Quel pazzo di Hamer

E’ piccolo il libro di Giorgio Mambretti e Jean Séraphin intitolato “LA MEDICINA SOTTOSOPRA”. Appena 117 pagine e forse, per i primi approcci a tali argomenti, bastano e avanzano.

E’ un libro che parla di un modo nuovo, totalmente nuovo, di guardare una malattia o un malessere.

E’ un libro che trasforma persino il termine che ho appena citato. “Malattia” diventa “Benattia” andando a scardinare alcune memorie arcaiche che ci appartengono. Perché si sa, sono proprio loro, le memorie, a  creare tutto in noi. Sono i pensieri, consci e inconsci, a formarci.

L’uomo è quello che mangia! – diceva Ludwig Andreas Feuerbach, filosofo tedesco copiato poi da Naboru Muramoto nel suo libro “IL MEDICO DI SE STESSO”. Frase che ho sempre condiviso. Ma mia madre aggiungeva anche – L’uomo è quello che mangia… e anche quello che pensa! – e mica solo lei lo diceva. Tutti i più grandi maestri del passato, spirituali e di scienza, di fama mondiale, lo hanno detto conoscendo bene la Legge vibrazionale di Risonanza. La proiezione materiale del nostro pensiero.

“LA MEDICINA SOTTOSOPRA” è un libro che parla di un medico. Una figura ambigua lo si potrebbe definire. Per molti un ciarlatano radiato dall’albo, per altri un salvatore: si tratta di quel pazzo di Ryke Geerd Hamer.

Chi mi segue da tempo sa bene che non ho mai avuto intenzione di giudicare all’interno dei miei scritti, ne’ di schierarmi verso un movimento piuttosto che un altro. Mi piace semplicemente riportare, accendere luci e dire il mio parere. Quindi, senza lasciarvi troppo sulle spine, vi dico subito che a Hamer credo. Non m’interessa credere in lui come persona, può aver fatto la qualunque. Non mi interessa nemmeno credere in Gesù, il quale potrebbe anche non essere mai esistito in carne e ossa. Accolgo semplicemente un messaggio e provo a conoscerlo. Se mi rendo conto che può essere un buon insegnamento lo faccio mio. Lo metto in pratica.

Ma qual è il messaggio di questo amato e detestato medico?

Hamer nato a Mettmann nel 1935 e morto a Sandefjord nel 2017 dopo una vita di condanne, fughe, giorni passati in carcere e chi più ne ha più ne metta, ha cercato di dare un volto nuovo alla malattia e alla Medicina stessa. Quella occidentale soprattutto. In realtà non ha scoperto niente di nuovo ma andiamo con ordine… Si è anche prodigato nel dare soluzioni utili a chi ne aveva bisogno. Si possono tranquillamente leggere, su molti siti, gli strambi rimedi di ortica e ricotta che forniva a gravi malati di cancro… E già… su molti siti ma non su tutti.

Ad una più attenta supervisione e tralasciando le soluzioni considerate “barbine” dell’impavido medico, si può notare bene come il focus andrebbe fatto sul suo modo di osservare la malattia. Hamer infatti sosteneva che la malattia non è solo la realizzazione di un colpo di sfortuna o una disavventura genetica, bensì un conflitto interno non risolto che si manifesta attraverso un malessere del corpo più o meno gravemente. 

Questo tema è ben conosciuto dalla biologa e psicoterapeuta Claudia Rainville, madre della Metamedicina, e dall’insegnante Louise L. Hay. Vi consiglio di leggere tutti i loro libri.

Conflitti interni non risolti… beh, perbacco, questo è interessante. E se serbasse in sé una verità? Una verità che diventa – mia – non più di Hamer, cioè che dona – a me – una sorta di insegnamento.

In pratica, mi stanno dicendo che se soffro di Sinusite (come ho anche già scritto) non è solo perché ho preso freddo. In effetti tutti prendono freddo e no, non è ereditaria. Infatti sono l’unica in famiglia a soffrirne. E’ perché in realtà, sono vittima di una situazione/persona che non sopporto ma sono obbligata a tollerare. Tant’è che posso soffrire di questo disturbo per due o tre anni nella mia vita ma né prima ne’ dopo ne ho sofferto o ne soffro. La cosa inizia a farsi interessante.

Da dove nasce tutto questo? Nei nostri tempi recenti (in quanto dopo aver fatto, per anni, lunghe ricerche ho scoperto che certe teorie erano già più che approvate in luoghi, popoli e tempi antichi; per questo dico che Hamer, in realtà, non ha scoperto nulla di nuovo) nasce proprio da un evento che il dottor Hamer ha subito e gli ha cambiato la vita in tutti i sensi.

Il figlio di Hamer, il diciannovenne Dirk Hamer, venne colpito ad una gamba da un colpo di fucile sparato a quanto pare (ma il “quanto pare” si potrebbe tranquillamente togliere) dal Principe Vittorio Emanuele di Savoia da una piccola barca al largo dell’Isola Cavallo in Corsica. Vittorio Emanuele, che al momento del fatto era ubriaco, ha sparato diversi colpi contro alcuni suoi ospiti accusandoli di avergli rubato un gommone. Uno di questi colpi, sparati alla rinfusa, penetrò la gamba di Dirk che in seguito andrà in gangrena. Dopo un calvario durato circa quattro mesi, vari interventi, emorragie e infezioni che non guarivano, il giovane ragazzo morì lasciando un profondo dolore nel cuore dei suoi genitori e i suoi tre fratelli. Come a voler rincarare la dose di angoscia, pare anche che il Principe Vittorio Emanuele, dopo essere stato assolto a processo per mancanza di prove (era il 1978 e venne condannato solo per porto abusivo di armi, quindi la sua pena fu lieve) si sia persino vantato con un amico di averla “fatta franca”. Un po’ come a dire “oltre al danno, la beffa”. Tutto questo causò nel dottor Hamer un rancore così grande, una così forte rabbia, una così intensa voglia di vendetta che poco dopo gli diagnosticarono un tumore (un carcinoma) ad un testicolo. Anche la moglie di Hamer, Sigrid Oldenburg si ammalò di cancro e morì poco dopo.

Un momento del processo a carico di Vittorio Emanuele di Savoia accusato di omicidio volontario del giovane tedesco Dirk Hamer, Parigi, 1991. ANSA

Questa nuova visione della malattia citata in dottrine come la Psicosomatica, spiega che il tumore viene formato dal rancore. Colui che è rancoroso, non è da vedere come una persona – cattiva – come i nostri schemi mentali ci insegnano. Provare rancore significa anche, semplicemente, avere rimpianti, rimorsi, sopportare in continuazione situazioni che ci provocano profonda insofferenza e sentirci impossibilitati a cambiare le cose… Anche la persona più buona del mondo può provare rancore, magari proprio per se stessa, perché ogni mattina si guarda e non si piace, perché viene trattata come uno zerbino, perché non riesce a reagire, perché non è riuscita ad avverare i suoi sogni… Oppure, ovviamente, si può provare rancore nei confronti di un fatto particolarmente triste che ci è accaduto nella vita. Si può provare rancore inconscio verso un genitore dal quale si desiderava solo amore, si può provare rancore verso un Governo vessatore, verso un lavoro che non ci piace ma dobbiamo fare per poter vivere, mantenerci. La mancanza di una persona cara come un figlio, la non-accettazione di quella perdita e soprattutto il modo in cui quella perdita è avvenuta, può farci provare senso di rivalsa, sofferenza, ingiustizia, collera… sono tutte emozioni che vanno a nutrire il rancore, un sentimento più sopito, più profondo e nascondo, difficile da riconoscere ma assai grande e potente.

Ragionando, il dottor Hamer, ha iniziato a farsi delle domande. Non poteva lasciare i tre figli rimasti senza un fratello e ora senza nemmeno la madre. Non poteva morire anche lui. Doveva a tutti i costi far qualcosa. Doveva guarire. Suo padre, Heinrich Hamer, Pastore Protestante, lo introdusse a studi spirituali e, infatti, Hamer, oltre ad essere un medico era anche un teologo. Iniziò a mettere insieme le sue conoscenze, ad unire, anziché dividere, la scienza dalla spiritualità in un tutt’uno. Lui… era un tutt’uno.

Era proprio dai suoi testicoli che Dirk aveva preso vita. I testicoli simboleggiavano, senza ombra di dubbio, la sua paternità verso quel figlio perduto. Un figlio che, Hamer, non era stato in grado si proteggere secondo il suo – senso di colpa -. I testicoli sono l’emblema del maschio, del creatore, della forza, della protezione, dell’azione, di tutto quello che è maschile. E’ in loro che si forma il testosterone.

Claudia Rainville spiega che un problema ai testicoli può indicare un disturbato vissuto della propria mascolinità oppure una tristezza profonda nei confronti della propria paternità. Il senso di colpa nei confronti di un figlio, che può nascere per svariati motivi, può essere così forte da provare inconsciamente il desiderio di autodistruggerci. Addizionando a questo, come in tale caso, la tristezza incredibile per la grave perdita, tutto ciò diventa un conflitto massiccio dentro di noi, o meglio, dentro un padre. Un nodo duro, doloroso: il tumore.

Convincendosi sempre di più che il suo problema ai testicoli derivasse dal dramma vissuto, Hamer, capì presto che doveva ribaltare dentro di lui la situazione, ossia le emozioni provate. Se a far nascere il tumore furono emozioni di rancore, senso di colpa, vendetta, rabbia, frustrazione, etc… doveva allenarsi a provare l’esatto contrario. Doveva prima di tutto perdonarsi. Amare. Amare qualunque cosa. Amare persino la vicenda stessa. Doveva trasformare l’ingiustizia in giustizia sacra, la vendetta in perdono (per-dono, fare un dono a se stesso) la rabbia in pace, la sofferenza in accettazione. Doveva farlo per lui e per i suoi figli ma… col tempo, dopo aver visto che tutto questo funzionò, decise di farlo per l’intera umanità. Passando questo messaggio al mondo.

Le sue teorie, nonostante lo fecero guarire dal tumore, non avevano però alcuna valenza scientifica e vennero considerate pericolose dalla medicina. Si addebitano ad Hamer centinaia di morti. La scienza calcò pesantemente la mano con – …centinaia di morti innocenti che avrebbero potuto guarire se non si fossero affidati al metodo di Hamer… -. Elenca un bel numero di queste morti ma non le guarigioni, perché anche quelle ci sono state. Ne descrive solo i buffi rimedi e quant’altro.

In altri luoghi, però, si può notare come la casistica di guarigione di malattie considerate degenerative sia stata così impressionante da far vacillare gli edifici della Sanità.

Hamer ha fatto errori? Sicuramente! Ha detto cavolate? Sicuramente! Ma ha anche esposto un concetto.

Hamer spiega, come a livello di tensione o rilassamento della fase simpaticotonica o vagotonica del neoencefalo e del paleoencefalo, ci può essere un’evoluzione o una riparazione del conflitto.

Ricordate quando vi parlai del fatto che siamo formati da ormoni? Gli ormoni, o i neurotrasmettitori, vengono secersi dalle nostre ghiandole in base alle emozioni provate e vanno nel sangue, il quale va a nutrire tutto il nostro corpo. In base a cosa contiene il sangue nutrirà di conseguenza i nostri organi, le nostre arterie, tutto. Vi ricordate anche di quando vi dissi che emozioni negative “induriscono” (tensione) persino le molecole del nostro DNA che resta quindi compresso? Ecco, per Hamer, sarei stata una buona allieva.

Ma questo non mi interessa. Non mi interessa pendere dalle sue labbra, ne tantomeno pensare a lui come a un Dio che non sbaglia mai. Sono dotata di una testa e la uso, almeno dove riesco. Una cosa però è inequivocabile: ha fatto tutto questo per salvare se stesso e gli altri. Ha cercato di espandere questo insegnamento. Pensate davvero che lo abbia fatto per avere morti sulla coscienza? Per avere fama? Quella fama che lo ha obbligato a scappare, a nascondersi, a passare giorni in carcere, ad essere additato come un impostore? Un mistificatore? A non poter più svolgere la sua professione? Può anche essere… D’altronde, Oscar Wilde diceva – Di me… Parlarne bene o parlarne male non importa, purché se ne parli -.

Ho messo alla prova le teorie di Hamer su me stessa. Con il mio corpo. Mi occupo di Alchimia Interiore, per cui, il suo insegnamento è stato condito anche da altre arti che conosco e pensare di poter guarire attraverso un metodo più energetico o spirituale che dir si voglia beh… è possibile. Ci sono stati momenti in cui ho dovuto ricorrere, come aiuto, ai metodi della nostra medicina, che ho sempre ringraziato nei miei articoli precedenti. E’ normale. Non si può pretendere di arrivare a fare un lavoro così eroico dall’oggi al domani. Non si può pensare di riuscire a conoscere il nostro subconscio nel giro di due giorni. La paura stessa, nei confronti di quella malattia che ci ha fatti vittime, ci blocca, nonostante la nostra fermezza di voler procedere in tal senso. Sono le nostre memorie e sono più potenti di noi, ci conoscono da quando siamo nati.

Ciò che è importante fare è avere un interessamento verso questo modo di osservare il disturbo perché, quantomeno, si può migliorare di moltissimo:

1) si possono prendere meno farmaci

2) si può guarire a monte e non a valle, dalla sorgente… e quindi sradicare quel conflitto in modo che il malessere non arrivi più, anziché farlo tornare di tanto in tanto (secondo di che malessere si tratta)

Sciogliere il conflitto, in pratica, evitando così di secernere in continuazione determinati ormoni visti i traumi subiti in passato.

Quella che noi chiamiamo – malattia – è un rimedio che il cervello fa entrare in azione attraverso un programma biologico per la sopravvivenza dell’individuo. Il cervello non fa differenza tra un qualcosa di reale e un qualcosa di immaginario. Se continui a dire frasi come – Questa situazione non la digerisco! Questa cosa mi è rimasta sullo stomaco! Quella persona non la mando giù! – e provi davvero questi stati d’animo, ecco che il tuo cervello cercherà il modo di secernere nel tuo stomaco più acidi, come l’acido cloridrico che ha un potere digestivo molto potente, per poterti permettere di digerire. Da qui, tutta questa emissione di sostanze acide, possono far insorgere: bruciori di stomaco, cellule tumorali, ulcere.

Continuare a prendere il Gaviscon o il Maalox (ringraziamone l’efficacia in caso di bisogno, per carità) ti aiuta ma non risolve il conflitto alla radice. Era infine questo il messaggio di Hamer, le soluzioni che il tuo cervello realizza. Messaggi… come vengono chiamati dalla Rainville in “OGNI SINTOMO E’ UN MESSAGGIO”, un suo bellissimo libro.

Photo ansa.it – nuovamedicinadotthamer – lhongtortai.com – redaccionmédica – medicinaonline.com – altroconsumo.it – fisicaquantistica.it – karmanews.it – corriere.it – leviedellaguarigione.it

ERNIA DISCALE: unica soluzione – intervento chirurgico -, ma forse ci sono altri rimedi – parte 1°

Dividerò questo articolo in 4 post, pubblicandoli di seguito, in quanto è un discorso lungo e complesso

donnaallamoda.it

Luglio 2016 – la mia Ernia Discale avrebbe compiuto due anni.

Avrebbe, ma non essendoci più non li compie.

In realtà, non è che non c’è più del tutto, ossia, fisiologicamente è sparita, i medici dicono che un’Ernia dopo un po’ di tempo si riassorbe, ed è vero, ma è come se rimanesse asciutta e sottile, sempre lì, tra le due vertebre, affacciata alla finestra come una donzella che aspetta il suo amato pronta a sporgersi dal davanzale appena lo vede arrivare da lontano.

Ah! Sembra una splendida storia d’amore, e un po’ lo è, ma credetemi che porta tanta di quella sofferenza che “Uccelli di Rovo”, a confronto, gli fa un baffo.

Insomma, parliamo seriamente. Come già vi avevo spiegato qui https://prositvita.wordpress.com/2016/01/28/il-mio-mal-di-schiena-e-la-mia-camminata-nordica/ , una bella mattina di due anni fa, mi svegliai per andare a lavorare. Ai tempi facevo l’Estetista in un mio centro, professione che ora ho abbandonato per dedicarmi alle tecniche che studio e mi affascinano e poter aiutare chi soffre più da un punto di vista intrinseco che estetico.

Come misi il piede giù dal letto sentii come un pugnale conficcarsi nelle vertebre della schiena (zona L4 – L5 – S1) senza pietà. Inutile dire che ho sentito un dolore che non auguro nemmeno al mio peggior nemico. Per farla breve, alcuni di voi già lo sanno: due mesi immobile nel letto, lesione del nervo che percorre la gamba dx, mancanza di sensibilità nella zona tibiale della gamba, crampi e dolore continuo sul dorso del piede dx, per non parlare del male alla zona lombare, ovviamente, che non mi permetteva neanche di respirare.

Non so dirvi quanto cortisone feci ma posso assicurarvi che il mio sedere è ancora oggi abbattuto dalle innumerevoli penetrazioni degli aghi. Mi gonfiai come un pallone a causa dei medicinali tra i quali, oltre al cortisone, antidolorifici, distensori muscolari, dei nervi, etc… che mi procuravano un tremore generale soprattutto alle mani.

Quando riuscii a muovermi, cioè a settembre, inizia la fisioterapia in palestra, e andai a fare l’ennesima visita medica, quella che avrebbe stabilito com’ero conciata dopo aver subito ciò che avevo subito.

Il medico che mi visitò, in un ospedale molto rinomato della mia regione, mi disse che dovevo assolutamente farmi operare. Non c’erano altre soluzioni e mi diede della sciocca quando mi rifiutai. Lo compresi. Fu allora che gli chiesi di darmi solo un po’ di tempo e lui accettò dicendomi che ci saremmo rivisti in sala operatoria in breve tempo. Stava facendo il suo lavoro, e per questo lo ringrazio, ma andai a casa e dissi tra me e me che – No, la mia schiena non sarebbe stata aperta da un bisturi -. Fu la paura a farmi parlare così non la medicina o l’egregio lavoro di un chirurgo. Avevo il terrore dell’intervento e dovevo assolutamente evitarlo nonostante sia un’operazione di routine che esce sempre bene e dura poco tempo, voglio tranquillizzarvi. Sono io che sono bisturi-fobica.

Andai a casa e, quella notte, mentre mio figlio e mio marito dormivano, inizia a piangere sconsolata, impaurita e maledicendo quel dolore che comunque, nonostante fossero passati due mesi, ancora si faceva sentire, ancora non mi aveva lasciata del tutto.

Gliene dissi di tutti i colori, lo maledii, maledii quell’Ernia che mi stava invalidando e stava per condurmi su un freddo tavolo d’acciaio per farmi tagliare la schiena…, il mio corpo…. no…. no….

Mi alzai, non riuscivo a trattenere le lacrime ma non volevo svegliare mio marito con i miei lamenti che, poveretto, aveva anche lui passato due mesi d’inferno a causa della mia immobilità. Non gli avrebbe fatto bene vedermi ora, dopo quel tempo, ora che stavo meglio, piangere come una bambina.

Mi diressi in sala, davanti alla mia amata libreria, lo feci automaticamente, senza volerlo, penso che qualcosa mi ci condusse e, con lo sguardo appannato dalle lacrime, guardai tutti i miei libri come un automa continuando a piangere. Ho una sezione dedicata ai temi che tratto, pratiche alternative, crescita personale, etc, etc, tutti ordinati e pronti all’occorrenza. Ne ho tanti, e alcuni persino non letti, che mio marito mi regala a Natale o al mio compleanno (in gran quantità) ma che non riesco a leggere o, per mancanza di tempo, o perché in quel momento non trovo interessanti.

Notai come uno di questi libri sporgeva molto più degli altri. Era quasi sul bordo della mensola, veniva in fuori di parecchio e stonava tra tutti i suoi simili posizionati ordinatamente sullo scaffale. Allungai una mano per spingerlo in dentro, allineandolo con gli altri, e fu in quel mentre che qualcosa di inspiegabile mi obbligò ad osservare bene quel libro e leggerne il titolo “LA GUARIGIONE E’ DEI PAZIENTI” di Maria Gabriella Bardelli – con la mappa di Hamer e l’ascolto di Claudia Rainville -*.

Hamer? Claudia Rainville? Santo cielo! Li conoscevo più che bene!

– Ma da quando ho questo libro? – mi chiesi. Quel titolo mi fece trasalire, nel mio cervello e nel mio cuore fu come un boom assordante “….la guarigione è nei pazienti…”. Smisi di piangere e andai a coricarmi con quel tesoro tra le mani. Lessi tutta la notte fino ad arrivare alla storia di una donna, una certa Elena, di anni 35, con un forte dolore nella zona lombo-sacrale. – Sono io! – esclamai.

Lessi con attenzione ma non capii subito, rilessi, studiai, m’immedesimai e…. ma certo, ecco la conclusione! Era difficile da mettere in pratica ora, ma teoricamente l’avevo capita.

Tutto nasceva prevalentemente da un problema di svalutazione e dal non sapersi imporre nella vita. Inoltre, la mia Ernia, era fuoriuscita dal lato sx della schiena e poteva aver a che vedere con mia madre, con la mia femminilità, con parenti o amiche femmine nonostante mi avesse poi compromesso la gamba dx: padre, figlio, marito, amico… mmhmm… avrei dovuto lavorare davvero molto, il tutto si stava dimostrando complesso ma iniziai immediatamente. Se non capite di cosa sto parlando leggete anche quest’altro mio articolo https://prositvita.wordpress.com/2015/08/20/la-destra-e-la-sinistra-il-padre-e-la-madre/

Mi fermo qui ma pubblicherò presto il secondo post nel quale spiegherò dettagliatamente quello che ho fatto per guarire non dall’Ernia, che è solo una conseguenza, ma da tutto quello che mi aveva causato l’Ernia. Ossia andrò alla sorgente del mio dolore affinchè non venga più a trovarmi. Ho imparato la lezione! Grazie!

Prosit!

* Se non si conoscono prima le tecniche del Dott. Hamer e della Dott.ssa Rainville questo libro purtroppo è difficile da comprendere ma può condurre ad una nuova filosofia che porta a conclusioni inaspettate e incredibili nonché può incuriosire sul l’istruirsi in nuove materie.

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