A volte basta davvero un sorriso

Colui che si imbarazza, che prova vergogna nel far qualcosa davanti agli altri, non è solo un – dolce tenero timido – anche se sicuramente provoca compassione nel cuore di chi osserva quella titubanza.

Le leggi dell’Universo sono diverse dalle nostre, forse più dure, più severe. Non appartengono alla morale umana come spesso vi ho spiegato.

Quando vediamo una persona timida, questa ci fa tenerezza perché il suo impaccio è tangibile e, per empatia, siamo portati a metterci nei suoi panni e a non voler essere al suo posto. Ai piani alti invece, la persona timida è considerata una giudicante. Sì, nel senso che: si sente giudicata e quindi si vergogna, è vittima del giudizio altrui perché lei stessa giudica tutto e tutti.

Perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati e con la misura con la quale misurate sarete misurati – (Gesù).

In questa frase Gesù spiega in due parole la Legge dello Specchio e molto altro.

Che ci crediate o no, proprio utilizzando il potere di questa legge, sono riuscita a trasmutare di molto il mio Demone del Giudizio. Sapete come ho fatto? Mi sono resa RESPONSABILE del giudizio. Mi sono riconosciuta una giudicante e ho dovuto UMILMENTE AMMETTERE (cosa ben poco piacevole) di essere una che giudicava.

Su questo punto mi ci soffermo perché la maggior parte delle persone che si rivolgono a me, cercando di risolvere alcuni nodi della loro vita, mi dicono sempre – Ma io non giudico! Per me ognuno può fare quello che vuole! -. Purtroppo crediamo di non giudicare ma lo facciamo eccome. Tutti. Chi più, chi meno.

Il problema nasce quando siamo totalmente convinti di non giudicare e non intendiamo sentir ragione. Ma è un discorso lungo e che ho già fatto più volte… oggi vorrei invece dedicare questo post alla bellezza di un sorriso (che ha a che fare anche con il giudizio) e ora vi spiego il perché.

Come vi stavo dicendo prima ho lavorato per molto tempo e molto duramente per trasmutare il mio demone del giudizio. E mica ci sono ancora riuscita del tutto! Ma va bene così.

Dovete sapere che un tempo non riuscivo nemmeno a parlare con gli estranei… figuriamoci quando mi sono trovata davanti una classe di allievi ai quali dover spiegare lezioni di Alchimia ed Esoterismo… Magia e Fisica Quantistica… Vi ho detto che ho aperto una Scuola no? Eccola qui per chi si fosse perso il post precedente www.magmel-alchimia.com

Bene… chi mi conosce sa la fatica che ho provato. Al di là del fatto che le lezioni devono essere comprensibili, devono essere dinamiche, poco noiose, etc… dovevo parlare davanti a una trentina di occhi che mi guardavano sbarrati senza mai distogliere lo sguardo da me. Il cuore iniziava a battere forte… o forse no… forse era immobile pure lui come me. Sentivo le guance prendere fuoco. Ero rigida, impietrita, ma allo stesso tempo tremavo… una tragedia! Non potevo andare avanti così.

E’ verissimo che anche l’abitudine aiuta ma nel mio caso, per come si sono svolte le cose, non avevo tempo di aspettare che l’abitudine svolgesse la sua parte. Dovevo agire io.

“Osserva Meg, osserva il turbamento… che cos’è? Cosa senti? Da cosa deriva?”. Scendendo sempre di più nel profondo arrivavo a delle sfumature del giudizio davvero carine e interessanti. Mi presi la responsabilità di tutto quel fardello e iniziai ad allenarmi a non giudicare più il mondo se non volevo sentirmi giudicata. Perché non era il pensiero degli altri su di me a darmi fastidio bensì era l’aggancio delle mie vibrazioni giudicanti con quelle giudicanti degli altri che faceva male.

Come a voler essere masochista fino in fondo (scherzo!) e come se la Scuola non bastasse, prese sempre più piede una mia grande passione che porto avanti con un compagno d’avventura.

Questa parte della mia vita si chiama “WILDLIFE IN VALLE ARGENTINA” (potete trovarla su FaceBook, Instagram e Youtube) e, assieme al mio amico Andrea vado – into the wild – alla ricerca di Flora e Fauna e luoghi splendidi della Valle Argentina. Se non che, i Comuni dei borghi di questo spicchio della Liguria di Ponente, iniziano a chiamarci per fare serate e creare eventi proiettando i nostri filmati e i nostri docuvideo. Che gioia! Che bellezza! Poter condividere con tanta gente quelle meraviglie che vediamo e immortaliamo con la nostra telecamera.

Ricordo ancora la prima volta, avevo davanti quasi duecento persone, tutte zitte, ad ascoltare me.

Andrea, che è peggio di me, continuava a dirmi – Parla tu Meg! Parla tu che io non mi oso! – e io – Ma non ce la faccio! Ma scherzi? Ma guarda quanti sono! –. Tra tutti e due poveri noi! Preferisco di gran lunga chiacchierare con due Camosci a 2000 mt che parlare davanti ad una folla ma… non è che si poteva star zitti. Va bene, decido di buttarmi (anche Andrea ha parlato quella sera) dico probabilmente qualche cavolata senza senso ma riesco a presentare il nostro progetto dando poi voce ai nostri video e tirando un enorme sospiro dopo aver spento il microfono. Sì, c’era anche il microfono! Drammaticissimo. Un microfono che, quando l’ho posato, grondava sudore… che schifo. Io non sono una persona che suda molto ma avevo persino le mani bagnate quella sera.

Pensate che effetto che fa il giudizio alla nostra mente. Trasforma temporaneamente il nostro fisico. Tutte le emozioni arrivano a lavorare anche fisicamente sul nostro organismo.

Fatto sta che gli eventi continuano… continuano a chiamarci ma, da un anno all’altro, non si può certo pretendere di abituarsi. Sono serate che facciamo solo d’estate al momento.

Finchè quest’anno, nella piccola Realdo, borgo incredibile incastonato tra le falesie della mia Valle, mi trovo davanti a un centinaio di persone per la prima volta in questo 2022.

Andrea inizia la sua solita nenia (a volte gli tirerei una testata! Perchè parla benissimo in realtà!) e dice, come al solito, di non voler parlare. Bene, parlerò io!

In piedi, davanti a tutte quelle persone, con il microfono in mano, ho iniziato a raccontare chi siamo, cosa facciamo, cosa volevamo mostrare, i dietro le quinte, etc… Ok, non sarò stata la Barbara D’Urso della Vallata ma me la sono cavata benino, forse più che benino perbacco! Dal momento che per la prima volta ho ricevuto molti complimenti, da parecchie persone, proprio sulle mie parole e su come ho parlato. Persino Andrea si è complimentato tantissimo, lasciandomi volentieri lo Scettro della Parola che ormai mi toccherà anche in futuro.

Alla fine, un signore mi si è avvicinato e mi ha detto – Signorina, guardi, io sono del mestiere, le devo fare i miei complimenti non solo per come ha raccontato nei video quello che stavamo vedendo ma anche per come lo ha esposto questa sera! -.

L’Universo premia sempre, in qualche modo ci comunica che stiamo facendo un buon lavoro. Ero entusiasta. Demone VS Meg 0 – 1. Tié!

Davanti ai miei allievi, anche se nuovi, ormai imbarazzo non ne provo più ma davanti a quel pubblico un goccino ho tremato… le frasi che mi hanno aiutata sono state “ Meg, ti giudicheranno in base a come ti giudichi tu. Sei speciale, vai benissimo, non vergognarti di nulla. Vergognati se fai del male ma non se vuoi mostrare la bellezza del creato. Giudicati splendida e sarai splendida per tutti. Loro sono un tuo specchio”. Continuavo a ripetermi queste parole nella testa.

E poi c’è anche da dire che spesso siamo noi stessi a esagerare la dose. La gente non è tutta cattiva o severa. Ma l’educazione che abbiamo ricevuto, a volte, amplifica certi messaggi.

Ma è stato un altro il premio che ho ricevuto quella sera. Nonostante i tanti esercizi fatti sul giudizio, non posso negare di non aver provato un po’ di tremarella. I volti delle persone che mi stavano ascoltando erano seri e interessati e questo mi ha intimorita ancora di più. Stavano scandendo le mie parole, dovevo essere precisa, non potevo sbagliare. Alcuni erano persino un po’ scettici, come a dire “Ma chi sono questi? Da dove arrivano? Cosa ci faranno vedere? Due fiorellini… Tse’…”. Non è stato facilissimo ma ad un certo punto, tra i vari visi, mentre cercavo con lo sguardo un punto di riferimento, ecco uno dei più bei sorrisi che si desidera incontrare in momenti come quello. Una ragazza, che conoscevo solo di vista, mi stava sorridendo con le labbra e con gli occhi. Era un sorriso caldo il suo. Amorevole. Sincero. Era come una carezza. I suoi occhi brillavano e quella sua dolce espressione sembrava dirmi “Vai Meg, stai andando alla grande, sarà tutto bellissimo!”. E’ stato un piccolo miracolo e lei era luminosa in mezzo a tutta quella gente.

Non vi racconto questo per dirvi cosa ho ricevuto quella sera ma per farvi capire quanto possa fare bene un semplice sorriso. Probabilmente lei non si è nemmeno accorta di avermi regalato tanto (anche se, a fine serata, ho voluto dirglielo e ringraziarla) o probabilmente sorrideva per la curiosità di quello che avrebbe visto a breve ma, nel mio cuore, ha fatto l’effetto che vi ho raccontato.

Sorridete. Sorridete alle persone perché ce n’è un gran bisogno e questa non è retorica. Sorridete davanti a chi è teso, davanti a chi soffre, davanti a chi sembra assente, stressato o troppo serio, perché è come coccolarlo, è come dirgli – Ti ho visto, so che ci sei e ti tengo per mano -. Sorridete perché, al di là della mia serata. molto leggera rispetto ad altre occasioni e altri esseri umani, un sorriso può essere terapeutico.

Grazie di cuore D. il tuo sorriso mi accompagnerà ogni volta che rimarrò spiazzata davanti a un grande pubblico. Oltre a un dono prezioso è stato anche un meraviglioso insegnamento.

Concludo dicendo che non è detto che chi osa parlare in pubblico, in totale serenità, non è uno che giudica, l’Universo parla tante lingue ma vi assicuro che quando voi vi sentite giudicati dagli altri, un lavoro utilissimo che potete fare per “guarire” da questo stato è osservare profondamente il giudizio dentro di sé. Senza rinnegarlo che altrimenti non serve a niente.

Buona auto-osservazione Anime belle.

La Tredicesima Dea – Sii Luce

Hai mai pensato di trascorrere il periodo che nella nostra società viene chiamato – Natale – in un modo un po’ diverso dal solito?

Un modo che possa guarirti, possa rasserenarti, donarti forza, centratura, pace e anche qualche potere… magico! Abbiamo tutto a nostra disposizione, basta saperlo cogliere e, per coglierlo, occorre conoscerlo.

La parola “Natale”, che dal latino “natus” riguarda il nascere o la nascita, è stata dal Cristianesimo associata alla venuta al mondo del Messia ma io, come nei tempi più antichi, preferisco chiamarlo “periodo del Sole”.

Con “periodo del Sole” intendo nominare la nascita di una luce nuova, brillante e fulgida. Si tratta della luce del Sole Bambino e della nostra luce interiore che ha a che vedere anche con la nostra Ghiandola Pineale o Terzo Occhio. Una ghiandola untuosa in grado di secernere un balsamo oleoso, panacea per tutti i mali del nostro corpo e della nostra parte emozionale. Da qui, il termine “Unto” dal greco “Christós” e cioè “Cristo”, ecco il perché della nascita di Gesù che molti chiamano con entrambi i nomi.

Ma cos’è il Sole Bambino e cosa c’entra con Gesù? I popoli antichi hanno sempre studiato molto il cosmo e il firmamento accorgendosi che dopo la notte del 21 dicembre, Solstizio d’Inverno, nonché giorno più corto dell’anno, il Sole sembra andare a morire (rimanere fermo, in stasi) verso un luogo del cielo dove splende la Croce del Sud, una costellazione assai appariscente che mostra una forma la quale è divenuta simbolo indiscusso di tutto il Cristianesimo. Gesù morì infatti crocifisso. Dopo tre giorni, come a risorgere, il Sole ricomincia la sua ascesa e da qui si parla di un Sole Nuovo, appena nato, nonché di resurrezione. Sappiamo che la parola “Solstizio” deriva dai termini “Sol” e “Statium” in riferimento, appunto, al Sole fermo.

Un Sole con un’energia potente che gli antichi Alchimisti Maghi, ma non solo loro, cercavano di sfruttare al massimo connettendo le loro vibrazioni a quelle dell’Astro Padre. Ebbene sì, credevano alle frequenze molto più di noi e le usavano a loro favore.

Il 25 Dicembre era pertanto quel giorno in cui molte persone si raccoglievano in se stesse per connettersi a quel Nuovo Sole risorto; ringraziarlo, venerarlo e utilizzarlo per nutrire il proprio Sole interiore. La luce intrinseca che ognuno di noi possiede.

Varie leggende narrano che da questa data si iniziavano a contare le 12 notti (chiamate anche i 12 giorni di Natale e, per alcuni, non sono altro che un collegamento dei giorni festivi tra il Natale e l’Epifania). Notti in cui, attraverso il buio, l’Anima si prepara a evolvere e a illuminare così quell’oscurità. Un’oscurità che è da vedere, metaforicamente, anche come il nostro buio interiore e come dalla Nigredo ci si possa esercitare ad avanzare verso l’Albedo, due delle fasi del percorso alchemico di creazione della Pietra Filosofale. La terza è chiamata Rubedo.

Il 12 è sempre stato un numero importante nella numerologia, nell’alchimia, nell’esoterismo e nella magia ed è sempre stato citato ma è interessante vedere come sia anche l’inverso del 21. Tant’è che, la Croce del Sud, ha da sempre rappresentato il Tutto e il contrario di Tutto come a voler unire ogni cosa: il Bene e il Male, il Giorno e la Notte, la Morte e la Rinascita, i poli opposti…

Pare che in queste 12 notti, per chi sa osservare, la Natura mostri un aspetto di sé davvero particolare, un aspetto dato da un’energia luminosa che freme il quel buio. L’inverno è appena iniziato ed è pronto a custodire amorevolmente ogni cosa soprattutto grazie alla candida presenza della neve che rappresenta la purezza di un’Anima lucente e di un neonato, proprio come il Sole Bambino.

Se non cadesse la neve, dove necessita, chi potrebbe custodire intatti i semi che germoglieranno in Primavera? Cosa potrebbe mantenerli completamente integri nel loro DNA e incontaminati se non un naturale processo di ibernazione che non ne altera nessuna memoria genetica? La parola Inverno deriva infatti da “Hibernum” e cioè “Ibernare o Ibernato”. Per riaverli, affinché possano riprodursi tali e quali. Perchè possano non seccare, per non marcire, per non volare via. Ogni fenomeno meteorologico è necessario in base al periodo vibrazionale che si sta vivendo, come la pioggia, ossia lo sperma della Terra. Come il vento, il conducente che accompagna le creature. C’è un’onnipotente e saggia Energia Creatrice che opera anche per noi, per la nostra sopravvivenza e per la sopravvivenza di tutto il Creato.

Durante queste 12 notti, o 12 giornate, la Natura tutta, illuminata e nutrita da un Sole Nuovo, può godere di un’energia fondamentale e influente. Ma le storie narrano anche di 12 grandi Dee e Dee minori che sorvolano su Madre Natura affinché essa possa prepararsi a concepire al meglio. Dee in grado di donare fertilità, abbondanza, fecondità, sovranità, ricchezza…

La Parola d’ordine quindi è: CREAZIONE.

Rendere e rendersi fertili. Procreare, Rinascere, Creare, Realizzare, Crescere, Germogliare, Risorgere… sono tutti sinonimi volti al Nuovo, ad una nuova Vita. E anche se tutto questo può sembrare prettamente femminile, anche i maschi possono ovviamente nutrire l’intento di procreare un qualcosa che sia bello, utile e splendido per loro e per la loro esistenza. Siamo Esseri Umani e quindi, come dico sempre, “fatti a immagine e somiglianza della Fonte Creatrice” più di qualsiasi altra creatura.

Nutrire dentro di sé un talento e scegliere di concepirlo e metterlo al mondo non può che essere una pratica buona per ognuno di noi. Mostrare la propria luce interiore a noi stessi e agli altri, laddove, tra i vari talenti che possediamo, c’è quello inerente alla nostra missione, non può che arricchirci e portare entusiasmo e beatitudine nella nostra vita.

Il senso della vita è quello di trovare il vostro dono. Lo scopo della vita è quello di regalarlo – (Pablo Picasso).

Durante il 25 di Dicembre è possibile focalizzarsi su questo o più talenti per poi accudirli e nutrirli durante i 12 giorni a seguire. Alla fine di questi 12 dì, si aprono per noi le porte di una vita che, se vogliamo, può essere nuova e bella non perché migliorata all’improvviso ma perché abbiamo deciso di porre attenzione ad un qualcosa di fondamentale per il nostro Essere e che mai abbiamo considerato prima d’ora. Grazie all’energia del Nuovo Sole e alle vibrazioni delle 12 notti, durante le quali quest’anno sono previste anche le frequenze apportate da grandi congiunzioni, come quella tra Giove e Saturno, che non avveniva da 400 anni, nonché la presenza precedente delle Geminidi, Stelle Cadenti luminosissime.

Abbiamo tutto quello che ci serve a portata di mano, anzi… a portata di cielo.

– Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare il miracolo di una cosa sola – (Come in cielo, così in terra) (Ermete Trismegisto).

Non sprechiamo questo periodo incredibile dalle energie molto significative per noi e la nostra Essenza. Prepariamoci a un anno diverso, a un anno in cui potremmo far germogliare ciò che davvero siamo, le nostre qualità più nascoste o celate a causa della paura del giudizio degli altri. Potremmo splendere. Possiamo splendere. Ovviamente sarà difficile aspettarsi il miracolo in un sola volta, per un solo Natale, ma se prendiamo l’abitudine di seminare in noi tutto ciò per emanare la nostra luce ogni anno, allora, ogni anno, essa sarà sempre più grande.

E allora trasformiamoci nella tredicesima Dea o nel tredicesimo Dio e dopo l’ultima notte iniziamo noi, pregni di tutte quelle frequenze magiche, delle quali la Sorgente Divina ci ha forniti.

Sii luce, lascia divampare la tua scintilla.

Prosit!

Eppure sembrava proprio vero

“DIO – TV” NON DICE BUGIE

Possiamo davvero fidarci delle notizie che vengono date dai mass media? A questa domanda la maggior parte delle persone risponde un bel – No – carico di orgoglio come a voler sembrare di essere più lupi che pecore peccato però che, alla fine, le stesse notizie vengono condivise, ri-condivise, analizzate, prese in considerazione, divulgate, eccetera eccetera… fino ad appropriarsi di ogni spazio disponibile sui mezzi di comunicazione e social.

Alcuni di questi annunci riescono addirittura a EDUCARCI, a creare un nostro stile di vita.

Realizzano in noi schemi mentali, ci spaventano, ci rallegrano, ci rattristano. Hanno un potere indescrivibile nei confronti della nostra vita. Li studiamo persino a scuola, per anni (!) per poi scoprire che erano totalmente falsi. “Nuove ricerche hanno dedotto che invece…”… avete presente no?

Religioni, grandi personaggi, significativi fatti storici… insomma, parecchie news sono, e sono state false, eppure sono riuscite ad entrare nelle case di ognuno di noi e questo perché, anche se la maggior parte delle persone oggi dice – Io non ci credo! -, in realtà ci crede, ne parla e soprattutto non fa nulla per contrastare quella notizia ne’ per farla andare a morire.

Emmmappperchè la gente deve sapere! -. Ma cosa deve sapere? Un falso? Tu puoi affermare con massima certezza che quello che hai sentito e stai riportando è il vero? Ti stai assumendo la responsabilità di questo? No. E allora ho provato a raccogliere un po’ di prove che, attenzione, non sono la verità ma sono la dimostrazione che può esistere un contrasto inerente a quella determinata notizia.

Ora, è assolutamente vero che la scienza compie passi in avanti di anno in anno. È quindi ovvio che quello che si sa oggi non si poteva sapere ieri, ma quello che mi preme far comprendere è quell’assolutismo, quell’immenso valore che diamo, noi pubblico, a ciò che ci viene detto. Se non siamo in grado di entrare nel profondo di un tema scientifico, o medico, o politico, va bene, ma su molti altri argomenti cerchiamo il più possibile di evitare questo idolatrare tutto ciò che ci servono nel piatto. Quando ci dicono che è giallo per noi è giallo. Non vediamo altri colori. Non li vogliamo vedere perché il Gran Visir della televisione ci ha detto che è giallo e così sia. È sbagliato secondo me. Molto sbagliato.

CANE SI, CANE NO

Bene, al di là del fatto che siamo cresciuti tutti ingurgitando grandi quantità di fluoro e olio di palma, che oggi sono diventati i nostri peggiori nemici (chi ha ragione?) di tutte le belinate che ci sono state vendute (taaaaaante… mamma mia quante!) ne ho scelta una a caso, quella che riguarda la cagnolina Laika spedita nello spazio il 3 novembre del 1957 per fare da test e vedere cosa poteva accadere ad un astronauta mandato in orbita.

Molto probabilmente si tratta di una delle notizie con più contrasti e non li elencherò tutti.

Ok, fino a qualche anno fa ci è stato comunicato che la bestiola è morta senza soffrire e tutto il mondo era felice. Si, vabbè, un po’ storceva il naso per il fatto che si fosse usato un cane per esperimenti scientifici ma quando io ero bimba, ancora gli animali si potevano usare come test e tutto andava bene (condizione mentale). Poi qualcuno ha iniziato a dire che non era giusto e allora si sono creati movimenti contro questo modo di operare dell’uomo, movimenti così potenti che ora per venderti un cosmetico sono obbligati a scrivere sulla confezione “NON TESTATO SU ANIMALI” e tu ci credi (ahahhaha!).

Ma torniamo alla dolce Laika, giovane cagnolina di tre anni definita dai giornali – randagia – così faceva meno pena al popolo.

Come dicevo, fino a un po’ di tempo fa, ci hanno edulcorato la scena della sua morte. In pratica, Laika, avrebbe mangiato all’ultimo del cibo avvelenato, messo apposta lì qualora ce ne fosse stato bisogno e sarebbe morta immediatamente senza neanche accorgersene. A parte il fatto che, immediatamente, mi chiedo come possa accadere una cosa così. Ossia, Laika è un cane, ed è da sola nello spazio. Ha diverse scatolette di cibo (al gel) ma su una c’è scritto “AVVELENATO” e lei sceglie quella accorgendosi del pericolo e sapendo leggere?! Oppure no, forse Laika aveva tutto il cibo a disposizione, ma come mai non ha mai mangiato prima quello avvelenato? Mhmmm… considerando che la capsula era davvero piccola, di cibo doveva essercene ben poco… Oh! Ma certo! Sapevano che sarebbe morta subito! (Alcuni dicono 4 ore).

Ma andiamo avanti. Tolte le torture pre-partenza, per testare la reazione del suo corpo, e si parla di prove davvero terribili, pare invece che quando venne ritrovata, nell’aprile del 1958, al largo delle Antille, all’interno della capsula, quel suo corpo era completamente carbonizzato a causa di un surriscaldamento della cabina della navicella durante il rientro. (fonte mitidasfatare, 105.net, e molti altri). C’è però da dire anche che, tale capsula, nominata Sputnik2, non era destinata al rientro quindi già si sapeva che la cagnetta sarebbe morta tra le stelle e, attenzione, di disidratazione.

Beh, insomma, se andate a fare ricerca su questo fatto noterete davvero molte incongruenze; gli stessi siti che ne parlano asseriscono spesso “…furono rese pubbliche varie versioni in parte anche contrastanti fra di loro”. (fonte wikipedia e molti altri).

Non posso riportarvi tutto qui in un articolo. Il fatto è: chi ha ragione? Chi dice il vero (che è poi quello che noi vogliamo)?

E poi… questa Laika, ma davvero è andata in orbita???

VERO O FALSO?

Non avete mai notato come, a volte, pare davvero strana la ripresa di un video? Ossia, non vi viene mai da dire “ma come poteva, quella persona, riprendere in un momento come quello?” oppure “ma in un caso come quello lui riprende?”, “ma proprio lì in quel momento?”.

Possibile ci sia sempre il fenomeno coraggioso che sta lì e riprende tutto con il telefonino anziché scappare come qualsiasi altro essere umano? Il – sempre – un po’ stroppia.

Questa non è una questione di “bufale” o “fake news” come si usa dire. Qui si parla di masse educate in un certo modo e poi condotte in un altro senso.

I Vaccini, fanno bene o fanno male? Se hai il diabete puoi mangiare carboidrati o no? L’uomo è andato sulla Luna? I tumori sono incurabili? Il latte fa bene o fa male? Davvero devo bere due lt di acqua al giorno? Michael Jackson è morto veramente? Il pianeta Terra è malato? Quante donne davvero vengono uccise ogni giorno? Basta un bacio per trasmettere quella malattia? Dopo aver mangiato puoi fare il bagno? I Vangeli sono solo quattro? Gesù è esistito o no?

Abbiamo prove che dicono… niente, lasciamo perdere cosa dicono.

ASCOLTATI ATTENTAMENTE

Ascolta più attentamente te del giornale.

Beh, ecco, io penso che forse sia davvero il caso di iniziare a sviluppare un nostro sentire. Abbiamo davvero necessità, non per tutto certo, ma per molto, di cominciare ad attivare quelli che sono sensi che mai usiamo.

Quello che voglio dire è che possiamo accogliere qualsiasi notizia in cuor nostro ma accogliere una notizia, ascoltarla e saperla è un conto, mentre pendere totalmente da quella notizia è un altro. Solo questo.

Non voglio pigiare il tasto del – complotto – semplicemente voglio farti riflettere sul come puoi cercare di essere meno schiavo e più indipendente. Cerca di ragionare, cerca di utilizzare anche la tua di testa e il tuo cuore soprattutto.

Non voglio fare quella delle “sfumature di grigio” ma penso che nulla sia dannoso se assunto in quantità modiche o giuste, così come tutto può diventare deleterio se preso esageratamente. Inoltre, sono estremamente convinta che se tu sei certo che quella cosa non ti causa del male non te ne causerà. Ma devi esserne sicuro te; le tue emozioni non devono fidarsi di quello che sentono alla TV o che leggi sui giornali. Imparare ad utilizzare le proprie percezioni rende indipendenti e dunque liberi. E sei libero di comprendere ogni tipo di notizia e farne l’uso che vuoi. E’ come se ti scrollassi di dosso un velo appiccicoso che ti tiene sotto di lui limitandoti i movimenti e i pensieri.

Aspetta, informati, aspetta ancora, studia, controlla l’opposto di quello che arriva al tuo orecchio, creati una tua visione. Questo ti aiuta a divenire sempre più padrone di te stesso.

Prosit!

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Quella Tuta che chiamiamo Corpo

IO E IL CORPO – UNA COSA SOLA

Siamo abituati a pensare di essere un semplice corpo. Crediamo di essere un semplice corpo e viviamo come tale. Ci vediamo fisicamente, muoverci nel mondo, con i nostri limiti segnati dalla pelle che ci riveste e, oltre lei, inizia immediatamente la realtà esterna. Non ci siamo più noi, c’è “il fuori”. Siamo abituati e convinti di questo. Persino la mente la definiamo come una specie di parte del corpo.

Fin da quando eravamo piccoli siamo stati educati a dire – Sto male -, – Ho male -, – Mi fa male – ogni volta che provavamo un qualsiasi tipo di sofferenza fisica. Non abbiamo mai detto – Il mio corpo sta male – o – Il mio corpo si è fatto male – come se fosse un qualcosa di distaccato da noi. Questo avrebbe potuto aiutarci molto anche nei confronti delle angosce emotive che ci impiegano un secondo a diventare fisiche: respirazione affannata, pianto, attacchi di panico, senso di oppressione sul petto, mal di testa, nausea…

Questo non significa non essere sensibili al dolore, al caldo, al solletico, etc… siamo dotati di neuroni, di corpuscoli (Ruffini, Krause…) di cellule apposite atte a proteggerci, ad avvisarci, ma viviamo queste situazioni come se fossero nostre e non di un corpo che dovrebbe essere visto, semplicemente, come una tuta apposita che dobbiamo indossare per trascorrere questo tempo terrestre. Sulla luna abbiamo bisogno di un apposito abbigliamento. Se andiamo sott’acqua abbiamo bisogno di un apposito abbigliamento. Se andiamo sui ghiacciai abbiamo bisogno di un apposito abbigliamento. Ebbene, non ci rendiamo conto che anche per vivere i nostri giorni su questo pianeta abbiamo bisogno di un apposito abbigliamento. Il corpo.

Non ci osserviamo, come se fossimo (anche) un’entità esterna, guardandoci. Guardando quel corpo e dicendo – E’ mio ma non sono io. Io non sono lì -.

PALOMBARI TERRESTRI

Perché noi non siamo il corpo. Per la precisione il corpo è soltanto una parte di noi. Importantissima, ma è solo un equipaggiamento.

In effetti non è separato da noi, siamo un tutt’uno, e con esso compiamo la nostra trasmutazione ma quello che intendo dire è che, all’occorrenza, possiamo uscire da esso. Non mi riferisco a viaggi astrali o cose simili ma semplicemente che se riuscissimo di più ad identificarci con l’anima anziché con il nostro fisico e vivessimo come anima la nostra vita, comprese le emozioni subite, esse apparirebbero nettamente differenti. Innanzi tutto perché “subite” non lo sarebbero più. Saremo noi a governare loro e non loro a governare noi.

A farci soffrire è infatti l’attrito che la mente ci obbliga a compiere davanti agli avvenimenti che ci accadono. L’anima va oltre. Vede con altri occhi e soprattutto riconosce la bellezza dell’insegnamento. A lei, gli schemi mentali non interessano. Non sa nemmeno della loro esistenza.

Non avete occhi per vedere (avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?) – (Gesù)

Il problema sta nel fatto che ci riconosciamo come corpo ma nei confronti dell’anima pensiamo invece essere una parte in più che abbiamo. Come un accessorio. Il portafoglio. Chi non ha un portafoglio? Tutti ne abbiamo uno. Un qualcosa che un domani ci permette, in qualche modo, di giungere nel tanto ambito Paradiso visto che il corpo andrà sotto terra. Oh! Bene. Ora che sappiamo che un accessorio nostro andrà in cielo siamo molto più sereni. …E se tu sei cattivo e un’anima non ce l’hai, ti consiglio di andare a comprartene una altrimenti non ci vai, lassù, tra le nuvole...

Quello che si sente dire infatti non è – Sono anima – bensì – Ho un’anima – ed è sbagliato.

Pensiamo l’esatto contrario di quello che è, dando posizioni e meriti a cose che dovrebbero stare un passo indietro. Questo accade perché l’essere umano ha sempre e costantemente bisogno di vedere, di toccare, di constatare. La paura della quale è intriso non gli permette di abbandonarsi alla fede/all’amore. L’immagine che abbiamo di noi è quella di una testa, due braccia, due gambe e stop. Non consideriamo minimamente di essere luce, di essere energia, di essere in realtà una nuvola fluttuante e informe, molto grande, che si sposta per il mondo e agisce attraverso un continuo movimento vibrazionale delle molecole. E cos’è l’energia? L’energia è movimento.

Non consideriamo di essere grandi quanto la stanza nella quale siamo, e qui mi fermo per non essere mal compresa, ma… altro che stanza! Un passo alla volta però. Provate ad immaginare quindi come potrebbe essere una vita passata sotto a quest’ottica. Se solo potessimo vederci come l’Universo ci vede, una volta scoperto ciò che realmente siamo, ce ne daremo tante ma tante che Suor Nausicaa a confronto toglieva la polvere dai petali di rosa.

FATTO A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA

Il corpo è lo strumento principale che possediamo per trasmutarci, ossia per riconoscere che cosa realmente siamo e per mostrarci che, alla fine, ben poco abbiamo a che fare con lui. E’ proprio nel corpo, e attraverso il corpo, che modifichiamo le nostre vibrazioni fino a compiere una vera e propria trasformazione del movimento molecolare potendo così mandare frequenze diverse da quelle che emaniamo e in grado di agganciarsi o incontrarsi con quelle universali.

E’ grazie al corpo che passiamo da uno stato di “sonno permanente” ad un risveglio totale che ci permette una connessione completa con l’energia cosmica, in quanto già siamo energia cosmica ma non lo riconosciamo. E’ ottenere la potenza dell’Universo laddove, l’Universo, vedendo come invece ci comportiamo, si martella esso stesso i gioielli di famiglia gridando nell’atmosfera – Dove ho sbagliatooo???!!! -.

Serve percepire e non capire. La logica e la razionalità appartengono al Tutto ma non sono il Tutto. Serve mettere da parte la mente (che mente) schiava della nostra situazione terrestre e agire d’intenti. Serve non confondere, usare il nostro “sentire”. Comprendere (prendere con – prendere in sé) e quindi accogliere, sentire dentro.

Non finiamo là, dove il nostro strato corneo epiteliale smette d’esistere. Immaginatevi un alone ampio, grande, che ci avvolge e si muove attorno a noi. Immaginate di contenere al vostro interno le altre persone, gli alberi, i luoghi, le sensazioni, le gioie. Questo siete. Scintille luminose. Piccole parti di un’intelligenza senza fine che vi ha portato sin qui dotandovi di un corpo, cioè di qualche atomo, perché in questo particolare ambiente, la condizione obbliga ad averlo.

Prosit!

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Quello che del buon Ladrone non ci hanno detto

Dal Vangelo secondo Meg – niente di religioso ma di molto curioso

DUE CHIACCHIERE IN CROCE

Se sia esistito davvero il buon ladrone, crocifisso assieme a Gesù sul Monte Golgota, nessuno di noi può dirlo ma poco ci importa in questo momento. Chi ha scritto di lui, ha voluto, attraverso questo personaggio, recarci un messaggio che, a mio avviso, occorre comprendere. Il Vangelo potrebbe essere un libro storico, ricco di testimonianze, oppure un libro di fiabe ricco di morali ma comunque, in entrambi i casi, riporta, attraverso una lingua che bisogna tradurre, delle soluzioni adatte alla nostra crescita personale, alla nostra elevazione e alla nostra illuminazione. Vere o non vere, queste storie ci raccontano come fare per diventare persone realmente felici, felici dentro, tramutando la realtà che ci circonda e dandoci i mezzi per acquisire la saggezza giusta al fine di raggiungere una beatitudine totale e continua, attraverso la quale, ogni cosa che può accaderci durante l’esistenza, possiamo viverla in modo differente, con più resilienza, più benessere, più gioia. Ma, soprattutto, ci spiegano come fare a diventare padroni di noi stessi, della nostra realtà e persone libere. Ottimo non trovate?

Ma torniamo al buon ladrone, il malfattore pentito. A questa figura che, da molto tempo, ci viene presentata semplicemente come il ladro redento almeno secondo la maggior parte dei testi. Da un lato di Gesù in croce, infatti, abbiamo un ladrone, un altro, che sarcastico chiede al Cristo di salvare se stesso e loro, se era vero ch’egli era il figlio del Padre Eterno, dall’altra invece abbiamo il protagonista di questo post che, umilmente, dice queste parole al suo compare – Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male – e poi aggiunge, rivolto al Cristo – Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno -. Gesù gli risponde – In verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso -.

I GIUDICI CATTOLICI

A questo punto, dopo questo brevissimo dialogo tra il buon ladrone e Gesù, a noi non rimane altro che giudicare il buono e il cattivo. Giudicare i due malfattori: quello che scherna Gesù e quello che invece chiede perdono. Come ci hanno sempre insegnato, fin dai tempi del catechismo, ci ritroviamo con due figure opposte, una che andrà senz’altro all’Inferno e l’altra che, pentendosi, andrà in Paradiso. Dio è buono ma giudica e chi non chiede perdono verrà punito. E va bene, tralasciamo la storia della punizione per un altro articolo.

Il fatto è che ci fermiamo qui. Il male e il bene. Punto. Non andiamo oltre. Non ragioniamo con la nostra testa, lasciando la parola solo a chi la professione del religioso la svolge. Ma certe illuminazioni, con la religione, hanno ben poco a che vedere.

Rileggiamo con attenzione alcune parole del ladro che si pente – …Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni… –

IL MIRACOLO DENTRO DI NOI

Con questa frase, il ladrone non si sta solo pentendo ma sta compiendo un qualcosa di grandioso che ora provo a spiegarvi.

Noi siamo giudici di noi stessi

Dovete anche cercare di mettervi nei suoi panni per assaporare al meglio questa sua frase. Come racconta bene Piergiorgio Caselli nel suo video “il Potere Alchemico dell’Accettazione: i Vangeli Esoterici – Pier Giorgio Caselli” (YouTube) in quel momento quell’uomo è appeso ad una croce, nudo, con i corvi che lo beccano, con delle guardie che lo feriscono, lo umiliano e pronuncia quelle parole. Insomma, c’è ovviamente della sofferenza, non sta certo giocando a briscola con gli amici…

Il fatto è che a noi, le sue parole, appaiono semplicemente come il riconoscere la giusta pena per i reati commessi e stop. Invece…

…egli sta compiendo esattamente l’atto dell’ACCETTAZIONE.

L’Accettazione – il lasciarsi andare accettando. Il lasciarsi andare nel flusso vitale abbandonandosi completamente verso la “resurrezione” (lo stare bene, il vivere una vita migliore). Il lasciarsi andare verso quello che è perché, quello che è, è il giusto.

Accettare totalmente quel dolore perché solo attraverso quella strada si potrà trovare la pace.

M’inchino come ancella obbediente. Sia fatta dentro di me la volontà del Signore – (Maria di Nazareth). Dio è dentro di noi. Il Signore è dentro di noi. Nostra, in realtà, è quella volontà.

L’ACCETTAZIONE – QUEL LUOGO INTIMO IN CUI IL MALE DIVENTA BENE

Ora, nel caso di questo ladro, la pace è data dalla morte e la salvezza è data dall’entrare nel Regno di Dio ma è ovviamente simbolico. La metafora vuole farci intendere come, durante la nostra vita, siamo spesso chiamati a subire un dolore e cerchiamo sempre di scansarlo o di nasconderlo senza capire che entrandoci dentro, vivendolo e comprendendolo pienamente possiamo trovare la risoluzione vera ai nostri mali. Possiamo trovare una vita migliore. Significa non aver paura del cambiamento. Significa vivere quello che dobbiamo vivere senza resistenza perché qualcosa di più bello ci sta aspettando ed è già pronto per noi. Accogliere completamente quella situazione. Questo è il punto. Sta accadendo? Bene, la accolgo. Lo accetto del tutto perché è il giusto per me, è ciò che di perfetto per me poteva compiersi al fine di guarire dai miei demoni. I miei stessi demoni mi hanno portato a vivere questo avvenimento quindi, questo avvenimento, è la risoluzione. Questo non significa non dover trovare rimedi. Siamo umani e abbiamo un intelletto da poter usare ma ora siamo ad un passo prima. Quella del rimedio è una considerazione che viene dopo e che difficilmente potrà esistere senza prima l’accoglienza e quindi la comprensione (con-prendere cioè accogliere in noi) di quello che ci sta succedendo.

Accade quindi che il buon ladrone, così facendo, “si salva” e qui vorrei aggiungere qualcosa di mio oltre alle straordinarie parole di Caselli. Perché, vedete, dobbiamo notare che non è Gesù a salvare il malfattore. Nonostante la frase – …sarai con me in Paradiso… -. Questa è una conseguenza ma, a salvarsi, a trovare la pace, a trovare la chiave verso la pace, è il ladrone stesso.

Nella nostra vita, noi stessi dobbiamo trovare la serenità e dobbiamo capire che solo noi stessi possiamo salvarci non gli altri. Accettando. Gli altri possono essere validi mezzi, ottimi aiuti, grandi accompagnatori, Maestri formidabili ma solo noi possiamo raggiungere la salvezza pura del nostro cuore. Nel nostro buio, nella parte più profonda di noi, solo noi ci siamo.

Gesù non è la salvezza. Gesù rappresenta la salvezza.

QUESTA E’ LA VITTORIA DEL GUERRIERO

Tutto questo non ha nulla a che vedere con il Cristianesimo. Tutto questo è un lavoro estremamente difficile da compiere che appartiene ad una trasmutazione di noi stessi. Vuol dire uscire dalla schiavitù. Essere Maghi della propria vita.

– Se semplicemente si riuscisse a lasciar andare le cose, ci si accorgerebbe che il male si esaurisce, e si afferma il bene – (Carl Gustav Jung)

Siamo convinti di essere supremi e che le cose debbano adattarsi a noi. Gesù direbbe – Non avete occhi per vedere -. Non abbiamo capito invece che siamo noi a doverci adattare alle cose ma non come tronchi spezzati in balia della corrente, bensì per conoscere quelle cose. Per carpirne ogni senso, per sentirle dentro e scoprire di loro ogni segreto anche se doloroso. Solo allora possiamo trasformarci in Guerrieri e trasmutare noi e loro. Solo allora potremmo modificare davvero ciò che ci appartiene e divenire ESSERI LIBERI.

Accogli con gioia e vedrai miracoli.

Prosit!

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San Tommaso – la Prova Inconfutabile prima di tutto

ANNI DI GUERRA TRA SCIENZA E SPIRITUALITA’

I vari saperi difficilmente si uniscono, bensì, sono quasi sempre in contrasto. Io, che amo le sfumature di grigio, anche se riconosco tasti in cui il bianco e il nero van cliccati, la penso a mio modo.

Chi era San Tommaso? Beh, io personalmente non l’ho mai conosciuto, ma essendo un personaggio citato spesso dai Testi Sacri, ho avuto modo di capire chi fosse.

Il baldo giovane, proveniente dalla Galilea, costantemente alla ricerca della verità, non è mai stato visto di buon occhio dalla Chiesa e nemmeno da chi ostenta una fede indissolubile nel potere della grande Energia Universale.

Saprete tutti che, Tommaso, uno dei dodici apostoli di Gesù, era quello che doveva “vedere prima di credere”, aveva bisogno della prova inconfutabile per dire – Sì, è vero – e questo và esattamente contro le filosofie spirituali che insegnano invece di “credere per poter vedere” come, tra l’altro, tante volte, ho detto io stessa.

Bene, oggi mi dilungherò in questo concetto ed essendo che, qui, sono a casa mia, vorrei dire come la intendo.

SAN TOMMASO – POLLICE SU O POLLICE GIU’?

In verità, perdonatemi, ma nessuno di noi può stabilire con certezza che San Tommaso sia esistito veramente ma non è questo l’importante. L’importante è il messaggio che la figura di San Tommaso, veritiera o meno, ci ha voluto insegnare. Un messaggio molto molto utile a mio avviso.

Non sono d’accordo con chi, per credere, deve sempre fare un esperimento e avere la prova che ciò sia davvero così, sono convinta che la fede sia seriamente cieca ma è anche vero che Gesù stesso disse – Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci… -.

La “prova” che si accomuna solitamente a Tommaso non è secondo me quella adatta. Vediamo se riesco a spiegarmi: una “prova” è un conto, ma “provare” invece è un altro. Cosa significa questo? Significa che ben poche possono essere le verità indiscutibili perché, a seconda dell’individuo, come diceva lo stesso Buddha – Tu provaci, se ti fa bene è la soluzione per te, altrimenti, per te non va bene. Non seguire per forza ciò che io dico -.

Mi batto solitamente contro l’ignoranza e la pigrizia. L’ignoranza e la pigrizia volute. Intendo quelle che ci fanno comportare come ebeti davanti ad una qualsiasi notizia senza appurare la sua veridicità. Ora voi sicuramente potrete dirmi che non abbiamo i mezzi per farlo o non siamo abbastanza competenti ma, porca miseria, ce ne sono di quelle che anche un bambino, se solo si fermasse a ragionare un attimo, capirebbe che non sono possibili o che, quanto meno, c’è qualcosa di strano, che stride, in tutto quel discorso.

Le notizie giungono a noi a ondate, come se fossero mode, tendenze, eppure accettiamo sempre tutto e nessuno mai a chiedersi – Ma come mai non si parla più di quella cosa là? E’ sparita? -. No, non è sparita, ma non la si nomina più e quindi non fa nemmeno più paura mentre un tempo terrorizzava persino.

Ma sto divagando. Non voglio aprire una guerra contro i mass media e contro i pesci lessi che li seguono a priori. Voglio parlare di San Tommaso.

COME? PERCHE’? DOVE? QUANDO? COSA?

Perché la cosa più importante che San Tommaso ci insegna, in realtà, non è quella di non credere ma quella di farsi una sola domanda: E’ POSSIBILE?

Ma, attenzione: nell’Universo, il numero di probabilità è… infinito! Oh già!

Siamo esseri umani e, come tali, siamo dotati di una ragione che nessun’altra specie vivente su questo pianeta ha. Ci sarà pure un motivo. E’ verissimo che, se si ha fede e se si vuole intraprendere una via spirituale, le cose non vanno chieste ma percepite. Non vanno sentite dal punto di vista materiale e mentale ma animico e sensoriale, ben poche sono le domande da porsi, però è anche vero che non possiamo convincerci di cazzate e andarle a raccontare ad altri come sacre parole o verità assolute.

Secondo me c’è un tempo per tutto. Per la mente se deve porre domande e per l’istinto per percepire. Il problema sta nell’emozione che si prova. Una domanda la si può porre in due modi: o con la semplice voglia della valutazione o con il dubbio intrinseco che risiede in noi e come una morsa ci attanaglia le viscere. Ecco. Questa è la differenza.

E’ un po’ come il giudizio. Si dice spesso – Non giudicare! -. Ma un belin! Io sono dotata di una mente e giudico eccome! E’ proprio grazie al Giudizio se la specie umana ha continuato ad esistere. Il giudizio sano, quello che ti fa dire: tra due bacche che trovi nel bosco “questa per me è buona, questa per me non è buona”. Si parla di discernimento. Il Giudizio insano invece è bene non averlo, sono d’accordo, fa più male che bene e non serve davvero a nulla, però occorre fare chiarezza. E questa chiarezza la chiamerei proprio: San Tommaso.

Si parla di forze oscure, potenti, grandi, che possono fare questo e quell’altro, si parla di anima, c’è chi dice che è dentro di noi come un fantasma, altri che dicono essere fuori di noi come una coscienza e… praticamente tu cosa fai? A seconda di chi ti capita di ascoltare, credi a quello che ti viene detto perché nessuno può davvero sapere che cosa sia in realtà l’anima nonostante molti studi, anche scientifici, hanno dichiarato la loro. Il fatto è che non importa che cosa davvero sia l’anima ma importa comprendere se può esserci davvero un qualcosa di simile assieme a me e cosa può fare? Fin dove può arrivare? Quando finisco io? Quando inizia lei? Domande alle quali, molto probabilmente, non riusciremo mai a dare delle risposte precise ma chiediamocelo per lo meno. Se anche decidiamo di affidarci totalmente… a cosa ci stiamo affidando? Questo ci aiuta a distinguere cosa siamo. Ci fa capire che esistiamo e questa è la cosa più importante. Concepire di ESISTERE.

Cogito ergo sum – (Cartesio)

SE TU SEI, DIMMI COSA SEI. NON ESSERE ALTRI

Io, con questo post, non intendo offendere nessuno. Molto probabilmente ci sarà anche chi è più evoluto e più istruito di me e sa dare una risposta a tutto ma continuerei a pensare, anche davanti a questo tuttologo, che non è la cosa principale.

Il dire – Voglio credere che sia così – è infatti diverso dal dire – Ah! Sì, ci credo! -. Nella prima versione abbiamo delle valutazioni, abbiamo sondato, abbiamo quindi poi potuto godere dei riscontri ottenuti e ora possiamo dire – Sì, io credo sia proprio così perché per me è così -. Nella seconda versione invece – Sì, ci credo – ci credi perché? Perché l’ha detto un altro? Perché così hai studiato? Perché così dice la maggior parte della gente?

Ci hanno educato dicendoci che è esistito un certo Gesù che ha fatto questo e quest’altro ma voi lo avete mai visto? Ci avete mai bevuto una birra assieme? Lo so bene che esistono prove archeologiche che attestano che… bla, bla, bla… ma io, sinceramente e umilmente, non posso AFFERMARE che Gesù sia esistito davvero, in carne e ossa, ne’ al contrario posso dire che sia tutta una favola. Ma, quello che posso dire, dopo aver valutato è: Caro Gesù, che tu sia esistito o meno poco importa, per me esisti. E molto probabilmente esisti anche come egregora e come forma-pensiero. Oggi sei quindi un’energia. Ma, al di là di questo, tutto quello che hai fatto e che hai detto, o ti hanno fatto fare e fatto dire, io lo trovo consono a me e intendo imitarti il più possibile.

L’ASTERISCO E IL SALTO

Ecco, secondo me San Tommaso è una specie di asterisco. E’ l’asterisco che fa porre l’attenzione, che segnala le vie di mezzo, le sfumature di grigio tra le quali l’assolutismo e l’estremismo non trovano posto e sono visti come un’esagerazione e, l’esagerazione, non va’ mai bene. La fede dev’essere assoluta, non lo discuto, ma devo sapere a cosa mi riferisco quando intendo accettare il famoso – Sia fatta la tua volontà – perché non devo confondere l’accettazione con la repressione o la sopportazione altrimenti mi creo un danno irreparabile porcaccia di quella pupazza!

Gesù ammonisce San Tommaso dicendogli – Poiché mi hai veduto, hai creduto: beati coloro che non videro e tuttavia credettero! – perché infatti, neanche gli scienziati, sono, a mio avviso, nella ragione più totale, ossia coloro che sempre hanno bisogno di “provare per credere”.

Il comportamento di Tommaso non va’ ne’ osannato, ne’ redarguito, occorre semplicemente ricordarsi che c’è. Che, guarda caso, è stato inserito all’interno di un Testo Sacro e un motivo ci dovrà pur essere. A qualcosa serve e non è solo il capire di doverlo eliminare per credere ciecamente. La figura di San Tommaso è sottile, appare al momento giusto, quasi aggraziata nella sua diffidenza proprio per dar modo a Gesù di rispondere a tono. Ecco quindi il nostro poter possedere l’una e l’altra cosa. Tanta manna. Dobbiamo cogliere il messaggio di TUTTO quello che rappresenta.

Se queste cose sono state scritte, da chi ne sapeva forse più di noi, c’è un motivo. Non dobbiamo commettere l’errore di leggere quello che dice San Tommaso e pensare “ma tanto è solo un idiota, sentiamo cosa risponde invece Gesù”.

Perché Tommaso, nonostante il suo esprimersi talvolta impetuoso, è proprio colui che, con tutti i suoi errori e suoi rocamboleschi rimbalzi, ci conduce alla possibilità di “credere per vedere”.

Prosit!

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Il mio Amico Vigile del Fuoco

Voglio molto bene a questa persona, provo per lei un affetto sincero e viscerale. Fa il Vigile del Fuoco e conosce tante cose. Ha sempre una risposta ad ogni domanda. La sua istruzione affascina ma ciò che trovo in lui, capace di stregare, è il saper mischiare tanta cultura ad una tenerezza e una bontà sincere, di fondo. Sa dare valore ai sentimenti e non solo alle riflessioni mentali. Non si preoccupa di quello che è inutile, di quello che è solo un banale orpello ma dà un significato profondo a quello che conta. I sentimenti, per lui, hanno sempre un occhio di riguardo. Non conosce l’orgoglio e questo mi piace tantissimo. E’ con persone come lui che ci si perde, ci si ritrova, ci si riperde ma la consapevolezza delle emozioni non si consuma mai. Rimane. E di conseguenza rimangono le persone, senza fuggire, senza abbandonare. Ci sono, in qualche modo, sempre. Come vuole la sua dignità. Come vuole la sua professione.

E’ un Pompiere e non può abbandonare. Deve esserci sempre. E il suo stare, lo sparge anche nella sfera della vita. E’ un Maestro per me.

E’ stato proprio durante un suo esserci che mi raccontò quello che dapprima mi sembrava assurdo pur avendo sempre avuto molta fiducia in quello che diceva perché non sbagliava mai. Fu un buon insegnante. Sempre. In ogni argomento dell’esistenza.

Un giorno mi disse – Quando accade un grave incidente, di qualsiasi tipo, e che coinvolge numerose persone, occorre preoccuparsi prima di chi può essere salvato. Di chi “sta meglio” degli altri, per così dire -.

Trovai all’inizio questa cosa sconvolgente e assurda. Com’era possibile? Quella persona ha già più probabilità di salvarsi rispetto ad un’altra e i soccorritori si preoccupano più di lei che di uno in fin di vita?

Ovviamente ci sono squadre adatte a tutti e ognuna si occupa di chi deve. Si cerca ovviamente di non tralasciare nulla e nessuno. Ma non si può nemmeno tralasciare una sola possibilità di salvezza

Appunto! – rispondevo io.

Non capivo. Lo trovavo un controsenso quello che mi stava dicendo. Possibile? Possibile che proprio lui, che mi aveva sempre illuminata attraverso il suo sapere e le sue giuste riflessioni, oggi, mi stava dicendo una cosa per me così incomprensibile?

Perché se io ho più bisogno di un altro vengo “messa da parte”?

Preoccupandoci esageratamente e ponendo tutta la nostra energia e il nostro tempo verso chi, ormai, purtroppo, ha davvero pochissime probabilità di sopravvivere, rischiamo di perdere anche chi ce l’avrebbe fatta attraverso il nostro intervento. Alla fine non si risolve nulla. Si perdono troppe vite, mentre così facendo, hai la certezza di riuscire a salvare almeno chi può salvarsi -.

Mi ci volle tempo per comprendere e accettare questa visione. Ma era giusta. Non faceva una piega. Non per altro, era stata studiata e messa in pratica da ogni tipo di Corpo di Soccorso del pianeta. Un motivo ci sarà pur stato.

Oggi, mi occupo di condurre le persone verso un nuovo modo di vedere la vita che io definisco una sorta di “salvezza”. Senza innalzarmi al di sopra di nessuno, sono semplicemente venuta a conoscenza di diverse filosofie che, prima di tutto, hanno fatto bene a me e ora voglio condividerle con altri affinchè anch’essi possano trovare un po’ di serenità e benessere. Si tratta soltanto di vedere la vita e le situazioni in un altro modo, da un’altra prospettiva e, questo cammino, lo faccio ancora io stessa e assieme a chi divide con me questa strada.

Quando incontro qualcuno che non conosce o mi chiede aiuto io divento insegnante ma, all’incontrario, sono allo stesso tempo un’alunna curiosa che può e vuole imparare. E sono ancora io, molte volte, a chiedere aiuto.

Nei momenti in cui mi si chiede di essere “Maestro”, noto le risposte e l’approcciarsi di chi mi è di fronte e, sovente, mi trovo davanti a quelli che, in gergo, vengono malamente considerati “muri”. Alcuni potrebbero dire “ottusi”. Io no. Non mi permetterei mai di giudicarli così.

Penso ci sia solamente un tempo. Un tempo per ognuno. E’ ovvio che ho estrema fiducia nelle filosofie che pratico e insegno e sono convinta riescano davvero a portare benessere ma questo non significa che se non vengono promosse, accolte o capite da un altro, quell’altro sia tonto o abbia i paraocchi come i cavalli. Davanti a queste persone provo ad impegnarmi di più ma quando mi rendo conto che non è arrivata la loro ora, oppure sono ancora loro che devono mostrare a me, oggi, mi fermo.

Un tempo insistevo di più. Era così forte la voglia di aiutare e fare del bene proprio a chi secondo me (superba) ne aveva bisogno. Ma… chi sono io per giudicare se quella persona deve o non deve ricevere il mio aiuto? Chi sono io per giudicare il suo malessere anche se reale ed esistente e ben visibile? Chi sono io per dire – Affidati a me, a quello che ti dico! Esci dal tuo percorso, cambia strada! -. E se quel percorso era stato fatto apposta per lei, affinchè imparasse cose che io mai avrei potuto insegnarle? E se doveva per forza combattere contro i suoi demoni senza la mia intromissione?

Fu così che ripensai alle parole del mio amico.

Quella persona ora, non può essere salvata.

Il discorso è che, all’interno di un gruppo, ci sono persone più propense a certe discorsi e altre no.

Non intendo con questo articolo passare per offensiva, non riuscendo forse a spiegarmi bene, credetemi se dico che nel mio cuore c’è molta umiltà. Quello che voglio dire è che dando troppa importanza e troppa dedizione a chi proprio non vuol vedere si rischia di “perdere” anche chi invece è pronto.

E’ come se si desse forza e importanza (potenza) ai demoni di quel qualcuno, che riescono davvero a ribellarsi di più e con maggiore veemenza andando ad intaccare anche le coscienze degli altri che, piano piano, si perdono. Si sentono meno sereni, meno pronti, meno volenterosi. Basta un solo membro, in un gruppo intero, a portare un’energia negativa sufficiente a tutti e, se questa energia, in qualche modo, viene avvallata, anche gli altri ne patiscono le conseguenze.

Gesù diceva – Non date perle ai porci -. Vedete, non sempre la persona non pronta è un debole che ha bisogno di cure solo perché non comprende. Molto spesso ci si trova davanti persone (sempre deboli per carità) convinte di sapere tutto e che scalciano come muli pur di allontanare la tua visione. Tu diventi uno stupido che non conosce, uno sciocco visionario e diventano persino offensive. Sono molto convinte dei loro pensieri e di essere già dei consapevoli e allora… deve andare bene così.

Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi -. Non è tanto questione di essere poi sbranati è questione che, anche se di perle possono essercene in abbondanza, tutte quelle che vengono date ai “porci” non possono venir raccolte da chi invece ne avrebbe bisogno per andare avanti. Queste parole sono state dette da chi conosceva davvero l’Amore e il Sacrificio. Ciò che diamo con il cuore è prezioso. Ha un valore inestimabile. Non possiamo accettare che venga gettato nel fango obbligando anche altri a rimanerne senza. Significherebbe buttarsi via. Il Sacrificio non è una resa, un qualcosa di scadente da calpestare. La parola “Sacrificio” deriva da “sacrum” e “ficum” e significa FARE QUALCOSA DI SACRO.

Dando “perle ai porci” si sta mettendo sul podio persone di un tipo tralasciandone altre. E’ come se non ci fosse neanche coscienza di noi stessi, è come voler far regnare il disordine, andando un po’ contro le linee universali.

Con questo, ripeto, non significa non dover aiutare anche certi soggetti ma, su 100 individui, è meglio avere la certezza di poterne “salvare” 50 piuttosto che 0.

Le perle vanno gettate e basta, chi le raccoglie le raccoglie, indipendentemente da chi è. Ma chi usa quelle perle unicamente come arma per attaccarti e si focalizza solo su questo, non merita la tua energia. Inoltre, è come dire loro – Prendetene pure tanto di perle ce ne sono finchè ne volete – mentre invece, di perle, ad un certo punto, è bene se ne sentono la mancanza. Solo così potranno smuoversi nella curiosità di giungere anche ad un altro sapere. Solo così si muoveranno al fine di trovare ciò che hanno perduto. E solo così facendo potranno trovare la luce (perché io ci credo) dentro di loro.

Prosit!

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A modo mio: Interpretazione del Nr. 4 nella Bibbia

Dal vangelo secondo Meg 5° – niente di religioso ma di molto curioso

Quando ero più giovane mi è capitato spesso di sentire esclamazioni di vario genere nei confronti della famosa citazione che riguardava Gesù quando stette –…40 giorni e 40 notti nel deserto… -.

Ma come può un uomo sopravvivere per tutto questo tempo, addirittura pare, senza bere né mangiare, in un luogo come il deserto? Condizioni veramente estreme… è ovvio, sono state scelte apposta per sottolineare la resistenza del Messia alle tentazioni a cui il Diavolo lo sottopose.

Per indicare la forza e la fede del Cristo che non si è lasciato abbattere dalla paura e dall’angoscia. Ma di questo interessante discorso ne parleremo un’altra volta (c’è tanto da sapere anche dietro questo palcoscenico), oggi, volevo invece presentarvi il Numero 4.

Ebbene, occorre sapere che i numeri biblici hanno in realtà un significato tutto loro e vengono utilizzati, o meglio venivano utilizzati, per comprendere altre cose oppure lassi di tempo. Il nr. 4, infatti, (e quindi anche 40, 44, 400, 4.000…) andrebbe tradotto proprio come “per un po’ di tempo”, “per qualche giorno” e, detto questo, già ci si chiarificano molto le idee e ci si apre un mondo.

Alcuni affermano che, in realtà, il numero che rappresenta questa definizione, è il nr. 5 e voglio aggiungere questo particolare proprio per far capire quanta confusione ci sia in queste traduzioni. Nel senso che, intendo suggerirvi come, prima di credere ciecamente ad un qualcosa, serve informarsi e, spesso, anche informandosi, non si ottengono le giuste risposte. E’ sempre bene mettere in dubbio le cose. Nemmeno io posso affermare con certezza di aver ragione dicendo che era il nr. 4 piuttosto che il 5 ma, così pare essere e, al di là di tutto, desideravo farvi comprendere quanti piccoli e grandi segreti esistono dietro a dei Testi, considerati Sacri, che sacri lo sono davvero, ma che mai ci hanno tradotto come dovevano essere tradotti.

Da come avete già capito quindi, Gesù stette nel deserto solo per qualche giorno ma, essendo che il nr. 4 simboleggia anche la totalità del Cosmo, si può percepire come, in un luogo come il deserto, senza nessuno, senza nessun tipo di “inquinamento esterno”, da solo con se stesso, Gesù potè trovare e sprofondare ancora di più in una connessione totale con se stesso e l’Universo perché, come la Bibbia stessa dice, l’Universo è dentro di noi. Noi siamo l’Universo, fuori di noi nulla esiste, nel senso che noi stessi ci creiamo la realtà.

Il nr. 4 rappresentando l’intero Cosmo e tutte le forze a lui appartenenti, rappresenta così il Tutto.

4 infatti sono i punti cardinali, 4 gli elementi, 4 gli evangelisti e molte altre anche cose a far comprendere che la Terra, tutta, è la completezza, è il vero Paradiso, è il Regno di Dio. Perché, in realtà, il Regno di Dio è dentro di noi. Non lo si trova da nessun’altra parte, ne’ in cielo, ne’ in qualche isola fantastica dei tropici. E’ dove viviamo, perché è nel nostro cuore e se non stiamo bene con noi stessi, non troveremmo questa beatitudine in nessun punto del creato, né nel nostro mondo, né in nessun altro pianeta disperso in qualche altra galassia.

E’ già tutto dentro di noi.

Da un numero apparentemente semplice si scoprono cose non solo interessanti ma infinite che aprono porte su discorsi che portano ad altri argomenti e così via, senza finire mai. E’ bellissimo, è istruttivo ma, soprattutto, è alla base di quello che dovrebbe essere la conoscenza nei confronti della nostra esistenza. E purtroppo, questo tipo di istruzione, senza fare polemica alcuna, ci è spesso stata negata.

Tra l’altro, l’assurdità del riuscire a stare 40 giorni e 40 notti nel deserto, in quel modo, ha fatto arrivare un messaggio impossibile da credere, anche se si parla di un individuo che è riuscito a camminare sull’acqua, di questo miracolo avevo già scritto qui https://prositvita.wordpress.com/2017/01/20/a-modo-mio-interpretazione-di-uomo-di-poca-fede-perche-hai-dubitato/ pertanto, la gente di oggi, incredula e più aperta rispetto alla gente di un tempo, si è allontanata dall’imparare quella che poteva essere una splendida lezione di saggezza anziché avvicinarcisi.

Sua è la colpa di non aver approfondito il discorso ma è anche vero che non tutti hanno la capacità di capire che forse occorre andare in fondo. Non voglio offendere nessuno. Sto parlando di fiducia. Se io ho fede in quello che mi viene detto perché credo in colui che parla non penso di dover andare a constatare se ciò che mi sta dicendo è vero. Invece è così. Il mettere in dubbio può essere utile. Soltanto dopo avere la certezza e la conoscenza di come certe cose funzionano, si può andare esclusivamente di fede. Perché è proprio la fede estrema che ci permette di ottenere ciò che vogliamo.

Istruitevi sempre. Abbiatene la voglia. Se non capite chiedete ma aprite le vostre menti. Rimanendo nell’”ignoranza”, nel senso di ignorare, si rimane al buio e non si vedrà mai la vera luce.

Prosit!

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A modo mio: Interpretazione di “La guarigione del cieco nato”

Dal vangelo secondo Meg 4° – niente di religioso ma di molto curioso

PRENDI DEL FANGO, SPUTACI SOPRA E FAI COSA VUOI

Avrete presente tutti la parabola del Vangelo che racconta di quando Gesù guarì il cieco nato (azione che compì diverse volte durante la vita nei confronti di parecchi non vedenti).

Si racconta che, prese del fango, ci sputò sopra, appoggiò le sue mani piene di quell’intruglio sugli occhi del malato e, quest’ultimo, potè vedere il mondo. C’è forse qualcosa di più banale e di più povero del fango e della saliva? No. Due ingredienti veramente miseri, se vogliamo, mediocri, ed è proprio per la loro mediocrità che sono stati scelti. Appositamente. Proprio grazie alla loro umiltà possono far capire quanto in realtà è potente l’energia che vive dentro di noi (che può fuoriuscire ad esempio dalle nostre mani), il principio attivo fondamentale. Non servono grandi cose, non servono eccipienti pregiati o multifunzionali. Basta un po’ di polvere, uno sputo e possiamo ottenere quello che vogliamo, grazie al nostro volere. Grazie al fatto che davvero vogliamo quella cosa, anche la cosa più impensabile e più grande come, addirittura, dare o ridare la vista a un cieco. E’ assurdo. Nemmeno il più grande oculista del mondo potrebbe. Esatto. Questa assurdità, per l’Universo, non esiste. La nostra energia è più forte ancora dell’assurdo. Può tutto. Per questo, come esempio, è stata usata la forte metafora della cecità. E’ il nostro intento a CREARE.

Che poi… ciechi lo si è tutti. Si, si, vediamo i colori, vediamo gli alberi, le auto, le case, le persone. Ma la nostra povera vista si ferma lì. Non vediamo l’energia, la profondità delle cose, l’aurea, il battito vitale, quasi a livello molecolare, di ciò che ci circonda. Non guardiamo mai con gli occhi dell’anima. Non cogliamo mai lo stupore che può esistere osservando, con altri sensi, persino una mosca. Che non significa scandagliarla minuziosamente in ogni suo più piccolo particolare, significa accorgersi della sua energia, di quella sua vibrazione essenziale che la contraddistingue, la circonda, l’avvolge. La sua luce. Riusciamo a sentire la pulsazione del suo cuore? Perché un cuore ce l’ha anche lei, e batte.

Ed è mutando quell’energia che si può guarire.

Apri i tuoi occhi alla vita – apriti alla vita – guarda… con il canale dell’anima”. Ossia: non osservare soltanto a livello visivo, guarda oltre, guarda con altri sensi, con il divino che è in te. Il – guardare – che non è guardare ma è sentire, percepire, toccare, ascoltare, inspirare, imprimere nella propria pelle e dentro di sé. Connettersi ad esso. Connettersi. Divenire un tutt’uno con il cosmo.

Invece siamo chiusi. Attappati da barriere e maschere e paure e condizionamenti ed etc, etc… e’ colpa del governo, delle religioni, della scuola, e bla.. bla… bla… è colpa di mamma e papà…

Infatti, all’interno di questa parabola, si può leggere anche un quesito che i discepoli pongono al loro Messia proprio per tradurre la simbologia di questo fenomeno: se io sono chiuso alla vita e non mi evolvo, non ne ho colpe; la colpa e’ della società!

Diamo quasi sempre colpa ai nostri genitori per tutto quello che ci accade. Diamo a loro la responsabilità di averci donato un codice genetico magari farlocco, in caso di malattie ereditarie, e implichiamo a loro l’errore di non averci dato sostegno nella vita, di averci tarpato le ali, di averci giudicato, di aver preteso troppo da noi, di averci giudicato male, etc… quello che siamo oggi è colpa o merito loro.

Se io mi sono sempre fatta mettere i piedi in testa dagli altri è perché i miei genitori non mi hanno mai permesso di farmi valere, dovevo umilmente accettare portando rispetto a chi era più grande di me e magari chiedere anche scusa perché la mia coscienza doveva essere linda e io potevo così permettermi di andare nella vita sempre a testa alta. Oggi, posso avercela con mio padre e mia madre in quanto, questo meccanismo, ha sviluppato negli anni, in me, uno stato di remissione che non mi ha mai permesso di ribellarmi alle situazioni spiacevoli ma, il fatto è che, ad avercela con loro sbaglio. Sto facendo l’errore più grande. Non mi sto guardando dentro.

Loro, vittime anch’esse di altri genitori, a loro volta figli e figli anche della paura, hanno semplicemente cercato di fare con me quello che ritenevano più giusto e sicuramente l’hanno fatto pure per il mio bene. Sbagliato o esatto che fosse. Sono io che erro nel rimanere aggrappata a queste situazioni senza evolvermi. Anzi, proprio perché conosco alla base lo stato dell’umiltà che mi è stato imposto, posso da lì partire per salire e crescere. Non sto giustificando nessuno, né i genitori, né i figli. Conosco genitori che non hanno diritto di essere chiamati tali, e conosco figli che non hanno mai avuto nessun rispetto per chi li ha messi al mondo, ma qui si trascende in altri discorsi. Ciò che intendo dire è semplicemente che bisogna staccarsi. Dividere bene quello che ci è stato insegnato (tanta manna qualsiasi cosa sia) e quello che in realtà siamo.

Né lui ha peccato né i suoi genitori, hanno colpe, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio – ecco cosa risponde Gesù ai suoi allievi.

… Cioè? La solita storiella che bisogna soffrire nella vita per poter essere vicini al Signore e che il Padre Nostro sta accanto ai deboli e agli invalidi anziché ai benestanti e ai gioiosi? Via, via tutte queste bazzecole. I nostri pensieri e le nostre emozioni inconsce, se dannose per il nostro spirito e per il nostro benessere più intrinseco (paura, rabbia, tristezza, fastidio… celate), si manifestano attraverso la malattia o attraverso accadimenti spiacevoli. La realtà è uno specchio. Se si emanano le frequenze dell’angoscia ci torneranno indietro attraverso esperienze angoscianti da vivere. Come diceva Einstein, questa è fisica e non filosofia. Apriti alla vita con: coraggio = senza paura, con serenità = senza rabbia, con gioia = senza tristezza, con pazienza = senza fastidio…

Le emozioni negative sono grandi amiche ed è giusto provarle e averle, ma non devono diventare i padroni delle nostre scelte. Dovremmo ascoltare di più la voce dell’anima che ci parla in continuazione ma noi non la sentiamo.

Abbiamo il potere di guarire sia noi stessi che gli altri, se non ci lasciassimo inquinare dal dubbio. Abbiamo il potere di ottenere tutto ciò che vorremmo, se non ci lasciassimo inquinare dal timore. Abbiamo il potere di rendere vera ogni nostra immaginazione se solo non considerassimo questa cosa impossibile. Ecco cosa significa riuscire a guarire, con del semplice fango e dello sputo, un cieco.

Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi. Ma sta sempre a noi scegliere da che parte schierarci – (Sirius/ragazzo-fenice)

Prosit!

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Salutari Prelibatezze: il Naan e… l’Adesso, il Padre Nostro e così sia.

Guarda cos’ho fatto! – mi disse mia madre un sabato pomeriggio in cui andai a trovarla e mi mise sotto al naso un piatto con dentro dei panetti tondi, pallidi pallidi al centro e un pò bruciacchiati ai lati.

Sembrano buoni… cosa sono? – chiesi

E’ il Naan – mi disse lei

Il che?! – credevo si fosse incantata a causa di un’accidentale immobilità della mandibola apertasi per la vocale. Lei iniziò la sua spiegazione e m’incuriosì parecchio.

Il Naan è un pane indiano, vale a dire un cibo nutriente, salutare ma anche molto semplice da preparare e davvero molto goloso.

Ho iniziato da poco a realizzarlo anch’io ( riuscendo persin meglio di mamma 😛 ) e, una volta ottenuta la ricetta base, mi diverto a farlo aggiungendo diversi sapori come lo Scalogno, la Verbena, l’Aglio, i Semi di Girasole e… la fantasia… qualsiasi ingrediente andrà più che bene. Naturalmente si parla infatti di un Naan, per così dire, rivisitato da me, quello originale non è proprio tale e quale ma vi assicuro che il mio piace tantissimo, che modesta…!

Quello che vi presento oggi è all’Origano (Origanum vulgare) e davvero ottimo.

Il Naan, conosciuto come un pane lievitato (in tanti usano il lievito di birra), è invece preparato da me completamente senza lievito, ma rimane ugualmente morbido e friabile e anche sufficientemente spesso da poter aprire come un panino e farcire come meglio si preferisce.

Con il termine Naan, si vuole intendere, in tutta l’Asia Centrale e nel Medio Oriente, qualsiasi tipo di pane azzimo, ossia appunto un pane, al quale non occorre lievitazione.

Con le dosi che vi scrivo in questo articolo, riuscirete a creare 8 panetti, più o meno del diametro di 12 cm circa, ma potrete farli anche più piccoli e più sottili e ottenerne 2 in più.

Gli ingredienti e la quantità:

– 300 gr di farina integrale

– 250 gr di yogurt bianco magro

– ½ cucchiaino da tè di bicarbonato

– 1 filo d’olio extra vergine d’oliva

– 3 pizzichi di sale

– 1 manciata dell’ingrediente che avete scelto. In questo caso l’Origano, dall’inconfondibile profumo fresco e aromatico, un vero toccasana naturale, con proprietà antiinfiammatorie, antisettiche e antispasmodiche e ricco di vitamine, sali minerali, calcio e potassio.

Mescolate e impastate bene il tutto.

Se l’impasto dovesse riuscirvi un po’ troppo asciutto, anche se vedrete che non sarà comunque molto morbido, nè appiccicoso, potrete aggiungere un goccio di latte a temperatura ambiente o tiepido. All’inverso, se troppo bagnato, aggiungete farina.

Una volta ottenuta una palla, dividetela in quattro parti e poi ognuna di queste parti ancora a metà, fino ad ottenere, come vi dicevo prima, 8 pezzetti di pasta che trasformerete in palline.

Le palline verranno poi schiacciate con le mani e le dita per assottigliarle e appiattirle, c’è anche chi usa il mattarello, ottenendo cerchi perfetti, ma io preferisco un risultato più rustico e meno preciso. E meno sottile anche. Pure l’occhio vuole la sua parte come in tutte le cose. Al mio, piacciono le imperfezioni.

Mettiamo a scaldare sul fuoco una padella che dev’essere molto molto e ancora molto antiaderente, così, senza l’utilizzo di olio o altro, potrete cuocere i vostri Naan senza che si attacchino. Il fuoco sarà vivace e la padella, prima di essere utilizzata dovrà essere bella calda.

Qualche minuto da una parte e qualche minuto dall’altra, a fuoco sempre bello vivo, ma non al massimo però o rischiate di bruciare il vostro capolavoro. I miei si gonfiano un poco, ad alcune persone diventano proprio come dei palloncini che poi si sgonfiano una volta tolti dalla padella. La cottura dovrete controllarla da voi perché dipende da vari fattori soprattutto dallo spessore del Naan e dalla potenza del fuoco. Io, il primo, l’ho praticamente distrutto per guardarlo dentro, assaggiarlo e capire quando era pronto. All’incirca, comunque, ci vanno 4-5 minuti per ogni piadina. Ovviamente potete farli cuocere anche più dei miei se vi piacciono più croccanti e più abbrustoliti, io però, li gradisco morbidi e teneri.

Potrete farne quanti ne vorrete, conservarli è facilissimo, basta metterli nel congelatore e, all’occorrenza, farli scongelare e riscaldare o nel microonde o sulla piastra elettrica. Anche in padella andrà benissimo. Rimarranno un po’ più croccanti fuori e soffici dentro. Se invece li lasciate diventare secchi, nella credenza, potrete sempre consumarli nel latte, nel tè o nel caffè, o persino nella minestra, come dei crostini, sarà come intingere del pane e a me piace molto. Non si spreca nulla.

Il vero Naan, che non prevede l’aggiunta di un ulteriore sapore, è meno gustoso seppur buonissimo mentre, con l’aggiunta del gusto che più preferite, diventa davvero goloso da mangiare come una focaccia o un trancio di pizza e da dare anche ai bambini per merenda a scuola. Comodo e genuino.

Vi sto descrivendo la ricetta per fare quello che viene chiamato Naan salato ma potete fare il Naan anche dolce mettendo lo zucchero (vi consiglio di canna) al posto del sale e cospargendo poi la vostra creazione di ulteriore zucchero, magari a velo, farcendolo poi con del cioccolato o della marmellata, del miele o del malto. Una squisitezza.

Il pane è considerato da sempre il cibo più povero e più genuino tra tutti. E’ anche sicuramente quello più indispensabile, che accompagna i nostri piatti dai tempi più antichi e piace davvero a chiunque. Di tipi di pane ce ne sono migliaia ed è sicuramente l’alimento più umile che si conosca.

– Padre nostro… Dacci oggi il nostro pane quotidiano… –

Recita quella che si può considerare la preghiera più famosa della religione cattolica. Cosa significa? Che ci venga data anche oggi sussistenza? Che possiamo anche oggi sfamarci?

Questa preghiera venne insegnata, secondo alcune fonti, da Gesù ai propri discepoli con l’intento di usarla come strumento per avvicinare gli uomini a Dio, al Padre, vale a dire all’Assoluto (nostro). Un dono che spetta a ciascuno di noi. Un dono che abbiamo già dentro. Il poter vivere in un continuo stato di entusiasmo, in connessione con il Divino che trattasi di modo d’essere in amore e gioia.

Il pane, tradotto in questo termine, vista l’utilità ovvia e giornaliera già da quell’epoca, e probabilmente per molti anche unica fonte di sostentamento, è pari alle necessità che si percepiscono durante la vita ma, soprattutto, durante il presente, l’adesso. Quel preciso momento. Quotidiano. Ciò significa ricevere la possibilità di soddisfacimento per tali bisogni e imparare a vivere poi senza di essi. Un Dio, ciò che noi tutti siamo fondamentalmente, non ha bisogni. Non dovrebbe averne. Vive e basta, godendosi la magia di questa grandissima e complessa avventura che è la vita. Ciò significa anche che, proprio nella sua quotidianità, non occorre pensare ai bisogni del passato, a ciò che ci serviva ieri o un anno fa, sono tempi che non esistono più, sono il nulla, serve focalizzarsi solo sul presente, sul Qui e Ora, e solo in quel momento si può vivere la meravigliosa sensazione e comprensione che, in quel preciso attimo, non si ha esigenza di niente. Tutto è perfetto, in connessione con l’Energia Universale. Tutto esiste. E vive.

…dacci oggi il nostro pane quotidiano… – vale a dire regalaci la capacità di entrare, essere e rimanere in presenza. Nel nostro Sé Superiore. In quella dimensione nella quale possiamo vivere per quello che siamo realmente, e non soltanto come dei corpi con una ragione.

Che sia quindi un buon… pane quotidiano

Non mi rimane altro che augurarvi buon appetito perchè un’alimentazione sana può essere anche davvero molto gustosa. Il profumo c’è, il sapore anche.

Prosit!