Quel pazzo di Hamer

E’ piccolo il libro di Giorgio Mambretti e Jean Séraphin intitolato “LA MEDICINA SOTTOSOPRA”. Appena 117 pagine e forse, per i primi approcci a tali argomenti, bastano e avanzano.

E’ un libro che parla di un modo nuovo, totalmente nuovo, di guardare una malattia o un malessere.

E’ un libro che trasforma persino il termine che ho appena citato. “Malattia” diventa “Benattia” andando a scardinare alcune memorie arcaiche che ci appartengono. Perché si sa, sono proprio loro, le memorie, a  creare tutto in noi. Sono i pensieri, consci e inconsci, a formarci.

L’uomo è quello che mangia! – diceva Ludwig Andreas Feuerbach, filosofo tedesco copiato poi da Naboru Muramoto nel suo libro “IL MEDICO DI SE STESSO”. Frase che ho sempre condiviso. Ma mia madre aggiungeva anche – L’uomo è quello che mangia… e anche quello che pensa! – e mica solo lei lo diceva. Tutti i più grandi maestri del passato, spirituali e di scienza, di fama mondiale, lo hanno detto conoscendo bene la Legge vibrazionale di Risonanza. La proiezione materiale del nostro pensiero.

“LA MEDICINA SOTTOSOPRA” è un libro che parla di un medico. Una figura ambigua lo si potrebbe definire. Per molti un ciarlatano radiato dall’albo, per altri un salvatore: si tratta di quel pazzo di Ryke Geerd Hamer.

Chi mi segue da tempo sa bene che non ho mai avuto intenzione di giudicare all’interno dei miei scritti, ne’ di schierarmi verso un movimento piuttosto che un altro. Mi piace semplicemente riportare, accendere luci e dire il mio parere. Quindi, senza lasciarvi troppo sulle spine, vi dico subito che a Hamer credo. Non m’interessa credere in lui come persona, può aver fatto la qualunque. Non mi interessa nemmeno credere in Gesù, il quale potrebbe anche non essere mai esistito in carne e ossa. Accolgo semplicemente un messaggio e provo a conoscerlo. Se mi rendo conto che può essere un buon insegnamento lo faccio mio. Lo metto in pratica.

Ma qual è il messaggio di questo amato e detestato medico?

Hamer nato a Mettmann nel 1935 e morto a Sandefjord nel 2017 dopo una vita di condanne, fughe, giorni passati in carcere e chi più ne ha più ne metta, ha cercato di dare un volto nuovo alla malattia e alla Medicina stessa. Quella occidentale soprattutto. In realtà non ha scoperto niente di nuovo ma andiamo con ordine… Si è anche prodigato nel dare soluzioni utili a chi ne aveva bisogno. Si possono tranquillamente leggere, su molti siti, gli strambi rimedi di ortica e ricotta che forniva a gravi malati di cancro… E già… su molti siti ma non su tutti.

Ad una più attenta supervisione e tralasciando le soluzioni considerate “barbine” dell’impavido medico, si può notare bene come il focus andrebbe fatto sul suo modo di osservare la malattia. Hamer infatti sosteneva che la malattia non è solo la realizzazione di un colpo di sfortuna o una disavventura genetica, bensì un conflitto interno non risolto che si manifesta attraverso un malessere del corpo più o meno gravemente. 

Questo tema è ben conosciuto dalla biologa e psicoterapeuta Claudia Rainville, madre della Metamedicina, e dall’insegnante Louise L. Hay. Vi consiglio di leggere tutti i loro libri.

Conflitti interni non risolti… beh, perbacco, questo è interessante. E se serbasse in sé una verità? Una verità che diventa – mia – non più di Hamer, cioè che dona – a me – una sorta di insegnamento.

In pratica, mi stanno dicendo che se soffro di Sinusite (come ho anche già scritto) non è solo perché ho preso freddo. In effetti tutti prendono freddo e no, non è ereditaria. Infatti sono l’unica in famiglia a soffrirne. E’ perché in realtà, sono vittima di una situazione/persona che non sopporto ma sono obbligata a tollerare. Tant’è che posso soffrire di questo disturbo per due o tre anni nella mia vita ma né prima ne’ dopo ne ho sofferto o ne soffro. La cosa inizia a farsi interessante.

Da dove nasce tutto questo? Nei nostri tempi recenti (in quanto dopo aver fatto, per anni, lunghe ricerche ho scoperto che certe teorie erano già più che approvate in luoghi, popoli e tempi antichi; per questo dico che Hamer, in realtà, non ha scoperto nulla di nuovo) nasce proprio da un evento che il dottor Hamer ha subito e gli ha cambiato la vita in tutti i sensi.

Il figlio di Hamer, il diciannovenne Dirk Hamer, venne colpito ad una gamba da un colpo di fucile sparato a quanto pare (ma il “quanto pare” si potrebbe tranquillamente togliere) dal Principe Vittorio Emanuele di Savoia da una piccola barca al largo dell’Isola Cavallo in Corsica. Vittorio Emanuele, che al momento del fatto era ubriaco, ha sparato diversi colpi contro alcuni suoi ospiti accusandoli di avergli rubato un gommone. Uno di questi colpi, sparati alla rinfusa, penetrò la gamba di Dirk che in seguito andrà in gangrena. Dopo un calvario durato circa quattro mesi, vari interventi, emorragie e infezioni che non guarivano, il giovane ragazzo morì lasciando un profondo dolore nel cuore dei suoi genitori e i suoi tre fratelli. Come a voler rincarare la dose di angoscia, pare anche che il Principe Vittorio Emanuele, dopo essere stato assolto a processo per mancanza di prove (era il 1978 e venne condannato solo per porto abusivo di armi, quindi la sua pena fu lieve) si sia persino vantato con un amico di averla “fatta franca”. Un po’ come a dire “oltre al danno, la beffa”. Tutto questo causò nel dottor Hamer un rancore così grande, una così forte rabbia, una così intensa voglia di vendetta che poco dopo gli diagnosticarono un tumore (un carcinoma) ad un testicolo. Anche la moglie di Hamer, Sigrid Oldenburg si ammalò di cancro e morì poco dopo.

Un momento del processo a carico di Vittorio Emanuele di Savoia accusato di omicidio volontario del giovane tedesco Dirk Hamer, Parigi, 1991. ANSA

Questa nuova visione della malattia citata in dottrine come la Psicosomatica, spiega che il tumore viene formato dal rancore. Colui che è rancoroso, non è da vedere come una persona – cattiva – come i nostri schemi mentali ci insegnano. Provare rancore significa anche, semplicemente, avere rimpianti, rimorsi, sopportare in continuazione situazioni che ci provocano profonda insofferenza e sentirci impossibilitati a cambiare le cose… Anche la persona più buona del mondo può provare rancore, magari proprio per se stessa, perché ogni mattina si guarda e non si piace, perché viene trattata come uno zerbino, perché non riesce a reagire, perché non è riuscita ad avverare i suoi sogni… Oppure, ovviamente, si può provare rancore nei confronti di un fatto particolarmente triste che ci è accaduto nella vita. Si può provare rancore inconscio verso un genitore dal quale si desiderava solo amore, si può provare rancore verso un Governo vessatore, verso un lavoro che non ci piace ma dobbiamo fare per poter vivere, mantenerci. La mancanza di una persona cara come un figlio, la non-accettazione di quella perdita e soprattutto il modo in cui quella perdita è avvenuta, può farci provare senso di rivalsa, sofferenza, ingiustizia, collera… sono tutte emozioni che vanno a nutrire il rancore, un sentimento più sopito, più profondo e nascondo, difficile da riconoscere ma assai grande e potente.

Ragionando, il dottor Hamer, ha iniziato a farsi delle domande. Non poteva lasciare i tre figli rimasti senza un fratello e ora senza nemmeno la madre. Non poteva morire anche lui. Doveva a tutti i costi far qualcosa. Doveva guarire. Suo padre, Heinrich Hamer, Pastore Protestante, lo introdusse a studi spirituali e, infatti, Hamer, oltre ad essere un medico era anche un teologo. Iniziò a mettere insieme le sue conoscenze, ad unire, anziché dividere, la scienza dalla spiritualità in un tutt’uno. Lui… era un tutt’uno.

Era proprio dai suoi testicoli che Dirk aveva preso vita. I testicoli simboleggiavano, senza ombra di dubbio, la sua paternità verso quel figlio perduto. Un figlio che, Hamer, non era stato in grado si proteggere secondo il suo – senso di colpa -. I testicoli sono l’emblema del maschio, del creatore, della forza, della protezione, dell’azione, di tutto quello che è maschile. E’ in loro che si forma il testosterone.

Claudia Rainville spiega che un problema ai testicoli può indicare un disturbato vissuto della propria mascolinità oppure una tristezza profonda nei confronti della propria paternità. Il senso di colpa nei confronti di un figlio, che può nascere per svariati motivi, può essere così forte da provare inconsciamente il desiderio di autodistruggerci. Addizionando a questo, come in tale caso, la tristezza incredibile per la grave perdita, tutto ciò diventa un conflitto massiccio dentro di noi, o meglio, dentro un padre. Un nodo duro, doloroso: il tumore.

Convincendosi sempre di più che il suo problema ai testicoli derivasse dal dramma vissuto, Hamer, capì presto che doveva ribaltare dentro di lui la situazione, ossia le emozioni provate. Se a far nascere il tumore furono emozioni di rancore, senso di colpa, vendetta, rabbia, frustrazione, etc… doveva allenarsi a provare l’esatto contrario. Doveva prima di tutto perdonarsi. Amare. Amare qualunque cosa. Amare persino la vicenda stessa. Doveva trasformare l’ingiustizia in giustizia sacra, la vendetta in perdono (per-dono, fare un dono a se stesso) la rabbia in pace, la sofferenza in accettazione. Doveva farlo per lui e per i suoi figli ma… col tempo, dopo aver visto che tutto questo funzionò, decise di farlo per l’intera umanità. Passando questo messaggio al mondo.

Le sue teorie, nonostante lo fecero guarire dal tumore, non avevano però alcuna valenza scientifica e vennero considerate pericolose dalla medicina. Si addebitano ad Hamer centinaia di morti. La scienza calcò pesantemente la mano con – …centinaia di morti innocenti che avrebbero potuto guarire se non si fossero affidati al metodo di Hamer… -. Elenca un bel numero di queste morti ma non le guarigioni, perché anche quelle ci sono state. Ne descrive solo i buffi rimedi e quant’altro.

In altri luoghi, però, si può notare come la casistica di guarigione di malattie considerate degenerative sia stata così impressionante da far vacillare gli edifici della Sanità.

Hamer ha fatto errori? Sicuramente! Ha detto cavolate? Sicuramente! Ma ha anche esposto un concetto.

Hamer spiega, come a livello di tensione o rilassamento della fase simpaticotonica o vagotonica del neoencefalo e del paleoencefalo, ci può essere un’evoluzione o una riparazione del conflitto.

Ricordate quando vi parlai del fatto che siamo formati da ormoni? Gli ormoni, o i neurotrasmettitori, vengono secersi dalle nostre ghiandole in base alle emozioni provate e vanno nel sangue, il quale va a nutrire tutto il nostro corpo. In base a cosa contiene il sangue nutrirà di conseguenza i nostri organi, le nostre arterie, tutto. Vi ricordate anche di quando vi dissi che emozioni negative “induriscono” (tensione) persino le molecole del nostro DNA che resta quindi compresso? Ecco, per Hamer, sarei stata una buona allieva.

Ma questo non mi interessa. Non mi interessa pendere dalle sue labbra, ne tantomeno pensare a lui come a un Dio che non sbaglia mai. Sono dotata di una testa e la uso, almeno dove riesco. Una cosa però è inequivocabile: ha fatto tutto questo per salvare se stesso e gli altri. Ha cercato di espandere questo insegnamento. Pensate davvero che lo abbia fatto per avere morti sulla coscienza? Per avere fama? Quella fama che lo ha obbligato a scappare, a nascondersi, a passare giorni in carcere, ad essere additato come un impostore? Un mistificatore? A non poter più svolgere la sua professione? Può anche essere… D’altronde, Oscar Wilde diceva – Di me… Parlarne bene o parlarne male non importa, purché se ne parli -.

Ho messo alla prova le teorie di Hamer su me stessa. Con il mio corpo. Mi occupo di Alchimia Interiore, per cui, il suo insegnamento è stato condito anche da altre arti che conosco e pensare di poter guarire attraverso un metodo più energetico o spirituale che dir si voglia beh… è possibile. Ci sono stati momenti in cui ho dovuto ricorrere, come aiuto, ai metodi della nostra medicina, che ho sempre ringraziato nei miei articoli precedenti. E’ normale. Non si può pretendere di arrivare a fare un lavoro così eroico dall’oggi al domani. Non si può pensare di riuscire a conoscere il nostro subconscio nel giro di due giorni. La paura stessa, nei confronti di quella malattia che ci ha fatti vittime, ci blocca, nonostante la nostra fermezza di voler procedere in tal senso. Sono le nostre memorie e sono più potenti di noi, ci conoscono da quando siamo nati.

Ciò che è importante fare è avere un interessamento verso questo modo di osservare il disturbo perché, quantomeno, si può migliorare di moltissimo:

1) si possono prendere meno farmaci

2) si può guarire a monte e non a valle, dalla sorgente… e quindi sradicare quel conflitto in modo che il malessere non arrivi più, anziché farlo tornare di tanto in tanto (secondo di che malessere si tratta)

Sciogliere il conflitto, in pratica, evitando così di secernere in continuazione determinati ormoni visti i traumi subiti in passato.

Quella che noi chiamiamo – malattia – è un rimedio che il cervello fa entrare in azione attraverso un programma biologico per la sopravvivenza dell’individuo. Il cervello non fa differenza tra un qualcosa di reale e un qualcosa di immaginario. Se continui a dire frasi come – Questa situazione non la digerisco! Questa cosa mi è rimasta sullo stomaco! Quella persona non la mando giù! – e provi davvero questi stati d’animo, ecco che il tuo cervello cercherà il modo di secernere nel tuo stomaco più acidi, come l’acido cloridrico che ha un potere digestivo molto potente, per poterti permettere di digerire. Da qui, tutta questa emissione di sostanze acide, possono far insorgere: bruciori di stomaco, cellule tumorali, ulcere.

Continuare a prendere il Gaviscon o il Maalox (ringraziamone l’efficacia in caso di bisogno, per carità) ti aiuta ma non risolve il conflitto alla radice. Era infine questo il messaggio di Hamer, le soluzioni che il tuo cervello realizza. Messaggi… come vengono chiamati dalla Rainville in “OGNI SINTOMO E’ UN MESSAGGIO”, un suo bellissimo libro.

Photo ansa.it – nuovamedicinadotthamer – lhongtortai.com – redaccionmédica – medicinaonline.com – altroconsumo.it – fisicaquantistica.it – karmanews.it – corriere.it – leviedellaguarigione.it

Le intemperie non ti fanno ammalare

Togliti dalla testa queste assurde idee e prova a vivere più liberamente. Sradica queste convinzioni, queste vecchie memorie, perché sono false ma tu le rendi vere. Loro nutrono con del cibo “tossico” il tuo cervello e questo poi agisce in base a ciò che riceve.

Ho camminato per ore sotto la pioggia, tra gli sbuffi potenti di un vento gelido, ho annaspato nella neve e ho sudato sotto al sole cocente. Ho fatto tutto quello per il quale siamo nati. Per il quale il nostro intelligentissimo organismo è stato strutturato e tu non sei diverso. Non definirti debole, sfigato, sensibile, non lo sei se non lo vuoi. Io non sono meglio di te. Non sono più sana di te e non sono più fortunata di te.

Il tuo corpo è Natura e può sopportare tutto quello che la Natura manifesta. Perché siete un tutt’uno.

Lo so che la pubblicità ti mostra medicinali durante il periodo invernale promossi da attori raffreddati con sciarpa e cappello in stato di sofferenza. Lo so che tua madre ti ha sempre detto – Non sudare! – o – Mettiti la giacca che altrimenti prendi freddo -… lo so, ho avuto una madre anch’io… ma credimi se ti dico che sei un insieme di frequenze che vibra assieme alle frequenze di Madre Natura. Madre natura non può e non vuole farti del male. Secondo te un Pianeta, intelligente come il nostro, può offrire la vita per far ammalare i suoi figli? E non guardare i cambi climatici, l’inquinamento, il “Non ci sono più le stagioni di una volta”. Ragiona sul fatto che c’è anche un’evoluzione, come in tutte le cose… pure per il Pianeta Terra. Ma tu puoi convivere tranquillamente con tutto questo. Ed evolverti assieme a lui.

A farti ammalare sono i tuoi schemi mentali. Le tue convinzioni e la paura che queste siano vere.

Certo, non ti dico di non prendere provvedimenti. Io ho una giacca antivento, io ho delle ghette, io ho degli scarponi in gore-tex durante le mie escursioni, in base al clima e al territorio che presumo di vivere. Di certo non vado sul Monte Saccarello, in pieno inverno, in canotta e pantaloncini ma mi bagno lo stesso, mi si ghiacciano persino i capelli dal freddo, mi cola il naso, a volte i piedi sono immersi nell’acqua che riesce ugualmente a trapassare e sento la schiena e le dita ghiacciate. Tutto questo per diverse ore. Ovviamente, appena arrivata a casa mi faccio una bella doccia calda, me ne sto diversi minuti sotto a quel tepore ringraziando il calore di ritemprarmi, mi metto dei vestiti puliti e caldi, belli pesanti, mi riposo (il riposo è sempre la cura migliore) e poi mi spoglio, man mano che passano le ore, per abituare il mio corpo.

Come gli animali. Loro si bagnano, poi si scrollano, si leccano il pelo, si rintanano e dormono producendo calore attraverso il loro corpo che va in relax e quindi tutto può preoccuparsi di curare ciò che eventualmente va curato.

Ecco, queste sono naturalmente le considerazioni da tener da conto. Ma non significa che non puoi bagnarti o non puoi resistere al vento. E non dire che io sono abituata. Se così fosse, puoi abituarti anche tu. Sei Natura! Il tuo corpo è stato realizzato per convivere egregiamente a qualsiasi agente atmosferico.

Ti dirò di più: vivendo certe condizioni abitui il tuo fisico a sopportare qualsiasi manifestazione della Natura ma soprattutto lo irrobustisci e permetti (finalmente) ai tuoi anticorpi di rinforzarsi, diventare più potenti, più veloci e più forti.

Sì, mentre tu stai faticando un poco per abituarti a certe condizioni anche loro, i tuoi anticorpi, si stanno muovendo per far fronte a determinati eventi e ne hanno il tempo. La tua parte fisica, in quel momento, patisce un goccino e il tuo cervello comprende che qualcosa non va quindi tutto si aziona al fine di difenderti. Si prepara, si allena e si trova pronto in caso di necessità.

Non dimenticare, inoltre, che in inverno e in alta montagna, l’aria è pulita e ricca di sostanze nutritive. Potrai così nutrire il tuo organismo di aria buona e ossigeno puro che rinforza tutti i tuoi apparati. Un ossigeno deciso e “pungente” che renderà più forti ed elastiche le pareti dei tuoi polmoni, dei bronchi e degli alveoli.

Non aver paura nemmeno per tuo figlio. Permettigli di giocare sotto la pioggia che è il liquido seminale della terra, lo asciugherai per bene quando rientra. Permettigli di sentire la bellezza del vento sulla sua pelle e tra i suoi capelli, i bambini hanno ancora sensi sviluppati che noi abbiamo reso dormienti. Permettigli di giocare con la neve e di mangiarla, di giocare nella terra e sporcarsi. Nulla della Natura vuol far del male al tuo bambino.

Non privarti di atmosfere spettacolari che sono regali. Non evitare quello che credi insano e che invece vuole regalarti risorse e vigore. Diventa amico della Natura, di ogni sua forma. Lasciati andare con fiducia a quello che è assolutamente naturale e ti appartiene.

Pensa a quanto sarà bello quando un domani potrai affrontare qualsiasi cosa rimanendo nel tuo perfetto stato di salute.

Ti basta provare a non aver paura e puoi farlo perché sei più forte di qualsiasi cosa.

Prosit!

Sono la Paura e sono stanca

Ciao,

scusa se ti scrivo obbligandoti a leggere le parecchie cose che ho da dirti ma, arrivati a certi punti, trovo questo mio gesto assolutamente necessario. Inoltre, se penso a tutte le volte che mi togli del tempo tu…! Mi chiami duecentocinquantamila volte al giorno. Se non chiami me, implori le mie figlie, le quali poi si rifanno a me e quindi è la stessa cosa. Non ho un attimo libero.

Non voglio aggredirti, tirandomi la zappa sui piedi, in quanto mi chiameresti anche per questo motivo, ma vorrei davvero farti capire che sono stanca. Mi hai succhiato tutta l’energia. Perdonami, ma sei peggio di una sanguisuga.

Ultimamente non mi lasci tranquilla nemmeno di notte: e senti il rumorino, e fai gli incubi, e ti arrovelli la testa con pensieri neri come le piume di un corvo… Non posso neanche più riposare. Non parliamo poi del giorno, di quando sei attivo. Ohmmmadre… ma come fai a vivere così? Fin da quando ti svegli sei tutto un – temere – e uno – sperare – patetico che mi dà la nausea. Temi che ci sia la coda per andare al lavoro, temi di non trovare parcheggio, temi che il tuo capo sia nervoso… cioè, ti stai rendendo conto che mi chiami anche per cose che immagini tu ma che non esistono nella realtà? O non ancora per lo meno! Fammi quietare. Almeno aspetta a chiamarmi! Aspetta di vedere se davvero servo, altrimenti lasciami anche un po’ fare i cavoli miei! 

Io arrivo e poi? E poi me ne torno da dove sono venuta perché tanto non servivo a nulla. Coda non ce n’era, hai trovato parcheggio e il capo era particolarmente tranquillo e disponibile. Quindi? Come la mettiamo?

Oh! Certo! Tanto io arrivo agggratis vero? Stai sereno che se dovessi darmi un euro per ogni volta che mi chiami ci penseresti ben bene a farmi venire. Ma forse non hai ancora capito che, anche se non mi dai soldi, mi dai qualcosa di molto più caro e… senti, non per essere cattiva, ma devo proprio dirtelo… ti sta bene! Mi dai la tua gioia e mi dai il tuo corpo. Di conseguenza, mi dai la tua salute! Oh si! Ogni volta me ne doni un pezzettino. Perché io obbedisco diligentemente. Arrivo subito! Ma ho poca grazia e, quando giungo, taglio o rompo. Tu non te ne accorgi, le tue cellule sono così piccole che non ti rendi conto di niente, ma quando mi vedono arrivare si stringono tutte, poverine, per farmi passare. Si arroccolano da un lato, ammassate tutte assieme e, ahimè, spesso, qualcuna perisce. Ma a te che importa? L’importante è che ti senti appagato con la mia presenza. A te basta sentire quella bella adrenalina che obbligo a secernere e chi s’è visto, s’è visto! Quanto sei sciocco! Non sai che questo ormone è molto utile quando ce n’è davvero bisogno ma, come per tutte le cose, il troppo stroppia, e lui, se emanato esageratamente, come un acido, corrode i tuoi tessuti. Ma lo fa poco per volta e tu te la godi felicemente. Certo! Fintanto che poi a morire inizia a diventare un numero consistente di cellule, parti di organi e quant’altro, e allora poi piangi perché ti ammali. Perché tanto non ci credi che sono strettamente legata al tuo benessere fisico.

Ma adesso piango io perché mi hai rotto le scatole. E poi, come ti dicevo, perché non ho finito il discorso, quella tua mesta e strappalacrime speranza. “Speriamo che ai miei figli non succeda niente, speriamo prendano bei voti, speriamo che a quel mio caro non accada nulla…” ma basta! Ma dove vivi? Appeso al sottile filo della speranza che se si rompe cadi giù? Sul pianeta delle cose orribili? Ah! Beh… si certo… ogni giorno lo immaginate così. Perché non sei mica l’unico sai? Noiosi, pidocchiosi, raggomitolati in un angolo. Sempre pronti a giudicare, gridare e lamentarsi. Se tutta l’energia che consumate verso i fastidi che provate la metteste in luce, dal resto del sistema solare vedrebbero due soli. Buzzurri che non siete altro. Mi fate lavorare anche quando vi crogiolate nella vostra zona di comfort, è il colmo. Con le vostre idealizzazioni mi fate lavorare! 

No… no… non mi fai più tenerezza. Mia figlia, la più grande, Miss Preoccupazione, la stai facendo dimagrire. Ti preoccupi della salute, dei soldi, di nuovi incontri, per il lavoro, per la famiglia, per gli altri, per l’altrui giudizio, per non uscire dagli standard, per i cambiamenti, per le notizie che senti… l’importante, per te, è preoccuparsi. Ecccerto! Perché l’importante non è mica renderti conto di essere vivo? Che scherzi? Ah! Ecco, appunto, parliamo della morte. Santissima misericordia immacolata! Quella poi… ti guida da quando ti svegli a quando vai a dormire. Sei in totale balia delle sue onde. E lì… altro che chiamarmi… mi megafoni! Gioia mia, tu hai confuso l’istinto di sopravvivenza con un hobby del cavolo che non ho più voglia di assecondare. Ma ti diverti? 

Ora ascoltami bene. Io adesso ti faccio un elenco di quasi tutte le mie figlie. Sono tantissime e non posso nominarle proprio tutte ma le principali sì. Segnatele, impara i loro nomi a memoria e non chiamare più ne me, ne’ loro. Ti ho avvertito e se non mi dai ascolto sai bene che posso arrabbiarmi tantissimo. Guarda che io non sono Signora Pazienza eh? 

Quindi, ascolta qui:

Preoccupazione, Timore, Rabbia, Disgusto, Fastidio, Lamentela, Vergogna, Arroganza, Superbia, Egoismo, Accidia, Presunzione, Violenza, Manipolazione, Sottomissione, Invidia, Gelosia, Menzogna, Giudizio, Avarizia, Avidità, Gola, Codardia, Slealtà, Repressione, Sopportazione, Collera, Apatia, Denigrazione, Autosvalutazione, Sfiducia, Irresponsabilità, Inganno, Pessimismo, Controllo, Monotonia, Irriverenza, Maleducazione, Brama, Disprezzo, Cinismo…

Eccole. Ecco le emozioni mie figlie. Ogni volta che ti attivi attraverso una di loro è perché sei impregnato di Me. Bada bene, puoi usarle se vuoi, sono tue, ti appartengono ma non esagerare. Io posso essere la tua migliore amica ma non sono la tua badante e tu non sei un infermo; ringrazia per questo anziché passare la tua vita sperando di non diventare mai infermo quando invecchierai. 

Sono stata chiara?

Per il tuo bene mi auguro di sì. Non avrei mai pensato di arrivare a dirlo ma ti consiglio vivamente di dedicarti molto di più al mio antagonista, Amore… io voglio andare in vacanza.

Con affetto, tua Paura”.

Prosit!

photo toluna.com

Sono l’Erede di una malattia e quindi uno sfigato – parte 2°

CREA LA TUA MALATTIA

Per molti queste sono solo storiacce, forse perché non si documentano sull’epigenetica (che è una scienza non un movimento hippie) della quale non si è mai sentito parlare. Chissà come mai??? Ah! Sì! Forse perché è più giovane delle altre… però, che strano, alcuni virus appena nati vengono proposti subito al pubblico su tutti i rotocalchi! Vabbè… torniamo alle vittime impotenti. Se ne stanno lì, impassibili e sfigate, in balia di onde dannose date dagli avi senza poter far nulla. Una spada di Damocle. “Mio padre aveva il diabete, io avrò il diabete. Mio padre aveva un tumore, io avrò un tumore. Mia padre aveva la psoriasi, io avrò la psoriasi”. È fatto. Et voilà. E, naturalmente, a furia di pensarlo, accadrà proprio così. Ci hanno e ci siamo già messi una croce sulla schiena. A furia di difendersi da un nemico inesistente lo si realizza davvero.

Nel momento stesso in cui mi preoccupo del mio PROBABILE diabete, che ancora non esiste ma mio padre lo ha avuto, ecco che sto creando il diabete dentro di me. Beh, mi sembra ovvio. Quello che io ordino al mio cervello egli lo esegue alla perfezione. Su questo mi sembra non si possa discutere viste tutte le conferme che ci sono state date. Il pancreas, quindi, diligentemente, inizierà a secernere in modo diverso Insulina e Glucagone, il disequilibrio giungerà e di conseguenza il diabete che diventa cosa ovvia (è più lungo l’ambaradan ma la faccio breve).

Se non ci credete potete provare. Provare a vivere, per un periodo, cercando di difendervi dal diabete e pensando di essere vittime del diabete. Arriverà il diabete. Non lo farete, perché avete paura. Non ci credete, non volete crederci ma intanto evitate di provare. Se le mie sono solo fandonie potete farlo, non accadrà mai. Provate a nutrire il diabete dentro di voi, tanto non arriverà.

Il fatto più grave è che non riuscirete a difendervi dal diabete nemmeno prevenendolo con una sana dieta, in quanto, nessuno ha mai spiegato quali davvero siano gli alimenti sani e quasi nessuno ha voglia di documentarsi. Nessuno ci ha mai educato che possiamo curarci anche con il cibo e la natura tutta e che i farmaci possono sicuramente essere risolutivi e utili ma non l’unica cosa. Quindi… quando un medico nella dieta di un diabetico elimina i dolci ma lascia glucosio elaborato, tanto chissenecapisce, mi chiedo dove sia il cibo sano. Che poi… vabbè, il glucosio è un discorso a sé perché è ovunque ed è un tema assai complesso (molto moltissimo) ma magari limitiamolo. Mi sembra davvero senza senso non mangiare un cioccolatino ma mangiare la pastasciutta, se ho il diabete, ecco.

TRADUCENDO IL MESSAGGIO SI CAPISCE MEGLIO

Non serve essere immune a quella malattia, occorre essere immuni a quelle emozioni, a quelle reazioni, a quelle sensazioni, a quei pensieri, a quel messaggio.

Ma non usciamo dal discorso precedente. Il fatto è molto semplice, le cose sono queste qui:

– Cresco e vivo una vita, o gran parte di essa, conoscendo il diabete di mio padre. Il mio pensiero sarà sempre lì anche se cerco di tutelarmi (creo il mio diabete). La medicina stessa mi dice che sono “portata” ad avere il diabete quindi… ciao Pippo! Mi hanno segnata ormai.

– Se mio padre ha o aveva il diabete significa che mio padre era una persona che provava ben poca gioia nel suo vivere, aveva in sé una sorta di rancore e tristezza verso la società o chi l’ha messo al mondo, aveva poca voglia e grinta di combattere verso i problemi della vita e questo è quello che può avermi insegnato inconsciamente, ossia, una sorta di “arresa” che permea la mia esistenza. Messaggi continui, captati dal mio cervello che, in qualche modo, dicevano: la vita è dura, è difficile essere felici, questo non va bene, questo non mi piace, bisogna fare sacrifici… e lamentele e sospiri e sbuffate (creo il mio diabete).

– Se mio padre ha o ha avuto il diabete è perché si è nutrito con determinati alimenti che anch’io ho mangiato, seduta a quella tavola (creo il mio diabete).

– Se la gente (amici, parenti, medici) continua a dirmi di fare attenzione al diabete perché mio padre… (creo il mio diabete).

E’ chiaro?

Il fatto importante però è un altro. Ho il diabete? Oppure ho una qualsiasi altra malattia? Molto bene. Qualcosa dentro di me ha fatto sì che questa malattia nascesse in me proprio come è accaduto a mio padre e a mio nonno… ma, adesso, – sei MIA malattia, non sei ne’ di mio padre, ne’ di mio nonno e ce la vediamo io e te -.

TU E LA MALATTIA

E ora inizia una piccola storia vera, la mia.

Sono nata da un padre che ha sempre avuto problemi all’apparato respiratorio soprattutto in giovane età. Mio nonno, suo papà, ha sempre avuto, per 95 anni, gravi e fastidiosi problemi all’apparato respiratorio. Bronchiti, asma, sinusiti, etc… erano all’ordine del giorno.

Sono nata da un padre che mi ha insegnato a stare lontana l’aggressività e che l’aggressività – è una cosa brutta -. Mio nonno mi ha educata a non essere aggressiva, mi ha inculcato nella testa, senza neanche rendersene conto, che l’aggressività la si deve usare solo in determinati momenti della vita e, quei momenti, non sono bei momenti se devi diventare aggressiva. Mi hanno insegnato a mandare giù, sopportare e trattenere. A non dire la mia per il “quieto vivere” e perché “chi più ne ha, più ne metta”.

E guarda caso… volete sapere che significato hanno la bronchite e la sinusite (tanto per prendere le principali) come messaggio?

Bronchite – aver paura dell’aggressività, giudicarla come una cosa orribile.

Sinusite – sopportare senza accettare una situazione, o una persona, o un evento.

Ma-che-coincidenza!

Ok. Fu così che decisi di liberarmi da tutto ciò come vi ho già scritto in passato su altri post.

Ho 41 anni e, da quando sono nata, mia madre ha invano combattuto contro le mie bronchiti che ogni anno si presentavano rovinandomi per un mese la salute e l’anno scolastico. Crescendo, la situazione si è aggravata. La bronchite non solo si presentava una volta all’anno, bensì due, e si complicava aggiungendo a sé poi la sinusite. O meglio, sopraggiungeva anche lei e non avevo solo più problemi di catarro e muco nei bronchi ma anche in testa. Piena completamente.

Decisi di dire basta. Potete non credermi ma oggi sono tre anni che non ho più la bronchite e, da due anni, la sinusite è nettamente più lieve, dura pochissimi giorni e non è dolorante. Eliminerò anche lei col tempo.

COME MARIONETTE

Quello che intendo dire è che finché continuiamo a comportarci come schiavi, o succubi, o sfortunati, questo sarà ciò che saremo ma se decidiamo di diventare realmente padroni della nostra vita, per tanto difficile che sia, possiamo crearci un’esistenza diversa anche dal punto di vista della salute.

Non ho niente contro la medicina ma quando la medicina parla dovremmo evitare di pendere totalmente dalle sue labbra, dovremmo accogliere i suoi consigli ma pensare di essere noi stessi e che c’è pieno di uomini e donne morti per una determinata malattia ma i loro figli non soffrono dello stesso disturbo. Sta a noi non coltivare e non nutrire certe paure e sta a noi cambiare strada rispetto agli “errori” dei nostri genitori.

Il nostro DNA è una cosa viva e come vi ho detto a inizio post ogni forma di vita è in continuo movimento. Come già avevo scritto quando siamo sotto stress esso si contrae mentre in fase di serenità esso di distende. Il DNA è composto da una struttura chimica, non sono pezzi di vetro, sono basi azotate. E’ un qualcosa di energetico oltre che biologico ed è meraviglioso. Il mondo che viviamo è meraviglioso. Noi tutti siamo meravigliosi e possiamo avere una vita sana e meravigliosa. Ma forse ve lo spiega meglio lo scienziato Bruce Lipton:

Noi siamo i padroni del nostro futuro e non vittime del passato.

Prosit!

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Sono l’Erede di una malattia e quindi uno sfigato – parte 1°

Dividerò questo post in due articoli perché è un discorso abbastanza lungo e vorrei riuscire a spiegare bene tutto quello che esiste oltre a ciò che crediamo essere scontato. La vita è un continuo movimento energetico, un continuo mutamento perpetuo, nulla è scontato. Tutto cambia e tutto può cambiare.

CHE SFIGA!

Dire che l’ereditarietà nella malattia non esiste è estremo e assoluto quindi non mi piace; non mi piace e non lo dirò. Non dirò neanche, però, che credo di essere l’erede delle malattie/patologie dei miei familiari. È una cosa alla quale io non credo e, nonostante tutte le prove che la medicina ha voluto dare in base a questo argomento, non mi trova personalmente d’accordo. L’ho anche potuto constatare di persona. Questo non significa che dovete essere d’accordo con me, vorrei solo esporre il mio pensiero, e non significa nemmeno che non avrò gli stessi disturbi dei miei predecessori ma, qualora giungessero, la penserò diversamente e, tra un attimo, vi spiego come.

Se questa teoria me l’hanno voluta vendere come fondamenta basilare del mio stato di salute, andando a citare geni e cromosomi, io non ho voluto comprarla. Non ho voluto comprarla perché dietro alla parola – predisposizione – si nasconde un meccanismo ben più profondo rispetto a ciò che si sfoggia in vetrina. È troppo comodo e troppo semplice dare una specie di colpa al DNA che, di conseguenza, include la conclusione – Non puoi farci nulla -, ma soprattutto è deleterio in quanto mi rende schiava della sfiga, cioè di un qualcosa che non esiste. Schiava di un qualcosa che non esiste…

Schiava di una sfortuna… sono nata in quella famiglia lì, con quelle malattie lì… Ebbene, ho scelto di non dipendere il più possibile da niente e da nessuno, pertanto, non dipenderò neanche dai malesseri di genitori e nonni.

Ieri ho letto il commento di una donna, permettetemi di descrivere come dura e volgare, che dopo aver letto un post su FaceBook, inerente a questo discorso, ha proclamato – Io ho l’ipertensione come mia madre e un sangue molto denso, mangio bene eppure ho questa patologia. Il problema quindi è della mia mente? Ma non dite più ca@@@@e! -. Ovviamente il commento diceva altro, di più feroce, ma non serve ch’io lo riporti. Il nesso è questo.

Ora, io comprendo questa donna che in poche parole ha tradotto il pensiero di molte persone ma vorrei scrivere due cose a riguardo.

UN PO’ DI ANALISI

La prima è inerente proprio alla sua risposta. A quel suo tono. A quel suo impeto. Signora cara, si faccia due domande e si dia due risposte se ha l’ipertensione… però è anche vero che non si può mica valutare una persona da un solo commento visto che, magari, in quel momento, il gatto le aveva appena fatto pipì sulle ciabatte. Andiamo alla seconda questione, quel: “io mangio bene”.

Perdonatemi ora se divento tagliente ma l’ultimo che mi ha detto “io mangio bene” era convinto che la cucina di sua nonna calabrese (che adoro) era una cucina sana. Orsù! Il buono e il genuino sono una cosa. Il sano è un’altra. Un’antica riflessione orientale, appartenente alla Mecidina Tradizionale Cinese, afferma – Ciò che sporca il tuo piatto sporca anche i tuoi organismi. Osserva il piatto finita la pietanza e saprai regolarti -. Un conto è mangiare di gusto, un altro è mangiare i prodotti così come natura crea, forse meno golosi per le papille gustative ma sicuramente meno dannosi per il corpo. E non sono qui a fare quella delle “due carotine scondite”. Io non mi faccio mancare niente ma dobbiamo saper valutare. Inoltre, proclamare: – io mangio bene – ingurgitando, nel mentre: coloranti, conservanti, pesticidi, edulcoranti, etc… stona assai. Di questo non abbiamo colpe ma possiamo evitarne molti volendo. Detto questo, vorrei vedere come mangia la signora, figlia di una donna che avrà ben cucinato in un determinato modo nella sua vita e le avrà insegnato una determinata arte culinaria, la quale, probabilmente, tende a rendere il sangue un po’ poco fluido ma soprattutto un pompare del cuore veloce e sofferente.

Dopo l’aver appreso la cucina di mamma occorre anche vedere come mamma (o papà) ci hanno educato e modellato. Cioè plasmato a loro immagine e somiglianza. Mi spiego. Come dico sempre, ogni malattia arriva a noi per portarci un messaggio. In questo caso l’ipertensione significa, in ambito psicosomatico, reprimere le emozioni, avere un eccesso di emozioni dentro che si surriscaldano, trattenere ricordi/segreti che dopo molto tempo riescono ancora a emozionarci in male o in bene. Non sarà difficile quindi capire che anch’io, come mia madre, vivo in questo stato d’animo.

Facciamo un esempio: se in famiglia io, dal temperamento sanguigno, non ho mai potuto sfoderare le mie emozioni come volevo, perché me lo hanno impedito dal momento che loro anche lo facevano ed era giusto così, forse oggi ho qualche problemino. Identico al loro.

Vale anche, ahimè, se si decide di intraprendere la strada del tutto contraria ai genitori. Il punto di partenza è lo stesso se l’emozione è la medesima.

Non dimentichiamoci nemmeno che i genitori, quando ci mettono al mondo, non ci danno solo il loro DNA e neanche solo tratti del loro carattere. Ci danno anche le loro emozioni e la loro ENERGIA. I loro flussi energetici.

Devo fermarmi per dividere questo articolo, aspettate quindi la seconda parte, nel mentre, potete provare a riflettere.

Prosit!

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Il Dolore – l’indesiderato messaggero degli Dei

APRITE QUELLA PORTA (tipo Leatherface)

Non lo vogliamo con noi perché ci fa provare sensazioni spiacevoli. Ci fa male. È straziante e vogliamo allontanarlo, o non vederlo, o cacciarlo via. Mi riferisco al dolore che a nessuno piace. Mi riferisco a qualsiasi dolore ma, oggi, parlo più nello specifico di quello fisico, ultimo stadio di una scalinata in discesa.

Ogni tipo di dolore, o malessere fisico, è un messaggio che occorre tradurre e se ci convincessimo di questo la nostra guarigione avverrebbe in maniera più facile.

Ci sono dolori molto forti, i quali ci sembrano più potenti di noi ma se noi volessimo potremmo vincerli. A volte però ci trovano sfiniti, depositiamo le armi e li lasciamo fare soccombendo al loro volere. Prima di giungere a questo momento, dal quale è molto difficile uscire, si può provare a considerare cosa vuole dirci. Il dolore è come un bambino e se anziché allontanarlo da noi, provassimo ad ascoltarlo, smetterebbe di pestare i piedi isterico.

Spesso il dolore bussa alla nostra porta in modo molto lieve e noi non lo sentiamo, pertanto, non gli diamo retta. Allora bussa più forte, noi andiamo a vedere chi è, ma non vogliamo aprire l’uscio della nostra casa ad un essere così maligno che sappiamo ci farà del male. Così inizia a suonare il campanello. Un suono che ci trapana le orecchie, che inizia a intimorirci ma teniamo duro anche se già siamo avvolti da paura e fastidio. Anche se già ci ha buttati nell’angoscia. Infine, sfonda la porta.

Se ci comportiamo da “sordi” ci pensa lui a farsi sentire. E si impossessa di noi. Ora è lui a comandare e sembra furioso. Se decide che dobbiamo stare immobili nel letto, ci immobilizza nel letto. Non ci sono cavoli che tengono.

LASCIAMI PARLARE

Ma allora come si può liberarsi di lui? Lui ha un compito e lo porta a termine costi quel che costi. Siamo noi, in fondo, che abbiamo deciso di non ascoltarlo fin dall’inizio. Il suo compito è quello di avvisarci e di farci sapere che stiamo sbagliando in quella/e situazione/i facendo del male al nostro bambino interiore ossia soffocando e non riconoscendo il nostro essere divini. Se, quando giunge a noi, lo lasciassimo parlare e lo lasciassimo sfogare, ascoltando tutto quello che ha da dirci e provassimo poi a mettere in pratica i suoi insegnamenti, lui poi se ne andrebbe e non tornerebbe più. Non avrebbe più niente da spiegarci dal momento che abbiamo compreso.

Ma lasciarlo parlare significa permettergli di “farsi sentire” ossia significa per noi provarlo. Provare quel dolore, sentire male, stare poco bene. È molto più comodo, invece, prendere un medicinale o farsi operare così lo si zittisce e si sta subito meglio, per lo meno finché l’indesiderato ospite non decide di tornare più forte di prima.

Da semplice febbre si trasforma in gastrite, ad esempio, e quindi noi non correliamo le due cose, pensiamo a due eventi non connessi tra loro e questo accade perché non parliamo il suo linguaggio e nemmeno vogliamo impararlo. Diamo sempre la colpa a quello che la medicina ci ha mostrato come massimi responsabili: la sfiga, l’ereditarietà, il contagio, i virus, il periodo, il condurre una vita non sana.

E il nostro infinito potere interiore dove va a finire? Sono quindi vittima e schiava di agenti esterni. Se nasco in una famiglia di diabetici sono una sfigata senza speranza. Ecco lì, risolto tutto. No… non funziona così.

NUOVI AMICI

Siamo esseri unici e irripetibili. Nonostante i geni, simili a quelli dei nostri genitori, l’ereditarietà esiste perché ci convinciamo che deve esistere. Perché ci hanno insegnato che è vera. Su questa storia dell’eredità dovrò scrivere un articolo perché, mi si perdoni, ma la considero un po’ una presa in giro. Ora torniamo al dolore, al doverlo accogliere.

Lasciagli fare ciò che vuole. Sopporta il tuo dramma se non riesci ad accettarlo ma entra dentro di lui. Mescolati con lui. Ascoltalo fino in fondo. Non ti sto dicendo che non puoi usare aiuti se soffri incredibilmente e neanche ti sto dicendo di non fare nulla per guarire ma, lui, il dolore, deve essere accolto da te come se fosse tuo figlio. Non scacciarlo via dimenticandoti di lui. Parlagli. Chiedigli cosa vuole comunicarti. Domandagli cosa puoi fare per dissolverlo. Chiedigli perdono e persona te stesso per averlo creato. Se saprai ascoltare in modo fine, lui ti parlerà e nascerà tra voi un rapporto incredibile e interessante.

Non mi crederai ma molti dolori, piano piano, si trasformano in “migliori amici”. Si schierano dalla tua parte perché ti amano e, sempre presenti, si fanno sentire dando avvertimenti che ti mettono in guardia per non cadere nella trappola nella quale sei caduto tempo prima, quando sei quasi morto dal male. Lascialo fare, digli che non vuoi mandarlo via, che non ce la fai più a sopportarlo ma che accetti, nonostante tutto, la sua presenza. Chiedigli di essere magnanimo, il dolore ti sente. Ti sente perché è tuo, sei tu, è una parte di te. E coccolalo, coccolati. Coccolati come faceva tua mamma quando eri un bambino. Chiedigli scusa, fagli capire che hai compreso e impegnati sinceramente ad apprendere quella lezione. Accetta la sua furia, urla e ricordati che tu sei più forte di lui. Sei tu che hai creato lui e non il contrario. Tu sei il genitore, l’amministratore, anche se ti sembra impossibile.

LA LINGUA SCONOSCIUTA

Traduci la sua lingua. Cosa ti sta dicendo? Che vivi imprigionato perché sei vittima del giudizio degli altri? Come ti permetti? Tu sei Dio. Dentro di te c’è l’intera energia cosmica, sei formato dagli stessi atomi che formano l’intero universo e vivi un’esistenza di cacca perché altre persone ti valutano. Permetti a loro questo? Gli dai questo potere? Dai a loro il potere di farti sentire un inetto? Ti autosvaluti perché fin da quando sei nato, in qualche modo, ti hanno passato il messaggio che vali poco. O sei invidioso? Un essere onnipotente come te invidioso di altri, un debole quindi, un micragnoso, un insufficiente. Oppure ancora vivi completamente nella paura e nelle preoccupazioni. Hai paura di tutto: dei soldi, dei sentimenti, del mostrarti, del lavoro, della malattia, dei legami… individua come un chirurgo cosa sta cercando di dirti il tuo dolore. Vuole solo aiutarti. Vuole solo suggerirti che tutto ciò nasce da delle trappole della mente. Da inganni ai quali tu dai un valore inestimabile, probabilmente, senza rendertene conto. Vuole farti capire che puoi vivere libero, libero da tutto questo e quindi in perfetta salute e in totale armonia.

Prosit!

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Chiamiamo a deporre Signor Virus

– Alzi la mano destra e giuri di dire la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità. Dica “lo giuro” –

– Lo giuro Signor Giudice –

– Bene Virus, a lei la parola, ci racconti i fatti –

– Ecco, Signor Giudice, a mio avviso mi sono state addossate colpe che non ho. Con questo non intendo dire di essere completamente innocente ed estraneo ai fatti ma essere il capro espiatorio di tutto mi sembra esagerato. Ora le spiego la mia visione. Ho causato un mucchio di malattie, evolvendomi e divenendo sempre più imbattibile, ma l’uomo è comunque riuscito a sconfiggermi anche perché, alla fine, sono un semplice aggregato molecolare che si impossessa di una cellula per riprodursi. Sono un parassita, in fondo, e non una bomba atomica –

– Si ma puoi fare davvero grandi danni –

– Mi lasci finire, la prego, Vostra Eccellenza. Lei ha ragione. Riesco ad introdurmi nell’apparato umano e mi moltiplico a volte così velocemente e sono così energico che gli anticorpi della mia vittima non riescono a debellarmi. In passato ho nuociuto ancora di più quando certe cure non esistevano e l’apparato immunitario si trovava senza aiuti. Ma è anche vero che non è colpa mia se un apparato immunitario è debole o non lavora bene ed è disorganizzato. Io seguo semplicemente la mia natura. Io e Batterio viviamo da quando è nata la vita, abbiamo diritto anche noi a stare su questo pianeta e, anzi, svolgiamo un lavoro molto importante e fondamentale nei confronti del rafforzamento dell’organismo e nei confronti dell’equilibrio del sistema tra sostanze utili e di scarto. Comunque, come le dicevo, sono pronto ad assumermi le mie responsabilità dei danni creati in passato o che ancora oggi posso creare con una semplice influenza –

– Vedi Virus, il fatto è che oggi, quella che causi, non è più una semplice influenza. Un tempo, quando si aveva l’influenza, si stava poco bene per qualche giorno e poi finiva tutto. Oggi si vomita, si ha una febbre altissima che non scende, dolori ovunque, si sta male un mese intero e, spesso, solo il Pronto Soccorso può essere valido –

– Ecco, Signor Giudice, è proprio qui che volevo arrivare. Mi permetta. La mia intelligenza è pari all’evoluzione del resto del tutto. E’ vero ch’io appartengo all’entità biologica più grande e numerosa del pianeta ed è anche vero che posso infettare ogni cosa ma i vostri corpi umani sono più malati, meno sani, insomma, io li vedo bene! Per non parlare delle aziende farmaceutiche che sono le prime a rendermi sempre più invulnerabile. Beh, ecco, avrà sentito anche lei la famosa citazione “un paziente guarito non ha più bisogno di essere curato“. Non parliamo poi dei medici. Oggi come oggi è sempre e solo colpa mia. È tremendamente svilente! Hai mal di pancia? È un Virus. Hai dolore ad una mano? È un Virus. Mal di testa da un mese? È un Virus. È sempre un Virus. Molto spesso, non sanno neanche loro che cosa si trovano davanti e allora generalizzano, danno sempre la colpa a me, tanto il paziente che ne sa… –

– Virus si rende conto delle illazioni che sta facendo? –

– Insigne Capo della Giuria, me ne rendo conto ma dovrò pur difendermi! E comunque, se questi tasti non devo toccarli mi si permetta di premerne altri. È mai possibile che l’umanità non si renda conto che qualsiasi tipo di Virus, che si impadronisce di un corpo, non lo fa mai senza un senso? –

– Cosa intende dire? –

– Beh, ecco, lei non mi crederà ma, la maggior parte delle volte che colpisco, sono stato richiamato dalla vittima stessa. È come se mi avesse voluto, cercato, immaginato e realizzato dentro di lei –

– Ma queste sono idiozie Virus! –

– Lei mi sta dando un potere che non ho Vostra Grazia. Mi sta dicendo che posso piegare il popolo in due al mio volere. In realtà, un essere microscopico come me, non può nulla contro l’infinito potere dell’essere umano creato a immagine e somiglianza di Dio! L’uomo non è solo corpo ma è soprattutto Spirito e io, vivendo nel microcosmo lo so bene, mi deve credere! Qua si parla di molecole, di mondi infinitamente piccoli. I miei! L’uomo non è così fragile, questo è da comprendere. E, nel tempo, illustri personaggi lo hanno affermato: Einstein, Tesla, Jung, Ippocrate. Vorrei raccontarle una storia. Durante il ‘600 mentre le persone venivano sterminate senza pietà dalla brutalità della peste, che è causata da un Batterio, ma io e Batterio ultimamente siamo sulla stessa barca e quindi intendo difendere anche lui, diciamo che glielo devo… un certo Isaac Newton passava le sue giornate in un prato, poco fuori il paese, seduto sotto ad un albero a riflettere e filosofare su alcuni concetti scientifici che aveva compreso. La gente gli moriva di fianco ma a lui non importava, era totalmente rapito dal suo mondo e, così facendo, non lasciava aperto l’accesso a Batterio. Una sua cara amica, invece, incredibilmente preoccupata e spaventata da quella epidemia, morì come molti proprio di peste. La peste la raggiunse perché lei le aprì la porta. Lei la fece entrare creandola dentro di sé e, una volta fatta entrare, ne ebbe paura. È la paura che uccide Signor Giudice! Non i Batteri o i Virus! È sempre la paura, qualsiasi malattia sia. Essa, di conseguenza, partorisce l’odio e il rancore, la tristezza e la rabbia. Queste emozioni induriscono i tessuti, il DNA si accorcia, modifica letteralmente la sua struttura. Io lo vedo e, mi è facile, a quel punto, sentirmi grande. Alcuni ormoni non vengono più emessi, o se ne ha un sovradosaggio, perché l’organismo va in tilt cercando di difendere e proteggere il corpo. Cercando persino di farlo guarire! Le mie condizioni preferite, si capisce. E io mio trovo qui perché, dopo tutto il mio parlare, volevo solo spiegare questo punto ma come posso provarlo? Ciò che dico è vero. Io so che molti scienziati lo hanno scoperto e lo hanno visto con i loro occhi ma lo tengono ancora nascosto. Sono piccolo, arrivo ovunque, e quello che le sto dicendo è la verità. È la paura che dovete arrestare. E spesso è lei il mio mandante. Signor Giudice, mi dia almeno il beneficio del dubbio! –

– Virus, ammetto che le tue considerazioni, pur sembrandomi utopie, sono molto interessanti ma non potrebbe essere che, il famoso Newton, semplicemente aveva un apparato immunitario più forte o non è venuto a contatto con il Batterio? –

– Quindi la sua è stata semplice fortuna. Battiamo su un punto inesistente e senza concretezza, su un concetto che non ha tangibilità, creato dall’uomo che non ha saputo spiegare cose più grandi di lui. Fortuna e Sfortuna sono così nate per mettere una toppa laddove, certe domande, non ottenevano risposte perchè immense –

– Magari è vero che mangiava in modo più sano –

– Allora ho ragione a dire che oggi i corpi sono più malati e deboli, visto che le aziende alimentari creano solo porcate in laboratorio. La società non permette di alimentarsi in modo sano perché, per fare questo, ci vuole tempo e il tempo scarseggia, bisogna lavorare e guadagnare e sfinirsi ma io che colpa ne ho in tutto questo? –

– E se allora si tenne lontano dal suo amico Batterio? –

– Di Grazia, mi consenta, ma lei non conosce Yersinia Pestis, così si chiama. Quello arriva dove vuole. Ai tempi di Newton i ratti e le pulci pullulavano come le stelle nel cielo. L’igiene scarseggiava per tutti, anche per i luminari della scienza. Era una condizione che chiunque pativa. Lei pensa forse che Dante Alighieri o Leonardo Da Vinci si lavavano tutti i giorni? Certo che no! Non era andando in un prato che ci si salvava, la peste arrivava ovunque –

– Eppure in molti non si sono ammalati –

– Già, come mai? Come le ripeto, Esimia Autorità, lei stenterà a credermi ma chi non si ammalava era chi non temeva la sconfitta. Potreste osservare al microscopio cosa accade al DNA e al sangue e a tutte le cellule di un essere umano quando egli ha paura! Io le vedo, torno a dirle! –

– O riescono a curarsi anche… –

– Ogni corpo è a sé. Nessuno è uguale ad un altro. Ogni individuo abbisogna della sua speciale cura ma è anche vero che tutti gli organismi si muovono allo stesso modo. Un’infezione è un’infezione per tutti. Non c’è un medicinale diverso per ognuno. Ci sono delle accortezze, dove medici lungimiranti e precisi giungono e attuano al fine di creare la cura migliore e più adatta a quel paziente. Si aggiunge quindi un medicinale in più, o si effettua un cambiamento qua e uno là, ma l’infezione è infezione per tutti. Tessuti arrossati, comparsa di pus, zona dolorante, etc… Una bronchite è una bronchite. Un foruncolo è un foruncolo. Il diabete è sempre il diabete. Ogni malattia ha i suoi stadi ma è “quella malattia”. Non si può basare tutto sul destino, se ne rende conto? Dov’è allora la prova certa e concreta che tanto la scienza va cercando? Il grande Paracelso, medico alchemico ch’ebbi modo di conoscere durante la prima metà del ‘500, diceva: “Guai a quel medico che cura il corpo senza prima aver curato la mente, giacché da essa tutto discende”. Nel ‘500, capisce? –

Il Giudice pronuncia la sentenza. All’imputato viene diminuita la pena in quanto obbligato a prender parte al reato.

Per approfondire il tema delle modifiche che il DNA subisce in base alle emozioni potete leggere l’Esperimento n°3 di questo articolo https://riccamente.blogspot.com/2012/01/gregg-braden-3-importanti-esperimenti.html

Forse, per comprendere meglio il messaggio di Virus, può tornarti utile leggere anche questo mio articolo “il dolore – l’indesiderato messaggero degli Dei”.

Prosit!

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Ictus – una Vita di Insoddisfazioni, Blocchi e Forzature

L’Ictus è un gravissimo danno, soprattutto cerebrale, per le importanti cellule che muoiono non venendo più nutrite dal sangue. Si tratta infatti di un’interruzione di ossigeno, che può essere causata da diversi fattori, in determinate zone del nostro corpo. L’Ictus al cervello è sicuramente il più terribile in quanto uccide cellule le quali governavano parti del corpo ora immobili o non più funzionanti.

La rottura di un vaso, un ristagno di sangue, un coagulo, una bolla d’aria, sono tutte barriere che impediscono l’arrivo del sangue dove necessita e l’individuo ne subisce le drammatiche conseguenze. Una vita irregolare, non sana, un’alimentazione sbagliata, vizi poco salutari, malattie cardiovascolari, l’utilizzo eccessivo di farmaci e molti altri motivi, che un medico saprebbe spiegarvi meglio di me, possono essere le cause principali di questa bruttissima situazione da subire ma, anche se considerate le più ovvie, non sono le uniche. C’è anche un altro lato da osservare ed è quello del – cosa siamo -.

Siamo troppo abituati ad ascoltare soltanto il nostro corpo. Poco ci importa delle struggenti lotte che la nostra parte mentale e quella emozionale vivono costantemente ogni giorno. Le sopportiamo dicendo – Tanto è così – e tiriamo avanti. Purtroppo per noi però, proprio tutte e tre queste parti che ho citato: corpo, mente e emozioni lavorano insieme, strettamente collegate tra loro. Un disguido in uno di questi settori comporta rischi o danni anche nell’altro e così via. Ma non ci si crede. Dividiamo tutto, archiviando ordinatamente in diversi cassetti ogni nostro Essere.

Se però parliamo di “interruzioni”, a livello vascolare, dobbiamo comprendere come queste interruzioni siano anche a livello emozionale e di conseguenza (poi) fisico. Mi pare ovvio. Pertanto, se vivo una vita “bloccato”, ossia una vita nella quale non posso avere o non posso fare quello che voglio, a lungo andare, il mio sangue (simbolo e fonte della vita) si bloccherà. Ora, tutti noi viviamo una vita così. Quasi nessuno fa quello che vuole o fa quello che gli piacerebbe fare. Gli impedimenti sono tantissimi. Ma è come si vive questa situazione ad essere importante. Ad esempio, tutti dobbiamo lavorare ma mentre c’è chi in cuor suo non vorrebbe e si ribella e vive con esagerato rancore e risentimento la sua esistenza, c’è chi invece pur essendo magari scontento, si limita a sbuffare ma non prova odio nei confronti della sua stessa vita o profonda e struggente insoddisfazione.

L’Ictus è proprio questo. Il potente risentimento nei confronti della mancanza della propria espressione. Tutti vorremmo avere più soldi di quelli che abbiamo ma c’è chi…. se ne fa una MALATTIA.

Il dolore fisico, per fare un altro esempio, non è percepito da tutti allo stessa maniera, ma soprattutto non è percepita la gravità del fatto alla stessa maniera. C’è chi si taglia un dito e si mette un cerotto e finisce lì, c’è chi per lo stesso taglio ne fa un dramma agitandosi o svenendo. Non ci sono colpe, ne giudizio, ma è per questo che è importante capire come viene percepita la situazione da quel soggetto.

Tutto questo insieme di emozioni negative causa un significativo blocco della gioia (il sangue rappresenta proprio la gioia, ingrediente principale della vita) che, a lungo andare, causa a sua volta il danneggiamento.

Si vive in un continuo e latente stato di tristezza nel quale ci si sente insoddisfatti e infastiditi. Non si vive la vita che si vorrebbe. La scontentezza regna padrona a livello profondo, negli abissi del nostro Essere. Fino al momento in cui, stremati da questa specie di continua lotta, “ci si lascia andare”. L’Ictus giunge senza pietà e con poche avvisaglie, lasciando solitamente strascichi che si portano avanti per tutta la vita nei casi in cui si rimane in vita. La perenne e protratta insoddisfazione nei confronti della propria storia sentimentale/coniugale, la “recalcitraggine” nei confronti del proprio lavoro, l’idiosincrasia nei confronti della società, che colpevolizziamo per via degli impedimenti che ci obbliga a vivere, sono tutti esempi validi in caso di Inctus. Non so voi ma ho conosciuto molte persone vittime di Ictus e nessuna di queste era veramente e sinceramente soddisfatta della propria vita. Non fermatevi ai sorrisi, alla voglia di scherzare, all’essere di compagnia. La tristezza può essere molto ben nascosta in arcane grotte che ci appartengono e quando con essa, ci si convive, la si maschera ancora meglio apparendo persone socievoli e divertenti. Ma, credetemi, raramente, senza assolutismo, una persona che nasconde queste emozioni negative, è portatore di luce nella vita degli altri, anche se ride 24 ore al giorno.

Mi preme dire che, dietro a questo, c’è naturalmente anche una buona dose di rabbia e sovente anche una dipendenza. La dipendenza può essere di mille tipi: donne, soldi, partner, alcool, porno, gioco d’azzardo, divertimento, conoscenza, cibo, ordine, originalità… Quando senza quel qualcosa si vive male questo qualcosa è una dipendenza. Quando non si accetta la diversità si è dipendenti. Possono diventare ottimi palliativi all’insoddisfazione. Possono diventare inconsciamente chances a quelle che dentro di noi reputiamo forzature e non ci permettono di vivere al meglio. Un attimo di godimento in quell’irrequietezza opprimente. Quella frustrazione continua, perpetua.

Sentire addosso l’oppressione di ciò che non si accetta. Questa è la disgrazia.

Prosit!

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La Cataratta – la Visualizzazione di un Triste Futuro

Gli Occhi sono gli organi che ci permettono di vedere e, secondo il parere della Psicosomatica, ci permettono di vedere non solo il mondo reale che ci circonda ma anche la vita stessa, immaginando, ogni secondo che passa, il nostro prossimo futuro.

Senza neanche rendercene conto, siamo spesso proiettati verso il futuro, verso quello che accadrà, che sta per succedere. Ci pre-occupiamo sovente o, semplicemente, visualizziamo quello che stiamo per fare: “oggi dovrò andare a comprare il pane perché è terminato”.

Gli Occhi quindi, non solo filtrano e proiettano nel nostro cervello le forme e i colori attorno a noi, ma ci permettono immaginazioni, spesso minacciose, per la nostra parte intrinseca.

Se io ad esempio vedo il mio partner stare poco bene e soffrire di una malattia abbastanza grave, mentre lo guardo, automaticamente e inconsciamente, immagino il mio futuro travagliato che può essere senza di lui, perché la sua patologia potrebbe portarmelo via, o mi vedo affannata nel dovermi prendere cura di lui senza altri aiuti e senza più una quotidianità tranquilla e serena.

Oppure ancora, una grande spesa che devo affrontare per i prossimi anni mi turba. Più passa il tempo e più il mio debito rimane lì, non permettendomi una vita agiata.

La Cataratta, disturbo del quale parlo in questo post, è proprio la concretizzazione di questa paura inerente al mio futuro che mi rende triste. Immaginando così l’angoscia e il tormento, posso sviluppare questo disturbo dell’Occhio che è la formazione di un velo sul cristallino il quale diminuisce la mia vista. In alcuni casi può diventare così grave da rendere la persona completamente cieca.

Il Cristallino, membrana trasparente e convessa posizionata dietro l’iride, con la funzione di lente, in pratica si opacizza e io vedo di meno, proprio come a dire “non voglio vedere, questo futuro mi spaventa, mi angoscia, non voglio guardarlo”.

Possiamo notare come proprio la maggior parte delle persone che soffrono di Cataratta sono anziane. Questo disturbo, nella maggior parte dei casi, subentra infatti ad una certa età quando si inizia a percepire il futuro in modo diverso e più preoccupante rispetto a quando si è giovani. La paura della solitudine, della malattia, della morte sono tutti timori che, più si avanza con gli anni e più prendono piede in noi, pertanto, ecco comparire il problema oculare.

Una madre che vede i figli andare via e magari ha un marito malmesso dal punto di vista della salute.

Un figlio che vede la madre prossima alla fine dei suoi giorni.

L’operaio che deve andare in pensione e si sentirà solo ed escluso da quella azienda per la quale ha lavorato una vita intera.

Occorre quindi chiedersi: – Che cosa mi spaventa del futuro da rendermi così triste? -.

E’ difficile rispondere a questa domanda perché spesso non lo sappiamo neanche noi. Sono turbamenti celati nel nostro inconscio. Vediamo la fonte della nostra preoccupazione ma non ci accorgiamo che ci sta facendo preoccupare. Lo so, sembra assurdo ma è proprio così.

Una soluzione quindi è quella di immaginare semplicemente il nostro futuro rosa. Senza catalogare ciò che ci fa male, che ci mette ansia, che ci scombussola. Sappiamo di avere questo problema e anche quest’altro e quest’altro ancora ma non consideriamoli per questo esercizio. Mettiamoli da parte. Non ci servono.

Sappiamo che esistono e questo basta e avanza. Ora dobbiamo allenarci a vedere il bello e a stare tranquilli a livello generale. E’ molto dura, me ne rendo conto, ma così facendo è possibile non permettere alla Cataratta di formarsi ed eliminiamo un ulteriore problema che affliggerebbe direttamente noi stessi. Anziché chiudere il sipario nei confronti di quella situazione dobbiamo spostare da un lato questi eventi e scegliere di guardare la nostra prossima esistenza con gioia.

Questo non significa comportarsi come dei menefreghisti davanti al dolore degli altri o davanti al nostro malessere. Significa soltanto non dare a quel dolore la possibilità di governare ed essere padrone della nostra vita, nonché dei nostri disturbi fisici. Quel malessere c’è, esiste, me ne rendo conto ma non gli permetto di rendermi sua schiava. Lo vivo, lo affronto, lo accudisco ma faccio di tutto per rimanere nelle frequenze della pace almeno il più possibile. Devo fiduciosa nel credere che una soluzione perfetta per me arriverà.

E’ ostico comportarsi così? Moltissimo. E’ un lavoro straordinario e coraggioso ma è possibile. Sarà inoltre proprio grazie a questo risultato che potremmo essere ancora più d’aiuto a chi ci sta vicino e, soprattutto a noi stessi, continuando a vivere nella centratura. Nessuno infatti sta dicendo che dovete fare i salti dalla felicità ma la centratura occorre non scordarla mai.

Rimanere centrati e padroni di sé come un Guerriero. Viviamo prove difficili ma dobbiamo cercare di affrontarle con consapevolezza agendo nel migliore dei modi.

Prosit!

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Pillolette da FaceBook

Per chi non segue la mia pagina Facebook di Prosit https://www.facebook.com/prositvita/ posto qui qualche breve articolo, da me scritto e di vario genere, che può essere utile. Sono solo “pillole”, accenni, ma forse possono servire per riflettere e magari trovare soluzioni:

1)

Ascolta bene…
tu hai una malattia ma non SEI la malattia. Tu hai un dolore ma non SEI il dolore. Tu hai un disagio ma non SEI il disagio.
Staccati da ciò che di negativo provi. Siete due cose distinte. Anche se certe cose le senti dentro di te, loro NON SONO te.
Tu sei tu. E sei più forte. Non permettere ai disturbi di prevaricare e vincere. Lo so che è dura ma molte persone sono riuscite a guarire partendo proprio dallo scindere se stesse da ciò che era per loro il male. Il male è una situazione. Tu hai l’Universo dentro. Hai il divino. Sei superiore ad ogni cosa anche se hanno detto il contrario. Godi del libero arbitrio che hai di poterti distaccare, di poter scegliere, almeno nel limite delle tue facoltà.

2)

Non credere a tutto quello che ti viene detto come una pecora! Ma neanche a quello che dico io o leggi sul mio blog. Informati, appura che sia realmente così. Fai delle prove, confuta! Hai un tuo cervello, un tuo cuore, delle tue emozioni. Devi sentire. Impara a mettere in dubbio. Non essere assolutista o estremista. Apriti. Non essere una zavorra appesa ad una mongolfiera. Prendi di ogni cosa quel tot per cento che ti appartiene e fallo tuo. Tutti sbagliano, tutti possono commettere errori. Impara ad estrapolare il buono da ogni concetto, da ogni pensiero. Non pendere dalla bocca di nessuno, sii te stesso. Prendi consigli, cerca di carpire il meglio ma fallo tuo perchè soltanto tu sei dentro di te. Se ti dicono che quell’alimento fa venire un tumore, studia! Controlla se è vero. Osserva ogni lato. Se ti dicono che fare così è sbagliato, controlla il perchè. Se ti dicono che devi pensarla a quella maniera, fai delle prove sulla tua pelle. Svegliati! Apri la TUA di mente non entrare nella mente già aperta degli altri.

3)

Sei grasso/a?
Stai a dieta, perfetto, l’alimentazione sana è sicuramente alla base… ma se prima non rispondi a certe domande, a mio avviso, sarà difficile che riesci a dimagrire.
Ovviamente devi rispondere a te stesso/a e partire poi da lì a lavorare internamente su di te.
– Cosa non ti soddisfa della tua vita?
– Hai bisogno di essere notato/a perchè hai poca autostima o pensi di non riceve abbastanza amore?
– Quale mancanza senti?
– Da cosa, o chi, devi difenderti?
Pensi che una o più di queste domande può appartenerti?
Bene, lavoraci sopra. Quello è il tuo trauma ed è lui che trasforma anche il tuo fisico.

4)

La radice di molte malattie è l’INSODDISFAZIONE.
L’ansia, la depressione, l’obesità e molti altri disturbi derivano sempre da lì anche se sovente non sappiamo neanche per che cosa siamo insoddisfatti. La vita che conduciamo, ciò che ci circonda, non ci piace e soprattutto non ci basta. Vorremmo altro, vorremmo cose diverse, vorremmo cose che non abbiamo. E, la maggior parte delle volte, tutto questo, esiste per la PAURA. Vorremmo cambiare partner ma abbiamo PAURA (di rimanere soli, del giudizio degli altri, della sua reazione…), vorremmo cambiare lavoro ma abbiamo PAURA (della mancanza di sicurezza economica, del salto nel vuoto, del giudizio, del futuro…). Abbiamo paura di offendere, di non trovare più ciò che possediamo, di mostrarci sbagliati, o persone facili e leggere. E così continuiamo nella routine giornaliera, in quel tran tran che non ci porta critiche esterne, che non ci spaventa perchè è la nostra comfort zone (zona di comfort) ma che ci logora dentro e ci ammaliamo. Quando il timore ci pressa, purtroppo non si può partire a spada tratta come molti consigliano facendola semplice, ma posso assicurarvi che osservare ciò che di bello abbiamo e praticare la gratitudine costantemente aiuta davvero molto. Moltissimo. Ci aiuta ad avere fiducia in noi stessi, ci mostra il lato bello della vita e l’inconscio registra il “bello”. Tutto questo attenua la paura di volta in volta e, più avanti nel tempo, saremo in grado di fare un piccolo passo in avanti e poi sempre di più. Questo non è difficile da fare, ci vuole solo voglia e dedizione.

5)

Per favore… non confondiamo l’istruzione con l’intelligenza. Istruito è colui che ha letto tanti libri, intelligente è colui che può leggere tanti cuori.
Poco importa se conosci tutte le leggi della fisica ma non sai riconoscere i tuoi torti e pretendi di avere sempre ragione.
Poco importa se reciti un saggio a memoria ma calpesti il tuo vicino per arrivismo.
Poco importa tutto ciò che non contempla la sensibilità, l’empatia, l’umiltà e la compassione.
L’istruzione affascina. Affascina tantissimo. Spesso può ridurci a zavorre appese in balia del volere di un altro essere che… “ne sa più di noi”.
Ma dove non c’è cuore non c’è nulla.
E osserviamo, se noi invece il cuore lo abbiamo, è quell’altra persona, con tutto il suo sapere, che dovrebbe inchinarsi al nostro cospetto.
L’istruzione libera dalla schiavitù si, ma un’istruzione senza amore, è un’arma che distrugge come qualsiasi altra possibile arma. Non c’è differenza.
Non mettete il vostro cuore in mano a un cervello.

6)

Non vergognarti di raccontare un torto che hai subito. Un’offesa che ti ha fatto male. Sentiti grande e superiore di essere lì, a dirla, apertamente. Sentiti superiore di chi ha cercato di spegnere la tua luce e illumina te stesso facendo fuoriuscire le ombre che ti attanagliano. Non infangare l’altro ma liberati dal male. Perché parlando, anche solo con il cielo, ad alta voce, come se fosse un amico, ti purifichi. Ti consiglio vivamente di farlo. Che tu ci creda o no, arrivano anche le risposte e i consigli migliori da un qualcosa di molto, molto più grande di noi. Siediti su uno scoglio, su una panchina, sul tuo letto e racconta. Raccontati. Starai meglio.

Ecco qui. Tutte per voi. Vi auguro il meglio.

Prosit!

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