Un fatto assurdo: il ragazzo in motorino

PROVE PRATICHE

Ieri ho assistito ad una scena che, secondo me, ha avuto dell’incredibile. Non vorrei sembrare esagerata e quindi spero di riuscire a far capire bene che cosa mi ha lasciato senza parole.

Mi trovavo seduta nel dehors di un bar con degli amici e, nei tavoli vicino a noi, c’erano altri clienti. Eravamo in una zona tranquilla di quella cittadina. Non è una zona di passaggio. Il bar, l’unico in quel quartiere, rimane un po’ fuori il paese, tra le palazzine e le vie secondarie. Queste case hanno dei parcheggi e dei cortili, sotto di esse, dove i bambini possono ancora giocare a palla o andare in bicicletta ma a quell’ora della sera non c’era quasi nessuno. Era tardo pomeriggio, erano ancora tutti al mare probabilmente.

Ad un certo punto un ragazzino che avrà avuto all’incirca quattordici anni, passa con un motorino tipo “Scarabeo” per una via vicino a noi, entra in uno dei piazzali e se ne va. Dopo pochi minuti di nuovo. Passa dalla stessa via, entra nel piazzale, fa un giro e se ne va. Dopo un po’ di nuovo.

Insomma, era chiaro che stava girando con il motorino in quegli spazi che gli erano consentiti. Fece questo per circa mezz’ora ma voglio raccontarvi cosa accadde vicino a me in quel tempo. Premetto, prima di tutto, che quel motorino non provocava alcun rumore fastidioso e nemmeno ci stava affumicando perché, quando passava nella via parallela al bar, si trovava comunque a parecchi metri da noi.

LA RABBIA SALE

Come dicevo, passa la prima volta. Poi passa la seconda. Poi la terza. Già alla terza, uno dei miei amici esclama – Ma questo? Non sa che cavolo fare? -. E va bene.

Alla quarta iniziarono a lamentarsi anche altri seduti attorno a noi. Sempre di più, in crescendo.

All’ottavo giro non vi dico che cosa stavano sentendo le mie orecchie. Alcune delle frasi udite sono state:

Deve avere benzina da consumare

Sarà un figlio di papà che non sa che c@@@o fare

I giovani di oggi si annoiano e sono dei rincoglioniti

Sai che bello se adesso ci prende uno stramazzo per terra

Almeno la pianta

Al decimo giro, la “bestia” che aleggiava attorno a me aveva ancora più fame. L’appetito vien mangiando. Quindi esplose:

Adesso stai a vedere se non mi picchia nella macchina

Tu dimmi se ora io mi devo alzare e andargli a tirare una testata a questo

Senti, fammi andare a spostare il motorino và 

Nella mia compagnia, erano in pochi (fortunatamente) quelli infastiditi da ciò che il giovane stava facendo e, a quei pochi, chiesi cos’era che disapprovavano. La loro risposta fu, secondo me, paradossale: – Niente, mi dà fastidio che continua a fare avanti e indietro! -… cioè, ci rendiamo conto?

TUTTO COSI’ ASSURDO

Io ero veramente allibita. Allibita. Avevo davanti a me un ragazzino, con tanto di casco in testa, che lentamente e innocentemente stava facendo dei giri con il motorino e, attorno a me, la folla, bramava il peggio, augurandogli il male e totalmente rapita dal panico che quel ragazzo potesse distruggergli i loro mezzi. Chi il mezzo lì non lo aveva semplicemente non voleva che quel tizio facesse avanti e indietro. E guarda un po’. Ma ci stiamo rendendo conto?

Il volto delle persone che avevo vicino era pieno di fastidio, di rabbia, di voglia di punizione, di giudizio… ma perché? Perché mi chiedo io?

“Osserva Meg” mi dicevo “osserva tutto”.

C’erano persone di ogni età. Maschi, femmine, ricchi, poveri, giovani, anziani. E ognuno aveva la sua brutta frase da dedicare a quel ragazzo.

Un ragazzo che, probabilmente, non poteva andare in strada perché i genitori glielo impedivano.

Un ragazzo che forse doveva imparare a usare il motorino che mamma e papà gli avevano appena regalato per la promozione.

Un ragazzo che forse ha paura ad andare nel traffico ma, per non stare chiuso in casa, scende nel cortile a farsi due giri in scooter.

Non oso immaginare se avessero visto uno scippatore in azione cosa sarebbe accaduto… Ah! No, nulla… giusto, omertà e indifferenza totale.

LA PAURA – SEMPRE PRESENTE

Non ho visto Satana nell’azione di quel ragazzo. Scusate ma, Satana, l’ho visto quando uno dei signori, seduti al bar, si è alzato ed è andato a spostare la sua moto per paura che quel giovane, al dodicesimo giro, gliela toccasse. E perché mai avrebbe dovuto toccarla? La paura su un qualcosa di non esistente che si traveste da “prevenzione”. Ma mi vien da ridere. Chissà quante volte questo ragazzo, che vive qui, gira e rigira tra questi cortili e tu, oggi, perché sei presente, vai a spostare la tua moto? Sposti la tua moto perché un individuo, a 15 km/h, ci passa di fianco più volte? Perché per la legge dei grandi numeri, prima o poi, ci deve obbligatoriamente picchiare dentro? Avevo un fisico di fianco a me e non me ne sono accorta.

Io non ho parole. Ancora oggi non ho parole. Io non so se riesco a passarvi l’assurdità di questa vicenda ma io sono attonita ancora adesso.

E queste persone si lamentano dei giovani d’oggi? Completamente governati da un fastidio più grande di loro. Da paure inesistenti. Da una rabbia e una voglia di punire che non ha eguali. Non stupiamoci se vediamo il male nel mondo perché ci sta solo rappresentando. Occorre accettarlo questo. Perché ieri, veramente, ho capito il perché sono esistiti ed esistono i tiranni. Forse si ha bisogno di una seria cura.

Voi che avete fatto il mondo. Voi che ai vostri tempi… Voi che, vestiti bene, con il vostro caffè davanti, avete detto le peggio cose verso un individuo, poco più che un bambino, che non stava facendo nulla di male.

SOGNANDO AD OCCHI APERTI

Quel ragazzetto ogni tanto si fermava, dava un piccolo colpo di clacson e poi ripartiva. Forse stava immaginando di essere nel traffico e qualche incosciente gli aveva tagliato la strada.

Quel ragazzetto stava giocando e potete essere con me o contro di me ma era una meraviglia da vedere. Forse era nel centro di Milano dove guidare è cosa ardua, o su una pista a gareggiare contro Dovizioso e Rossi, oppure ancora veniva fermato dalla Polizia. Era bellissimo guardare lui e i suoi sogni muoversi assieme.

Per quanto riguarda me ho anch’io ricevuto il mio messaggio. Il mondo non è solo il riflesso degli altri. È anche il mio riflesso. E ho visto il mio fastidio. Ho visto la bellezza di un giovane che giocava e fantasticava e ho visto paura, giudizio, punizione, intolleranza… tutto mi/ci appartiene. Tutto si mostra ai miei occhi per essere trasmutato. Il mio lavoro interiore c’è stato. Siamo un insieme di tantissimi piccoli frammenti che riportano ogni tipo di emozione e sta a noi scegliere di quali emozioni essere più colmi.

Così, dopo aver visto, mi sono mossa. Volevo però riportarvi un fatto davvero singolare, il quale mi ha dato l’opportunità di svolgere un buon lavoro dentro me e mi ha permesso di osservare come non voglio essere. Perché secondo me no; non dobbiamo essere così. Arrabbiandoci e maledicendo il nulla. Il nulla.

Prosit!

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E ho ricevuto coccole nonostante tutto

RISVEGLI FUMOSI

Quella mattina mi svegliai incazzata. Ero nervosa e di cattivo umore. Non chiedetemi il perché. Presumibilmente, durante la notte, due miei neuroni litigarono di brutto tra loro andando a tirare fuori tracce mnestiche arcaiche non rimosse che ora facevano capolino nella mia mente e una parte di me non le apprezzava.

Mi alzai e andai a prepararmi il caffè. Nell’aspettare che la caffettiera svolgesse il suo ruolo andai in bagno a lavarmi. Mi accorsi che l’acqua calda non c’era e dovetti lavarmi con della neve sciolta che scendeva dal rubinetto. A causa delle imprecazioni contro la caldaia e il mio perder tempo alla ricerca di un tepore inesistente, il caffè fuoriuscì rovesciandosi sul piano di cottura ed emanando un disgustoso odore di bruciato. Odio il caffè tostato e odio non poter bere un buon caffè di prima mattina. La parola “odio” è pronunciata in stile Puffo Brontolone… ve lo ricordate? – Io odio quello… io odio questo… -.

Era il minimo che potesse capitarmi visto l’umore e le frequenze negative che stavo emanando. Lo sapevo. Mi complimentai tra me e me – Meg, lo sai che se continui così oggi sarà una bellissima giornata di merda vero??? -. Sì, lo sapevo, ma proprio non riuscivo a farci nulla. Mi sentivo addosso un’incazzatura incredibile. Come una seconda pelle.

ACCETTAR! MARSH!

Non mi rimaneva altro che accettare quella situazione con più gioia possibile (assai ostico) senza voler per forza cambiare gli eventi. Lo sforzo avrebbe reso tutto ancora più difficile e il risultato non sarebbe stato sincero. La resistenza, a quello stato d’animo, sarebbe stata deleteria. E’ l’attrito che ci condanna.

Pertanto pensai – Oggi è così. Sono arrabbiata. Bene, ok, oggi sono arrabbiata. Sono in possesso dell’emozione Rabbia. Lo accetto. È anche lei mia figlia come tutte le altre emozioni. Ci saranno giornate migliori -.

Detto questo, senza migliorare la situazione, uscii di casa per dirigermi al lavoro ma decisi di fermarmi prima in una pescheria che si trova a metà strada tra casa mia e la mia meta. Non vi dico il viaggio in auto. Fu disastroso. Impediti ovunque, coda, gente che si buttava in mezzo alla strada distrattamente o credendosi padrona del mondo, gente che imprecava. La realtà esterna stava manifestando perfettamente il mio stato d’animo, la mia collera, la mia stizza. Il nervoso saliva sempre di più e accettai anche quello. Cercai di viverlo e di lasciarlo sfociare consapevole che era come un bambino che pestava i piedi. Vivevo quel presente provando ad amarlo e solo dopo mi catapultai nel futuro immaginando il domani come un giorno sereno e felice.

QUANTI ETTI D’AMORE LE FACCIO?

Arrivai al negozio davanti al quale, ovviamente, non trovai parcheggio. Dovetti andare a mettere l’auto a Puttemburgo rischiando una multa che quasi sicuramente era già sul mio parabrezza. Nel correre verso la pescheria inciampai realizzando una delle mie solite figure ammalianti per i passanti e iniziò anche a piovere.

Che giornata “meravigliosa”! Ma che cavolo è successo nella mia testa stanotte? La terza guerra mondiale???

Entrai in pescheria mascherando l’ira che mi pervadeva e quando vidi che l’unica specie di pesce che volevo non c’era avrei voluto picchiare la pescivendola (vabbè… scherzo!).

Incarognita come pochi e con un tono per nulla educato (nel bene e nel male non riesco a fingere o trattenermi soprattutto in quello stato) chiesi – Acciughe non ne ha?

La pescivendola, una donna sulla cinquantina, mi rispose con un tono dolce e cordiale che mi destabilizzò – Certo che le ho! Le chiedo scusa ma sono appena arrivate e non sono ancora riuscita a metterle in esposizione -.

Quella signora stava chiedendo scusa a me per non essere riuscita a mettere a posto tutto il pesce. Mi sentii una merdaccia ma ciò non bastò a farmi cambiare tono. Ero colpita dal suo modo di fare gentile e non mi soffermai sulla mia intonazione che uscì uguale a quella di prima – Me ne dia un chilo per favore – proferii piatta.

Subito! – rispose lei e, colmo dei colmi, mi sorrise. Io invece mi sarei presa a schiaffi da sola. Non mi sopporto quando sono così, anche se faccio di tutto per accettarmi. Quel suo sorriso mi fece sprofondare sotto alle piastrelle umide. Mi vergognavo di me stessa e del mio comportamento davanti a quella persona che era l’emblema della gentilezza. Parlai a me stessa immediatamente “Meg? Adesso basta! Vedi di cambiare maniere perché così non va bene per niente!“.

VA TUTTO BENE

La signora tornò dal retro sbucando da una tenda plastificata color verde smeraldo e arricchita di campanellini. “Dlin dlin dlin!” fece al suo passare. Campanelle! Le mie eggregore dell’amore si stavano facendo sentire. Ero circondata dalle mie energie buone (normalmente la gente le chiama “angeli“). Una metaforica doccia fredda mi fece trasalire. Respirai e guardai la donna che mi sorrise ancora e mi chiese – Gliele pulisco? -.

No no no… la ringrazio, faccio io non si disturbi – ora il mio tono era decisamente diverso. Non meritavo tanta reverenza.

Desideravi altro? – mi diede del “tu” all’improvviso. Per farmi perdonare avrei voluto comprare tutta la sua merce.

Sì grazie. Tre tranci di spada, grazie – “grazie”. Come a volermi far perdonare, quel “grazie”, lo dissi più volte. Sembravo un’ebete.

Pagai e uscii. Un’anziana coppia stava guardando la vetrina indecisa se mangiare pesce quel giorno o che altro. Esclamai in modo che i due mi sentissero – Oh! Finalmente del bel pesce fresco come non si vedeva da tempo! -. Ovviamente, i due, entrarono a comprare mossi dalla mia frase e dalla mia energia. Era il mio modo per ripagare la pescivendola.

Quando salii in macchina ero diversa. La pioggia che mi bagnò durante il ritorno non la sentii nemmeno. Qualcosa di nuovo stava crescendo dentro di me. Un nuovo stato d’animo, più leggero e gioioso, stava prendendo il posto di quello precedente. Non ero felice del tutto ma non importava, il cambiamento era tangibile. Che bellezza! Era come respirare meglio. Una pace bellissima ora mi cullava e mi sentivo come una farfalla. “Grazie signora” pensai dentro di me. Le sue frequenze mi avevano aiutata e “curata”. Erano state terapeutiche. Grazie a lei, la mia giornata si sarebbe migliorata perché adesso anch’io emanavo vibrazioni differenti.

COSA OCCORRE TENERE DA CONTO:

Cosa è accaduto? Come dico sempre, quando si emanano frequenze negative si riceve negatività ma, quel giorno, in quel momento della mia vita, dopo tempo passato a vivere in un certo modo (come potete leggere ogni giorno su questo blog) io avevo dentro di me parecchi mezzi che hanno evitato questo.

1 – dentro di me, nonostante quel brutto risveglio, vivevano onde vibrazionali positive in quanto le coltivo e le nutro ogni giorno. Questo fa sì che, non può una sola giornata rovinare il lavoro di tutti gli altri giorni, mesi, anni passati. Le frequenze negative di quella mattina erano solo una goccia a confronto dell’oceano di positività che mantenevo e mandavo solitamente.

2 – Non feci attrito cercando di accettare quella giornata, me stessa e quelle mie sensazioni.

3 – È l’impegno del cammino a ripagare non il risultato dell’arrivo. La caffettiera, la caldaia, la pioggia, la gente in macchina, mi avevano “fatto torto” ma la pescivendola mi diede il premio che comunque meritavo visto quello che da tempo coltivavo.

4 – I campanelli, o chi per essi, mi hanno detto che non dovevo essere arrabbiata perché c’erano loro con me; che tutto stava andando per il meglio e non dovevo preoccuparmi.

5 – La gentilezza della donna stava rispecchiando la mia dolcezza soffocata quel giorno dalla rabbia e così io potei vederla. Vedendola l’ho potuta afferrare, aggrapparmi a lei come se fosse un aiuto. Mentre una mia figlia (rabbia) quella mattina, stava facendo i capricci, l’altra mia figlia (dolcezza) mi stava dicendo – Non preoccuparti mamma, ci sono io, sono qui, guardami. Penserò io a mia sorella Rabbia e anche a te -. Meno male che Dolcezza l’avevo fatta crescere forte e robusta!

Se si vive coltivando certe emozioni e sviluppando certe frequenze si arriva ad un livello in cui la negatività non ha più potere perché è nettamente inferiore rispetto alla positività. Non dico che non possano accadere più brutti eventi ma, nel nostro quotidiano, c’è più serenità. Avete presente quelle persone che ogni giorno, dovunque vanno, incontrano difficoltà, o maleducazione, o nessun aiuto, o mancanza di rispetto? Quelle che ogni volta che tornano a casa hanno un episodio spiacevole da raccontare? Quelle che gliene succede sempre una? Bene. Per evitare questo tipo di esistenza occorre dar da bere alle piante giuste dentro di noi, facendole crescere più grandi delle altre. E sarà davvero soddisfacente.

Prosit!

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A volte guardo le Persone

A volte guardo le persone. Quante sono…! Tutte diverse tra loro eppure tutte così uguali.

Camminano veloci, muovendosi tra loro senza nemmeno osservarsi. Si passano davanti, o accanto, senza notare a chi si sono avvicinate. Tutte così prese dal guerreggiare contro l’uno o contro l’altro, oppure nella totale indifferenza senza comprendere e senza sentire quanto invece si è utili per gli altri. Ognuno di noi.

Non si percepisce l’immenso disegno universale che ci vede tutti uniti a lavorare assieme come le cellule del nostro corpo. Come se fossimo cellule di un grande corpo.

Si sottolinea la differenza tra il mendicante e il riccone e non si nota come collaborano invece le particelle del nostro fegato e quelle dei nostri reni.

A volte guardo le persone. Sono tutte belle. Ognuna di loro ha una particolarità unica, fisica o meno, che la rende irresistibile. Le guardo e ne noto la bellezza. Un duro allenamento, non lo nego, soprattutto per una sociofobica e misantropa come me. Ma da cosa dovevo fuggire in fondo? Come potevo non amare chi è come me e chi mi sta accanto, ogni giorno, anche al supermercato? Di cosa avevo paura in realtà?

La meraviglia del creato sta anche in questo e in tutte loro. Non si manifesta soltanto in un bosco, in un’alba, in un animale dai colori sgargianti.

L’umanità è la creazione più affascinante dell’Universo, dalla bellezza nascosta. La più difficile da vedere. Una bellezza da scorgere con altri occhi, oltre al fastidio, l’offesa, il timore e quant’altro ancora può regalarti.

Le persone sono me, come potrei non piacermi? Sono io. Come potrei non amarmi? Come potrei non perdonarmi? Accompagnarmi una vita intera avendocela con me stessa come se fossi la mia più grande nemica. Giungere qui per trascorrere un’intera esistenza nel rancore e nell’astio.

Io sono la gente e la gente è me. Io sono l’uomo arrabbiato, il bambino capriccioso, la donna innamorata. Io sono il vecchio che soffre, il giovane che ride, la vedova che tace, il medico che cura, lo sportivo che suda.

Io sono le loro espressioni stanche, il loro viso corrucciato, le loro preoccupazioni. Sono la loro voce che canta, le loro labbra che baciano, i loro sorrisi. Le loro ambizioni.

La gente così assente, che cammina dormendo, che se nota qualcosa lo osserva con circospezione. La gente che porta luce, che balla in piazza, che insegna.

Il riconoscersi è la scoperta che più stupisce. Il perdersi, il trovarsi.

A volte penso a cosa accadrebbe se ognuno di noi si mettesse realmente al servizio degli altri offrendo il proprio talento, mostrando la sua parte più irresistibile. Cosa accadrebbe se ogni uomo si rendesse conto che il suo scopo qui è proprio quello. È proprio bello.

A volte guardo le persone e attraverso loro vedo me. Come mi sono comportata? Cosa ho dentro? Di cosa ho bisogno? Quali doti nascondo?

Gli altri… nella magnifica legge dell’Uno.

Gli altri… per leggere le pagine della mia vita.

Prosit!

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Il Maestro Spazzino – non tutto è come sembra

MICHELE LO SPAZZINO

C’era una volta un uomo che si chiamava Michele e faceva lo spazzino in un piccolo paese di provincia. Aveva cinquantacinque anni e strani poteri che si potrebbero definire magici.

Michele era in grado di prevedere avvenimenti, di percepire lo stato d’animo delle persone, di immedesimarsi in un insetto, aveva un’istruzione da premio Nobel, sapeva salvare gli altri dai pericoli, leggere nella mente della gente, trasformare la realtà, fare prodezze con il proprio corpo… insomma era un uomo davvero speciale. Era un Mago.

Era assurdo vedere un Mago pulire le strade di un paese. Un lavoro rispettabilissimo, ma definito umile dalla società e soprattutto faticoso e poco piacevole. Michele, infatti, aveva a che fare con la maleducazione degli abitanti, ogni giorno, e i suoi occhi vedevano cose anche raccapriccianti. Vagabondi che facevano i loro bisogni nel parco, tossicodipendenti che lasciavano i loro strumenti per strada, ubriachi che vomitavano dove gli capitava, rifiuti ovunque, sporchi, puzzolenti, pericolosi. Sotto al sole cocente, o sotto alla pioggia, o al freddo intenso, Michele, ogni dì, doveva svegliarsi prima del sole e iniziare a pulire le vie di quel borgo.

MA PERCHÉ?

E Michele non era triste per questo e nemmeno particolarmente euforico. Nessun picco emozionale lo rapiva e sapete perché? Perché quello, per lui, era semplicemente l’ovvio. Quel determinato lavoro, in quel determinato tempo e in quel determinato posto era ciò che di perfetto stava esistendo. Michele sapeva di essere nel posto giusto, nel giusto momento e nel giusto luogo. Scusate queste ripetizioni da cantilena ma è proprio ciò che è, e vorrei le assaporaste così. In quel momento, quello era lo scopo di Michele.

Ma perché? Cosa doveva realmente fare Michele? Un uomo con le sue capacità, il quale avrebbe potuto tranquillamente essere il Presidente di uno Stato…

Michele non si poneva queste domande dalle risposte spesso incomprensibili. Sapeva e accettava soltanto l’ovvio. Se era lì, era lì per un motivo, per uno scopo, per un suo passaggio e per il passaggio di chi aveva a che fare con lui nella piena consapevolezza del – tutto è perfetto -.

IL VELO SULLO SGUARDO

C’è una cosa alla quale non pensiamo mai, soprattutto quando svolgiamo un lavoro che poco ci piace o ci sentiamo obbligati a stare in un luogo che detestiamo, con persone che ci infastidiscono. Non pensiamo al fatto che forse potremmo essere lì perché lì c’è bisogno di noi. Per quello che siamo. Fosse anche perché in quel posto noi dobbiamo portare la gioia. Perché le caratteristiche che ci formano sono quelle perfette per “aiutare” chi vive quel luogo ma non ce ne rendiamo nemmeno conto. Non ci pensiamo nemmeno. Non ci poniamo neanche attenzione e quindi non lo sappiamo. Non osserviamo che ogni nostro gesto, ogni nostra parola, ogni nostro sorriso a quella determinata persona potrebbe aver fatto del bene o del male al fine di portarla a evolvere, e che solo noi siamo i più adatti in quel contesto perché, per una vibrazione energetica di frequenze, le nostre qualità si sposano perfettamente con quelle di un altro. La realtà esterna rispecchia il nostro interno e se io ho le perfette caratteristiche per rispecchiare un qualcosa in qualcun altro io allora mi troverò lì. Devo svolgere il ruolo del Maestro.

La nostra mente però, piena di immondizia, non ci permette di vedere questi piccoli miracoli. Quante volte durante la giornata ci viene da dire che intorno a noi non sta succedendo nulla? Invece attorno a noi c’è la vita, la vita vera e noi non la percepiamo neppure.

Perché ho incontrato quella persona lì?

Perché mi è successo questo?

Perché ho visto quello?

Non ci poniamo queste domande galleggiando nel fluido dell’esistenza come burattini.

FORSE C’È QUALCOS’ALTRO 

Non guardiamo con gli occhi dell’anima e non ci accorgiamo che siamo qui anche per essere “al servizio dell’umanità”. Non spazzando strade, ma rispondendo con le nostre frequenze.

In ambito lavorativo pensiamo che la nostra missione sia solo quella di guadagnare, di avere un posto sicuro, ore di riposo, ferie, mansioni di pregio ma le leggi dell’Universo non funzionano così e, volenti o nolenti, in mezzo a queste leggi, noi ci viviamo. Dobbiamo certamente stare il meglio possibile e pensare al nostro benessere ma, come prima cosa, dovremmo proprio osservare anche queste sfumature se vogliamo sentirci più sereni e appagati.

Con questo articolo non intendo dire che non bisogna avere ambizioni o non bisogna auspicare ad altro. Il mio vuole solo essere uno spunto di riflessione per poter guardare anche oltre, anziché soffermarsi alla rabbia e al fastidio di svolgere ogni giorno mansioni che non amiamo.

Provate a guardarvi attorno. Come mai oggi quel vostro collega vi ha fatto disperare? Cosa dovevate imparare? La pazienza forse…

Perché davanti al capo vi ha prevaricato? Avete per caso prevaricato qualcuno nella vostra vita?

Perché quella vostra collega ha chiesto aiuto a voi? Perché é stata felice di quel vostro sorriso?

Questi sono solo esempi. Potete farvi mille domande per imparare (se non riuscite ad accettare con fede totale come ha fatto Michele) ma sappiate che potreste essere davvero anchenel posto perfetto al momento perfetto -.

Prosit!

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Le pericolosissime Forme-Pensiero

Se sai che, come determina anche la Fisica Quantistica attraverso un complesso discorso che ora accenno soltanto e può sembrare assai strano: “puoi creare la tua realtà con la sola immaginazione”, pensa a cosa accade quando, quella stessa realtà, la immaginano in tanti. La potenza che assume.

Pochi giorni fa ho letto su FaceBook il post di un amico che diceva “Sarà una mia impressione ma più si parla di femminicidio e più vengono uccise donne” (mi rasserena il fatto che Word mi sottolinei in rosso il termine “femminicidio” in quanto, da lui, non ancora conosciuto; un termine moderno, creato da poco evidentemente). Torniamo al mio amico, al quale devo dare ragione.

L’Unione fa la forza, in tutti i sensi.

Ora, è vero che un tempo le donne venivano ammazzate lo stesso anche se non c’era la televisione e nessuno veniva a conoscenza del fatto. E’ vero anche che, di donne, ne vengono uccise un mucchio, ogni giorno, ma noi veniamo a conoscenza solo degli eventi più eclatanti sui quali la cronaca può lavorare. E’ vero anche che, andando indietro negli anni, ci basta pensare all’Inquisizione per ricordare tantissimi casi di omicidi nei confronti delle donne ma, riferendoci ai nostri giorni e al nostro tempo, quello che il mio amico ha scritto e che vale per ogni argomento, assume delle caratteristiche ben precise che forse non tutti conoscono.

Si tratta di “ondate” e, a decidere su quali ondate dobbiamo cavalcare, sono ovviamente determinate “potenze” attraverso dominanti mezzi quali i mass-media. Non mi riferisco a lobby (gruppo di pressione) o complotti ma, che se ne dica, – libertà di stampa -, proprio non ce n’è. Che sia chiaro… le donne vengono uccise realmente (sai che a volte ho dei dubbi anche su questo? Interviste, personaggi, articoli, telecamere… si, si ok ma…. vabbè questo però è un altro discorso e persino estremo, quindi non voglio farlo anche perché vorrei raccontare una cosa molto più interessante e non voglio perdere di credibilità).

Cosa accade dopo l’uscita di varie e numerose notizie sullo stesso argomento? Accade che la gente inizia a parlarne. Il tema prende sempre più piede nella coscienza delle persone. Di tante, molte persone. Si iniziano a formare delle emozioni, simili tra individuo e individuo, che possono essere di gioia, o di paura, o di fastidio, a seconda della materia trattata. Queste emozioni producono delle onde vibrazionali invisibili, delle frequenze, che ognuno di noi emana, senza saperlo, e che non può vedere come non può vedere i raggi ultravioletti ad esempio. Le mie emanazioni, inerenti ipoteticamente al dispiacere della donna che ha perso la vita per mano di un uomo, vanno a collegarsi con le emanazioni di un’altra persona che ha sentito la stessa notizia e ha provato le stesse sensazioni e così via, finchè si arriva ad un consistente gruppo di persone (trasmissioni intere, in prima serata, trattano l’argomento entrando in casa di molti italiani) che emanerà quelle frequenze condite inoltre da giudizio, paura, rammarico, dolore, ingiustizia, rabbia, tristezza, etc….

Che cos’è una Forma-Pensiero?

Una Forma-Pensiero, chiamata anche Eggregora, è una forma incorporea di energia che nasce attraverso il pensiero collettivo di molte persone e acquisisce così forza. Continuamente nutrita dalle riflessioni, le idee e anche dalle emozioni di molti esseri viventi (che sono enormi ammassi di energia anch’essi) inizia a prendere vita e a “governare”. In parole povere cosa significa tutto questo? Significa che se le persone iniziano a parlare, a pensare, a far vivere in qualche modo il femminicidio nella loro/nostra esistenza, il femminicidio inizia a prendere una vera e propria forma e avverrà costantemente sempre più intenso, vigoroso e presente. Ma… perbacco… non lo notate anche voi?

L’esempio di questa tragedia, che vede vittima il sesso femminile, è soltanto, appunto, un esempio. Questo accade anche nei confronti dei terremoti per dire. Ricorderete come, l’anno scorso, non se ne usciva più da questa storia. Catastrofe dopo catastrofe. Terremoti e nevicate e slavine e gelo sempre nello stesso punto. E’ vero considerare il fatto che Gaia ha una sua vita e diversi fattori entrano in gioco inerenti ad un cambiamento e un’evoluzione naturale del pianeta ma, che ci si creda o no, niente è più forte e potente dell’essere umano, nemmeno il pianeta stesso che vive e si nutre della nostra energia. O meglio, l’immensa energia che gli esseri umani racchiudo in sé ed emanano, può influenzare il pianeta stesso.

Madre Terra è proprio nostra Madre. Una madre, pur sapendone molto più di un figlio, a causa di una vita vissuta, soffre inesorabilmente se il proprio figlio si mostra triste o angosciato e reagisce cercando una soluzione. Che le soluzione del Pianeta Terra siano sbagliate o giuste non sta a noi deciderlo o giudicarlo. Come il nostro corpo, lui, può scegliere di distruggere per rifare e, se questo a noi provoca malessere e dolore, per lui invece è soltanto un rinnovare la situazione al meglio.

Quindi, tutto questo che vi ho raccontato, e che naturalmente è soltanto un mio umile pensiero, indica come possiamo trovarci in un circolo vizioso nel quale vorremmo uscire da una situazione ma, in verità, continuando a darle potenza (vita), anche solo pensandola o ricordandola, continuiamo ad esserne vittime e succubi.

La cosa migliore è non nutrirla facendola così morire.

Capisco il dispiacere ma, almeno chi non è parente o amico della vittima, o delle vittime in questione, dovrebbe organizzarsi nel disinnescare il meccanismo lasciando il dolore a chi, purtroppo, in quel momento, non può farne a meno. Aiutare chi soffre è un meraviglioso atto di compassione ma chi, al mattino, prende l’autobus dall’altra parte del mondo inerente al fatto avvenuto, trovo strano non possa parlare di altro con chi gli è seduto di fianco. Voglio dire… hai una tua vita? Racconta quella. Continuando in modo perpetuo, a recitare la solita notizia della quale siamo tutti a conoscenza, per 10 o 20 km di tragitto, non si risolve nulla se non sfamare una situazione grave e negativa così come potremmo sfamare un Vampiro Energetico.

So che molti, arrivati a questo punto dell’articolo, potrebbero accusarmi di menefreghismo. Ebbene, a queste persone dico, educatamente e con il sorriso, di aprire gli occhi. Da tre anni tengo un blog nel quale, forse anche sbagliando certi concetti, cerco come fine ultimo di consigliare alle persone come vivere meglio conoscendo la loro magia interiore. Pur lavorando dieci ore al giorno, passo ogni momento libero a mantenere social e corsi e canali nei quali si parla di benessere olistico per chiunque. Mi muovo attraverso un aiuto concreto verso chi ha più bisogno di me, pertanto, non mi definirei menefreghista nei confronti dell’umanità che amo e che vorrei soltanto vedere più felice. Posso sbagliare il modo, posso avere idee confuse, posso non essere brava ma il mio intento è compassionevole, di cuore, altruista perciò no, non potete accusarmi di menefreghismo. Provo dolore anch’io quando sento certe notizie e mi dispiace. E capisco l’ingiustizia e il terrore che alcuni avvenimenti possono instaurare in noi ma, una volta fatta la mia preghiera, affinché ciò possa volgersi alla bellezza e non alla brutalità, basta. Perché continuare a darle vita? E’ sbagliato a mio parere. E’ molto meglio creare qualcosa di bello. Qualcosa che possa contrastarla. Ecco, questo dovreste fare. Uccidono donne? Ok, noi però tiriamo fuori la nostra bellezza. Giungono terremoti? Ok, noi però tiriamo fuori la nostra bellezza. Aiutiamo se necessario ma riempiamo il mondo, il nostro mondo, di BELLEZZA se vogliamo vederlo bello. Se vogliamo che la vita tutta sia bella. Vi sembro buonista? Se non menefreghista… buonista… va bene ma finitela di giudicare me! Create qualcosa di meraviglioso. Concentratevi e focalizzatevi su quello perché, anche quello, può diventare una Forma-Pensiero e allora sì che regnerà la meraviglia!

Se vedi una pianta sofferente, secca, bisognosa di cure, cosa fai? Le dai il tuo amore. Inizi a immaginarla meravigliosa grazie alle tue cure. Le offri concime nutriente e acqua pulita. Un vaso spazioso e magari anche carino esteticamente. Ossia, cerchi di contrastare il suo essere in quel momento. Fai l’esatto contrario di ciò che lei emana. Lei emana sofferenza e tu le dai amore e positività e cure. Non le darai certo altra angoscia parlandole male, donandole acqua putrida, continuando a pensare di lei che è una pianta che fa schifo e morirà presto. Devi cercare di fare la stessa cosa con le Forme-Pensiero negative. Contrastale. Ribalta quel pensiero al positivo; se non riesci, crea!

Immagina…. Immagina cosa accadrebbe se tutti quanti noi pensassimo a donne forti, meravigliosamente amate dagli uomini, ad un pianeta sano, florido, in armonia con gli esseri viventi. Immagina se rompessimo le catene di queste sorte di dipendenze, generando ulteriori dipendenze, creando così nuove reazioni. Immagina. L’immaginazione non è utopia. E’ stato dimostrato scientificamente che l’immaginazione crea la realtà.

Prosit!

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Se stai bene te ne accorgi dalla Gente

Ho fatto questa prova più volte e mi ha sempre dato la conferma di quello che sto per dirvi.

Se si sta bene, spiritualmente intendo, se si è felice davvero e di buon umore, la gente, nei nostri confronti, è diversa. Appare più solare, più gioviale, più ridente.

Ci sono stati periodi, fortunatamente brevi, di pochi giorni, in cui mi sentivo svogliata e giù di tono. La gente che incontravo per strada, mi salutava ovviamente, ma con ben poca enfasi nonostante io, salutando per prima o rispondendo al saluto, mostrassi tutti i miei denti in un sorriso gioioso. Il loro, appariva più come un – Ciao – di cortesia che altro.

Quando invece ero o sono veramente in forma, sentendomi appagata dalla vita, gaia e serena, non solo mi salutano tutti in modo nettamente diverso e con molto più calore, ma si fermano anche volentieri a parlare con me e lo fanno con voglia, con interesse e con entusiasmo dipinto sul viso.

Accorgendomi di questo, nelle giornate in cui ero down, ho provato a mascherare il tutto come una vera attrice. Volevo vedere se era davvero una questione energetica o se traspariva dalla mia espressione che c’era qualcosa che non andava ed ero abbacchiata.

Come a recitare un ruolo, sfoderavo così sorrisi a destra e a manca mostrando attenzione a chi incontravo e voglia di scambiare quattro chiacchiere. Si, come sempre, per educazione si fermavano e parlavano con me, di certo non mi mandavano a spigolare, ma erano diversi. Erano svogliati, stanchi o di fretta, poco dilettati e attratti dalla mia persona.

Capii presto che avrei potuto fare tutte le finte che volevo, come su un vero palcoscenico, ma l’energia non la si può fregare. O meglio, non la si può trasformare. L’energia è energia e parte da dentro di noi, dalla parte più intrinseca verso la quale, non abbiamo alcuna possibilità di governo. E’ lo stato emozionale ed è ciò che in quel momento siamo.

La mia energia veniva percepita dall’energia dell’altra persona che rispondeva così di conseguenza. La stessa persona che magari il giorno prima era divertita e contenta di vedermi. Ovviamente capita anche all’inverso ossia da me verso loro. Sembra una banalità tutto questo ma non lo è. Quest’energia esiste in ogni frangente della nostra vita.

Siamo collegati e connessi. E’ come quando un animale sente la nostra paura. E’ la stessa cosa, solo che tra noi e su di noi non ce ne accorgiamo.

Non siamo dotati soltanto dei cinque sensi fisiologici che abbiamo imparato a scuola durante l’ora di scienze: il gusto, l’olfatto, la vista, il tatto e l’udito. Ce n’è un altro, ancora più preciso, ancora più sensibile, ancora più viscerale ed è quello energetico il quale comprende anche il nostro intuito.

Quest’ultimo senso, non solo sensibilizza tutti gli altri che ho elencato poc’anzi, ma accende dei campanelli all’interno di noi i quali sviluppano sensazioni che, nonostante spesso non riusciamo a tradurre, ci fanno vivere quella determinata situazione in un determinato modo.

Mi sento oggi di dire, e oserei anche di confermare, che se vogliamo sapere davvero come stiamo nel nostro interno e nel nostro inconscio, possiamo tranquillamente specchiarci nella gente che è un nostro riflesso ed emana a noi le stesse frequenze che noi emaniamo. Molto spesso, crediamo di essere felici ma in realtà non lo siamo. Abbiamo mille paure che nemmeno conosciamo e, allo stesso modo, molte volte, pensiamo di essere più angosciati o sfortunati di quello che in realtà il nostro cuore sente di essere. Le persone che incontriamo per la strada ci possono dare la conferma di tutto questo.

Basta il – Buongiorno! – del postino, o il – Mi dica? – del negoziante, o ancora, il saluto amichevole di un conoscente dall’altra parte della strada. Osserviamo i suoi occhi, l’espressione del suo volto. Proviamo a capire se ci sorride per circostanza o se gli ride anche il cuore. Che gesti fa con la mano? Quanto calore mette in quel saluto o quanto è piacevolmente sorpreso di vederci? Anziché camminare guardando il marciapiede, alziamo la testa e osserviamo i passanti, ci guardano a loro volta? Attiriamo il loro interesse? Siamo “belli” (energeticamente)?

Quando diciamo “nessuno mi considera”, chiediamoci anche il perché. E credetemi, non serve essere sensuali o appariscenti. E’, come ripeto, una questione energetica. Sarà la nostra energia a far girare i volti degli altri, sarà lei a mandare uno sconosciuto da noi per chiedere un’informazione, perché lo attiriamo.

Incontrare persone che sorridono, che si abbracciano tra loro, che mostrano al nostro sguardo il loro lato bello e positivo deve farci capire che, quel giorno, in noi, c’è bellezza e positività nei confronti della vita. A volte invece potremmo vedere mummie che ci camminano intorno come zombie. Perché, quegli zombi, in realtà, siamo noi.

Provateci, se non altro, è divertente.

Prosit!

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Finché Morte non vi Separi

Insieme. Per sempre. Una vita intera accanto alla stessa persona. Una vita intera senza potersi dare l’opportunità di conoscere, apprendere, insegnare, condividere, anche con altri. Quante anime, quanta ricchezza c’è in giro per il mondo ma a noi, la nostra morale condizionata da temi sociali, religiosi e culturali, ci vieta di poterne conoscere l’identità più intima. Questo articolo non nasce per fare della polemica, non è questa la mia intenzione in quanto rispetto le idee, gli usi e i costumi di chiunque, quindi, dovrò cercare di fare attenzione a quello che scrivo e a come lo scrivo evitando così di passarvi un altro messaggio rispetto al mio scopo.

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Il post vuole infatti basarsi più sul giudizio della gente che sulle nostre tradizioni. Ovvio, il giudizio è figlio di esse ma penso che una qualsiasi tipologia di “figlio” debba crescere ed evolversi. Molto spesso infatti, il motivo principale per il quale non ci si separa dalla persona che è considerata nostra/o consorte è proprio per quello che – la gente potrebbe pensare -. Si, in tanti casi c’è la progenie, in altri, un discorso economico ma spesso, alla base, c’è il giudizio degli altri soprattutto per quello che riguardava gli anni passati e soprattutto per chi, di separazioni, ne ha già vissute più di una. Ebbene, ecco, venendo al sodo, il mio umile pensiero si riferisce innanzi tutto a qualsiasi tipo di rapporto, per cui non solo tra conviventi ma anche tra colleghi, tra amici e tra parenti! Padre e figlio, cugini, fratello e sorella. Un rapporto tra due persone, tra due esseri viventi, tra due identità ben distinte, a mio parere ha e deve avere una durata. Questa durata può essere si eterna, ma può anche essere di un mese, di un anno, di dieci anni e poi basta, parlando di un periodo temporale che l’uomo ha creato. Questo accade perché a mio avviso, le unioni che nascono, nascono per regalare qualcosa. Per darci qualcosa. Per permetterci di insegnare e per permetterci di apprendere (talvolta cose incomprensibili) e, una volta svolto il loro compito, possono tranquillamente terminare. Arriverà per noi, un’altra persona ad insegnarci cose nuove e, questa persona, sarà venuta a noi perché a sua volta dovrà imparare cose che noi, per come siamo, possiamo regalarle. Un bel giro di parole. Un giro come quello della vita, della famosa “ruota” che tutti usiamo come paragone. Un giro come quello che compie sempre il nostro Pianeta. La dinamicità. Ripeto, questa persona può essere un collega, un amico, un parente.

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Vi sembra così traumatico? Ci sono relazioni che durano pochi minuti. Quella tra voi e il macellaio, nel momento in cui acquistate della carne, è una relazione. Breve. Ma è una relazione. Il litigio con lo sconosciuto che incontrate per caso è una relazione. Un collegamento che sussiste tra due determinate entità. Questi sono i termini che la descrivono. Un collegamento che può finire quindi, perché è una cosa viva e come tale ha le sue evoluzioni. Accade che si possa stare insieme una vita intera come ho già detto e questo accade perché per tutta la nostra esistenza abbiamo da dare e da prendere da lei. Soprattutto se si parla di felicità. Finchè quella persona ci rende felici e noi altrettanto verso essa. Ci da gioia e noi la diamo a lei. Ma quando questo non accade più perché martoriarsi? Frustrarsi. Violentarsi l’animo.

1001281_398512433585307_636501910_n Io e, quella che in gergo si definisce la “mia migliore amica”, ci conosciamo da 32 anni. Non solo. Devo anche ammettere che da 32 anni ci vediamo praticamente quasi tutti i giorni. Non ci siamo ancora stancate l’una dell’altra. Io ho ancora tante cose da donarle e so che lei ne ha in serbo altrettante per me! Ogni giorno è una sorpresa, un discorso nuovo, uno sguardo mai visto. Ci conosciamo come le nostre tasche eppure ancora riusciamo a stupirci vicendevolmente. E finchè tutto rimarrà così, così sarà. Finchè io “morirei senza di lei” così sarà. Finchè morte non ci separi. Succederà che lei uscirà dalla mia vita quando io, senza di lei, anziché morire, vivrò…. meglio? No. Semplicemente vivrò una nuova vita. Delle nuove esperienze. Perché additare come – facili – o peggio, donne che durante arco di pochi anni si vedono affiancate da diversi compagni? Ora, al di là di tutto, esistono persone poco disposte alla vita matrimoniale, esistono persone che non sanno amare, esistono persone che si concentrato solo sui propri bisogni e interessi, esistono persone che non sanno coltivare un rapporto nemmeno amichevole, che sono fondamentalmente sole, questo lo so bene ma, leggete tra le righe. Può essere che quella donna non abbia più avuto nulla da spartire con quella determinata figura maschile o viceversa. Può essere una donna che ha finito di dare, ha finito di prendere. E cosa fa? Non segue la morale, l’educazione che gli è stata insegnata, insegue il suo istinto, la parte viscerale di noi. Quella parte che la porta a conoscere. Ad apprendere. Stessa cosa vale ovviamente per l’uomo. Persone che ricercano. Alla continua esplorazione di un qualcosa che secondo loro non arriva. Sovente, non si riesce a leggere il messaggio. Ma quanti animali esistono in natura monogami? Pochissimi. Senza però disturbare gli animali, basta prendere come esempio, altri popoli lontani dal nostro per capire che, tutte le concezioni non sono le stesse, ma qual è quella giusta? Abbiamo davvero tutta questa presunzione per dire che la nostra è assolutamente quella esatta? Le madri. Pensate davvero che tutte le mamme del mondo siano come la nostra classica e tanto amata chioccia? Eppure è inaudito per noi non vedere la propria madre per un mese intero o non rivolgerle proprio più la parola. Non è concepibile che un figlio (adulto) e un genitore si possono detestare. Sono sangue dello stesso sangue, sono padre e figlio. E così passano gli anni. Passano gli anni assieme a persone che ci soffocano, che non ci rispettano, che ci maltrattano, ci usano, ma almeno non diamo addito alla gente di parlare. Si cerca di evadere.

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E’ un istinto di sopravvivenza più forte di qualsiasi altra emozione, mi spiace ma su questo non c’è questione che tenga. Si cerca di evadere ma lo si fa di nascosto. Al buio, di notte, lontano. Lo si fa parlando male di quella persona per trovare almeno un piccolo sfogo. Lo si fa odiandola dentro noi stessi perché almeno con il sentimento le rendiamo ciò che lei ci dona ogni momento della giornata. Così, al malessere che già viviamo quotidianamente, aggiungiamo anche emozioni e sensazioni negative che ci faranno ammalare e morire prima. Perfetto. Però almeno, la gente che avrebbe voluto mormorare alle nostre spalle, lei almeno è ancora viva e vegeta. E, nel caso del matrimonio poi, oltre alla gente, abbiamo davvero sistemato tutti perché non facciamo soffrire ne’ i nostri genitori, né i nostri figli. Impariamo a vedere le relazioni come delle lezioni. Spero solo di aver reso bene l’idea e che per voi sia…

Prosit!

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