La Fiaba di chi ti fa del male

PREMESSA:

Ciao, se hai intenzione di leggere questo articolo intendo avvisarti che stai per leggere una storia un po’ strana che forse stona molto con il tuo modo di pensare. Questo potrebbe portarti ad avercela con me, a pensare che io non conosca la sofferenza ma credimi, non è così. Intendo solo aiutarti, provando a darti una nuova chiave di lettura. Certamente non posso conoscere la tua sofferenza ma, davanti ad essa, qualunque sia, io mi inchino umilmente, rispettandola, ma voglio comunque provare a donarti una nuova luce. Una luce difficile da vedere ma che c’è, esiste. Te la offro perché ho avuto la straordinaria bellezza di conoscerla e possederla e mi ha fatto un gran bene, anche se ci sono voluti anni affinché io capissi che cosa questa luce stava illuminando dentro di me. L’ho detestata, mandata via, offesa. Ho provato a non riconoscerla ma ormai mi era entrata dentro e qualcosa, ogni volta che stavo male, mi portava a lei.

Oggi, nonostante tutte le angosce, le difficili prove che ho dovuto superare, i periodi di buio, devo ammettere che mi ha aiutata tantissimo e, in alcuni importanti casi, mi ha persino mostrato una soluzione che per me è stata una resurrezione.

Per questo intendo soltanto condividerla con te. Come a parlare tra me e me. Non ci sarà superficialità nelle mie parole. Non mi permetto di affermare quanto soffri ma posso permettermi di dire che questa luce arriva dalla Sorgente Divina che ci ha creato e non vuole farci del male ulteriore. Tutt’altro. La nostra Mente, però, per un ovvio processo di evoluzione e di sopravvivenza, ci fa vedere tutto all’incontrario. Ben venga. E’ tutto giusto. Ma possiamo anche guardare oltre

Immagina… Chiudi gli occhi e immagina…

Immagina di essere una forma senza materia. Quasi come ad essere un fantasma. Sei nell’infinito e fluttui assieme alle stelle delle quali sei figlio e fluttui nell’Energia Creatrice della quale sei sacra emanazione. Attorno a te, altri corpi che corpi non sono, galleggiano in quello spazio cosmico e siete come scintille. Sei contornato da nuvole di vapore dal colore rosa e, dietro loro, si staglia l’azzurro prima dell’antracite che dimostra quello spazio immenso e senza fine.

Accanto a ciò che sei, altre forme come te, senza fisicità ma che sembrano insiemi di polvere di stelle, ti ondeggiano vicino.

Ad un certo punto, una di queste forme ti rivolge la parola e ti dice – Ciao! Quando andrai sulla Terra? -. Tu non lo sai con precisione, perché dove sei tu non esiste il Tempo e quindi rispondi – A breve -. 

Questa forma ti sorride e continua – Va bene! Sappi che io sono stata arruolata dalla Grande Fonte per farti del male, scenderò con te sul Pianeta. Ad un certo punto della tua vita terrena mi incontrerai e io ti farò soffrire moltissimo -.

Tu sei stranito, non capisci il senso di quelle sue parole che appaiono brutte e negative ma quel suo sorriso è così dolce che non riesci a provare emozioni distruttive. Attorno a te, inoltre, è tutto così bello e le sensazioni sono così meravigliose che ti senti bene, nella beatitudine più totale e non provi nulla di male. Tutto questo ti lascia perplesso e vuoi saperne di più, allora chiedi – In che senso mi farai del male? E perché? -.

Quella forma, alla quale hai fatto questa domanda, ti sorride ancora di più e inizia a spiegarti capendo che probabilmente sei nuovo da quelle parti – Beh, è molto semplice. Siamo Anime ora. Lo eravamo prima e lo siamo di nuovo. Solo Anime, senza più corpo. Tra poco ti incarnerai ancora in un fisico, come hai fatto diverso tempo fa. Hai condotto una splendida vita nella materia ma non sei riuscito a trasmutare molti mali che ti appartengono tuttora e distruggono l’immensa divinità che sei come Figlio dell’Universo. Ricordi? Eri ricco, avevi una bellissima moglie, una grande casa, la notorietà ma eri schiavo del Demone del Giudizio degli altri, ne avevi paura e questo ti soffocava. Poi, se fai mente locale, eri anche molto ansioso e ti arrabbiavi facilmente! Oh! No… Tutto questo la tua Anima divina non può accettarlo… Noterai ora che erano solo bazzecole vero? Bene. Quando sei tornato qui, non sei venuto subito tra questo spettacolare luogo di pace che gli umani chiamano “Paradiso”, bensì ti è stato mostrato che cosa non sei riuscito a modificare di te per diventare sempre più Spirito e non solo Corpo. Anche se vai sulla Terra non puoi dimenticare chi sei veramente! Ora, quando tornerai giù, bisogna che qualcuno ti aiuti e io sarò uno di questi. Dal momento che patisci moltissimo il Giudizio degli altri, io ti giudicherò e ti valuterò negativamente in modo da farti sentire tanto dolore. Solo in questo modo, attraverso la sofferenza, potrai guardarti dentro, comprendere quanto tutto questo faccia male e decidere di trasmutarlo a tuo favore. Ma non sarò l’unico… saremo in tanti e appariremo a te per tutta quella vita terrestre, sempre al fine di giudicarti, affinché tu veda il Giudizio tuo che serbi dentro perché, in realtà, sei tu il primo a giudicare te stesso, noi saremo i tuoi specchi perfetti –

– Ma perché tutto questo se io ce l’ho già dentro, a che servite voi? – chiedi tu, a quel punto, un po’ stupito.

– Vedi – risponde quella forma che man mano diventa sempre più bella, quasi ad essere angelica – Immagina di essere spettinato ma di non avere uno specchio davanti. Oppure di avere una macchia sul viso ma sei comunque senza specchio. Non noteresti nulla. Ti serve per forza uno specchio per vedere -.

– Ok, ho capito ma… perché in questo modo che mi sembra un po’ severo, doloroso… –

– E’ facile da capire. Semplicemente perché rispecchiamo quello che Tu sei. Se senti dolore è solo perché tu, dentro di te, provi cose dolorose per la tua meravigliosa natura intrinseca e il bambino sacro che porti dentro per tutta la vita, ossia l’essere puro e speciale che eri un tempo. Noi ci limitiamo a riflettere. Se tu provi cose buone noi riflettiamo cose buone ma se tu provi cose “cattive” come: la rabbia, la tristezza, il fastidio, il giudizo, etc… noi riflettiamo quello… se ti fanno male è un problema che devi risolvere. Quando provi rabbia celata neanche ti rendi conto di quanto male ti stai facendo, per questo ognuno di noi ti mostra pagine della tua vita che altrimenti non potresti vedere –

– Perché non le vedo? –

– Perché appartengono a delle memorie antiche. Un tempo sono stati per te mezzi di difesa per sopravvivere davanti ai demoni di chi ti stava vicino, di chi ti ha cresciuto, di chi hai incontrato e tutte queste memorie arcaiche finiscono in un posto della tua mente chiamato “subconscio” e quindi invisibili a te se non effettui un lavoro di meticolosa perlustrazione atta all’evoluzione –

– Ma quindi incontrerò anche chi mi farà vedere del bello? –

– Certamente! Guardati intorno… vedi tutte queste forme che ti sorridono? Sono tutte pronte a scendere con te. Quella che sembra color arancio sarà tua madre. Lei si complimenterà sempre molto con te ma solo se le dimostrerai che farai quello che lei desidera… E guarda quella là in fondo… lei ti tradirà e tu piangerai moltissimo e non mangerai più per tanti giorni. Ti innamorerai di lei ma lei ti abbandonerà per un altro al fine di farti capire che non vali nulla… –

– Cosa?! Ma è assurdo! –

– Oh! No! Non è assurdo! E’ tutto perfetto! Non riesci a comprendere che lei sta eseguendo un egregio lavoro perdendo persino il suo libero arbitrio per te! Lei ti farà vedere chiaramente che tu, per te stesso, non vali nulla! Non capisci cosa sei veramente! Una scintilla dell’Energia Cosmica! E invece ti tratti come ad essere un tapino smarrito… Tu… sei Dio! Riconoscilo! Ricordalo sempre! Non dimenticarlo mai! Solo grazie a lei effettuerai un lavoro di trasmutazione e finalmente ti riconoscerai Dio! E sarà bellissimo! Fidati di me… ancora non puoi capire cosa proverai… –

Resterai attonito dopo aver udito quelle parole. Ti sembreranno incredibili ma qualcosa ti dice che non puoi considerarle sbagliate. Tutto quello al quale riuscirai a pensare sarà che… in effetti… visto in questo modo, tutto assume un altro aspetto.

Immagina… chiudi gli occhi e immagina… immagina se davvero tutto fosse così in dimensioni che non conosci… ma che esistono…”.

Prosit!

Il Dolore – l’indesiderato messaggero degli Dei

APRITE QUELLA PORTA (tipo Leatherface)

Non lo vogliamo con noi perché ci fa provare sensazioni spiacevoli. Ci fa male. È straziante e vogliamo allontanarlo, o non vederlo, o cacciarlo via. Mi riferisco al dolore che a nessuno piace. Mi riferisco a qualsiasi dolore ma, oggi, parlo più nello specifico di quello fisico, ultimo stadio di una scalinata in discesa.

Ogni tipo di dolore, o malessere fisico, è un messaggio che occorre tradurre e se ci convincessimo di questo la nostra guarigione avverrebbe in maniera più facile.

Ci sono dolori molto forti, i quali ci sembrano più potenti di noi ma se noi volessimo potremmo vincerli. A volte però ci trovano sfiniti, depositiamo le armi e li lasciamo fare soccombendo al loro volere. Prima di giungere a questo momento, dal quale è molto difficile uscire, si può provare a considerare cosa vuole dirci. Il dolore è come un bambino e se anziché allontanarlo da noi, provassimo ad ascoltarlo, smetterebbe di pestare i piedi isterico.

Spesso il dolore bussa alla nostra porta in modo molto lieve e noi non lo sentiamo, pertanto, non gli diamo retta. Allora bussa più forte, noi andiamo a vedere chi è, ma non vogliamo aprire l’uscio della nostra casa ad un essere così maligno che sappiamo ci farà del male. Così inizia a suonare il campanello. Un suono che ci trapana le orecchie, che inizia a intimorirci ma teniamo duro anche se già siamo avvolti da paura e fastidio. Anche se già ci ha buttati nell’angoscia. Infine, sfonda la porta.

Se ci comportiamo da “sordi” ci pensa lui a farsi sentire. E si impossessa di noi. Ora è lui a comandare e sembra furioso. Se decide che dobbiamo stare immobili nel letto, ci immobilizza nel letto. Non ci sono cavoli che tengono.

LASCIAMI PARLARE

Ma allora come si può liberarsi di lui? Lui ha un compito e lo porta a termine costi quel che costi. Siamo noi, in fondo, che abbiamo deciso di non ascoltarlo fin dall’inizio. Il suo compito è quello di avvisarci e di farci sapere che stiamo sbagliando in quella/e situazione/i facendo del male al nostro bambino interiore ossia soffocando e non riconoscendo il nostro essere divini. Se, quando giunge a noi, lo lasciassimo parlare e lo lasciassimo sfogare, ascoltando tutto quello che ha da dirci e provassimo poi a mettere in pratica i suoi insegnamenti, lui poi se ne andrebbe e non tornerebbe più. Non avrebbe più niente da spiegarci dal momento che abbiamo compreso.

Ma lasciarlo parlare significa permettergli di “farsi sentire” ossia significa per noi provarlo. Provare quel dolore, sentire male, stare poco bene. È molto più comodo, invece, prendere un medicinale o farsi operare così lo si zittisce e si sta subito meglio, per lo meno finché l’indesiderato ospite non decide di tornare più forte di prima.

Da semplice febbre si trasforma in gastrite, ad esempio, e quindi noi non correliamo le due cose, pensiamo a due eventi non connessi tra loro e questo accade perché non parliamo il suo linguaggio e nemmeno vogliamo impararlo. Diamo sempre la colpa a quello che la medicina ci ha mostrato come massimi responsabili: la sfiga, l’ereditarietà, il contagio, i virus, il periodo, il condurre una vita non sana.

E il nostro infinito potere interiore dove va a finire? Sono quindi vittima e schiava di agenti esterni. Se nasco in una famiglia di diabetici sono una sfigata senza speranza. Ecco lì, risolto tutto. No… non funziona così.

NUOVI AMICI

Siamo esseri unici e irripetibili. Nonostante i geni, simili a quelli dei nostri genitori, l’ereditarietà esiste perché ci convinciamo che deve esistere. Perché ci hanno insegnato che è vera. Su questa storia dell’eredità dovrò scrivere un articolo perché, mi si perdoni, ma la considero un po’ una presa in giro. Ora torniamo al dolore, al doverlo accogliere.

Lasciagli fare ciò che vuole. Sopporta il tuo dramma se non riesci ad accettarlo ma entra dentro di lui. Mescolati con lui. Ascoltalo fino in fondo. Non ti sto dicendo che non puoi usare aiuti se soffri incredibilmente e neanche ti sto dicendo di non fare nulla per guarire ma, lui, il dolore, deve essere accolto da te come se fosse tuo figlio. Non scacciarlo via dimenticandoti di lui. Parlagli. Chiedigli cosa vuole comunicarti. Domandagli cosa puoi fare per dissolverlo. Chiedigli perdono e persona te stesso per averlo creato. Se saprai ascoltare in modo fine, lui ti parlerà e nascerà tra voi un rapporto incredibile e interessante.

Non mi crederai ma molti dolori, piano piano, si trasformano in “migliori amici”. Si schierano dalla tua parte perché ti amano e, sempre presenti, si fanno sentire dando avvertimenti che ti mettono in guardia per non cadere nella trappola nella quale sei caduto tempo prima, quando sei quasi morto dal male. Lascialo fare, digli che non vuoi mandarlo via, che non ce la fai più a sopportarlo ma che accetti, nonostante tutto, la sua presenza. Chiedigli di essere magnanimo, il dolore ti sente. Ti sente perché è tuo, sei tu, è una parte di te. E coccolalo, coccolati. Coccolati come faceva tua mamma quando eri un bambino. Chiedigli scusa, fagli capire che hai compreso e impegnati sinceramente ad apprendere quella lezione. Accetta la sua furia, urla e ricordati che tu sei più forte di lui. Sei tu che hai creato lui e non il contrario. Tu sei il genitore, l’amministratore, anche se ti sembra impossibile.

LA LINGUA SCONOSCIUTA

Traduci la sua lingua. Cosa ti sta dicendo? Che vivi imprigionato perché sei vittima del giudizio degli altri? Come ti permetti? Tu sei Dio. Dentro di te c’è l’intera energia cosmica, sei formato dagli stessi atomi che formano l’intero universo e vivi un’esistenza di cacca perché altre persone ti valutano. Permetti a loro questo? Gli dai questo potere? Dai a loro il potere di farti sentire un inetto? Ti autosvaluti perché fin da quando sei nato, in qualche modo, ti hanno passato il messaggio che vali poco. O sei invidioso? Un essere onnipotente come te invidioso di altri, un debole quindi, un micragnoso, un insufficiente. Oppure ancora vivi completamente nella paura e nelle preoccupazioni. Hai paura di tutto: dei soldi, dei sentimenti, del mostrarti, del lavoro, della malattia, dei legami… individua come un chirurgo cosa sta cercando di dirti il tuo dolore. Vuole solo aiutarti. Vuole solo suggerirti che tutto ciò nasce da delle trappole della mente. Da inganni ai quali tu dai un valore inestimabile, probabilmente, senza rendertene conto. Vuole farti capire che puoi vivere libero, libero da tutto questo e quindi in perfetta salute e in totale armonia.

Prosit!

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Osservati dall’esterno per smettere di soffrire

IL MACABRO POZZO

Ogni volta che soffriamo cerchiamo soluzioni sbrigative per uscire da quell’angoscia ma questo modo di fare non è proprio il più adatto. Occorrerebbe entrare in quel dolore e viverlo a fondo, per conoscerlo e trasmutarlo, guarire davvero, non provarlo una seconda volta.

È anche vero però che ci sono malesseri lunghi a finire e assai deleteri per il nostro stato emozionale e fisico, soprattutto in caso di dolore attivo. Il dolore infatti può essere attivo o latente. Quando è latente è molto pericoloso, noi non lo percepiamo, non lo lavoriamo e lui può fare ciò che vuole ma quando è attivo ne sentiamo tutta la furia e questo lacera. Non si può prolungare tanta angoscia. Serve continuare ad osservarla ma, ad un certo punto, bisogna anche stare bene. Stando bene si possono emanare frequenze positive, le quali richiameranno altre vibrazioni positive, e potremmo così riempirci di gioia con più facilità eliminando quella tristezza che ci porta sempre più giù nel suo macabro pozzo.

Un metodo, non facilissimo da applicare all’inizio, ma molto efficace esiste e ora te lo spiego ma, nel riuscire a metterlo in pratica, dovrai essere paziente. Una volta presa l’abitudine però, non farai più fatica ed esso potrà rivelarsi un valido mezzo da utilizzare ogni volta che vuoi.

COME ESSERE SPIRITO

Si tratta di “distaccarti” dal tuo corpo e guardarti dall’esterno. Innanzi tutto devi sapere che ogni tipo di malessere che provi appartiene al corpo e quindi alla mente. È sempre un qualcosa di mentale, cioè materiale, anche se emozionale. È cioè sempre una conduzione mentale che si sviluppa in base al nostro vissuto, diverso, da individuo a individuo. Ebbene sì, anche l’innamoramento, o quello chiamato amore. Nella nostra anima, e nella nostra parte spirituale, il male non esiste. Non esistono emozioni, ne belle ne brutte e, in questo momento, sono proprio quest’ultime a interessarci. In parole povere, tutto il dramma che proviamo appartiene al corpo e quindi, in teoria, basterebbe staccarsi da esso, in qualche modo, ma… come si fa se siamo quel corpo?

Hai presente quelle frasi che ogni tanto si leggono e che intendono insegnare la differenza tra corpo e spirito?

Ad esempio educare i bambini a dire – Il mio corpo ha la febbre – anziché – Ho la febbre -. Oppure – Il mio corpo si è sbucciato un ginocchio – anziché – Mi sono sbucciato un ginocchio – facendosi così carico (troppo carico) di quel dolore, nonché di quella sbadataggine e pure del senso di colpa (in certe situazioni). Se invece è del corpo e non nostra… problemi suoi! Si capisce? Ok, sembra un po’ un modo di dire ma è così. Non capisci quanto il cervello sia schiavo, totalmente dipendente, dalla mente. Se la mente vuol fargli credere che abbiamo un dolore ad una gamba, lui mica controlla se è vero, bensì si muoverà ordinando a varie cellule di attuare tutti vari processi di guarigione, spesso, assai più dolorosi del danno stesso.

Così, per ridere, proviamo a dire al nostro corpo – È un problema tuo io non ne voglio sapere. Non mi riguarda, arrangiati! -.

SONO CAVOLI TUOI

E ora torniamo seri. Sei seduto sulla tua poltrona a elucubrare su quella tristezza che ti sta opprimendo. Puoi chiaramente sentire un peso sullo sterno che non ti permette nemmeno di respirate bene. Le viscere sono rigide e contorte e i tuoi occhi stanno per bagnarsi di lacrime. Stai male e questa condizione sta andando avanti da diversi giorni. Resta seduto lì e prova a chiudere gli occhi.

Ora immagina di uscire dal tuo corpo e vederti dall’alto. Vai su, verso il soffitto, e guardati. Guardati davvero. Vedi i tuoi vestiti, la tua posizione, le tue mani e vedi la tua triste espressione.

Mentre ti osservi prova a esprimere frasi compassionevoli nei confronti di quel corpo abbandonato su quella poltrona, avvolto dall’angoscia più totale. Prova a dire – Mi dispiace tanto per te -, – Vedrai che tutto si sistemera’ -, – Ricordati che sei più forte di quel dolore -. In effetti, questa è la verità. Qualsiasi sia l’azione del dolore, il suo comportamento stabilisce che: sa benissimo il tuo essere più potente di lui. Questo non dimenticarlo mai.

Man mano che provi ad attuare questo esercizio di vederti dall’esterno, anche se all’inizio può risultarti difficile, senza rendertene conto, educhi il tuo cervello che tu sei tu e quel corpo (con il suo dolore) è altra roba. Il cervello, col tempo, inizia a scindere, farà tutto lui, tu non dovrai preoccuparti di nulla se non di stare meglio, perché è questa la sensazione che avrai: sollievo. Come sia potuto accadere probabilmente continuerai a chiedertelo ma poco importerà, il benessere che ora ti avvolge, dopo molta sofferenza, ti trasformerà in menefreghista verso certi aspetti, intento solo a goderti quella conquista.

Cerca di concentrarti su quella separazione che hai attuato.

Il tuo corpo e il male sono là, tu sei qua. Allenati in questo. Osservati nella maniera più precisa che riesci. anche subito forse non ce la farai. Guarda le tue più piccole rughe, la tua pettinatura, le pellicine attorno alle unghie. Più la visione di te stesso sarà acuta e più per il tuo cervello sarà realtà. Credimi, in fondo, basta davvero educarlo e fargli credere ciò che vogliamo.

Prosit!

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Ti spiego perché fai del bene ma ricevi del male

L’INTENTO NASCOSTO

Quello che leggi nel titolo l’ho già spiegato molte volte ma forse in modo troppo generico e senza dare alcuni suggerimenti importanti da prendere e mettere in pratica come se fossero esercizi. Un allenamento vero e proprio per te che fai sempre del bene ma ricevi dagli altri il male, un male che indossa diversi abiti: lo sfruttamento, l’approfittamento, la presa in giro, il tradimento, l’assenza di ringraziamento, etc…

Vedi, tutto risiede in un punto ben preciso del tuo essere. Sì, hai capito bene, anche la reazione “sbagliata” degli altri nei tuoi confronti, risiede proprio lì, in quel punto assolutamente fondamentale ma nascosto. Forse, non è proprio così nascosto ma passa inosservato.

In pratica, tutto sta nel tuo INTENTO.

Ora ti spiego. Sai cos’è l’intento? L’intento è il movente che ci fa compiere tutto ciò che intendiamo compiere. Prendere una decisione, fare una cosa, dire una parola… Arriva persino prima del pensiero, pensa. A volte, magari, preferiamo agire diversamente dal nostro intento ma, il nostro intento, comunque, risiede in noi. Se io volessi mandarti a quel paese, ad esempio, ma per il quieto vivere lascio perdere e sto zitta, quel “vaffanculo” (mi si perdoni ma rende l’idea) dentro di me continua ad esistere. E rimane lì. Scusa se cambio un attimo discorso ma mi preme dirti che, al centesimo “vaffanculo” non detto, potrebbe venirti un mal di gola tremendo eh!

Ma torniamo all’intento, quel punto massimo, quello che può, quello che decide, hai capito quindi cos’è? Quella forza che ti fa muovere. Quella intrinseca. E può effettuare scelte sia positive che negative.

SII SINCERO

Bene, ora, per andare avanti ho bisogno di tutta la tua sincerità. Per favore, togli un attimo tutte le maschere che a volte sei costretto ad indossare e leggi con il cuore le mie parole. Tanto non ti sta vedendo nessuno. Spogliati di ogni imbarazzo e guardati dentro con occhi sinceri perché dovrai rispondere la verità alla domanda che sto per farti.

La domanda è: nel tuo più profondo, perché hai sempre così tanta premura nei confronti degli altri? Cosa si muove davvero dentro di te?

Se risponderai a te stesso, in modo ben ponderato, potrai osservare che un mondo nuovo si sta aprendo dentro di te. È un mondo che è sempre esistito ma che celavi inconsciamente perché lì risiedevano cose che non ti andava di guardare. Guardale adesso, in tutta tranquillità, tanto ci sono io e ti potrò dare un valido aiuto per modificare in meglio questo lato della tua vita.

In questo mondo, rispondendo onestamente alla domanda, noterai che esistono tanti motivi. Io te ne elenchero’ qualcuno, ma sarai tu che dovrai fare lo sforzo di sentire quale ti risuona dentro o cercarne dei nuovi. Solitamente, mi duole dirtelo, ma in realtà è un bene, quello che più ti infastidisce o rifiuti, è proprio il motivo che più ti appartiene. Eccone diversi:

– perché i miei genitori mi hanno insegnato a fare così e se facevo così ero apprezzato da loro.

– perché facendo così dimostro di essere una bella persona e piacero’ agli altri. Ho bisogno di piacere agli altri.

– perché facendo così mi assicuro una ricompensa, una sorta di premio.

– perché facendo così distruggo la sofferenza degli altri. Io odio la sofferenza, la tristezza e tutte le emozioni negative.

– perché facendo così mi metto nella posizione del brav’uomo e nessuno farebbe mai del male ad un brav’uomo.

– perché facendo così ho più possibilità di essere amato, visto. Le persone pendono sempre dalle labbra di chi le salva.

– perché facendo così dimostro la mia rettitudine, la mia onestà e mi sento pulito davanti alla mia coscienza.

– perché facendo così vengo giudicato bene e non male dalla gente.

Questi, come dicevo, sono solo alcuni esempi. Ora dovresti rispondere. So bene che certi possono sembrarti biechi, subdoli e sporchi ma così è, o potrebbe essere, e non devi sentirti in colpa. Sei semplicemente un essere umano che, come tutti, ha dei bisogni. Ognuno diverso, ma che discendono sempre dalla mancanza d’amore. Quindi, sii corretto con te stesso e ammetti il perché ti prodighi tanto per gli altri. Non nasconderti dietro al – Mi piace vederli felici! – perché tu puoi mentire a te ma non all’Universo e, se ricevi del male dagli altri, vuol dire che un motivo c’è e che ora ti spiego.

SE NON E’ AMORE CHE AMORE E’?

Tutti gli esempi che hai letto, per belli che possono essere, non contengono amore incondizionato. Nessuno di quelli che ho scritto. Non contengono generosità pura (figlia dell’amore) e non contengono entusiasmo. Ora ti dirò una cosa che forse ti lascerà interdetto. Lo sai che a volte nemmeno per un figlio si fanno cose piene soltanto di amore incondizionato?

Lo sai che la maggior parte delle volte che si dona una moneta ad un mendicante, in realtà, la si dà più per il giudizio della gente (mendicante compreso) attorno a noi, che per il nostro cuore traboccante di amore puro?

Ma veniamo al sodo. Tutti questi motivi, che possono anche contenere della generosità ma è una generosità appannata, sono gli intenti di cui parlavo prima. E sono sinceri e senza orpelli. Nessuno li vede, stanno dentro di te e tu hai imparato, negli anni, per sopravvivenza, a camuffarli bene. Il problema però è che la risposta da parte degli altri (del mondo) riguarda proprio il tuo intento, pertanto, se nel tuo intento non c’è stato puro amore non riceverai puro amore bensì ciò che hai mandato come messaggio intenzionale, raddoppiato, affinché tu possa vederlo bene. Perché ricevi inganni? Perché tu per primo hai ingannato. Magari hai ingannato te stesso. Perché ricevi dei – No -? Perché tu per primo hai detto – No – al rispetto verso di te, quando hai dovuto abdicare davanti a un bisogno che ti pareva più appagante. Perché neanche un – Grazie -? Perché non sei stato generoso, hai solo risposto a un dovere.

Tu vali quello che dai non quello che ricevi. Il valore sta nel tuo gesto, quello che ricevi è solo una conseguenza di quello che hai dato, o meglio dell’emozione che permeava ciò che stavi dando in quel momento. Capisci?

Inoltre, se ti aspetti dagli altri un – Grazie – o un – – è come se attendessi in cambio un qualcosa, pertanto, è come se il tuo interesse fosse focalizzato lì, su quel qualcosa, nulla a che vedere con il puro amore!

LA VOGLIA DI CAMBIARE

Ma come fare a diventare veramente generosi e ricevere così generosità vera, gratitudine sacra, regali, favori e molto altro? Ti sembrerà strano ma, come per tutte le cose, occorre allenarsi.

Inizia con cosine piccole. Dalle o falle, al prossimo, anche se non ti vengono chieste. Inventa dei modi per far del bene, per far nascere un sorriso. Fai della beneficenza, a piccole dosi, senza farlo sapere in giro. Prova, più avanti, a donare uno sguardo dolce e sincero proprio a chi detesti.

All’inizio, tutto questo, prima di passare dal cuore sarà solo mentale e potrà sembrarti strano se non addirittura fastidioso ma, col tempo, ti abituerai.

La regola numero 1° è quella di mettersi nei panni di chi riceve. Ossia, tu cosa proveresti se ricevessi quella determinata cosa? Ecco, devi creare la stessa situazione. Ipotesi: se arriva una persona da te che hai un ristorante e ti chiede un panino ma ti dice che non può pagare, dovresti fargli il panino più buono e più grande del mondo. Lo stesso sandwich che vorresti mangiare tu affamato. Dona quindi ciò che ti renderebbe molto gioioso. Cerca di provare le stesse sensazioni. Fai finta di essere tu quello che sta ricevendo e invece sei il donatore. Naturalmente, un domani, saprai valutare. Non ti sto dicendo che devi andare in malora per aiutare gli altri. Ti sto suggerendo alcuni metodi e le sensazioni che devi imparare a provare nel tuo cuore.

Tutto ti tornerà indietro e moltiplicato, così funziona. Non aver paura.

I primi tempi, lo scombussolamento delle tue frequenze, potrebbe creare un po’ di confusione e potresti vivere situazioni peggiori di quelle antecedenti ma continua, non demordere. Pian piano tutto si stabilirà a tuo favore. Vedrai che presto, quando sarai tu a chiedere un piacere, ne riceverai il doppio e di bellissimi. E, soprattutto, dati con gioia senza nessuna pesantezza.

Buon allenamento e preparati a ricevere il meglio. Sta arrivando!

Prosit!

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Quello che del buon Ladrone non ci hanno detto

Dal Vangelo secondo Meg – niente di religioso ma di molto curioso

DUE CHIACCHIERE IN CROCE

Se sia esistito davvero il buon ladrone, crocifisso assieme a Gesù sul Monte Golgota, nessuno di noi può dirlo ma poco ci importa in questo momento. Chi ha scritto di lui, ha voluto, attraverso questo personaggio, recarci un messaggio che, a mio avviso, occorre comprendere. Il Vangelo potrebbe essere un libro storico, ricco di testimonianze, oppure un libro di fiabe ricco di morali ma comunque, in entrambi i casi, riporta, attraverso una lingua che bisogna tradurre, delle soluzioni adatte alla nostra crescita personale, alla nostra elevazione e alla nostra illuminazione. Vere o non vere, queste storie ci raccontano come fare per diventare persone realmente felici, felici dentro, tramutando la realtà che ci circonda e dandoci i mezzi per acquisire la saggezza giusta al fine di raggiungere una beatitudine totale e continua, attraverso la quale, ogni cosa che può accaderci durante l’esistenza, possiamo viverla in modo differente, con più resilienza, più benessere, più gioia. Ma, soprattutto, ci spiegano come fare a diventare padroni di noi stessi, della nostra realtà e persone libere. Ottimo non trovate?

Ma torniamo al buon ladrone, il malfattore pentito. A questa figura che, da molto tempo, ci viene presentata semplicemente come il ladro redento almeno secondo la maggior parte dei testi. Da un lato di Gesù in croce, infatti, abbiamo un ladrone, un altro, che sarcastico chiede al Cristo di salvare se stesso e loro, se era vero ch’egli era il figlio del Padre Eterno, dall’altra invece abbiamo il protagonista di questo post che, umilmente, dice queste parole al suo compare – Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male – e poi aggiunge, rivolto al Cristo – Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno -. Gesù gli risponde – In verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso -.

I GIUDICI CATTOLICI

A questo punto, dopo questo brevissimo dialogo tra il buon ladrone e Gesù, a noi non rimane altro che giudicare il buono e il cattivo. Giudicare i due malfattori: quello che scherna Gesù e quello che invece chiede perdono. Come ci hanno sempre insegnato, fin dai tempi del catechismo, ci ritroviamo con due figure opposte, una che andrà senz’altro all’Inferno e l’altra che, pentendosi, andrà in Paradiso. Dio è buono ma giudica e chi non chiede perdono verrà punito. E va bene, tralasciamo la storia della punizione per un altro articolo.

Il fatto è che ci fermiamo qui. Il male e il bene. Punto. Non andiamo oltre. Non ragioniamo con la nostra testa, lasciando la parola solo a chi la professione del religioso la svolge. Ma certe illuminazioni, con la religione, hanno ben poco a che vedere.

Rileggiamo con attenzione alcune parole del ladro che si pente – …Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni… –

IL MIRACOLO DENTRO DI NOI

Con questa frase, il ladrone non si sta solo pentendo ma sta compiendo un qualcosa di grandioso che ora provo a spiegarvi.

Noi siamo giudici di noi stessi

Dovete anche cercare di mettervi nei suoi panni per assaporare al meglio questa sua frase. Come racconta bene Piergiorgio Caselli nel suo video “il Potere Alchemico dell’Accettazione: i Vangeli Esoterici – Pier Giorgio Caselli” (YouTube) in quel momento quell’uomo è appeso ad una croce, nudo, con i corvi che lo beccano, con delle guardie che lo feriscono, lo umiliano e pronuncia quelle parole. Insomma, c’è ovviamente della sofferenza, non sta certo giocando a briscola con gli amici…

Il fatto è che a noi, le sue parole, appaiono semplicemente come il riconoscere la giusta pena per i reati commessi e stop. Invece…

…egli sta compiendo esattamente l’atto dell’ACCETTAZIONE.

L’Accettazione – il lasciarsi andare accettando. Il lasciarsi andare nel flusso vitale abbandonandosi completamente verso la “resurrezione” (lo stare bene, il vivere una vita migliore). Il lasciarsi andare verso quello che è perché, quello che è, è il giusto.

Accettare totalmente quel dolore perché solo attraverso quella strada si potrà trovare la pace.

M’inchino come ancella obbediente. Sia fatta dentro di me la volontà del Signore – (Maria di Nazareth). Dio è dentro di noi. Il Signore è dentro di noi. Nostra, in realtà, è quella volontà.

L’ACCETTAZIONE – QUEL LUOGO INTIMO IN CUI IL MALE DIVENTA BENE

Ora, nel caso di questo ladro, la pace è data dalla morte e la salvezza è data dall’entrare nel Regno di Dio ma è ovviamente simbolico. La metafora vuole farci intendere come, durante la nostra vita, siamo spesso chiamati a subire un dolore e cerchiamo sempre di scansarlo o di nasconderlo senza capire che entrandoci dentro, vivendolo e comprendendolo pienamente possiamo trovare la risoluzione vera ai nostri mali. Possiamo trovare una vita migliore. Significa non aver paura del cambiamento. Significa vivere quello che dobbiamo vivere senza resistenza perché qualcosa di più bello ci sta aspettando ed è già pronto per noi. Accogliere completamente quella situazione. Questo è il punto. Sta accadendo? Bene, la accolgo. Lo accetto del tutto perché è il giusto per me, è ciò che di perfetto per me poteva compiersi al fine di guarire dai miei demoni. I miei stessi demoni mi hanno portato a vivere questo avvenimento quindi, questo avvenimento, è la risoluzione. Questo non significa non dover trovare rimedi. Siamo umani e abbiamo un intelletto da poter usare ma ora siamo ad un passo prima. Quella del rimedio è una considerazione che viene dopo e che difficilmente potrà esistere senza prima l’accoglienza e quindi la comprensione (con-prendere cioè accogliere in noi) di quello che ci sta succedendo.

Accade quindi che il buon ladrone, così facendo, “si salva” e qui vorrei aggiungere qualcosa di mio oltre alle straordinarie parole di Caselli. Perché, vedete, dobbiamo notare che non è Gesù a salvare il malfattore. Nonostante la frase – …sarai con me in Paradiso… -. Questa è una conseguenza ma, a salvarsi, a trovare la pace, a trovare la chiave verso la pace, è il ladrone stesso.

Nella nostra vita, noi stessi dobbiamo trovare la serenità e dobbiamo capire che solo noi stessi possiamo salvarci non gli altri. Accettando. Gli altri possono essere validi mezzi, ottimi aiuti, grandi accompagnatori, Maestri formidabili ma solo noi possiamo raggiungere la salvezza pura del nostro cuore. Nel nostro buio, nella parte più profonda di noi, solo noi ci siamo.

Gesù non è la salvezza. Gesù rappresenta la salvezza.

QUESTA E’ LA VITTORIA DEL GUERRIERO

Tutto questo non ha nulla a che vedere con il Cristianesimo. Tutto questo è un lavoro estremamente difficile da compiere che appartiene ad una trasmutazione di noi stessi. Vuol dire uscire dalla schiavitù. Essere Maghi della propria vita.

– Se semplicemente si riuscisse a lasciar andare le cose, ci si accorgerebbe che il male si esaurisce, e si afferma il bene – (Carl Gustav Jung)

Siamo convinti di essere supremi e che le cose debbano adattarsi a noi. Gesù direbbe – Non avete occhi per vedere -. Non abbiamo capito invece che siamo noi a doverci adattare alle cose ma non come tronchi spezzati in balia della corrente, bensì per conoscere quelle cose. Per carpirne ogni senso, per sentirle dentro e scoprire di loro ogni segreto anche se doloroso. Solo allora possiamo trasformarci in Guerrieri e trasmutare noi e loro. Solo allora potremmo modificare davvero ciò che ci appartiene e divenire ESSERI LIBERI.

Accogli con gioia e vedrai miracoli.

Prosit!

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Va’ che me ne sono inventata un’altra… si chiama O.A.P.A.

Ma che cos’è O.A.P.A.?

Innanzi tutto, e voglio che questo sia chiaro, O.A.P.A. non è e non vuole essere una nuova tendenza, un nuovo metodo per raggiungere il benessere, un nuovo modo di dire e bla bla bla…. No! Ne abbiamo già un mucchio di queste trovate, giuste o sbagliate che siano. Di gente che si alza al mattino e s’inventa cose per divenire i nuovi Guru del 2000 verso i quali non ho nulla in contrario ma O.A.P.A. non è la parola di nessun nuovo Gesù.

O.A.P.A. vuole essere semplicemente uno strumento, di quelli che funzionano “presto e bene”, da usare all’occorrenza in caso di bisogno. Vuole essere soltanto una sigla che riporta a termini molto più complessi e più profondi e, soprattutto, a lavori di trasmutazione alchemica (più antichi del mondo, quindi novità non ce ne sono) ma difficili da ricordare e mettere in pratica quando la sofferenza ci rende vittime e schiavi di se stessa.

 

COME L’APPUNTO SU UN POST IT

Ossia, in breve: – Sto male! – (panico) – Che faccio??? O.A.P.A.!

E funziona? …No.

No perché O.A.P.A. non è un elisir, non è una pillola, non è un sacchettino di sale da mettere sul davanzale della finestra. Qui non si vende niente. O.A.P.A. è solo un appunto veloce, pronto, comodo, scattante ma non fa magolamagamagie… a meno che…..

Continuate a leggere che vi spiego, perché O.A.P.A., in un certo senso, può nascondere il Tutto.

 

UN IMPORTANTE LAVORO ALCHEMICO

Come vi dicevo O.A.P.A. è l’insieme delle iniziali di quattro parole che sono:

O – Osservazione (Tecnica dell’Osservatore – dell’autosservazione)

A – Accettazione

P – Perdono (Perdonarsi)

A – Amare (Amarsi)

Ora direi di spiegarle così poi capite meglio il lavoro da fare.

OSSERVAZIONE: la tecnica dell’Osservatore implica osservarsi in un’introspezione. Osservare le proprie emozioni e i propri pensieri. Rendersi conto di quello che stiamo provando. Sembra una stupidaggine ma non lo è ed è alla base di un lavoro importantissimo da compiere su noi stessi se si vuole elevare la propria consapevolezza e imparare a vivere meglio come Sé Superiore. Facciamo un esempio molto semplice – Io mi arrabbio. Mi arrabbio e grido, urlo, mi offendo, dico le peggio cose oppure trattengo tutto dentro, etc, etc… Bene. Posso poi dispiacermi, posso poi stare male, posso poi essere soddisfatta della mia crisi di collera ma, tutto questo, non significa essermi osservata. Osservarsi infatti vuol dire “rimanere sull’emozione”. Cioè fermarsi un attimo e rimanere lì, in quella rabbia, concentrarsi su di lei, sentirla, sentirla nelle vene, sentirla fisicamente, riconoscerla. Stare su di lei percependone ogni vibrazione e soprattutto SENZA GIUDICARLA. Ora, è facile non giudicare una sbottata di collera soprattutto se si aveva ragione di manifestarla ma supponiamo che, anziché essermi arrabbiata, io mi sia fatta mettere i piedi in testa da una persona ben poco ammirevole e che mi ha anche fatto fare una pessima figura, immeritata, davanti a molta gente. Inizio a provare la vergogna. Ok, devo osservarla, devo rimanere su di lei, su quella vergogna. Viverla appieno. La sentirò incendiarmi dentro, scombussolarmi le viscere, scuotermi i sensi e mi verrà spontaneo avercela con lei e con me stessa. “Che stupida sono stata! Mi sono fatta maltrattare da quell’individuo ignorante! Non valgo niente!”. Ecco, questo è un giudizio. Un giudizio che nasce spontaneo ma che invece non deve e non può appartenere alla tecnica dell’autosservazione. E’ difficilissimo da effettuare ma occorre provare e riprovare fino a riuscirci se si vogliono ottenere dei risultati. La tecnica dell’Osservatore, così come le altre che vi spiegherò ora, sono molto lunghe da raccontare e consistono in diverse cose ma per comporre un solo articolo non posso dilungarmi più di tanto.

ACCETTAZIONE: Eccola qui. Eeeeh… sembra facile. E che ci vuole? Ok, sì, accetto. E no… attenzione. Accettare non vuol dire sopportare o reprimere. E’ importante questo! Sopportare o reprimere è DELETERIO! Accettare significa accettare anche una cosa brutta che ci capita con la gioia (reale) nel cuore. Significa accogliere totalmente. Significa avere occhi per vedere oltre. Per capire il messaggio profondo di quella situazione. Cosa vuole dirci? Cosa vuole insegnarci? Perché è successa? Guardate che non è facile. Vi voglio vedere accettare, di cuore, il male. E’ tragico. Fa male! (Appunto). Vorremmo liberarcene il più in fretta possibile, scacciarlo da noi, altro che accettarlo! Facciamo un esempio anche qui – Io non riesco a vivere senza il mio compagno. Senza di lui mi manca l’aria ma lui, guarda “caso”, decide di lasciarmi e di me non ne vuole più sapere. Io mi struggo nel dolore e faccio di tutto per riconquistarlo e per continuare ad avere un rapporto con lui. Non posso accettare di perderlo. Gli mando messaggi e lui mi risponde come a rispondere ad una merdaccia, lo chiamo e lui non alza la cornetta, lo aspetto e lui non viene, lo seguo e lui mi offende. Insomma, io sto facendo di tutto per farmi mancare di rispetto da quella persona. Lui mi maltratta ma io continuo, senza dignità, perché è più forte in me il demone dell’attaccamento che non l’amore per me stessa. Ebbene, questo è un vero strazio da vivere. Ci si sente stupidi, senza midollo, ci si sente uno straccio, un lombrico e non si riesce ad accettare una cosa così. Si invidiano quelle donne forti, che non devono chiedere niente, che non sono mendicanti d’amore, che hanno una fila infinita di uomini pronti a fare qualsiasi cosa per loro. Tutto questo è l’esatto contrario dell’Accettazione. E si sta male. Però, a furia di lavorare su noi stessi e soprattutto grazie all’Osservatore, piano piano, dopo lunghi pianti e tanta tristezza, qualcosa dentro inizia a cambiare. Si iniziano a dire frasi come “Mah…. ok, sono fatta così, sarò anche fatta male ma sono io” e poi “Sì, io sono così e sono bella così”. Non è che non si soffre più ma l’essere se stessi, e il suo riconoscimento, e l’accettazione di cosa siamo, iniziano a prendere forma e a diventare più grandi della forma negativa che prima appannava tutta la nostra visione senza permetterci di guardare altro. E, quando questa accettazione è sentita sinceramente, si inizia a stare sinceramente bene. Non è solo un’apparenza perché, se è reale, non si tratta di sopportazione o repressione quindi si percepisce davvero più leggerezza. Il nostro fine è stare meglio. Essere padroni della nostra vita, ripeto. Sentirsi liberi e sereni. Affrontando la nostra esistenza in totale benessere.

PERDONO: Accettando di essere quello che si è, con tutte le nostre caratteristiche positive o negative che siano, automaticamente, si ama ciò che siamo e questa è la ricchezza più grande che possiamo donare a noi stessi. Perdonarsi, che meraviglia! Io sono fatta così, io mi sono fatta fare questo, io ho fatto questo, ebbene io mi perdono. Non lo faccio apposta a soffrire. Sono i miei traumi, i miei schemi mentali, i miei demoni che mi provocano sofferenza, per questo mi perdono. Badate bene che questo non significa nascondersi dietro a un dito ma significa pompare un meccanismo strabiliante che, alla fine, darà frutti incredibili per la nostra felicità. Ci si inoltra in una situazione potente che ci permetterà di essere forti, autonomi, gai, liberi e in connessione con il Divino.

AMARSI: E nella connessione con il Divino non può mancare l’Amore. L’amore per il Tutto, per chiunque e per noi stessi. Amarsi. Amare ciò che siamo. Ciò che facciamo. Amarci per come siamo. Infatti, dopo essersi perdonati, dopo aver eliminato tutti i brutti pensieri verso la nostra persona, abbiamo lasciato lo spazio all’amore che ora trionfa in noi permettendoci di vivere in maniera completamente diversa da come vivevamo prima e decisamente meglio. Anche qui occorre fare attenzione. Ci sono appunto dei passaggi. Non bisogna mentire a noi stessi. Non bisogna dire – Io amo quella persona che mi ha maltrattata perché per me è stato un Maestro! Mi ha insegnato quella determinata cosa, grazie a lui ho sconfitto un demone e ora sto bene e mi amo per ciò che sono e sono stata – se non lo si pensa realmente. Perché vorrebbe dire fingere e nuocere gravemente alla nostra salute. Perché è difficilissimo da fare. Perché a questo “caro Maestro”, in realtà, si vorrebbe tirare un bel pugno sul naso! Il che ci può anche stare ma, la cosa importante, è vedere quello che c’è da vedere giù, di sotto, nel fango più fangoso che c’è. Nella nostra spazzatura. Allora si che quel cazzotto può avere un buon fine anziché non servire a nulla! Eh! Ricordatevi sempre che amarsi, riempirsi di Agape, è veramente il regalo più grande che potete farvi e, di conseguenza, attraverso voi, potete fare a tutto il creato. L’Amore, in questo caso, và a collegarsi con l’Accettazione. Amare quindi quella situazione, quella persona e quello che siamo.

 

LA COMPRENSIONE

Adesso potete anche capire quanto sia importante la sequenza di queste parole. Il loro ordine. Ecco perché O.A.P.A. e non, ad esempio, P.A.O.A. Perché non si può perdonare nulla se prima non lo si è accettato. O non si può accettare nulla se prima non lo si è osservato e quindi riconosciuto. Da qui ne deriva l’importanza di questa sigla.

Quando stiamo male, colti dall’angoscia, e vogliamo esercitare un lavoro su noi stessi, al fine di porre rimedio, può capitare di chiedersi “Cosa devo fare?” e di rispondersi agitatamente “Devo accettare, devo accettare, devo accettare….”. No! Prima bisogna Osservare! Ma la disperazione ci fa arrancare come possiamo. Invece, se quando chiediamo a noi stessi “Cosa devo fare?” rispondiamo “O.A.P.A.!”, ci viene subito alla mente l’ordine giusto delle varie armi che abbiamo in mano e possiamo utilizzare. Naturalmente, senza ipocrisia e falsa accettazione. Tutto però avverrà con calma e col tempo. All’inizio sarà impossibile amare un dolore. Poi inizierà a divenire una cosa solo a livello mentale ma, infine, questo amore, se si continua a nutrire, lo si sentirà nel cuore. E non dico che non si soffrirà più, non sarebbe neanche giusto, ma non si sarà più schiavi, a tempo indefinito, di quella sofferenza senza trarne nulla di buono. Quell’ombra rimarrà un’ombra, mentre invece, esiste al fine di condurre ad una luce, la quale, a sua volta, ha altre ombre e così via, ma si è “padroni” della nostra vita. Co-creatori della nostra esistenza e non pezzi di legno in balia delle onde.

Non si potrà svolgere questo lavoro in un attimo e nemmeno in un giorno. Alcune persone ci impiegano mesi, altre anni. Ognuno ha i suoi tempi e il suo percorso ma, credetemi, ne vale la pena.

Ecco cos’è e a cosa serve O.A.P.A. Un qualcosa di nuovo, antico quanto l’uomo. Semplicemente pronto all’uso! Spero vi sia utile perché, per un buon lavoro su noi stessi, questi sono i passaggi e queste le cose da fare (secondo me). Per chi volesse approfondire ulteriormente questi quattro punti lascio dei video e degli articoli:

OSSERVAZIONE

http://www.salvatorebrizzi.com/2018/03/evadere-dal-carcere-in-10-passi-10.html

ACCETTAZIONE

PERDONARSI

AMARSI

O.A.P.A. può risultare errato per diverse persone. Può essere visto all’inverso. Alcuni possono dire che bisogna prima amare per poter accettare (e questo è anche vero) ma io ho semplicemente voluto parlarvi di una “tecnica” che ho usato e che mi ha aiutato molto. Tutt’ora la utilizzo, è sempre in me, ogni giorno. A mio parere, non siamo solo pieni d’amore; dentro di noi esistono mille altre emozioni che prendono posto al nostro interno e molte sono esageratamente negative. Per questo, a mio avviso, occorre prima riconoscerle e accettarle. Mi sembra più difficile partire dall’amare ogni cosa, perché saremmo già degli illuminati come si usa dire. Rischiamo di trattenere, soffocare, un qualcosa che poi diventa nocivo. Ma, naturalmente, la mia parola non è legge. Provatela, solo conoscendola potrete vederne i benefici o le caratteristiche negative (quest’ultime io non le ho viste) e, perché no, magari potrete realizzare voi stessi un qualcosa di bello che faccia bene al mondo.

Prosit!

Ama e ama e ama…

E’ davvero difficile amare. Amare in modo vero, sincero, puro, quando…. non si è corrisposti.

Quando ad ogni nostro slancio di entusiasmo si riceve una mazzata sulle orecchie che ci rintrona per un attimo moooolto lungo.

Poi ti ripigli, sbatti un po’ le palpebre e ti dici – Ama, non fa niente, tu ama, continua ad amare, ama, oltre qualsiasi cosa, sopra il tutto, ama, spingiti oltre… – e intanto lo stomaco si lacera, il cuore si vena, gli occhi si riempiono di lacrime e vorresti urlare.

Ok, dopo questa introduzione penso sia giusto scrivere anche una premessa al fine di comprendere questo post al meglio anche perché già sento che mi verrà fuori confuso….

Si, mi sto riferendo a quando si decide di amare incondizionatamente. A prescindere. Che già il termine “decidere” è sbagliato perché è una cosa che non la si determina anticipatamente, ma ci sono avvenimenti nella vita che ci accadono, al fine di insegnarci qualcosa, e spesso dovremmo prenderli, nonostante forse la sofferenza che ci regalano e, anziché tenerli come una spada di Damocle puntata sulla nostra testa per tutta la vita, quasi fieri di avere un melodramma triste da raccontare, trasformarli in qualcosa di positivo. In una specie di allenamento, per cercare di riuscire a vivere meglio. In modo più felice. Per evolversi si potrebbe dire.

Il tema che ho scelto, quello dell’amare in tale maniera, è sicuramente il più difficile tra tutti a mio avviso. E’ collegato ad un milione di altre cose.

Detto questo, non intendo affermare che è giusto farsi maltrattare da qualcun altro o permettere a chi ci sta di fronte di mancarci di rispetto, ma vorrei sottolineare quanto è dura accettare i comportamenti dell’altro quando non sono come i nostri, quando non ci appartengono, quando ci fanno più male che bene, quando non rispondono alle nostre aspettative provocano malessere. Mi riferisco ad un altro che non la pensa come noi e che si, è vero che ci reca dolore, ma non lo fa apposta. Non ci pensa. E’ innocente. Ma noi sentiamo male. Questo è il dramma. Un male tremendo e… vorremmo concluderla lì. Certo, sto naturalmente parlando prevalentemente di un rapporto di coppia, ma potrebbe non essere l’unico tipo di legame al quale correlare tali affermazioni. Quando si è in Amore, in modo totale, non c’è sofferenza di alcun tipo e quindi nemmeno le mazzate sulle orecchie esistono, ma arrivare all’amore incondizionato è un percorso di scalini, duri e faticosi, ci sono degli step e, prima di giungere al traguardo, purtroppo, si sta anche male.

Ora, mettendoci tutto il nostro impegno, credetemi che ce ne vuole parecchio, si potrebbe anche riuscire a sorpassare il dolore della fitta nel fianco che subiamo, ma la cosa più importante da fare è chiedersi – Ma sono davvero felice? -.

Riuscendo ad ascoltarsi attentamente, nel più profondo, e producendo una buona dote di sincerità, vedrete che si può rispondere tranquillamente – No -. Perché è difficile dare amore mentre si viene feriti. Perché è difficile essere felici quando per la prima volta, dopo sette mesi di relazione, lui ti chiama “Amore”, tu fai i salti di gioia e poi scopri che è stato solo uno scherzetto del correttore automatico. Sul serio! E’ difficile essere felici dopo che da due giorni si aspetta di sentire la sua voce, poi finalmente riesci a chiamarlo e lui ti risponde di corsa salutandoti di fretta perchè sta iniziando la partita di calcio. E’ difficile essere felici quando lei ha organizzato di andare a fare un viaggio, prospettandolo come uno dei più belli della sua vita, e non ti chiede di accompagnarla. E’ difficile… accettare. L’accettazione è qualcosa che può rodere, che graffia forte come artigli possenti.

A questo punto, tante persone potrebbero iniziare a parlare di mancanza di rispetto ma altre invece potrebbero rispondere che il rispetto nasce proprio nel lasciar libera, al 100%, quella persona che sta assieme a noi. Senza interferire nella sua vita, senza costringerla, senza amputare nulla della sua libertà. Permettergli persino di andare a letto con un’altra. Certamente. L’amore è amore, il sesso è sesso. Due cose completamente differenti.

Nella savana, un leone che si tromba dieci leonesse, mica subisce le angherie della leonessa precedente una volta rientrato in tana. La natura vuole che si prolifichi, noi non prolifichiamo, godiamo solamente, appaghiamo un nostro bisogno, un piacere, ma è comunque sempre un bisogno intrinseco. Ancestrale. Senza nominare gli animali che hanno sicuramente una mente meno sviluppata della nostra e non hanno una morale o una ragione, potremmo prendere popoli di altri Paesi che non temono assolutamente, nè rifiutano, il fatto di andare a letto con più persone contemporaneamente. Quindi, i nostri, sono solo schemi mentali. Quindi siamo praticamente vittime, e soffriamo per questo, di una nostra educazione ricevuta.

Altri ancora invece pensano che se davvero ami una persona non ti viene lontanamente in mente di fare sesso con un’altra. Ma io mi chiedo se questo criterio può continuare per molti anni, anche dopo la famosa “abitudine” o se ha modo di esistere anche in caso di rapporti a distanza. Quei rapporti in cui ti vedi magari solo una volta al mese.

E quindi insomma che, detta così, sembra davvero facile ma non lo è per niente. Non è facile dare a qualcuno un “buongiorno”, al mattino, pieno di gioia e caloroso affetto e ricevere un freddo – ‘giorno – semplicemente perché quella persona non è calda come noi, o non ha mai ricevuto affetto e non sa come offrirlo. Penso altrettanto però che, molte cose, non si debbano imparare. Le abbiamo dentro e nascono spontaneamente. Se si ama davvero.

Il discorso alla fine è un altro. Si ha voglia di continuare così o è meglio andarsi a cercare una persona più simile a noi che ci saluta affettuosamente al mattino o che se va a fare un viaggio ci invita perché ha piacere a stare con noi? Direi la due. Ma, dopo aver detto la due, sorgono i primi dubbi: è allora davvero amore incondizionato, a questo punto, o soltanto l’appagamento inconscio di alcune nostre umane necessità? Umane e più che comprensibili.

Non voglio estremizzare. Ci sono coppie che stanno insieme solo per un vero e proprio ritorno, io non parlo di questo tipo di legame che davvero non mi piace e lo trovo abietto. Mi si perdoni il giudizio. Mi riferisco alla via di mezzo, a quei bisogni umili e che hanno modo di esistere proprio perché… dove sta il limite? E c’è un limite? Quanto posso accettare? Fin dove posso spingermi? Per quanto tempo ancora posso provare quella puntura forte nelle viscere che non mi fa stare bene?

Basta, vaffanculo, non lo sopporto più. Vorrei che facesse… vorrei che dicesse… -. Alt! Dov’è l’Amore in tutti questi “vorrei”?

E quel “basta”, che in verità non riusciamo a dare, è davvero amore o è paura della solitudine? Perché in realtà si può amare comunque anche lontani. Si può amare anche una persona che non è con noi o non lo è più, anche se il vero amore, presumo, riesca a far andare tutto a pennello e il puzzle si crea. Si crea perché l’amore è alla base di tutto. Non c’è niente di più forte dell’amore. Perché se è vero che l’amore move il sole e l’altre stelle pensate davvero non riesca a far combaciare due esseri umani se la loro unione è vita? E’ creazione di qualcosa di meraviglioso? (Non parlo di figli). Se sei amore sei luce e quella luce la si vede. Abbaglia. L’amore è il nutrimento primario della creatività. Quando si è pieni d’amore si crea, deve uscire in qualche modo o scoppieremmo. Se c’è apatia, non c’è amore. O per lo meno ce n’è molto poco. Se c’è paura, insofferenza, tristezza, de-pressione, non c’è amore.

E insomma, sapete bene ormai, se mi conoscete, che io sono quella delle sfumature di grigio e per me ce ne sono ben più di 50 e con meno erotismo.

E allora che si deve fare? Mollare tutto e quindi perdere la possibilità di capire, di provare un qualcosa di nuovo grande come l’amore?

O bisogna continuare rodendosi l’anima perché a tutti i costi occorre spingerci oltre il limite se vogliamo capire qual è, il vero amore di cui parla l’Universo?

Solitamente, in questo mio blog, sono io quella che offre il risultato bell’è pronto su un vassoio d’argento. Lieta oggi di mostrarvi la mia umanità. Non potrei mai, perdonatemi, competere con la maestosa, potente, complessa, o forse semplicissima, forza dell’amore.

Ma qualche riflessione probabilmente avviene.

Prosit!

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Ti Amo e Mi Spavento

“Chiudi gli occhi e prendi respiro. Il ragionamento ti suggerisce di non farlo ma il cuore scalpita, vuole disobbedire e, per farsi ascoltare, s’irrigidisce. Tu lo senti che si blocca e lo stomaco lo imita. E’ quasi un dolore. Piacevole, ma è come un dolore. E allora molli tutto, metti da parte la testa e lo dici – Ti amo -. Puf! E arriva, all’improvviso, il senso di colpa dell’aver tradito la mente. La maestra, la grande educatrice. E adesso chissà cos’accadrà. Buttarsi così in pasto agli squali, è da incoscienti. E’ un casino anche tirarsi indietro. Non rimane che accettare le ripercussioni. Ora sono cavoli amari, mentre il cuore è contento, a lui che gli importa…”

Per alcune persone leggere queste parole è strano, conoscere questo stato d’animo è assurdo, per altre invece, è la normalità. Una normalità opprimente, la situazione dell’angoscia. Il non sentirsi pienamente liberi di esternare i propri sentimenti incollati ancora a reminiscenze antiche quanto antica è la vita. Il non aver fiducia nell’altro. La paura.

La paura di essere derisi, traditi. Di soffrire ancora.

La paura di amare o di essere amati o persino di essere felici.

Quanta paura c’è dentro?

Siamo un contenitore e non solo fisicamente. Siamo un contenitore di impressioni, di sentimenti, di memorie, di pensieri. Di traumi. Di emozioni. In questo contenitore, quanto spazio occupa una delle emozioni che più governa il nostro esistere chiamata appunto: paura? Il 60%? Credetemi non è così alta come percentuale. Ebbene, ciò significa che ne rimane soltanto il 40% per tutto il resto e per… l’amore.

Noi non siamo un’operazione matematica, ma siamo il risultato, sempre in continuo mutamento, di una serie incredibile di piccole e grandi operazioni. Operazioni eseguite da noi, per noi, su di noi ma che, comunque, ci hanno formato. Siamo molto di più di un’operazione matematica. Siamo un meraviglioso congegno che, quotidianamente, si evolve o è in grado di farlo. Ne abbiamo le capacità. Dovremmo solo usufruire di tali doti. Sbloccarci dall’impasse.

Lasciamo fluire, dentro e fuori di noi, l’amore.

Quell’amore, se è vero e puro, e non soltanto l’appagamento di bisogni, non può essere soffocato dalla paura, altrimenti non è vero amore. Non mi piace passare per assolutista o estremista ma, in questo caso, altre strade, non ce ne sono. Ecco perché ho utilizzato delle percentuali tecniche. Senza inoltrarmi, non essendone in grado, nelle affascinanti leggi della matematica che pare amministrino l’universo intero con la loro attività .

L’amore è più forte e più grande e più potente di qualsiasi cosa.

Può essere affiancato dalla paura, così come da tante altre emozioni, ognuna di loro sana, umana e utile, ma nessuna di esse può sovrastarlo. Le emozioni sono emozioni. L’amore è uno stato d’essere. E’. Cos’è l’amore? E’. Senza altre spiegazioni. Nulla può fermare il suo travolgente arrivo. Niente può impedirgli di stare e rimanere. L’amore non è innamoramento, non è affetto, non è stima, ne rispetto, non è libertà, non è fiducia, non è conquista, ne un sogno, non è creazione, non è fantasia, non è costruzione, non è incontro, non è vittoria, non è stupore… è tutto questo messo insieme. Costante, perpetuo, sempre. E’ tutto. Come può, la paura, vincere? Dove ne ha lo spazio e il tempo?

L’amor che move il sole e l’altre stelle – (Dante Alighieri)

Breve storia di due che la vivono così:

LUI E’

Conoscerti.

Ascoltare le tue ore.

E cercarti ancora mentre tu giungevi.

Chiamarti, tra la gente, per respirare.

Ammettere gli errori ed accettare.

Accusarti in dispetto d’albagia e ingoiare il tuo cuore.

Poi, cose inaspettate, il cedere all’unione che non consideri.

Il non volere che fa pensare.

Lui stava. 

 

E il silenzio.

Da sorpassare, da non sottovalutare.

Le illusioni e gli slanci da tenere stretti. 

Trasformazioni complesse e sensoriali.

Poi una giacca, per non sentire freddo.

Un dono, un farci caso.

La spinta.

Lo studio, il donarsi, ringraziar la libertà.

Il forse.

Lui quasi.

 

E finché non approda la magia va tutto bene.

C’è il sapore unico e sensuale dell’attesa, il senso dell’intesa.

L’abbraccio.

E basta guardarsi negli occhi.

O di più, non veder niente, per capire. 

Senza errori, a parlar non sono voci.

La responsabilità mai conosciuta.

Non c’è timore alcuno.

Non ce n’è lo spazio.

Solo pura gioia ed entusiasmo.

Da vivere senza raccontare. 

La carezza dell’anima.

Lui È. 

 

E ami, seppur non si conosce il primo bacio,

ami comunque anche se lontani e maldestri.

Non c’è cosa, ne’ sostanza, o sentimento; 

l’Amor è più di luce e gioia tutto attorno.

E ami, più che del sentir farfalle in volo,

e’ forte l’emozione che ti annienta.

Che ti soffia vita nelle nari

E batte il cuore come nello spavento.

Gli strascichi non compresi della mancanza

Di umana dote poi accettati

Non c’è posto per paure o ritorsioni

Non c’è dubbio, solo un’anima scolpita

Con l’intaglio esiziale della scoperta

E lascia l’essenza tremante che si spoglia 

Il corvino rischiara e le ombre si dissolvono

Semplicemente È, questo è il suo stato.

Di un amore che respiri e rimarrà 

Senza previsioni, o condizioni, ne’ promesse e meschini traditori.

È ciò che non si è mai saputo,

del quale si parla, si brama, si spera.

E’ fratello della libertà. 

È sua personale scelta rimanere legato all’intersecazione. 

Non è un gioiello, ne’ un’esperienza, ne’ una richiesta.

È il nutrire che diventa soluzione.

Aurora di un ciclo vitale.

Respirare fede accettando i timori.

Perché tutto questo è vita.

(Meg)

Detto ciò, nel cercare di far prevalere con fiducia il vostro amore, spaventatevi pure, urlate, piangete, ridete, gioite. Ogni minimo movimento, un accennato battito, un lieve sentire. Qualunque sia, è energia. Tutto è dinamicità e la dinamicità è vita. Finchè c’è qualcosa, c’è vita. L’amore è vita.

L’amore è vita che trascende e sublima ad altro o forse semplicemente a se stessa – ( Do – lucidido.wordpress.com )

Abbandonarsi all’amore. Tuffarsi senza remore e senza timori. Mantenerlo alto e totale lasciandosi riempire da esso. Non potrà accadere nulla di male se davvero ci si crede. Se realmente in lui si ha fede. Se di lui, e unicamente di lui, ci si nutre. E non significa smaniare per una persona, sentirsi mancare il fiato in gola per lei. Ascoltare il proprio cuore battere all’impazzata, o rabbrividire per il formicolio nelle viscere dato da farfalle che sbattono forte le ali. No, l’amore non è questo. Non è solo questo. E’ amare comunque. Al di là delle azioni o reazioni dell’altro. E’ amare senza aspettativa alcuna. Senza giudizio o pregiudizio. Senza voglia o necessità di cambiare, nè se stessi, nè l’altro, se non per una sana crescita personale. Senza santi da chiamare.

Nell’immacolato e incondizionato amore, non esiste il male e nulla di tormentoso può accadere. Ogni dolore è un insegnamento giunto per dimostrare l’errore commesso, per quel pezzo di – non amore – in quel che viene definito tale.

Nell’immacolato e incondizionato amore, non esiste il male e nulla di tormentoso può accadere. E’ il nostro amore, è un nostro figlio. Da averne cura e fidarsi di lui, più che di noi stessi.

Nell’immacolato e incondizionato amore, non esiste il male e nulla di tormentoso può accadere. Da recitare sgranando un rosario. E ancora, ancora, ancora.

Amarsi per amare. Amarsi per quello che si è e ci si riesce meglio in tale stato. Vivendo #inlove strato per strato.

Ed è scrivendo che imparo e mi convinco anch’io. Che con tutti i miei passi da gigante ancora sento le vocine della mente. Ed è scrivendo che alimento l’amore che dobbiamo difendere senza permettere a nulla di intaccarlo. E se c’è una preghiera che dovremmo recitare, è proprio quella di chiedere la forza e la fede per non tradire il nostro amore. Per non farlo spegnere o adombrare da nulla. Perché possa ingigantirsi sempre di più nell’entusiasmo (enthusiasmòs, formato da “en” (in) e “theos” (Dio) – con Dio dentro di sè -).

Prosit!

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Gotta? Consiglia di meno e rasserenati di più.

Chiamata un tempo la “malattia dei ricchi”, in quanto si colpevolizzava per la sua manifestazione un eccessivo consumo di carne, la Gotta è un disturbo molto fastidioso e doloroso.

Oggi sono parecchie le persone che ne soffrono e infatti l’alimentazione è differente rispetto a diversi anni fa. Mio padre stesso, poco più che sessantenne, mi racconta che quand’era bambino mangiava carne solo una volta alla settimana, quando andava bene, oppure ogni quindici giorni, mentre oggi tra pollo, bistecche, sughi, ripieni e salumi vari, il consumo di questo alimento, è quasi quotidiano per alcune persone.

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In realtà la colpevole non è solo la carne in sé ma l’eccessivo consumo di derivati animali quindi anche formaggi, latte, uova… prodotti che, se ingeriti troppo spesso, provocano diversi disturbi nel nostro organismo tra i quali appunto la Gotta. Un insieme esagerato di grassi e proteine che da utile diventa pericoloso.

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Fisiologicamente questa è un’infiammazione chiamata anche Artrite Gottosa dovuta da un sovraccarico degli acidi urici nel sangue e nei tessuti. I Reni non riescono ad espellerli del tutto, attraverso le urine, ed essi si depositano all’interno del nostro corpo. Solitamente la Gotta colpisce in principio l’alluce che simboleggia la nostra testa e la nostra mente ma è comunque un disturbo che, dal punto di vista psicosomatico rappresenta la Rabbia (infiammazione, dolore, rossore, calore), la Preoccupazione – Ansia (depositi che rimangono lì senza fluire come quando si rimugina troppo sulle cose, gonfiore) e il credere di essere gli unici a poter risolvere le situazioni… anche degli altri.

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Chi soffre di Gotta è infatti solitamente una persona che elargisce consigli a tutto andare con anche un modo di fare abbastanza imperativo. No, non è un dittatore ma qualsiasi motivo è un’ottima occasione per dire la propria e consigliare al meglio senza riflettere che chi sta davanti a lui ha già una sua vita e sicuramente anche un’età per poter decidere. Anche quando il consiglio non viene chiesto viene comunque offerto come se fosse la strada migliore da percorrere.

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Fondamentalmente tale parere lo si dice perché si cerca di evitare il male a quella persona, lo scopo è buono, ma non ci si accorge di essere sovente un po’ eccessivi. In qualsiasi discorso troverà modo di insegnare al meglio.

Esempio:

Oggi vado in quel negozio là a comprare quella cosa lì

La risposta da parte di una di queste persone sarà – Mi raccomando passa da sotto perché se passi dalla strada di sopra ci metti due ore! -.

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Vi torna? Conoscete per caso qualcuno che soffre di questa malattia?

Sono tutte risposte dovute da un’insicurezza personale di fondo. E’ la persona stessa ad essere insicura e a ponderare bene che tutto vada per il meglio perché – …se non fai così chissà cosa potrebbe accadere e io poi mi preoccupo… -. Questo è il costante messaggio celato dalle loro parole. Il vivere in questo modo, inconsciamente, fa nascere e crescere la Rabbia (collegata al Fegato). Qualcosa dentro suggerisce che non si sta vivendo bene, non si sta vivendo appieno la vita godendo di serenità e libertà. Si è schiavi dei propri timori e questo fa arrabbiare perché ci si sente impotenti. Inoltre, visto che ho citato i Reni, i quali devono espellere tali urati, c’è di mezzo proprio la Paura che trova sede appunto in questi organi.

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Chi soffre di Gotta dovrebbe quindi tranquillizzarsi e prendere la vita un po’ più come viene senza tanti problemi e tante paranoie. Questo non è più altruismo, è quasi uno schiavismo nel quale ci si infila senza nemmeno rendersene conto.

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Bisognerebbe imparare a capire che non esiste solo il male ma soprattutto che gli altri non sono sempre sciocchi e sanno fare anch’essi le scelte migliori per il loro bene. Bisognerebbe tagliare un po’ con i moralismi e quei sermoni noiosi che durano ore e si ripetono in continuazione sullo stesso argomento.

Sciò…! Sciò…! – lasciamo spazio al “come viene, viene” e si vivrà decisamente meglio.

Prosit!

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