loro. Un qualcosa che li ha fatti sentire inferiori, schiavi. Dovevano obbedire e sottostare a qualcosa di più autorevole! Una situazione o una persona.

Ho già spiegato spesso che le gambe, a livello generale, simboleggiano il nostro andare avanti nella vita ma se si parla di forza vera e propria occorre assolutamente chiamare in causa il Femore.

Vogliate bene alle vostre cosce, ai muscoli che le formano e al Femore soprattutto. In loro si nasconde la vostra poderosità.

Prosit!

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Quella volta in cui Polpaccio mi prese da parte

DOLOR TREMENDO DOLOR

Si si. Mi prese da parte e… mi mise da parte. Il mio caro Polpaccio… quando si impunta su una cosa non gli fai cambiare idea neanche pregandolo. Ora ti racconto bene cos’è successo perché potrebbe interessarti.

Una splendida e soleggiata mattina di luglio decisi di darci dentro con le pulizie indoor e outdoor, cioè quelle pulizie che quando hai finito occorre rifare l’attestazione di agibilità dell’edificio.

Fu mentre trascinai un peso che, all’improvviso, sentii una specie di rottura nel muscolo del mio Polpaccio. Dolor tremendo dolor! Attuai immediatamente le mie tecniche di consapevolezza nei confronti di quel dolore ma il male fisico, comunque, si sentiva eccome.

Considerando che una delle mie più grandi passioni è l’escursionismo puoi ben capire quanto mi “giravano” ma, farsele girare, è la cosa peggiore da fare se conosci il comportamento da attuare nei confronti del malessere che ho spesso consigliato.

Il dolore continuò a esistere per giorni e giorni, sotto forma di fitta pungente e invalidante. Avevo già capito cosa voleva suggerirmi ma essendo per me un tasto dolente quanto lui, ho preferito non ascoltare facendo finta di niente.

Lui però non fece finta di niente e, vedendo che volevo fare la furbetta, ci andò giù secco.

PINOCCHIOOOO MA DOVE VAI?

Mi vien da ridere se penso a quanta resistenza opponiamo spesso nei confronti della vita e verso i consigli della nostra Anima. La paura riesce sempre a farla franca e il cambiamento, che ci intimorisce molto, lo viviamo come un turbinio di timori e preoccupazioni.

Pensando di farla in barba a Polpaccio (io so che è impossibile ma la mente no) andai avanti per la mia strada… zoppicando ovviamente.

Bene, per farla breve, immagina che furbona, mi portai dentro quel dolore per ben tre mesi. Oh si!

Vabbè, ma sai… fa molto caldo, si va in vacanza, si sospendono le gite e il procrastinare diventa la culla prediletta soprattutto per una come me. Fu un peccato che l’autunno giunse veloce e con lui altre nuove escursioni fantastiche, in cima ai monti, da organizzare! E… Yeppa! Eeee… Ehm…

Meg? – disse la mia Coscienza

Siiiiiiiii?????? – risposi

Hai un Polpaccio inutilizzabile ricordi?

Tananana’… Tanananaaaaa’…!

L’urlo, prettamente mentale, che spingeva con forza per uscire dal mio osso frontale lo sentirono riecheggiare anche nelle valli limitrofe.

Porcaccia di quella porcaccia zozza porcaccia, stai a vedere che l’aveva vinta lui!

ROCKY BALBOA VS IVAN DRAGO

Facendo man bassa di tutta la diplomazia e la pazienza che mi competono decisi di prepararmi così per il primo round con Polpaccio. Tra l’altro, già che ci sono, avviso amici e parenti che come sanno tali due qualità in me scarseggiano e le ho completamente esaurite a causa del muscolo irriverente.

Una sera, dopo essermi schiarita la gola, chiamai a me la sua attenzione come la povera Clara chiamava Heidi.

Polpy… possiamo parlare un attimo? – gli chiesi.

Oh ciao Meg! Finalmente! Qual buon vento?

Dopo questa sua risposta, l’80% della mia umiltà era andata già a farsi benedire e avrei voluto stritolare i Gemelli (muscolo conosciuto anche con il nome di Gastrocnemio) nel palmo della mia mano ma mi trattenni.

Eh, ho bisogno di dirti una cosa

Dimmi pure – fece con quel fare solenne che mi stava assai sul groppone.

Ascolta, volevo dirti che ho capito. Ho capito il tuo messaggio, quello che hai cercato di dirmi con il tuo dolore. Ho capito e ti prometto che farò quello che mi consigli…

La sua grassa risata la sentirono anche i vicini di casa – FARAI? Ahahha! Sei troppo forte Meg! Farai… certo! Sono quarant’anni che “farai”, come no?! Non FAI ma farai… sesese…

Mi stava irritando come pochi e se ne accorse – Lo so che ti sto dando fastidio, da mesi ormai, ma vedi, ti sei messa in una bruttissima posizione Meg! Posso capire chi non comprende certi linguaggi ma… tu? Mi prendi in giro? Sai benissimo cosa significa avere un dolore a un Polpaccio eppure fai finta di niente e poi mi vieni a dire “lo farò”? Sai benissimo anche che, se sono arrivato, è proprio perché quel “lo farò” lo hai già detto mille volte ma non sei mai stata di parola

Senti Polpy hai ragione ma è difficile! Santa Madre, potrai capire che ho anch’io paure e preoccupazioni?

Meg, io capisco tutto ma tu dimentichi che le scelte da effettuare sono grandi quanto te e la tua evoluzione. Io penso che tu possa farcela ma non vuoi. E mi dispiace, su questo, sarò irremovibile. Ho sopportato fin troppo

Ti prego…

No!

OK, MA QUINDI COSA SIGNIFICA?

Avrei voluto pestare i piedi e fare i capricci come i bambini e mi sentivo proprio un po’ bambina. Quello che Polpaccio mi stava chiedendo mi sembrava enorme, gigantesco.

Il Polpaccio, o meglio i Polpacci, sono letteralmente i motori delle gambe, la parte sulla quale più grava il movimento dei nostri arti inferiori. Come ti ho sempre detto, le gambe rappresentano il nostro avanzare nella vita e questo avanzamento avviene prettamente grazie ai Polpacci. Non solo, i Polpacci ti permettono anche di andare più veloce, o più lentamente, seguendo obbedienti la velocità che tu decidi con i piedi. Quindi anche un andare avanti rapido o lento è da osservare.

Ad esempio, nella tua vita, qualcosa sta andando troppo veloce per te e non riesci a stargli dietro? Vorresti mettere dei freni, degli stop, ma non riesci? Ecco che il Polpaccio traduce il tuo volere. Oppure, all’incontrario, ti trovi in una situazione che vorresti cambiare ma non riesci a smuoverti da lì? Ti senti la vita scorrere di fianco ma tu ti trovi sempre nello stesso punto? Anche in questo caso il Polpaccio ti parla, ti fa sentire come lo stai irrigidendo a causa della tua paura a muoverti assieme a quella vita e fluire con l’esistenza tutta. Solitamente sono le scelte da prendere e che coviamo dentro, con le preoccupazioni, a renderci i Polpacci doloranti.

Quando si vorrebbe vedere tutto già finito e invece non si è neanche ancora iniziato, quando le cose vanno all’incontrario di come vorremmo, quando vorresti andare da una parte e invece qualcuno o qualcosa ti costringe ad andare in un’altra direzione, quando hai paura di non avere più tempo, quando vorresti tornare indietro ma non puoi, quando ti mettono fretta… queste sono tutte situazioni che possono provocarti tremendi dolori ai Polpacci. O anche un fastidioso prurito.

TROVARE UNA SOLUZIONE

Parlavo tra me e me: “Cosa c’è Meg che vorresti vedere diverso nella tua vita e non hai più voglia di sopportare? Da dove vorresti andartene? Cosa vorresti modificare? Dove vorresti andare? (Attenzione, non si intende per forza un luogo, alle volte te ne vuoi andare da una persona o da una situazione)”. La risposta arrivò immediata. Il mio cuore, in fondo, lo sapeva da anni.

Il problema era che non AGIVO a tal proposito. Agivo con la mente, con l’immaginazione… Oh! Ero bravissima con l’immaginazione, laddove nulla di male poteva capitarmi e io continuavo fondamentalmente a vivere nella mia zona di comfort. Troppo facile.

Basta. Tutta quella roba doveva finire. Stavo opprimendo la mia vera natura. La parte intrinseca, La “Bambina” che era in me.

Composi il numero di telefono in un miscuglio emotivo di trepidazione e ansia.

Buongiorno, mi scusi, volevo sapere, per caso è ancora libero quel…? Bene, e potrei prendere un appuntamento?… […] … ok, la ringrazio molto, a domani allora!

Le porte iniziarono ad aprirsi. Sentivo di essere sulla strada giusta nonostante tutti gli ostacoli che avrei potuto incontrare. Sentivo la voce della mente che mi diceva – Sei pazza? Cosa stai facendo? Te lo impedirò sappilo! Non puoi fare quello che vuoi, non sei libera! – e sentivo quella dell’Anima – Vai così Meg! Grande! Sei speciale! Ti lovvo!!! – (si, la mia anima è molto hippie)…

Accadrà? Non accadrà? Poco importa. Mi sono tolta dalla comfort zone dimostrando alla paura che son più forte di lei. Solo questo serviva.

Il dolore al Polpaccio è scomparso del tutto.

Prosit!

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Il tuo “brutto” corpo è fatto così per un motivo

COME SCEGLIERE UN VASO

Quante volte ci lamentiamo del nostro corpo o consideriamo “brutte” alcune sue parti. Non ci piacciono perché nelle nostre memorie sono rappresentati i canoni di una società che vuole le persone in un determinato modo e solo se rispondono a determinati requisiti, queste persone, possono essere considerate “piacevoli”.

Una donna deve avere gambe lunghe e sottili, slanciate, altrimenti non dovrebbe nemmeno permettersi la gonna.

Un uomo deve essere alto, non esiste che un uomo sia piccolo, o addirittura più basso della sua compagna.

Il seno femminile dovrebbe essere prosperoso ed è una vergogna, per un maschio, avere attributi di misure ridotte.

Per ogni parte del nostro corpo ci sono giudizi. Orecchie, dita, naso, sedere, piedi, pancia, cosce.

Purtroppo nessuno ci ha insegnato a LEGGERE e TRADURRE un corpo nel suo significato. La nostra cultura ci ha educato solo a guardarlo come se fosse un contenitore, portandoci così ad apprezzare di più la confezione esterna che lo scopo dell’individuo nel suo complesso.

QUAL’E’ IL TUO TALENTO?

Lo scopo sì. O il talento. Non sono qui oggi a sviolinare la classica frase – Guarda l’interno e non l’esterno perché una persona può essere brutta fuori ma bella dentro e bla… bla… bla… -. Vorrei andare oltre. Più in profondità.

Non si tratta solo di bellezza interiore ma di missione.

Premetto che il fisico rappresenta ciò che siamo. Se un soggetto è obeso, ad esempio, poche sono le parole con le quali girarci attorno. È, quasi sicuramente un insoddisfatto e quindi soffre per un qualcosa che forse neanche lui conosce. Un’insoddisfazione di fondo lo annichilisce nel suo sopravvivere e questo non è certo un bene. Dovrebbe amarsi di più e far qualcosa per valorizzare se stesso e vivere al meglio. Ma, senza andare a toccare certi estremi come questo che vuole solo essere un esempio, i corpi di ognuno di noi sono tutti diversi tra loro. Non siamo fatti con lo stampino: non siamo tutti alti, o tutti magri, o tutti slanciati, o tutti aggraziati, o etc… e meno male!

Torniamo però al discorso dello scopo e, per farlo, prendiamo una delle cose che più fa arrabbiare le donne (pur interessando anche gli uomini): avere le cosce grosse.

GUARDA QUI… CHE BRUTTO… CHE ODIO…

Ebbene, come avevo già spiegato qui https://prositvita.wordpress.com/2016/07/13/il-potere-e-nelle-cosce/ le cosce, rappresentano il proprio potere. Il potere di affrontare un pericolo o un nemico.

Sono la parte muscolare sulla quale facciamo forza quando ci accingiamo ad affrontare qualcosa nella vita. I muscoli delle cosce ci aiutano a darci lo slancio, la spinta, ma anche a non vacillare e non indietreggiare. Ci servono per non cedere.

Ora, se il mio scopo è quello di fronteggiare diverse difficoltà nella mia esistenza, oppure ho un carattere forte e un carisma significativo grazie ai quali posso combattere o dominare diversi scomodi eventi, e magari divenire un buon leader per molti o un boss giusto, non posso e non devo avere cosce gracili e piccoline! Ho bisogno che il mio corpo possa seguire le mie intenzioni. Devo poter contare su di lui, senza dover modificare la mia natura intrinseca.

Altro esempio: le mie dita corte e tozze forse non le apprezzo ma se il mio talento è quello di creare determinati oggetti, oppure devo riuscire a “prendere” la vita in un certo modo per sconfiggere certi nemici, non posso avere dita affusolate. Mi servono strumenti forti. Le dita rappresentano i dettagli e le sfumature del modo in cui io vivo la mia quotidianità. Come svolgo quel lavoro, quanta enfasi ci metto, quanta attenzione, quanta responsabilità. In base a ciò che sono avrò dita adatte.

La stessa cosa vale per la voce. La voce è anch’essa uno strumento. C’è chi con la voce deve raccontare fiabe che portano a sognare, chi deve guidare gli altri, chi deve imparare a tacere, chi deve incuriosire, chi deve cantare, chi saper sussurrare… tutti questi sono talenti.

PERCHE’ SEI FATTO COSI’?

Purtroppo ci impuntiamo spesso nella vita a voler cantare senza comprendere che la nostra missione, invece, è quella di “avvertire” vista la voce che abbiamo e che magari ha un timbro possente. Potremmo essere abili “sentinelle” viste da un punto metaforico dell’esistenza.

Ri-purtroppo non accettiamo di avere quel fisico. Quelle mani, quei piedi, quelle ginocchia troppo paffute, quelle  caviglie troppo grosse. Quanti uomini si lamentano con la propria compagna indicandole caviglie poco sottili e quindi poco sensuali. Mica pensano che hanno davanti una donna, capace di accettare un cambiamento, forte, che non si butta giù per le pieghe che prende la vita. Capace di sostenere il proprio uomo. Naturalmente può non essere così ma, di norma, chi ha caviglie ben solide, riesce ad andare avanti nella vita attraversando anche tempeste.

Ok, ma torniamo a noi che non vorrei addosso l’ira di qualche maschietto amante delle caviglie sottili. La cosa grave è che le trasformiamo persino certe qualità, attraverso la chirurgia estetica o diete severe senza capire che, così facendo, quella parte di corpo diversa, non potrà più rispondere alla nostra natura. Sarà forzata, impoverita, stonata. Non sono contraria, a prescindere, alla chirurgia plastica dico solo che bisognerebbe valutare altro oltre all’apparenza.

Il nostro corpo è la splendida rappresentazione di una meraviglia. Alto, basso, magro, grasso, spesso,esile… la sua bellezza risiede anche nell’essere così vario perché, al mondo e dentro l’umanità tutta, c’è bisogno di ogni talento. I talenti sono tantissimi e la vita ce li dona tutti attraverso noi stessi e gli altri.

Impariamo a decodificare lo splendido corpo che abbiamo. Impariamo a comprendere che non è una scatola ma la pregiata pergamena da tradurre di un popolo antico. Una pergamena che contiene molti segreti.

Prosit!

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I Problemi alle Anche possono significare…

Come ho già spiegato diverse volte, le gambe simboleggiano il nostro andare avanti nella vita, suddividendosi poi, più precisamente, nelle loro varie parti, dal Bacino ai piedi.

Per quanto riguarda le Anche, si parla di quella parte del corpo che rappresenta la DETERMINAZIONE nell’avanzare, nel progredire, nel nostro cammino durante l’esistenza. Perciò, avere un disturbo in questa zona, significa appunto essere INDECISI. Tale INDECISIONE non è però da confondere con il senso simile conferito da malattie a denti e gengive, infatti, mentre per i problemi alla bocca si parla di indecisioni di qualsiasi genere, anche inerenti ad altre persone che hanno a che fare con noi, per quel che riguarda le Anche si tratta prevalentemente di indecisioni nel muovere “il giusto passo” nella vita.

Come spiega bene Claudia Rainville, è un po’ come se una parte di noi volesse andare avanti e l’altra invece volesse indietreggiare o rimanere ferma. Si parla quindi di paura nell’incedere. Dubbio, preoccupazione, avere o non avere coraggio, timore, perplessità, mille domande e pensieri confusi, trovano quindi, nelle Anche, il palcoscenico per esibirsi concretizzandosi in veri e propri disturbi fisici.

E’ proprio il Bacino a mantenerci in equilibrio ed è da lui che parte la spinta del passo. La rigidità che spesso lo coinvolge è pari così alla riluttanza nell’incedere, in quanto, la rigidità fisica mostra quella mentale. Davanti a un dubbio infatti, mentalmente ci si blocca, fermi e indecisi, ed ecco che la stessa sensazione la si percepisce proprio in una delle articolazioni più importanti del nostro corpo sottoposta, tutta la vita, a grande stress.

Una delle patologie più diffuse che riguarda le Anche è l’Osteoartrosi vale a dire un’alterazione della cartilagine. La cartilagine, che ricopre le estremità delle ossa come un cuscinetto in grado di attutire lo sfregamento tra osso e osso, si modifica e si deteriora, cosicché, l’articolazione risulta non solo più rigida ma anche dolorosa in quanto viene a mancare la giusta protezione.

Quando si parla di Artrosi si intende, nella Psicosomatica, essere troppo critici con se stessi e, da qui, si capisce anche come fare una scelta diventi così uno scalino quasi insormontabile perché si vuole prendere la decisione più giusta, perché si è troppo severi con se stessi, perché si ha troppa paura di stabilire l’opzione sbagliata (…e chissà poi gli altri cosa pensano… o quali conseguenze drammatiche questo porta).

Essere giudici poco clementi, nei confronti di noi stessi, naturalmente ci “blocca” anziché permetterci di fluire con più leggerezza negli stadi della vita.

Altre conseguenze di questa severità sono il risentimento e il senso di colpa perché, ovviamente, non si perdoneranno molto facilmente gli eventuali errori commessi. Occorre approvare maggiormente ciò che siamo e amare di più i nostri errori, soprattutto se non voluti. Osservarli semplicemente come esperienze di vita e possibilità in meno che otteniamo di sbagliare in futuro. Ogni errore commesso preannuncia un miglioramento. Impariamo a focalizzarci sul buon proposito che avevamo per aver scelto quella mossa piuttosto che un’altra. Il nostro scopo era buono ed è quella onestà che dovrebbe colmare i nostri sensi.

Bisognerebbe imparare ad imitare Thomas Edison. Durante una conferenza stampa un giornalista gli chiese – Dica, Mr. Edison, come si è sentito a fallire duemila volte nel fare una lampadina? -. Ebbene, la risposta di Edison fu – Io non ho fallito duemila volte nel fare una lampadina; semplicemente ho trovato millenovecentonovantanove modi su come non va fatta una lampadina – (da impresapratica). Geniale non trovate?

Troppa severità non serve a niente. Ci immobilizza in un binario dal quale abbiamo paura di uscire ma, purtroppo, dobbiamo capire che le risposte giuste non sono sempre all’interno di quelle rotaie che stiamo percorrendo. Sono anche attorno, serve coraggio, allungare le mani e afferrarle. Così facendo, stando immobili intendo, non risultiamo dalla mente aperta e non risultiamo “elastici” con noi stessi e nemmeno le nostre articolazioni lo saranno, mentre invece, devono essere ben mobili, flessuose e snodate.

Naturalmente è proprio durante l’età più avanzata che questi disturbi si annunciano. Ci sono sempre correlazioni con l’orologio biologico o anche di carattere ereditario ma, nonostante tali fastidiose manifestazioni possono presentarsi anche in soggetti più giovani, il divenire anziani comporta anche avere più timori nei confronti dello spingersi in avanti nella vita. Sono maggiori le paure che colpiscono, non si può più scegliere come un tempo, spesso, le decisioni che prendiamo riguardano i nostri parenti, dai quali dipendiamo vista proprio la nostra età. Non solo ma, inconsciamente, riconosciamo di non avere più i mezzi e gli strumenti di un tempo e, in particolar modo, vediamo che stiamo andando verso la fine della nostra esistenza piuttosto che verso un inizio. Questo fa si che vorremmo fermarci, non proseguire, non andare verso quello che segnerà prima o poi il nostro “The End”. E tutto, comporta al risultato di queste scocciature al Bacino.

La parola “Evviva!” all’inizio di ogni giornata e “…che vada come vada”, penso sia la prevenzione migliore in questo caso. Leggerezza e serenità sono gli ingredienti più opportuni e, nel rispetto di chi ci sta attorno, ogni nostra decisione può avvenire portando con sè tutte le migliorie o gli errori del caso. Siamo umani e, proprio per questo, ci è stata data la possibilità di sbagliare. Per poter ARRIVARE.

Prosit!

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Mi Spezzo ma non mi Piego

Ti sei mai chiesto cosa voglia dire avere un dolore o un problema alle ginocchia?

Sei per caso un tipo orgoglioso? Anche in senso buono per carità. Sei uno di quelli che dice – Io mi spezzo ma non mi piego! -? Come diceva Jean De La Fontaine e come dicevano i Romani – Frangar, non flectar -. Hai presente una di quelle persone, pure simpatiche a dire il vero, che fanno capire subito come, nella vita, vogliono fare ciò che più gli sembra giusto senza tener magari conto del volere degli altri? E’ un bene. Non dovremmo mai, nei limiti, fare ciò che piace agli altri e magari nuocere a noi stessi ma, come in tutte le cose, c’è sempre un limite. E’ positivo per un certo verso non cedere davanti a minacce o pericoli, ed è sicuramente un bene non farsi avvilire dalle situazioni della vita.

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Spesso, la frase mi spezzo ma non mi piego, viene infatti detta all’incontrario ossia: mi piego ma non mi spezzo indicando come, al di là delle avversità, si vuole ricercare il senso della propria umanità e andare avanti a testa alta.

Quando ho detto prima che esiste gente con questo carattere ma che si dimostra anche simpatica, mi riferivo a coloro che esternano questo modo d’essere in maniera buffa ma purtroppo, spesso ci capita d’imbatterci contro chi invece tiene alta la bandiera del: “io faccio come piace e pare a me, degli altri chissenefrega” con arroganza, egoismo e spocchia.

Quando accade ciò si tratta solitamente di celare, in realtà, la paura di non riuscire nella vita ad essere abbastanza autonomi o non riuscire a sottolineare la propria indipendenza e il dover, per così dire, dipendere anche solo dalle scelte di altre persone. La cosa può spaventare alcuni individui perché, tali indicazioni non si colgono come consigli ma come ordini o imposizioni. E’ soltanto uno scudo che difende anche se detestabile per chi lo vede o ci si imbatte contro. I perché nasce questa ottica di percepire la cosa possono essere infiniti e svariati e spesso giungere dalla tenera età. Erica Jong diceva – L’orgoglio è del cervello non del cuore -.

Una sorta quindi di vivere la vita non in completa comunione con essa. Sotto un certo punto di vista infatti, non si è così liberi come si vuole dimostrare. Solo il fatto di non potersi prendere la libertà di provare eventualmente a fare come un altro vorrebbe, o l’accompagnare nella propria esistenza qualcuno senza sentirsi legati a un dovere, non è sollevante. Ecco che, parlando di “vivere la vita”, scendono subito in campo le gambe, i nostri arti inferiori che, negli anni, sono proprio loro ad accompagnarci, passo dopo passo, per percorrere la strada che abbiamo, o meno, scelto per noi.

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Nel caso particolare di oggi parlo delle ginocchia perché sono loro che vanno a riflettere questo singolare lato del vivere la nostra esistenza con una specie di guardia sempre alzata per paura di essere, in qualche modo, intaccati.

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L’orgoglio nasce proprio da lì. Un orgoglio più che comprensibile, che ha lo stesso effetto di un’arma puntata contro. – Se vedi che miro a te con un fucile a pompa, di certo non verrai a rompermi le scatole e a intralciarmi bensì, ti sposterai dal mio cammino – questo è quello che pensa il soggetto in questione.

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Si vive quindi costantemente come Rottweiler in una proprietà privata: buoni, fedeli, giocherelloni ma… non metteteli alla prova!

Veniamo però al vero argomento di questo articolo: il dolore alle ginocchia. Potrebbe anche essere una rigidità, una mancanza di cartilagine, una distorsione, una debolezza, qualsiasi disturbo ma, ognuna di queste cose, significa il medesimo risultato – Non mi piego al vostro volere! -.

 

Le ginocchia, sono quelle articolazioni, ossia giunture di epifisi tenute assieme da legamenti, che permettono alla gamba e al piede di avanzare.

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Di fare il passo e soprattutto di correre. I legamenti, tessuti elastici del nostro corpo, indicano la nostra elasticità mentale. L’essere flessibili, agili, leggeri e non solo dal punto di vista corporeo. Un malessere in questo punto definisce anche un rallentamento spirituale e ovviamente persino fisico. E’ naturale. Chiediamoci quindi se forse è il caso che ci riposiamo un attimo. Forse dovremmo rasserenarci e prendere la vita in modo diverso guardando agli altri come veri amici e non come giudici. Tiriamo giù il binocolo, non c’è alcun nemico all’orizzonte anzi, chiudiamo gli occhi e proseguiamo più lentamente (il dolore alle ginocchia ci obbliga a farlo).

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Lasciamoci guardare dagli altri, non stiamo facendo nulla di male, non abbiamo nulla da nascondere… o forse si? Si tende infatti a celare determinate azioni proprio per non sentirsi investire da chi ci sta accanto. Per nascondere meglio il nostro atto, considerato persino da noi stessi “impuro”, dobbiamo eseguirlo con velocità, lestamente e… puff! Nessuno vede nulla. Molto bene… ma che fatica! Questa fatica non verrà sopportata, né supportata a lungo dal tuo cuore e si rifletterà sul tuo fisico scegliendo appunto come zona le ginocchia. E’ probabile che tu stia vivendo in questo modo semplicemente per evitarti paternali bonarie, il tuo è un fine che non contiene né meschinità né inganno ma il problema è che stai comunque facendo un qualcosa in un modo non sereno per te stesso. In un modo non concepito dalla tua parte più intrinseca che invece pretende gioia, tranquillità e armonia.

Il nostro orgoglio fa sì che guardiamo la gente dall’alto in basso, di modo che non possiamo mai guardare in alto verso Dio -. (Fulton John Sheen) Vale a dire non poter fluire con la vita stessa, osservare tutti con molta attenzione e farsi osservare.

Prova a cambiare. Se soffri di dolore alle ginocchia sei probabilmente una persona che non ama molto i cambiamenti di qualsiasi genere essi siano. Il tuo tran tran quotidiano ti rasserena e ti tiene tranquillo nonostante a volte il suo essere nocivo del quale non ti accorgi. Ma le tue gambe ti stanno dicendo che non ti stai facendo del bene. Sii più flessibile nei confronti della vita, degli altri, delle situazioni e soprattutto nei confronti di te stesso.

Può anche accadere, pur essendo più raro, che il dolore alle ginocchia subentri in quelle persone che invece, al contrario di chi non si “piega” mai, si “piegano” troppo come segno di sottomissione.

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Sempre di paura si tratta. Infatti solitamente, si tende ad avere questo comportamento quando si ha paura di perdere chi si ama o si ha paura di perdere chi ci ama. Ci pieghiamo quindi si, ma in realtà non vorremmo farlo, quella flessione ci fa male! Faremmo di tutto però per quel “lui”, anche a costo di vivere una vita ricurvi e anche se quel “lui” non ce l’ha in realtà mai chiesto. E’ una nostra compulsione che nasce per essere accettati. La sopportazione arriva ad un certo punto così pesante che le nostre ginocchia ne risentono e percepiamo il dolore.

Sono sicura che cambiando il proprio atteggiamento, sia in un caso che nell’altro, si possono ottenere grandi benefici. Potete provare ed evitare così, innanzi tutto, di soffrire ma soprattutto di vivere una vita senza la completa libertà.

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Una libertà che lascerà spazio anche alle vostre gambe, e a tutto il vostro corpo, di muoversi come meglio credono e spaziare nel mondo che le circonda.

Prosit!

p.s.= Vi consiglio di leggere anche quest’altro mio articolo QUI che parla sempre delle ginocchia e fa una netta differenza tra il ginocchio destro e quello sinistro. Il tutto, in un post interessante che richiama all’attenzione il Padre e la Madre.

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