L’Insofferenza si vede sulla pelle

Sulla pelle e non solo…

L’insofferenza è provocata da quei fastidi che spesso mandiamo giù senza renderci conto del male che ci stiamo facendo.

Venite con me, oggi entreremo (letteralmente) nel mondo di questi fastidi che sopportiamo di continuo e che da qualche parte devono poi ben uscire.

Si tratta di entrare davvero in un mondo, in quanto entreremo dentro di noi, attraverso una storia vera che voglio raccontarvi.

C. e D. sono una coppia di miei amici sulla cinquantina che da quasi un anno convivono. Sono andati a convivere praticamente subito dopo essersi messi insieme. Sappiamo tutti che, all’inizio, una storia è “rosa e fiori” mentre, col tempo, può nascere qualche problemino. Problemini che, nel loro caso, si sono rivelati veri e propri drammi per il loro rapporto.

Alcuni meccanismi malsani, non aggiustati in precedenza, sono divenuti seri problemi. Tralasciando quelle che all’inizio erano piccole “pietruzze” si sono ritrovati con delle enormi montagne davanti da dover affrontare, ed era per entrambi un lavoro troppo faticoso… non sapevano nemmeno da che parte cominciare.

Ok, ma non sono qui a parlare della loro “crisi matrimoniale” bensì di eventi curiosi accaduti fuori e dentro al corpo soprattutto di C.

C. è un uomo buono, paziente, farebbe qualsiasi cosa per D. che, dal canto suo, è una donna fantastica e vuole molto bene a C. Entrambi però hanno, per così dire, problemi di – comunicazione -.

Inoltre, la pazienza di C., non è la pazienza sacra e alchemica dell’accettazione ma è una insofferenza mista a rassegnazione. Per niente sana.

C. pur di non perdere D. (demone dell’attaccamento) ha sempre sopportato la qualunque da parte della sua partner (oddio… non che lei facesse cose gravi ma magari fastidiose per l’altro, è umano, capita…) fino ad arrivare a sopportare persino le sfuriate dell’ultimo periodo che lei, totalmente incollerita da un’ira repressa (demone della rabbia) aveva deciso ora di riversare su di lui. Gli buttava addosso tutto quello che, in un anno, non gli aveva mai detto.

D., invece, dal canto suo, avrebbe preferito che C. parlasse quando qualcosa andava risolto ma non c’era verso di fargli aprir bocca a quell’uomo.

Va bene, sono cose che possono accadere in un rapporto di coppia. Tutto è bene quel che finisce bene e pare che i due abbiano ora trovato un metodo per evitare in futuro frustrazioni sciocche e parlare liberamente… che non c’è cosa più bella.

Interessante è stato vedere come a C. il corpo provò a comunicare (visto che stiamo toccando l’argomento “comunicazione”) in tutte le maniere possibili.

Dapprima iniziò a perdere parecchi capelli. Strano, non gli era mai successo. Inoltre eravamo all’inizio dell’estate, non in autunno, quando i nostri nonni dicevano “cadono le foglie, cadono le castagne e cadono anche i capelli”. Cos’era diventato? Un gatto che eliminava il sottopelo?

Poi, il suo corpo ha iniziato a riempirsi di brufoli (manifestazioni di rabbia) soprattutto nelle cosce (simbolo di potere). Le gambe rappresentano il nostro avanzare nella vita. Nello specifico, le cosce, simboleggiano il potere che abbiamo nell’andare avanti in una situazione della nostra vita.

Aveva anche prurito sparso, qua e là, soprattutto nella testa e agli arti (classica espressione di fastidio). La testa corrisponde alla Mente, la sede nella quale elaboriamo i pensieri consci o immagazziniamo quelli inconsci.

“Sarà il caldo” pensavano entrambi.

E’ vero. Il caldo di certo aumenta queste manifestazioni. La fermentazione all’interno del nostro organismo aumenta e ci possono essere sfoghi esterni. E’ molto utile controllare anche l’alimentazione.

Quando il caldo è opprimente siamo anche più deboli, meno energici e tutto fa. Ma basarsi soltanto sul caldo, peraltro in un momento così significativo ed evidente del loro rapporto, vuol dire avere una visione troppo superficiale.

Finchè iniziò ad andare di dissenteria, praticamente due o tre volte al giorno. La dissenteria, come già avevo raccontato, significa voler espellere velocemente da dentro di noi quello che mal sopportiamo.

“Sarà un virus intestinale”. Si cerca sempre un motivo esterno, raramente ci si guarda dentro.

Infine, comparvero delle bolle rosse (sempre rabbia) dei grossi ponfi sul pettorale sinistro (cuore) e sulle braccia (che indicano il modo in cui afferriamo la vita o una situazione).

“Sarò allergico a qualcosa”.

Iniziò persino a lacrimargli un occhio (un classico: la tristezza). Ovvio, a vivere così mica si può essere felici?! L’occhio sinistro per giunta! Ma che caso! Guarda che coincidenza… la parte sinistra è legata alla femminilità che chiunque possiede al suo interno, sia uomo che donna, o è correlata a qualcuno di femminile nella nostra vita: madre, compagna, figlia, collega, etc…

Non andarono dal medico perché, fondamentalmente, C. non stava male. Aveva queste manifestazioni corporee ma, tutto sommato, si sentiva bene (ovvio, non era malato). E’ anche, per sua natura, un uomo dinamico e sportivo.

Alla fine però D. mi chiamò, in verità voleva anche raccontarmi altre cose di sua figlia.

Le dissi che operare unicamente sul fisico di C. era poco utile secondo me e poi io non sono un medico. Posso dare dei consigli ma mai mi permetterei di svolgere un lavoro che non è il mio. Cosa invece le consigliai di fare e anche “presto e bene”, fu di rivedere il suo rapporto con C. dall’inizio e dall’interno.

Lei è più forte di lui e, da diversi anni, pratica filosofie in grado di aiutarla nonostante la rabbia che ha nascosto per diversi mesi in questa relazione.

C., invece, totalmente inconsapevole, solo e debole, non aveva aiuti da quel punto di vista. D. era il suo pilastro.

Feci a lei vedere la situazione attraverso i miei occhi, esterni al loro rapporto. A volte una visuale non coinvolta può essere utile e decise infatti di agire immediatamente capendo che, con un po’ di impegno, la situazione era ancora risolvibile. Anche perché non meritavano nessuno dei due di vivere in quella maniera solo per alcuni demoni che avevano dentro. In fondo, si amavano ed erano (sono) proprio carini assieme.

D. iniziò a vedere tutta la situazione da un altro lato, anzi, dall’alto, e s’impegnò a fare sia per lei che accompagnare lui. Come per magia, la loro storia, dopo qualche giorno iniziò a prendere una piega completamente diversa. C. iniziò a parlare (cosa che D. desiderava ardentemente) e lei iniziò a percepire una pace dentro che le conferiva il potere di continuare in questa missione che aveva deciso di intraprendere, per il bene della sua storia d’amore. Una pace che ha anche indebolito quella rabbia celata.

Passò una settimana e così, proprio come erano arrivati, sparirono tutti i fastidi dal corpo di C. Nessun brufolo sulla sua pelle, iniziò ad andare in bagno normalmente, i capelli non cadevano più nel lavandino e sparirono anche le bolle. Eppure le temperature erano sempre le stesse, soffocanti. Un caldo torrido non lasciava quiete alle persone. E la sua alimentazione, anche, era sempre la stessa!

Erano sereni. Ricordo che lui guardava lei ridere con aria interrogativa, come a dire “Ma è vero? Fino a ieri avesse potuto mi avrebbe mangiato vivo…!”.

Il mio consiglio è quello di non soffermarsi solo sui classici schemi mentali che abbiamo. Il caldo, il freddo, il lavoro, etc… seppur assolutamente importantissimi e da migliorare se possibile. Serve anche guardare dentro di noi. Il nostro fisico può sopportare più di quello che crediamo se è accompagnato da una buona ed equilibrata emissione di ormoni. La maggior parte di ormoni o neurotrasmettitori che le nostre ghiandole secernono sono soprattutto emessi a causa delle emozioni che proviamo.

Finchè continuiamo a dare la colpa all’esterno non potremo mai fare nulla per migliorare la nostra situazione! Se diamo solo colpa all’afa estiva, ci auto-obblighiamo a sopportare ulteriormente nell’attesa che arrivi settembre , fino a quel momento, la nostra parola d’ordine sarà: sofferenza. Siamo vittime, tronchi in balia delle onde… no! Siamo anche creatori.

Segnali dati da sfoghi cutanei, dissenteria, vomito, lacrimazione, prurito, starnuti, bruciori di stomaco… di norma indicano fastidi provati e repressi. Mal digeriti. Se si riesce a sciogliere i nodi che queste intolleranze causano dentro di noi, si sta decisamente meglio. Senza questi “grumi” tutto fluisce, così come il nostro benessere. Proviamo a lavorare sui fastidi che percepiamo. Riconosciamoli. Non soffermiamoci davanti ad un sospiro di sopportazione e via…!

La nostra natura intrinseca non accetta un semplice sospiro, vuole liberarsi da quello che la fa sentire legata. E questo vale anche per gli allergici pur essendo un discorso più ampio ma, se servisse a qualcuno, questo mio post di un po’ di tempo fa forse può tornare utile https://meginvestigatriceliminale.com/2015/04/03/guardare-le-allergie-e-le-intolleranze-da-un-altro-punto-di-vista/

Buona osservazione a chi non vuole più sopportare.

Photo: nonsprecare.it – allergologo.net – caffeina magazine – ilcorpoinmente – corriere.it – vegolosi.it – azzurro.it – pinterest

Un sogno che è divenuto realtà

E’ da molto tempo che non scrivo più qui.

Qui, su questo mio adorato diario che mi è mancato molto.

Ricominciare con un titolo come questo mi fa davvero piacere…

Non sono però rimasta senza fare nulla nel mentre, mi scuso anche con chi ha atteso delle mie risposte e non le ha ricevute (spero pian piano di riprendere anche con le mail) gli impegni sono stati tanti, molte le avventure che ho vissuto, i significativi cambiamenti di questa mia vita terrena, il movimento naturale e perpetuo delle cose che, a tratti, mi ha benevolmente travolta. Non ho però mai abbandonato ciò che qui, per anni, ho scritto e riportato anzi… ho continuato a trasmettere il mio modo di vedere il mondo in maniera ancora più dettagliata, iniziando persino a insegnarlo ad altri. A insegnarlo fisicamente.

Ho parlato ancora più approfonditamente di Alchimia Trasmutativa, di Natura, di Crescita, di Spiritualità con il semplice scopo di far capire agli altri che, a volte, è possibile tirare un sospiro di sollievo. Che non si può soltanto – sopravvivere – ma possiamo goderci anche il – vivere – se qualcuno ci insegna come fare. Perché, alla fine, il problema è solo questo.

Direttamente o indirettamente, da quando nasciamo, ci vengono passati messaggi che incameriamo e facciamo nostri. Diventano le nostre arcaiche memorie. Saranno i mattoncini con i quali costruiremo la nostra esistenza. Se questi messaggi sono di giudizio, paura, sofferenza, biasimo, preoccupazione… la nostra vita avrà questi condimenti. E’ importante disinnescare certi messaggi/meccanismi e crearne dei nuovi, attraverso un lavoro molto impegnativo, che gli antichi definivano “eroico” ma fattibile.

Dove compio tutto questo? All’interno di un mio sogno che oggi sogno non è più. Oggi si chiama realtà. Una realtà che ha persino un nome proprio: MagMel.

MagMel è la mia Scuola di DISCIPLINE ESOTERICHE E INTERIORI.

Una vera e propria Scuola che ho potuto realizzare grazie a tantissimi doni che sono riuscita ad attrarre a me attraverso le vibrazioni universali. Perché l’Universo ti da’ sempre quello che ti serve.

C’ho messo un bel po’, non lo nego. Ho impiegato anni per arrivare a questo. E’ stata dura. Ho dovuto trasmutare demoni, ripulirmi dalla tanta spazzatura che avevo dentro, imparare ad avere fede, riconoscere con umiltà le mie caratteristiche negative, rendermi responsabile di qualunque cosa… ho compiuto il mio piccolo grande lavoro eroico e ce l’ho fatta.

Lentamente, uno dopo l’altro, quei doni mi giungevano davanti. Il mio compagno, che mi ha permesso di rendere realtà ogni mia immaginazione credendo in me, i miei amici con la loro fiducia e il loro appoggio, mio figlio che mi ha sempre suggerito che tutto è possibile, le barriere che con il loro esserci mi hanno mostrato la mia capacità di superare o trasformare qualsiasi impedimento… Ogni passo era una nuova splendida conquista. Conquiste che talvolta mi spaventavano anche ma sapevo che così doveva andare e infatti non mi sbagliavo.

Sono riuscita a creare ciò che ho creato assieme a quella che sono convinta essere la mia Sorella d’Anima, con la quale da molti anni sto condividendo gran parte della mia esistenza. Questo sogno era di entrambe ma eravamo impossibilitate a renderlo materico a causa di tutti gli ostacoli che noi stesse, dapprima, ci mettevamo davanti.

Lei si chiama Mel, diminutivo di Melania e questo suo nome, associato al mio, a formare “MagMel”, pare la semplice coniugazione di due diminutivi. Invece non è così. Mentre stavamo scegliendo il nome adatto alla nostra Scuola abbiamo fatto una scoperta sorprendente. Per gli antichi Celti esisteva un Eden, oggi sommerso e nascosto come Atlantide. Una sorta di mondo perduto ma ancora esistente (…da qualche parte dentro e fuori di noi). Questo mondo si chiamava MagMell (con due L) ed era definito “la pianura della gioia”.

Non potevamo crederci. Non potevamo non chiamare così la nostra Scuola, sembrava fatto apposta; volevamo proprio creare un luogo nel quale le persone, i nostri allievi, potessero trovare o aumentare la gioia che spetta a chiunque per diritto divino. E, guarda “caso”, le prime lettere dei nostri nomi formavano quel termine paradisiaco.

L’ultimo articolo che ho scritto qui parlava del riuscire a vedere la meraviglia anche nella morte. Morte che io intendo come trasformazione – Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma – (A. Einstein).

Ho parlato della morte terrena di mia madre e la cito nuovamente perché è stata proprio lei a lasciarmi un’importante eredità. Un’eredità che, con l’aiuto di Mel, trasmetto agli altri attraverso i miei scritti, le mie lezioni orali, dal vivo oppure online, utilizzando i mezzi di comunicazione di adesso, di questa nostra epoca.

Sono del segno dei Gemelli e una mia virtù è proprio quella della comunicazione (anche se spesso piena di errori grammaticali e inerenti al lessico), sono governata dal pianeta Mercurio associato ad Ermete Trismegisto, padre dell’Alchimia intesa come “la chimica di Dio”, mi chiamo Magdalena come la Maddalena, la voce di Gesù, colei che si dice portò la parola di Cristo in giro per il mondo. La parola che porta al Sacro Graal. Da piccola giocavo a fare la maestra. Il mio numero spirituale è il 9, quello dell’Amore Incondizionato, – L’Amor che move il Sole e l’altre Stelle – (D. Alighieri)… mettendo assieme tutti questi dati ed altri (anche se ho ancora tantissimo da imparare) penso di aver compreso, alla veneranda età di 40 anni e fischia, il mio talento e così la mia missione che cerco di svolgere nel miglior modo possibile.

Scoprire il proprio talento è una delle cose più difficili ma sento dentro di esserci riuscita e di essere sulla strada giusta.

Come ho detto prima, da piccola giocavo a fare l’insegnante (beh, sì, a volte anche la presentatrice e la cantante) ed ero io che interrogavo, davo i voti e spiegavo le lezioni. Imitavo quello che vivevo ogni giorno alle elementari o alle medie. La cosa bella di adesso, invece, è comprendere quanto si possa imparare nel momento in cui si insegna. Sono io che spiego quell’argomento, perché teoricamente lo conosco e ho provato a metterlo in pratica più volte, ma sono io stessa un’allieva. Io stessa apprendo e persino mi emoziono o vengo a conoscenza di cose che ancora non credevo esistere. E’ meraviglioso tutto questo. Un dare-avere incredibilmente ricco.

Le persone (personam = maschera) che provo a far diventare individui (individuo = individuus = essere indivisibile) sono le prime ad insegnare a me e ai compagni. E non finirò mai di ringraziarle abbastanza per la bellezza che mi danno e che talvolta elargiscono generosamente senza neanche rendersene conto. Per riuscire a far diventare soprattutto me stessa, sempre di più, un Individuo e non una Persona (PERSona – PERSa). Per volgere sinceramente all’Uno.

E’ per questo che invito tutti quanti voi a venire a conoscere il mio nuovo mondo: MagMel. Perché ho voglia di dare e ho voglia di prendere, di scoprire, di imparare.

Lo potete trovare soprattutto qui www.magmel-alchimia.com sul nostro esaustivo sito ma anche su FaceBook MagMel, su Instagram magmel_alchimia, e su YouTube MagMel – Discipline Esoteriche e Interiori.

Ah! E ovviamente all’interno del sito c’è uno spazio dedicato al nostro blog nel quale scriviamo spesso diversi post interessanti e che possano essere lumi di riflessione per qualcuno.

Inoltre, se tutto questo non bastasse a farmi perdonare per essere stata così tanto tempo assente, sappiate che mi sono anche data all’arte della rinascita… ma questa è un’altra storia e quindi la saprete in un prossimo articolo se vi andrà di continuare a stare ancora assieme a me (cosa che mi auguro vivamente).

Per ora quindi vi saluto augurandovi una splendida giornata e… no! Un attimo! Devo anche avvisarvi che, forse lo avrete notato, questo mio blog ha cambiato nome. Non si chiama più prositvita.wordpress.com bensì meginvestigatriceliminale.com

E’ decisamente più “mio” questo nome… perché, in fondo, sono un’investigatrice sulla soglia… anche questo ve lo spiegherò meglio prossimamente.

A risentirci presto! Cerchiamo di essere sempre felici per qualsiasi nostra rinascita e… Prosit sempre!

Occorre guarire dalla Prostituzione Mentale

Innanzi tutto che cos’è la Prostituzione Mentale? La prostituzione Mentale è quel metodo bislacco di cui usufruiamo molto spesso nel tentativo di ottenere “cose” o non perdere “cose”. Ci prostituiamo al fine di assicurarci ciò di cui abbiamo bisogno. Può essere un sentimento, un lavoro, un po’ di soldi, un complimento, uno status, una compagnia, etc…

Cadere in compromessi spregevoli e offensivi nei confronti della meraviglia che siamo, laddove, anziché riconoscerci potenti, immensi e splendidi Esseri ci sentiamo formichine micragnose. Ogni compromesso implica una rinuncia.

Prostituirsi mentalmente è quando attraverso la mente, convinti di non essere abbastanza, reagiamo in modo totalmente ignobile per la nostra natura e soprattutto per la nostra Coscienza (importantissimo “ente” al quale non badiamo mai ma è invece il nostro Giudice Supremo, sempre al lavoro, molto severo, il quale condiziona la nostra vita).

La Prostituzione Mentale svaluta ciò che sei e ti fa svendere, a poco prezzo, pur di avere in cambio ciò che brami.

Fare un qualcosa che non ci va di fare, magari per il quieto vivere, significa prostituirsi ma ancor di più significa prostituirsi nel momento in cui cerchiamo di smuovere compassione nel cuore di chi ci sta davanti per portarlo a darci ciò che vogliamo.

Con questo non significa recitare un teatrino strappalacrime per farsi compatire ma si va più in profondità. Non si parla solo della donna che si spoglia su FaceBook per ottenere molti like perché in sé ha una mancanza che deve colmare, si tratta di evitare la ricerca dell’abbondanza non credendola esistente per noi. Si rinuncia alla propria felicità, quella sacra e profonda e duratura, per un qualcosa di assai banale. L’accontentarsi. L’abbassarsi a scegliere piccoli granellini di sabbia piuttosto che una stella. Perché sono più facili e sicuri.

Perché si chiama Prostituzione Mentale? Immagina per un attimo il valore simbolico della prostituta. E’ una schiava. Con tutto il rispetto per questa donna ma è l’emblema della “serva”. Accetta di fare un qualcosa di assolutamente irrispettoso nei confronti di se stessa per un’altra persona, schiavizzata esageratamente. Ma questo le consente un pasto, un letto e una protezione. Ecco, prova a proiettare il senso di questo messaggio verso di te.

Non limitarti ad agire come un automa. Ad accontentare un cliente senza nessun tipo di entusiasmo. A rispondere positivamente ad un parente senza nessuna energia creativa. A provare un vestito senza la minima gioia ma solo pieno di povera e inutile speranza che possa aiutarti a fare colpo su qualcuno o a stare bene. Mettici vita in quello che fai visto che sei vivo!

Se il tuo capo ti chiede di fare una cosa per lui, non farla solo per prendere lo stipendio o non essere licenziato. Falla al meglio, con tutte le capacità che hai, come se la stessi facendo per te o per tuo padre. Anche se il tuo datore di lavoro è una brutta persona, uno sfruttatore, non puntare l’occhio su di lui, puntalo solo su di te e dentro di te. Lui deve smettere di esistere nelle tue valutazioni. Stai facendo quel qualcosa per te, per una tua forma di ricchezza.

Uno degli esempi più significativi è quello del commerciante che si lascia maltrattare dal cliente pur di non perderlo e non perdere i suoi soldi. Ma questa formula la applichiamo anche se non abbiamo un negozio. Quindi bisogna osservarsi dentro attentamente.

Se non farai così, cadendo nella Prostituzione Mentale, questa ti tirerà ancora più giù emozionalmente e anche fisicamente. Ti sentirai sempre come se fossi oppresso. Schiavo di qualcosa. E lo sei. Sei schiavo del mondo. Il mondo può fare di te quello che vuole. Il suo giudizio è più forte e significativo del tuo. Se un mattino il mondo si alza col piede giusto e ti fa un complimento, allora tu stai bene ma se si alza con il piede sbagliato e ti denigra, allora tu piangi tutte le tue lacrime.

Cambia i ruoli. Prova a pensare di essere tu quello che valuta e non gli altri. Anche se ti danno soldi, una casa, belle parole, affetto, amicizia, etc… ricordati che anche tu dai qualcosa per ricevere questo, non serve a nulla arrivare a prostituirsi.

Se metti vita e entusiasmo in ogni tua azione non hai bisogno di prostituirti. Se ti riconosci come scintilla divina non hai bisogno di prostituirti. Se riconosci coscientemente il tuo potere non hai bisogno di prostituirti.

La Prostituzione Mentale è un vizio. Spesso non ti accorgi neanche di effettuarla. Ad accorgersene sempre è la tua Coscienza, che nominavo prima, e ti ritrovi a vivere con un dito puntato quotidianamente contro di te che ti opprime come una spada di Damocle.

Attraverso la Prostituzione Mentale ti ritrovi persino a sostenere attività immorali e illecite ma soprattutto totalmente stonate con il tuo cuore e il tuo sentire. Come la manipolazione, la corruzione, l’autosvalutazione, l’onestà… non guardare questi termini solo per quello che sono o per quello in cui siamo abituati ad esprimerli. Rivolgili a te stesso dando loro un significato più ampio. Ti fai manipolare? Corrompere? Permetti di autosvalutarti? Sei disonesto con te stesso?

Rispettati. Non vendere il tuo Essere e la tua essenza per un gradino superiore solo ed esclusivamente materiale. Ogni volta che una nota stona con la tua melodia interiore, la tua Coscienza ti opprime ulteriormente e questo ti fa vivere compresso, attanagliato nel rimorso e nel senso di colpa. E’ nocivo e dannoso per la tua salute.

Tu possiedi ogni diritto. Non lo vedi concretizzarsi nella realtà solo perché non ci credi. E ci crederai sempre meno se sarai obnubilato dalla Prostituzione.

Se riuscirai ad eliminare da te la Prostituzione e a guarire da essa non potrà che giungere nella tua vita ciò che meriti, grande tanto quanto è ora grande il tuo Essere. E’ una legge. Forse non ti arriverà questo dalle persone che frequenti ora ma esse cambieranno o verranno sostituite da altre pronte a darti quello che meriti. Non aver paura quindi se perdi dei contatti. Bisogna creare spazio nella propria vita per accogliere il nuovo.

Devi cercare di fare spazio dentro di te e, di conseguenza, fuori.

Ci vuole coraggio per non prostituirsi mentalmente perché questa è la strada della libertà e per essere liberi bisogna essere coraggiosi e forti.

Ma, oggi, se rifletti un attimo su tutto questo, se ti guardi dentro e comprendi quante volte ti sei prostituito o continui a farlo, allora forse puoi cambiare le cose. E credimi, il “premio” che otterrai in cambio è enorme. Non sopportare più. Non tollerare cose che la tua voce interiore non accetta. E’ una sofferenza incredibile.

Ti auguro un buon lavoro!

Prosit!

photo coopcat.it – pinterest.com – pinterest.dk – cdqcamporomano.it – liberopensare.com – freepick.com – ali express.com

Dolore alle Scapole: cambia punto d’osservazione

PESI CONCRETI E EMOZIONALI

Le spalle e le braccia parlano solitamente di lavoro e responsabilità. Di volere un lavoro e delle responsabilità o di NON volere un lavoro e delle responsabilità.

La Scapola è un osso piatto situato nella parte alta della schiena ed è un osso adatto a sostenere i pesi.

Questi pesi possono diventare però eccessivi a lungo andare, o perché ci vengono imposti, o perché noi stessi ci sentiamo obbligati a sollevarli. In questo caso mi riferisco a chi, per paura di fare poco, fa sempre troppo o a chi per paura di non risultare utile eccede nel fare cercando di assicurarsi l’amorevolezza degli altri.

Qualsiasi sia il motivo, la nostra natura e di conseguenza il nostro corpo, prima o poi inizia a lamentarsi a causa di tutto questo lavoro (o peso da sopportare) e si ribella.

Può ribellarsi in vari modi ma il dolore alle Scapole è sicuramente il capobanda. Ovviamente come – peso da sopportare – non si intende solo un qualcosa di fisico ma anche un qualcosa a livello emozionale e, in questo caso, ci vanno di mezzo le spalle intere articolazioni comprese.

Come dicevo anche il non voler fare certe cose ma essere obbligati a farle può provocare questi dolori.

Beh, in effetti, anche nell’ultimo esempio che ho fatto tutto risuona. Se io faccio faccio e faccio solo per sentirmi utile e non venir esclusa è ovvio che, in realtà, non vorrei farlo ma mi sento obbligata a usare questo mezzo (credendo di non averne altri) per piacere agli altri. Per apparire servizievole, presente, generosa ed essere amata.

Ma al nostro corpo dei nostri Demoni non gliene frega proprio nulla. Quando a lui qualcosa non va bene si fa sentire a modo suo.

LA RIBELLIONE DEL CORPO

Il dolore alle Scapole è interessante da comprendere perché ci insegna anche a capire verso quale direzione dobbiamo guardare.

Nota bene che le Scapole si trovano alla stessa altezza del Cuore in posizione opposta come ad esserne un riflesso. Il peso che grava su di loro, grava quindi su questo fondamentale organo sede dell’amore e dell’anima.

Lamentarsi del fatto che abbiamo troppo lavoro, o troppe cose da sbrigare, non porta a nulla di buono ma se impariamo a guardare quello che già abbiamo fatto e cosa siamo riusciti ad ottenere potremmo sicuramente migliorare la nostra vita, senza più lamentarci e senza aggiungere peso inutile al peso che già portiamo e sopportiamo.

Guardare, cioè, il bicchiere mezzo pieno.

La vita non è solo sacrificio. Non devi pensare che più lavori (più fai) e più otterrai cose: soldi, affetto, stabilità.

NELLA VITA C’E’ ANCHE ALTRO

Questi schemi mentali ci appartengono perché dal dopoguerra abbiamo sempre visto i nostri nonni e i nostri genitori spaccarsi la schiena per mantenere la casa e la famiglia. Li abbiamo visti andare avanti oltre grandi dolori e grandi paure e, oggi, siamo convinti di doverli imitare.

Ma dimmi, erano davvero e totalmente felici? Se sì, ti avranno sicuramente insegnato anche a goderti la vita altrimenti potresti soffrire di male alle Scapole.

Prenditi del riposo. Riposo da tutto intendo, anche dalle emozioni. Stacca per qualche tempo la spina e permetti alle tue scapole di rilassarsi.

Quando si vive in un certo modo, che la nostra natura reputa sbagliato, si vive anche senza rendersene conto in totale tensione. Tendini, nervi, muscoli e organi sono tesi. Si consuma velocemente il potassio nel corpo e tutto, dentro di noi, si indurisce. È come se tendesse a diventare calcareo. Questo è un grave danno per il nostro fisico quindi devi cercare di rilassarti più che puoi.

La paura e l’ansia (che è figlia della paura) sono le emozioni che più induriscono i nostri tessuti e dei vasi sanguigni irrigiditi non possono svolgere bene il loro lavoro e cioè far scorrere il sangue.

Ehi! Il sangue è vita! Scorre in quasi tutto il nostro corpo e soprattutto nelle parti più importanti. Trasporta l’ossigeno ed è quindi fondamentale.

Rilassati. Cambia prospettiva e vivi serenamente.

IMPARA AD OSSERVARE CIO’ CHE GIA’ HAI FATTO

Molte persone che lavorano tante ore durante il giorno possono non avere nessun problema alle Scapole. Così come anche quelli ai quali la vita ha purtroppo regalato molti pesi da portarsi appresso.

Questo ti permette di capire che è il modo in cui tu prendi o affronti quel lavorare o quegli eventi a trasformare la tua vita e la tua salute. A far comparire ad esempio un dolore.

Attraverso il rilassamento e uno sguardo ricco di positività puoi sistemare le cose. Quindi, visto che se soffri di problemi alle Scapole sei sicuramente uno che si da sempre un gran daffare (in diversi modi) cerca di darti un gran daffare anche a migliorare questa tua esistenza e a godertela!

Il dolore alle Scapole non deriva perché “fai” ma per il motivo per il quale “fai”.

Ti sei mai reso conto che se decidi di realizzare una casa con la gioia nel cuore, non stai male neanche se lavori 24 ore su 24? Ti sei reso conto che se svolgi la tua professione con entusiasmo, stai sempre benissimo anche se lavori giorno e notte? Ti sei mai reso conto che se ti occupi emozionalmente di una persona con amore puro, non ti costa nessuna fatica e nessun malessere? Ecco, questo è il punto.

Prosit!

photo mdmfisioterapia.it – profroccopapalia.com – impagine.it – 2017.gonews.it – packwired.com – devianart.com – astrofilipc.it – giornaledellavela.com

Meglio far Invidia o Pena? Meglio fare Luce

L’EVIDENTE TESTIMONIANZA

Ieri ho sentito una madre consigliare al proprio figlio cosa dire per trovare lavoro ed essere assunto:

Digli che non sei potuto andare all’Università per aiutare me.

Digli che sono stata una ragazza madre, che tuo padre ci ha abbandonati quando ero incinta.

Digli che sono malata e non mi danno la pensione d’invalidità.

Digli che…

Se non avessi avuto rispetto per la paura di quella donna e fossi stata un uomo mi sarei toccata i gioielli di famiglia… Santa Madre, che sfiga…

Non so se quella donna stesse dicendo la verità o stesse soltanto tentando di imbrogliare un probabile datore di lavoro ma so che, certamente, stava emanando un abbondante quantitativo di energia negativa. Aveva voglia e bisogno di fare pena. Utilizzava la pietà dell’altro come strumento per ottenere in cambio la realizzazione; del figlio in questo caso.

Ognuno ha i suoi metodi e il suo modo di dare ma questo mi ha portato ad una riflessione.

LA SCELTA DELLO STRUMENTO

Al di là del fatto che questo comportamento va totalmente contro il mio credo, in quanto se ti senti un micragnoso sarai un micragnoso per tutto l’Universo e da tale sarai trattato, mi è venuto in mente il famoso detto “meglio far invidia che pena“. Ne stavo avendo una testimonianza ma all’incontrario.

Qual’è quindi la tattica migliore? Far invidia e mietere vittime giudicanti che sbavano dietro al tuo essere e al tuo avere o fare pena per ottenere più cose commuovendo i cuori?

Beh, la prima tocca l’orgoglio, la dignità personale e ti permette di ottenere alcune cose. E’ difficile dire – No – a chi si crede più alto in grado, te ne sei mai accorto? Già, anche perché quello che crede d’essere più alto in grado sa bene a chi rivolgersi.

Anche la seconda ti permette di ottenere cose. Cose diverse, quasi cugine dell’elemosina, dell’offerta, del favore ma comunque si ottiene.

Il fatto è, però, che entrambe sono delle conseguenze. E sono entrambe bisogni, necessità.

Non c’è azione propria da parte dell’individuo e quindi non c’è creazione. Se ti elevi (senza amore), di conseguenza, fai invidia. Se hai bisogno (senza amore), di conseguenza, fai pena.

SENZA AMORE

Ora tu dirai – Ok ma prima di fare invidia o pena qualcosa ho fatto per giungere a questi livelli, quindi qualcosa ho creato -. E’ vero, ma non hai creato nulla di buono.

Se fai invidia e ricevi invidia è perché, in qualche modo, l’invidia ti appartiene. La conosci. Oppure la giudichi ma, per poterla giudicare, significa che ne conosci le vibrazioni e quindi ti è dentro altrimenti non sapresti di cosa si tratta e neanche ti verrebbe dedicata.

Se invece fai pena (penso non ci sia neanche bisogno delle mie scuse per questo termine in quanto sto semplicemente usufruendo di un detto) è perché tu stesso ti senti un bisognoso, non rispetti ciò che realmente sei e ti consideri un poverino.

Tutto quello che riceverai, in base a una delle due condizioni, e che a te può sembrare bello o brutto nel mondo delle forme, attraverso un tuo personale giudizio, è negativo. Sì, anche se trovi un lavoro perché hai mosso compassione è negativo. Quel lavoro, che ora ti sta portando uno stipendio, ti porterà indubbiamente anche qualcosa di spiacevole perché creato su onde elettromagnetiche distruttive e non costruttive.

Ogni cosa che ti viene regalata perché da te attratta da un magnetismo vibrazionale sarà negativa perché da te sono partite frequenze negative.

L’UTILIZZO DELLE PAROLE

Con il termine “negativo” si indica un qualcosa che non è pregno d’amore. Il termine “negativo” e il termine “amore” sono soltanto convenienze usufruibili nella comunicazione e non sono quindi da prendere in modo letterale in questo ambito. Servono solo a farti capire che se non ti lasci andare all’intonazione della tua potenza non attrarrai mai la divina abbondanza che esiste nel flusso universale adatta al tuo benessere.

La madre dell’invidia e della pena, che sono sorelle, è la Paura. Stai emanando Paura e questo farà si che tu viva di continuo situazioni che ti mettono Paura.

Quindi il mio consiglio è: anziché cercare di fare invidia o pena prova a fare Luce. Sii Luce. Brilla. Rifulgi.

Aiutati con l’introspezione. Convinciti di essere una persona che merita. Dedica a questo qualche minuto ogni giorno. E’ sicuramente un esercizio difficilissimo ma fa ridere pensare che in realtà il nostro cervello recepisce quello che noi vogliamo auto-inculcarci. Sembra semplice detta così; questo significa che se io mi dico – Sono una donna fantastica! – inizierò a comportarmi di conseguenza e a ottenere così ciò che merito. Invece non funziona in questo modo. Non funziona perché mentre io mi dico quella frase, una parte del mio inconscio (che io neanche vedo ne’ percepisco) mi sta già sabotando. Per questo devi dedicare diverso tempo a questa sorta di compito. Perché devi allenare e abituare la tua mente, piano piano, che sei una persona fantastica. E’ impegnativo.

UNA NUOVA PALESTRA

Immagina di voler perdere 20 kg e di andare in palestra. Ogni giorno dovrai impegnarti per un’ora a sciogliere i grassi e faticherai, ti stancherai, ti sforzerai.

La stessa cosa riguarda l’allenamento mentale che non siamo abituati a tener da conto. Siamo focalizzati solo sulla nostra parte fisica senza renderci conto che è soltanto un veicolo utilizzato per sopravvivere fisicamente sulla terra. Tralasciamo la parte spirituale e annulliamo totalmente l’idea di un’educazione nuova credendo di aver già ricevuto la nostra educazione e la morale che ci spettava.

Questo è sbagliato perché i nostri pensieri possono essere plasmati. Inizia fin d’ora e riceverai presto risposte completamente diverse da quelle che hai ottenuto in passato. Non ti servirà patire nella vanagloria per avere ottime valutazioni altrui e non ti servirà recitare la parte del misero per ricevere un’offerta di qualsiasi natura essa sia.

Tutto quello che giungerà a te sarà fondato su solidi pilastri che, in qualche modo, ti porteranno una ricchezza (economica, affettiva, di stima, di opportunità, etc…) e, da lì, accrescerà sempre di più la fiducia in te stesso la quale Ti permetterà di appropriarti maggiormente di ciò che ti spetta.

Prosit!

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Un fatto assurdo: il ragazzo in motorino

PROVE PRATICHE

Ieri ho assistito ad una scena che, secondo me, ha avuto dell’incredibile. Non vorrei sembrare esagerata e quindi spero di riuscire a far capire bene che cosa mi ha lasciato senza parole.

Mi trovavo seduta nel dehors di un bar con degli amici e, nei tavoli vicino a noi, c’erano altri clienti. Eravamo in una zona tranquilla di quella cittadina. Non è una zona di passaggio. Il bar, l’unico in quel quartiere, rimane un po’ fuori il paese, tra le palazzine e le vie secondarie. Queste case hanno dei parcheggi e dei cortili, sotto di esse, dove i bambini possono ancora giocare a palla o andare in bicicletta ma a quell’ora della sera non c’era quasi nessuno. Era tardo pomeriggio, erano ancora tutti al mare probabilmente.

Ad un certo punto un ragazzino che avrà avuto all’incirca quattordici anni, passa con un motorino tipo “Scarabeo” per una via vicino a noi, entra in uno dei piazzali e se ne va. Dopo pochi minuti di nuovo. Passa dalla stessa via, entra nel piazzale, fa un giro e se ne va. Dopo un po’ di nuovo.

Insomma, era chiaro che stava girando con il motorino in quegli spazi che gli erano consentiti. Fece questo per circa mezz’ora ma voglio raccontarvi cosa accadde vicino a me in quel tempo. Premetto, prima di tutto, che quel motorino non provocava alcun rumore fastidioso e nemmeno ci stava affumicando perché, quando passava nella via parallela al bar, si trovava comunque a parecchi metri da noi.

LA RABBIA SALE

Come dicevo, passa la prima volta. Poi passa la seconda. Poi la terza. Già alla terza, uno dei miei amici esclama – Ma questo? Non sa che cavolo fare? -. E va bene.

Alla quarta iniziarono a lamentarsi anche altri seduti attorno a noi. Sempre di più, in crescendo.

All’ottavo giro non vi dico che cosa stavano sentendo le mie orecchie. Alcune delle frasi udite sono state:

Deve avere benzina da consumare

Sarà un figlio di papà che non sa che c@@@o fare

I giovani di oggi si annoiano e sono dei rincoglioniti

Sai che bello se adesso ci prende uno stramazzo per terra

Almeno la pianta

Al decimo giro, la “bestia” che aleggiava attorno a me aveva ancora più fame. L’appetito vien mangiando. Quindi esplose:

Adesso stai a vedere se non mi picchia nella macchina

Tu dimmi se ora io mi devo alzare e andargli a tirare una testata a questo

Senti, fammi andare a spostare il motorino và 

Nella mia compagnia, erano in pochi (fortunatamente) quelli infastiditi da ciò che il giovane stava facendo e, a quei pochi, chiesi cos’era che disapprovavano. La loro risposta fu, secondo me, paradossale: – Niente, mi dà fastidio che continua a fare avanti e indietro! -… cioè, ci rendiamo conto?

TUTTO COSI’ ASSURDO

Io ero veramente allibita. Allibita. Avevo davanti a me un ragazzino, con tanto di casco in testa, che lentamente e innocentemente stava facendo dei giri con il motorino e, attorno a me, la folla, bramava il peggio, augurandogli il male e totalmente rapita dal panico che quel ragazzo potesse distruggergli i loro mezzi. Chi il mezzo lì non lo aveva semplicemente non voleva che quel tizio facesse avanti e indietro. E guarda un po’. Ma ci stiamo rendendo conto?

Il volto delle persone che avevo vicino era pieno di fastidio, di rabbia, di voglia di punizione, di giudizio… ma perché? Perché mi chiedo io?

“Osserva Meg” mi dicevo “osserva tutto”.

C’erano persone di ogni età. Maschi, femmine, ricchi, poveri, giovani, anziani. E ognuno aveva la sua brutta frase da dedicare a quel ragazzo.

Un ragazzo che, probabilmente, non poteva andare in strada perché i genitori glielo impedivano.

Un ragazzo che forse doveva imparare a usare il motorino che mamma e papà gli avevano appena regalato per la promozione.

Un ragazzo che forse ha paura ad andare nel traffico ma, per non stare chiuso in casa, scende nel cortile a farsi due giri in scooter.

Non oso immaginare se avessero visto uno scippatore in azione cosa sarebbe accaduto… Ah! No, nulla… giusto, omertà e indifferenza totale.

LA PAURA – SEMPRE PRESENTE

Non ho visto Satana nell’azione di quel ragazzo. Scusate ma, Satana, l’ho visto quando uno dei signori, seduti al bar, si è alzato ed è andato a spostare la sua moto per paura che quel giovane, al dodicesimo giro, gliela toccasse. E perché mai avrebbe dovuto toccarla? La paura su un qualcosa di non esistente che si traveste da “prevenzione”. Ma mi vien da ridere. Chissà quante volte questo ragazzo, che vive qui, gira e rigira tra questi cortili e tu, oggi, perché sei presente, vai a spostare la tua moto? Sposti la tua moto perché un individuo, a 15 km/h, ci passa di fianco più volte? Perché per la legge dei grandi numeri, prima o poi, ci deve obbligatoriamente picchiare dentro? Avevo un fisico di fianco a me e non me ne sono accorta.

Io non ho parole. Ancora oggi non ho parole. Io non so se riesco a passarvi l’assurdità di questa vicenda ma io sono attonita ancora adesso.

E queste persone si lamentano dei giovani d’oggi? Completamente governati da un fastidio più grande di loro. Da paure inesistenti. Da una rabbia e una voglia di punire che non ha eguali. Non stupiamoci se vediamo il male nel mondo perché ci sta solo rappresentando. Occorre accettarlo questo. Perché ieri, veramente, ho capito il perché sono esistiti ed esistono i tiranni. Forse si ha bisogno di una seria cura.

Voi che avete fatto il mondo. Voi che ai vostri tempi… Voi che, vestiti bene, con il vostro caffè davanti, avete detto le peggio cose verso un individuo, poco più che un bambino, che non stava facendo nulla di male.

SOGNANDO AD OCCHI APERTI

Quel ragazzetto ogni tanto si fermava, dava un piccolo colpo di clacson e poi ripartiva. Forse stava immaginando di essere nel traffico e qualche incosciente gli aveva tagliato la strada.

Quel ragazzetto stava giocando e potete essere con me o contro di me ma era una meraviglia da vedere. Forse era nel centro di Milano dove guidare è cosa ardua, o su una pista a gareggiare contro Dovizioso e Rossi, oppure ancora veniva fermato dalla Polizia. Era bellissimo guardare lui e i suoi sogni muoversi assieme.

Per quanto riguarda me ho anch’io ricevuto il mio messaggio. Il mondo non è solo il riflesso degli altri. È anche il mio riflesso. E ho visto il mio fastidio. Ho visto la bellezza di un giovane che giocava e fantasticava e ho visto paura, giudizio, punizione, intolleranza… tutto mi/ci appartiene. Tutto si mostra ai miei occhi per essere trasmutato. Il mio lavoro interiore c’è stato. Siamo un insieme di tantissimi piccoli frammenti che riportano ogni tipo di emozione e sta a noi scegliere di quali emozioni essere più colmi.

Così, dopo aver visto, mi sono mossa. Volevo però riportarvi un fatto davvero singolare, il quale mi ha dato l’opportunità di svolgere un buon lavoro dentro me e mi ha permesso di osservare come non voglio essere. Perché secondo me no; non dobbiamo essere così. Arrabbiandoci e maledicendo il nulla. Il nulla.

Prosit!

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Facciamo del bene con tanto odio

GIUSTIZIERI DELLA VITA

Vengo spesso a conoscenza di eventi realizzati da persone che si muovono per pulire l’ambiente o per salvare animali e bambini ma, molte volte, rimango un po’ dispiaciuta dall’odio che permea quelli che sono nobili gesti. Perché sì, sono nobili. Egregi. Bellissimi. Queste persone meritano molto, svolgono atti pieni d’amore e si rendono utili per il pianeta, per tutte le sue creature e per il resto dell’umanità ma… quando invece si nutrono di emozioni particolarmente negative e le emanano, mi chiedo, l’amore dov’è?

Poco tempo fa, nella zona in cui vivo e in tutta la provincia, è iniziata la “pulizia delle spiagge” dove tanta gente si è adoperata a raccogliere rifiuti di ogni genere che altri, maleducatamente e senza il minimo rispetto, hanno gettato a terra. Fin qui tutto bene. Queste persone sono come angeli che hanno deciso di fare un lavoro che altri non fanno e meno male che esistono.

Il brutto (mio umile pensiero) arriva nel momento in cui, tra tanto splendore, leggo o sento frasi intrise di odio, giudizio, rabbia e persino violenza. La volgarità la fa spesso da padrona e con questo non intendo dire che io parlo come una principessa ma è il significato delle citazioni a stonare un po’ (tanto) con il loro gesto. Esempio – Questi mozziconi ve li infilerei su per il c@@@ accesi – oppure ancora – Dovete morire bastardi! -. Ohllalà…

Allora, so già che mi getterò addosso l’ira funesta dei “giustizieri della vita” ma, abbiate pazienza, potreste spiegarmi il nesso di tutto questo? Ossia, io cerco di svolgere un’operazione bella, con gioia e amore. Intrisa di gioia e amore. Nessuno mi costringe e non mi aspetto la riconoscenza di nessuno. Lo faccio perché lo trovo giusto e perché mi fa stare bene. Lo faccio perché farlo mi riempie d’amore. Lo faccio perché voglio vedere quel luogo più sano e pulito, non per augurare la morte o minacciare delle peggiori torture chi ha compiuto quello scempio.

I BAMBINI – SPUGNE IMBEVUTE D’AMORE

Ricordo quando da bambini, alle elementari, i maestri ci portavano a pulire parchi o spiagge come attività extra scolastica. Per noi era allegria pura. Facevamo a gara a chi riempiva più sacchi e avevamo il sorriso sulla faccia tutto il giorno. Per noi era una missione colma di meraviglia e felicità.

Erano gli anni ’80 e quante siringhe c’erano a terra! Ma eravamo educati e addestrati a svolgere il lavoro senza farci male. Nessun bambino si è mai permesso di proferir un minimo giudizio, ne tanto meno di augurare il male. Regnava unicamente e imperativamente l’Amore. Quello con la A maiuscola.

La frase più grave che si sentiva dire, anche questa ridendo, era – Maestro! Guarda! Bleah! Che schifo! – e l’altro bambino rispondeva – E allora guarda qui, io, cos’ho trovato! – e tutti si correva a vedere quel Sacro Graal dei rifiuti, facendo ancora a gara a chi trovava quello più schifoso e repellente tra tutti. Si rideva a squarciagola e si scherzava. Le sole minacce avvenivano tra di noi, laddove, per intimidire il compagno che voleva metter paura, lo si avvertiva che quella bottiglietta putrida gliela si sarebbe lanciata in testa, ma la maggior parte delle bottiglie diventavano in realtà palloni e, spesso, le femminucce dovevano redarguire i maschietti che diventavano famosi calciatori intenti a qualificarsi per la Champions League dimenticandosi il lavoro.

Insomma, c’era gioia. Gioia e basta.

UNA MISSIONE

Tra gli adulti cosa c’è? Odio, voglia di vendetta, collera, rancore, fastidio, dispiacere, schifo…

Io capisco, per carità, la bruttura dell’ingiustizia ma, purtroppo, covare queste emozioni non porta a nulla. Ma proprio a nulla. E soprattutto a nulla di buono. Avete presente quelle persone che manifestano per la pace con il manganello in mano? C’è un nesso? C’è coerenza?

Il fuoco si spegne con l’acqua non con dell’altro fuoco e il mio non vuole essere un discorso buonista. Penso solo che intrisi di odio si può ottenere solo altro odio. Questa, peraltro, è una funzione vibrazionale dimostrata persino scientificamente se si volesse fare i pignoli studiati. Ma non mi interessa ora toccare certi tasti.

Hanno pulito le spiagge di mezza Italia ma hanno postato (per la maggior parte) le foto dei sacchi pieni di rifiuti con tutti gli orribili commenti sotto. Hanno mostrato lo schifo, il loro sacrificio, il danno, il male. Il premio (?). Perché solo pochi hanno postato la spiaggia immacolata mostrando così bellezza? Per giorni e giorni, su tutti i social, non si è visto altro che merda e merda e merda… bello! Abbiamo riempito le memorie neuronali di immagini “stupende” devo dire! Ma… gli altri popoli che fanno questo ogni giorno, manifestano le stesse sensazioni?

Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra – diceva un tizio molto tempo fa.

LE PAROLE CAMBIANO

Ci sono persone al mondo che passano la vita a pulire luoghi, e se non sono altri a pubblicizzare il loro lavoro nessuno saprebbe della loro esistenza e, mentre lo fanno, gli sorride il cuore. Se intervistati, si esprimono in modo completamente diverso dalla maggior parte della gente. Vibrano nell’ En Thèos (in Dio – Entusiasmo).

Un bambino che salva un animale ferito e torturato, si impegna unicamente ad accarezzarlo. Con il cuore colmo di dispiacere, sicuramente, si impegna però in quel momento a pensare a quella vittima e basta. A curarla con il suo En Thèos. Non ha tempo per criticare i suoi carnefici e neanche gli passa per la testa la – legge del taglione -. Si occupa di lui, dell’infondergli amore. Ed è lì che c’è amore.

Non parliamo poi di quelli che vogliono farti adottare un gatto. Vi riporto un messaggio letto veramente in rete:

Ho trovato questo gattino che qualche pezzo di m@@@@ ha chiuso in un sacchetto al quale auguro di morire lentamente e agonizzando. Ora sta bene, l’ho anche sverminato e curato. Lo affido solo a veri amanti animali con casa consona al tipo di animale: sbarre alle finestre, nessun bambino, nessun altro animale, controlli senza preavviso per accertarsi di come il gatto vive, gradita la dimostrazione del cibo che viene somministrato al micio. Chi interessato mi contatti in privato -.

Non aggiungo altro. Il mio articolo finisce qui approfittando dell’acume di qualcuno e “a buon intenditor…”. Potete trarre voi le conclusioni e chiedetevi, in questo messaggio, in ogni parola, dove sta l’amore. Cara signora, quel gatto, a quelle condizioni, non riuscirà mai a sistemarlo e mi spiace, profondamente,  che quella creatura debba stare con lei. Così l’ho detto. Tiè!

A volte, siate bambini. Sono l’anima del creato. Il mondo ha bisogno dei bambini, della loro leggerezza, del loro entusiasmo, della loro umiltà.

Prosit!

Prosit cosipergioco.it – latinapress.it – 01net.it – piuchepuoi.it – mysocialpet.it – energiacristica.canalblog.org – istitutosolaris.it – linealibera.info

Tutte le varie fini spaventano

THE END

Abbiamo paura di ogni tipo di “fine”. Paura della fine della nostra vita, paura della fine di un rapporto, paura della fine di un lavoro… c’è persino chi prende male la fine di un anno. La parola FINE, con il significato che l’accompagna, ci spaventa, e questo deriva dal fatto che non riusciamo a vedere oltre. So che questo discorso può apparire banale ma le nostre memorie riportano sempre alla paura della morte, pertanto al – dopo non c’è più nulla -.

Sì, alcuni sanno che c’è un’anima che vaga o che si reincarna, altri credono allo scomparire del tutto, altri ancora pensano che si viaggerà poi su altri pianeti o dimensioni, ma chiunque, inconsciamente, pensa – Eh, ok, ma IO comunque non ci sarò più -.

Ancor più dolorosa è la morte di una persona alla quale vogliamo particolarmente bene e non ce ne frega niente della sua reincarnazione, qualora ci fosse, noi non la vedremo mai più. Non potremmo più percepirne l’odore, parlarle, sentire il suono della sua voce, quindi, questa benedetta FINE non la vogliamo, è una cosa brutta, ci mette terrore. È un terrore dovuto all’educazione che abbiamo ricevuto da parte della nostra cultura e della società che viviamo. Un terrore che, come un polpo con i tentacoli, si è diramato in ogni settore della nostra vita. È diventato così potente che non solo scaturisce nel momento in cui la fine giunge davvero ma è presente, ancor prima, con la pre-occupazione che quella cosa finisca o con l’ansia di non far finire quella cosa. Come dicevo, il problema sussiste perché non si riesce a vedere altro e oltre. Il cambio di una sola vocale per due riflessioni enormi.

Non ne abbiamo colpa, non ce l’hanno mai insegnato questo concetto. Non ce l’hanno introdotto al fine di farlo divenire parte di noi.

SIPARIO

Non vedendo altro guardiamo solo il niente, il buio, il vuoto, la desolazione. La staticità. La staticità è morte. Il movimento è energia e, l’energia, in ogni sua forma, è vita. Quindi vediamo la morte anziché la vita. Una nuova vita. Una nuova creazione, una nuova opportunità.

Non parlerò prettamente della fine dei nostri giorni e dell’al di là, perché non si può sapere con certezza cosa succede e perché, ognuno, dopo essersi documentato nel possibile, deve credere a quello che vuole e quello che il cuore gli suggerisce ma posso basarmi su cose più tangibili, che notiamo ogni giorno e che accadono a noi o attorno a noi.

La fine di una relazione porta quasi sempre dispiacere ed è un dispiacere comprensibile. Spesso però, alcune persone, governate dal demone dell’attaccamento (del quale NON hanno colpa) si disperano di aver rotto un rapporto con chi, in realtà, non era assolutamente adatto a loro e magari maltrattava persino il proprio partner. I primi tempi si passano ore di angoscia e tristezza ma quando si incontra un/a nuovo/a compagno/a migliore del/lla primo/a, allora si ringrazia quella fine. Si ringrazia però soltanto dopo aver avuto la conferma della novità più bella. Non prima. Prima si vive il tutto come una tragedia.

Questo vale anche per il lavoro, laddove non si concepisce l’arrivo di una professione migliore per noi, bensì, si vive come un dramma quel dover cambiare. Ogni cambiamento è un danno. Non per niente, dal termine “cambiamento” deriva la parola “crisi” alla quale abbiamo davo un valore errato.

Accanto ad ogni fine arriva anche la parola – malinconia -, la quale ci avvolge con le sue lunghe e immense braccia, alla quale permettiamo di prenderci e trattenerci suoi, amministrando i nostri stati d’animo.

PERCHÉ ACCADE QUESTO?

Tutto quello che ho detto finora accade perché abbiamo una percezione sbagliata di quello che in verità siamo. Secondo noi siamo quello che vediamo in uno specchio, cioè: un corpo con quattro arti e una testa e… sì, abbiamo anche una mente e un carattere ma… stop. Quello che i nostri occhi non possono vedere non esiste. Se invece comprendessimo l’importanza del nostro Spirito, del nostro Sé Superiore e della nostra energia, tutto sarebbe diverso. Da ominidi diventeremmo, al nostro sapere, grandi nuvole, come volute di fumo, in grado di spostarsi ovunque ma, soprattutto, di com-prendere in noi molte più cose.

Potremmo vedere che in noi e nella nostra vita non c’è solo un partner o quel partner, non c’è solo quel lavoro e non c’è solo quell’esistenza. Comprenderemmo la nostra onnipresenza e la nostra maestosità. Tenendo soltanto conto di queste varie presenze, esse, automaticamente, prendono vita. Ecco perché non si deve parlare di “fortuna”.

PUOI REALIZZARE MATERIALMENTE

Ci sono individui che, inconsciamente, pur non percependo il loro essere “nubi” di energia, tengono conto delle varie possibilità che hanno e le creano senza saperlo. Sono quei soggetti che non rimangono mai senza lavoro, che hanno sempre una relazione e che amano la loro bella vita generosa. Ora provo a spiegare il concetto attraverso un disegnino e che la mia arte venga perdonata dai bravi disegnatori, please

Come si può vedere nel mio “capolavoro” siamo abituati a concepire solo quello che esiste all’interno della linea rossa cioè la nostra parte fisica e materiale. Se concepissimo invece che siamo di più, più grandi, attraverso la parte spirituale e cioè la linea blu, ovviamente, anche nella materia si realizzerebbero per noi più opportunità, più persone, più cose, più situazioni.

Non è semplice da accogliere come messaggio ma è una legge universale e persino appartenente alla scienza che, oggi, può dimostrare che così è.

Si vivrà pertanto senza nessuna “fine” perché ci sarà sempre qualcos’altro dopo e possiamo permetterci quindi di non aver paura.

Provando, anche solo per finta, a dare per scontato che, tolto un lavoro ne arriva un altro, proprio come il susseguirsi del respiro, si sente dentro un’altra sensazione. Solo immaginandolo. Ecco la parola magica: dare per scontato. Immaginiamo davvero di essere abituati ad avere già un posto di lavoro dopo quello finito, come una cosa ovvia. Non fa parte di noi questo sentire ma dovremmo riuscire a vivere così.

Prosit!

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Imparare a specchiarsi negli altri: ma io non sono così!

LO SPECCHIO E’ UN BUGIARDO!

LA LEGGE DELLO SPECCHIO E’ UNA FARSA… FORSE… O E’ UN FORSE… FARSA

Mi capita spesso, inerente all’argomento della Legge dello Specchio, sentire molte persone che, con espressione totalmente basita, mi chiedono – Meg, sto incontrando molta sopraffazione da parte della gente ma io non sono così! Non voglio prevaricare nessuno, anzi! – oppure – Meg, mi capita spesso di imbattermi contro dei megagalattici ignoranti ma non mi sembra di essere così inetto! -.

In parole povere, Meg, la tua (che mia non è) Legge dello Specchio, che tanto proclami, non funziona. È un falso!

Purtroppo, si pensa questo perché si è abituati a guardare sempre e solo l’esterno. Troppo. Ci si concentra sul comportamento palesato da quella persona ma senza andare al nocciolo della questione; un nocciolo che palpita, invece, dentro di noi.

Voglio farti due esempi perché, secondo me, con gli esempi si capiscono bene i concetti e hai anche, se mi credi, la garanzia che tali fatti sono accaduti realmente.

I MOSTRI SERVITI SU UN VASSOIO D’ARGENTO

Qualche tempo fa ebbi a che fare con una persona, un uomo, che mi irritava parecchio col suo modo di fare. Non era un mio parente, ne’ un partner, ma dovevo avere a che fare con lui tutti i santi giorni (chissà come mai…).

Quello che m’infastidiva del suo comportamento era il modo in cui denigrava gli altri, senza mezzi termini, pur di risultare lui fantastico. Voleva spegnere la brillantezza degli altri per risultare lui più luminoso e lo faceva in un modo parecchio offensivo, sia con me che con chiunque altro. Anzi, ad essere sincera, con me neanche tanto, ma comunque vivevo in prima persona quello che regalava alla gente. Quindi mi riguardava ugualmente.

Questo suo modo di fare mi irritava parecchio. D’in principio avrei voluto offenderlo davanti a tutti, avrei avuto molti esempi da tirare in ballo, visto che era in realtà un incapace, e avrei voluto anche tirargli una scarpa in testa, non lo nego. Ma mi dissi invece di osservare. Di osservare in lui il mio riflesso. Lui era un mio specchio.

Perbacco… guardai, ragionai, pensai… ma nulla mi venne alla mente che potesse paragonarmi al suo modo di fare. Ho molti difetti ma di certo non quello di voler inabissare gli altri per godere io di splendore. Quindi non capivo. Io non ero così! Non ero così maleducata, denigratoria, svilente, presuntuosa, lo giuro! Ma… non cedetti, continuai a rimanere focalizzata su quel riflesso e, col tempo, ecco accendersi una lampadina. Parliamo infatti di illuminarsi no? Beh, forse una piccola abat-jour l’ho accesa. Un lumino flebile flebile.

EUREKA!

Perché quell’uomo si comportava così? Cosa lo faceva muovere in quel modo? Qual’era l’emozione intrinseca che governava il suo comportamento? Il bisogno di essere visto. Ebbene sì. Non voglio giustificarlo, ma non c’era cattiveria in lui, soltanto un grandissimo ed estremo bisogno di essere visto dal mondo, di essere amato! Di non essere un codice dimenticato nel buio come credeva d’essere. Ecco tutto il suo dolore. La convinzione di non esistere. Di passare inosservato. Se ci sei o non ci sei fa lo stesso, tanto nessuno ti ama. È davvero brutto, fa male.

Fu allora che mi guardai meglio e dovetti ammettere che anch’io volevo a tutti i costi essere vista. Non usavo i suoi mezzi, non ero cafona agli occhi degli altri, ne’ cercavo di spegnere gli altri ma, anch’io, avevo bisogno di essere vista e amata, e tanto anche. Più di quello che pensavo. Ognuno usa i mezzi che ha. Avrei pagato oro un complimento, mi scioglievo se qualcuno si accorgeva di me, mi piaceva tantissimo essere vista e volevo piacere. Certo, io, come ho detto, avevo altri strumenti. Al contrario di quell’uomo, bramavo dentro, risultando più amorevole ed educata ma il bisogno era lo stesso e, affinché io potessi vederlo, l’Universo doveva porgermelo in modo eclatante, sconvolgente. Doveva toccarmi e lo fece. Come vi ho detto, infatti, avrei voluto picchiarlo quel tizio, all’inizio.

Un altro esempio che voglio raccontarvi riguarda un altro uomo, un anziano, che si mostrava agli occhi di tutti di un’ignoranza e una cattiveria incredibili. Soffriva tantissimo la sconfitta e, ogni volta che gli succedeva di perdere, sia nel gioco che nella vita, la colpa era sempre degli altri e si rivolgeva loro con frasi cattive, denigratorie e imprecando.

Anche qui, dapprima, non mi riconobbi. Se chiedi a cento persone che mi conoscono, nessuna di loro ti direbbe che sono così; lo direi io stessa. In effetti, mai mi sono rivolta a qualcuno in tale maniera ma questo non c’entra proprio nulla. Ciò che l’Universo voleva solo mostrami, e anche qui dovette farlo in modo lampante perché non vedevo, era il mio bisogno di vincere perché, vincendo, risultavo più “brava” e quindi più adulata e lusingata.

OH! MI VEDI?!

Anche qui, ecco il mio bisogno di essere amata dagli altri. Alla fine, bene o male, tutto torna al demone principale che, nel mio caso, era quello del non amarmi e del pensare di non valere abbastanza. Una “vincita” ti assicura invece “valore”. Questo secondo uomo, stava solo palesando con l’evidenziatore un qualcosa che io non mostravo ma che esisteva dentro di me. Rodeva dentro di me!

Ora capisci che quando incontri invidiosi non significa che tu ti comporti da invidioso o sei invidioso. Quando incontri dei violenti non significa che ti comporti in modo violento o sei violento. E così via. A volte, può anche essere semplicemente quello il riflesso, molto semplicemente, e dovresti accettarlo. Altre volte, invece, significa che devi andare oltre. Devi scavare in profondità, dentro te stesso, e scoprire il messaggio che si cela al di là del famoso Velo di Maya.

Se tu non ti oseresti mai a dire ad una persona che è una cretina, ma lo pensi e questa cosa ti infastidisce, incontrerai persone che danno a tutti dei cretini, che passeranno quindi da maleducati e tu li giudicherai come se fossero degli arroganti zoticoni. Invece vogliono solo mostrarti cosa c’è dentro di te. Quanto giudichi gli altri? Quanto giudichi il loro essere stupidi? Quanto non lo sopporti? E magari ti fai un mucchio di rabbia inutile perché quell’altro è un emerito imbecille.

Spero tu abbia compreso meglio il lavoro che si deve fare per conoscere i segreti che si nascondono nella Legge dello Specchio, la quale, non voglio passare per assolutista, ma non sbaglia mai. Non può sbagliare visto che solamente riflette e, credimi, reca sempre con sé un messaggio utile per te.

A proposito, posso assicurarti che trasmutando dentro di me quello che i due uomini di questo articolo mi hanno voluto mostrare, essi hanno cambiato il loro modo di fare. Per lo meno lo hanno cambiato davanti a me. Quello che fanno in altri luoghi non è affar mio, non è più una lezione che io devo imparare, non mi riguarda più e quindi non devo più vederla.

Cambia te e il mondo attorno a te cambierà.

Prosit!

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Il Maestro Spazzino – non tutto è come sembra

MICHELE LO SPAZZINO

C’era una volta un uomo che si chiamava Michele e faceva lo spazzino in un piccolo paese di provincia. Aveva cinquantacinque anni e strani poteri che si potrebbero definire magici.

Michele era in grado di prevedere avvenimenti, di percepire lo stato d’animo delle persone, di immedesimarsi in un insetto, aveva un’istruzione da premio Nobel, sapeva salvare gli altri dai pericoli, leggere nella mente della gente, trasformare la realtà, fare prodezze con il proprio corpo… insomma era un uomo davvero speciale. Era un Mago.

Era assurdo vedere un Mago pulire le strade di un paese. Un lavoro rispettabilissimo, ma definito umile dalla società e soprattutto faticoso e poco piacevole. Michele, infatti, aveva a che fare con la maleducazione degli abitanti, ogni giorno, e i suoi occhi vedevano cose anche raccapriccianti. Vagabondi che facevano i loro bisogni nel parco, tossicodipendenti che lasciavano i loro strumenti per strada, ubriachi che vomitavano dove gli capitava, rifiuti ovunque, sporchi, puzzolenti, pericolosi. Sotto al sole cocente, o sotto alla pioggia, o al freddo intenso, Michele, ogni dì, doveva svegliarsi prima del sole e iniziare a pulire le vie di quel borgo.

MA PERCHÉ?

E Michele non era triste per questo e nemmeno particolarmente euforico. Nessun picco emozionale lo rapiva e sapete perché? Perché quello, per lui, era semplicemente l’ovvio. Quel determinato lavoro, in quel determinato tempo e in quel determinato posto era ciò che di perfetto stava esistendo. Michele sapeva di essere nel posto giusto, nel giusto momento e nel giusto luogo. Scusate queste ripetizioni da cantilena ma è proprio ciò che è, e vorrei le assaporaste così. In quel momento, quello era lo scopo di Michele.

Ma perché? Cosa doveva realmente fare Michele? Un uomo con le sue capacità, il quale avrebbe potuto tranquillamente essere il Presidente di uno Stato…

Michele non si poneva queste domande dalle risposte spesso incomprensibili. Sapeva e accettava soltanto l’ovvio. Se era lì, era lì per un motivo, per uno scopo, per un suo passaggio e per il passaggio di chi aveva a che fare con lui nella piena consapevolezza del – tutto è perfetto -.

IL VELO SULLO SGUARDO

C’è una cosa alla quale non pensiamo mai, soprattutto quando svolgiamo un lavoro che poco ci piace o ci sentiamo obbligati a stare in un luogo che detestiamo, con persone che ci infastidiscono. Non pensiamo al fatto che forse potremmo essere lì perché lì c’è bisogno di noi. Per quello che siamo. Fosse anche perché in quel posto noi dobbiamo portare la gioia. Perché le caratteristiche che ci formano sono quelle perfette per “aiutare” chi vive quel luogo ma non ce ne rendiamo nemmeno conto. Non ci pensiamo nemmeno. Non ci poniamo neanche attenzione e quindi non lo sappiamo. Non osserviamo che ogni nostro gesto, ogni nostra parola, ogni nostro sorriso a quella determinata persona potrebbe aver fatto del bene o del male al fine di portarla a evolvere, e che solo noi siamo i più adatti in quel contesto perché, per una vibrazione energetica di frequenze, le nostre qualità si sposano perfettamente con quelle di un altro. La realtà esterna rispecchia il nostro interno e se io ho le perfette caratteristiche per rispecchiare un qualcosa in qualcun altro io allora mi troverò lì. Devo svolgere il ruolo del Maestro.

La nostra mente però, piena di immondizia, non ci permette di vedere questi piccoli miracoli. Quante volte durante la giornata ci viene da dire che intorno a noi non sta succedendo nulla? Invece attorno a noi c’è la vita, la vita vera e noi non la percepiamo neppure.

Perché ho incontrato quella persona lì?

Perché mi è successo questo?

Perché ho visto quello?

Non ci poniamo queste domande galleggiando nel fluido dell’esistenza come burattini.

FORSE C’È QUALCOS’ALTRO 

Non guardiamo con gli occhi dell’anima e non ci accorgiamo che siamo qui anche per essere “al servizio dell’umanità”. Non spazzando strade, ma rispondendo con le nostre frequenze.

In ambito lavorativo pensiamo che la nostra missione sia solo quella di guadagnare, di avere un posto sicuro, ore di riposo, ferie, mansioni di pregio ma le leggi dell’Universo non funzionano così e, volenti o nolenti, in mezzo a queste leggi, noi ci viviamo. Dobbiamo certamente stare il meglio possibile e pensare al nostro benessere ma, come prima cosa, dovremmo proprio osservare anche queste sfumature se vogliamo sentirci più sereni e appagati.

Con questo articolo non intendo dire che non bisogna avere ambizioni o non bisogna auspicare ad altro. Il mio vuole solo essere uno spunto di riflessione per poter guardare anche oltre, anziché soffermarsi alla rabbia e al fastidio di svolgere ogni giorno mansioni che non amiamo.

Provate a guardarvi attorno. Come mai oggi quel vostro collega vi ha fatto disperare? Cosa dovevate imparare? La pazienza forse…

Perché davanti al capo vi ha prevaricato? Avete per caso prevaricato qualcuno nella vostra vita?

Perché quella vostra collega ha chiesto aiuto a voi? Perché é stata felice di quel vostro sorriso?

Questi sono solo esempi. Potete farvi mille domande per imparare (se non riuscite ad accettare con fede totale come ha fatto Michele) ma sappiate che potreste essere davvero anchenel posto perfetto al momento perfetto -.

Prosit!

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