Ma tutto ‘sto casino per una mela?

In qualche modo dovevano pur giustificare la vita in schiavitù che da sempre ci hanno obbligati a fare, che ancora oggi conduciamo, e il perché non meritiamo l’Eden promesso ma, per conto mio, avrebbero dovuto trovare un motivo più grave e valido. Come abbiano potuto campare, per così tanti anni, su una motivazione ridicola come quella della mela colta, disobbedendo a Dio, rimarrà un mistero per l’eternità presumo.

Voglio dire, d’accordo che a contare è il principio e non il frutto proibito, semplice emblema di discordia, ma un Padre buono, amorevole e che soprattutto perdona sempre, come può incazzarsi così per un tradimento che ha proprio l’aria del dispettuccio infantile? In particolar modo, come può portare tutto questo rancore per così tanti secoli?

Conoscerete tutti l’argomento del quale sto parlando e anche dopo averlo pompato, per renderlo più grave, con indicazioni del tipo: avevano tutto quello che volevano, non dovevano disobbedire, non dovevano cedere alla tentazione, etc… equivale al bimbo che ruba la marmellata nonostante non gli manchi nulla e la mamma gli proibisce di toccarla.

Ma, come ripeto, dovevamo tutti essere macchiati di peccato, a partire da quello capitale, perché due nostri predecessori hanno avuto la brillantissima idea di assaggiare una mela. Frutto che, negli anni, acquistò una sua rivincita divenendo quello che – se mangiato una volta al giorno toglie il medico di torno -.

Dio, però, non è un dottore e questo gesto lo ha riempito di offesa e odio verso gli uomini (proprio come un uomo… che coincidenza!).

Ero felice, da bambina, nel pensare che tra me e questo Dio severo c’era mio papà (quello in carne e ossa) a fare un po’ come da intermediario e paciere, il quale, se anche avessi rubato un frutto, al massimo mi avrebbe fatto una romanzina di mezz’ora.

Meno male che non sono nata a quel tempo e forse fu per questo che non mi piacque mai essere una “prima donna”. Quell’imprecazione classica, a me dedicata – Porca Meg! – (Porca Eva) poi, non l’avrei potuta sopportare.

Fatto sta che bisogna ammettere il fascino che si cela dietro a tutto questo. Dobbiamo dire che sono stati proprio bravi, perché se non diciamo che sono stati bravi loro, l’unica cosa che rimane è affermare che siamo stati noi dei veri tontoloni all’ennesima potenza.

Con una sciocca favoletta sono riusciti a piegare l’umanità intera al suono di un’unica voce che conteneva diversi messaggi: devi obbedire (sei un servo), devi saperti accontentare (non vali molto), la pagherai cara (occorre punire e vendicarsi), sei un peccatore (un essere indegno), devi accettare la tua pena (non puoi ribellarti), sei un debole (non hai alcun potere), quello che fai è irreparabile (‘zzi tua), non verrai perdonato (non meriti, devi vergognarti), il giudizio prima di tutto (nasconditi), la storia dell’amore quindi non esiste (sarai sempre tradito) e, se proprio devo dirle tutte… ma, ‘ste cacchio di donne, farsi una padellatina di cavoli propri no eh? Le femmine rovineranno il mondo! Ma non sono femminista, ne’ maschilista quindi non continuo su questo punto a parte il citare – E tu donna partorirai con dolore! -… che poi… io ho visto partorire la mia gatta e non è che lei invece si è divertita così tanto rispetto a un’umana. Ha peccato anche pure la felide?

Però c’è un altro fatto da tener a mente. Ce ne sono molti a dire il vero ma non posso scrivere un romanzo. Ciò che in qualche modo colpisce è come i due protagonisti del fattaccio si siano mossi velocemente a darsi colpe l’uno con l’altra, senza cioè assumersi le proprie responsabilità. Quante somiglianze con il genere umano e così non si fa. No, no e no!

Esopo ha provato per anni, con le sue fiabe, a tirar fuori qualcosa di altrettanto idilliaco ma il massimo che ha ottenuto è stato di essere tradotto in prima liceo.

Ora, venendo seri, di favole ce ne sono state molte, ma ben poche sono riuscite ad avvilire intrinsecamente l’essere umano come questa e tutto quello che ne è poi conseguito. Innestando in lui il concetto dell’“aver sbagliato”, di partire già in svantaggio, di essere già dalla parte del torto. A prescindere. Un insetto di poco valore che ha osato sfidare Dio convinto di farla franca. Che porcheria. Che essere disgustoso l’essere umano! Come si è permesso? È bene che paghi ora e anche caramente. Dio sa tutto, vede tutto e può tutto. Ha fatto confessare i due malfattori perché era giusto ammettere le proprie colpe impauriti e micragnosi come due nudi vermetti ma, in realtà, lui aveva già visto.

E questa storia della confessione andò avanti per anni e poi per secoli, guardando individui che inconsciamente oppressi da una spada di Damocle pendente sui loro capi, andavano a raccontare tutte le loro malefatte a chi, sulla terra, intercedeva tra lui e il Regno dei Cieli. Qualche preghiera per espiare le proprie colpe e si poteva tornare a trascorrere la vita di tutti i giorni, commettendo gli stessi peccati, tanto, il sabato dopo, si raccontavano gli affari propri a chi poteva custodire i nostri segreti.

Ma… le favole… solitamente… non narrano di gioie e lieti fini? Sì, ci sono sempre l’orco e la strega cattiva ma poi c’è anche la vittoria del bene sul male. Tranne qui. Tranne in questa fiaba che ci hanno obbligato a vivere dove, il bene, se c’è, sta comunque perdendo da circa duemila anni. La fiaba. La nostra. Quella che dobbiamo vivere e che doveva essere la più bella di tutte perché era la nostra vita.

Ora, è vero che la parola “peccatore” dal latino “peccare” significa “sbagliare” inteso come “allontanarsi da Dio” (ne deriva l’allontanamento dall’Eden) ma io avrei cercato un’altra metafora anche se, devo ammettere, che questa ha funzionato.

…Come abbiano potuto campare, per così tanti anni, su una motivazione ridicola come quella della mela colta, disobbedendo a Dio, rimarrà un mistero per l’eternità presumo. Me lo devono spiegare. O forse no. Forse mi sono spiegata da sola.

Prosit!

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ERNIA DISCALE: unica soluzione – intervento chirurgico -, ma forse ci sono altri rimedi – parte 1°

Dividerò questo articolo in 4 post, pubblicandoli di seguito, in quanto è un discorso lungo e complesso

donnaallamoda.it

Luglio 2016 – la mia Ernia Discale avrebbe compiuto due anni.

Avrebbe, ma non essendoci più non li compie.

In realtà, non è che non c’è più del tutto, ossia, fisiologicamente è sparita, i medici dicono che un’Ernia dopo un po’ di tempo si riassorbe, ed è vero, ma è come se rimanesse asciutta e sottile, sempre lì, tra le due vertebre, affacciata alla finestra come una donzella che aspetta il suo amato pronta a sporgersi dal davanzale appena lo vede arrivare da lontano.

Ah! Sembra una splendida storia d’amore, e un po’ lo è, ma credetemi che porta tanta di quella sofferenza che “Uccelli di Rovo”, a confronto, gli fa un baffo.

Insomma, parliamo seriamente. Come già vi avevo spiegato qui https://prositvita.wordpress.com/2016/01/28/il-mio-mal-di-schiena-e-la-mia-camminata-nordica/ , una bella mattina di due anni fa, mi svegliai per andare a lavorare. Ai tempi facevo l’Estetista in un mio centro, professione che ora ho abbandonato per dedicarmi alle tecniche che studio e mi affascinano e poter aiutare chi soffre più da un punto di vista intrinseco che estetico.

Come misi il piede giù dal letto sentii come un pugnale conficcarsi nelle vertebre della schiena (zona L4 – L5 – S1) senza pietà. Inutile dire che ho sentito un dolore che non auguro nemmeno al mio peggior nemico. Per farla breve, alcuni di voi già lo sanno: due mesi immobile nel letto, lesione del nervo che percorre la gamba dx, mancanza di sensibilità nella zona tibiale della gamba, crampi e dolore continuo sul dorso del piede dx, per non parlare del male alla zona lombare, ovviamente, che non mi permetteva neanche di respirare.

Non so dirvi quanto cortisone feci ma posso assicurarvi che il mio sedere è ancora oggi abbattuto dalle innumerevoli penetrazioni degli aghi. Mi gonfiai come un pallone a causa dei medicinali tra i quali, oltre al cortisone, antidolorifici, distensori muscolari, dei nervi, etc… che mi procuravano un tremore generale soprattutto alle mani.

Quando riuscii a muovermi, cioè a settembre, inizia la fisioterapia in palestra, e andai a fare l’ennesima visita medica, quella che avrebbe stabilito com’ero conciata dopo aver subito ciò che avevo subito.

Il medico che mi visitò, in un ospedale molto rinomato della mia regione, mi disse che dovevo assolutamente farmi operare. Non c’erano altre soluzioni e mi diede della sciocca quando mi rifiutai. Lo compresi. Fu allora che gli chiesi di darmi solo un po’ di tempo e lui accettò dicendomi che ci saremmo rivisti in sala operatoria in breve tempo. Stava facendo il suo lavoro, e per questo lo ringrazio, ma andai a casa e dissi tra me e me che – No, la mia schiena non sarebbe stata aperta da un bisturi -. Fu la paura a farmi parlare così non la medicina o l’egregio lavoro di un chirurgo. Avevo il terrore dell’intervento e dovevo assolutamente evitarlo nonostante sia un’operazione di routine che esce sempre bene e dura poco tempo, voglio tranquillizzarvi. Sono io che sono bisturi-fobica.

Andai a casa e, quella notte, mentre mio figlio e mio marito dormivano, inizia a piangere sconsolata, impaurita e maledicendo quel dolore che comunque, nonostante fossero passati due mesi, ancora si faceva sentire, ancora non mi aveva lasciata del tutto.

Gliene dissi di tutti i colori, lo maledii, maledii quell’Ernia che mi stava invalidando e stava per condurmi su un freddo tavolo d’acciaio per farmi tagliare la schiena…, il mio corpo…. no…. no….

Mi alzai, non riuscivo a trattenere le lacrime ma non volevo svegliare mio marito con i miei lamenti che, poveretto, aveva anche lui passato due mesi d’inferno a causa della mia immobilità. Non gli avrebbe fatto bene vedermi ora, dopo quel tempo, ora che stavo meglio, piangere come una bambina.

Mi diressi in sala, davanti alla mia amata libreria, lo feci automaticamente, senza volerlo, penso che qualcosa mi ci condusse e, con lo sguardo appannato dalle lacrime, guardai tutti i miei libri come un automa continuando a piangere. Ho una sezione dedicata ai temi che tratto, pratiche alternative, crescita personale, etc, etc, tutti ordinati e pronti all’occorrenza. Ne ho tanti, e alcuni persino non letti, che mio marito mi regala a Natale o al mio compleanno (in gran quantità) ma che non riesco a leggere o, per mancanza di tempo, o perché in quel momento non trovo interessanti.

Notai come uno di questi libri sporgeva molto più degli altri. Era quasi sul bordo della mensola, veniva in fuori di parecchio e stonava tra tutti i suoi simili posizionati ordinatamente sullo scaffale. Allungai una mano per spingerlo in dentro, allineandolo con gli altri, e fu in quel mentre che qualcosa di inspiegabile mi obbligò ad osservare bene quel libro e leggerne il titolo “LA GUARIGIONE E’ DEI PAZIENTI” di Maria Gabriella Bardelli – con la mappa di Hamer e l’ascolto di Claudia Rainville -*.

Hamer? Claudia Rainville? Santo cielo! Li conoscevo più che bene!

– Ma da quando ho questo libro? – mi chiesi. Quel titolo mi fece trasalire, nel mio cervello e nel mio cuore fu come un boom assordante “….la guarigione è nei pazienti…”. Smisi di piangere e andai a coricarmi con quel tesoro tra le mani. Lessi tutta la notte fino ad arrivare alla storia di una donna, una certa Elena, di anni 35, con un forte dolore nella zona lombo-sacrale. – Sono io! – esclamai.

Lessi con attenzione ma non capii subito, rilessi, studiai, m’immedesimai e…. ma certo, ecco la conclusione! Era difficile da mettere in pratica ora, ma teoricamente l’avevo capita.

Tutto nasceva prevalentemente da un problema di svalutazione e dal non sapersi imporre nella vita. Inoltre, la mia Ernia, era fuoriuscita dal lato sx della schiena e poteva aver a che vedere con mia madre, con la mia femminilità, con parenti o amiche femmine nonostante mi avesse poi compromesso la gamba dx: padre, figlio, marito, amico… mmhmm… avrei dovuto lavorare davvero molto, il tutto si stava dimostrando complesso ma iniziai immediatamente. Se non capite di cosa sto parlando leggete anche quest’altro mio articolo https://prositvita.wordpress.com/2015/08/20/la-destra-e-la-sinistra-il-padre-e-la-madre/

Mi fermo qui ma pubblicherò presto il secondo post nel quale spiegherò dettagliatamente quello che ho fatto per guarire non dall’Ernia, che è solo una conseguenza, ma da tutto quello che mi aveva causato l’Ernia. Ossia andrò alla sorgente del mio dolore affinchè non venga più a trovarmi. Ho imparato la lezione! Grazie!

Prosit!

* Se non si conoscono prima le tecniche del Dott. Hamer e della Dott.ssa Rainville questo libro purtroppo è difficile da comprendere ma può condurre ad una nuova filosofia che porta a conclusioni inaspettate e incredibili nonché può incuriosire sul l’istruirsi in nuove materie.

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Ecco a voi Louise Hay!

Oggi desidero presentarvi una persona davvero speciale. Tanti di voi forse la conoscono già ma per chi non la conoscesse eccomi pronta a raccontar di lei. Si chiama Louise L. Hay ed è un’arzilla signora di 89 anni.

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Lo direste? Ma perchè voglio parlarvene? Vedete, questa donna, altri non è che la Madre del Pensiero Positivo. E’ considerata tale da quando ha iniziato a divulgare una sua nuova forma di pensiero che a preso sempre più piede fino a renderla famosa in tutto il mondo. Louise crede così tanto nella forza del pensiero da essere convinta che con esso, se positivo, buono e felice, si possono addirittura curare le malattie più gravi. Essa stessa dice di essersi liberata di un tumore all’utero lavorando non tanto su di esso ma sul valore che questo brutto male gli stava insegnando. Ebbene si. Essendo lei convinta, al mille per mille, che un sintomo è in realtà per noi una sorta d’insegnamento, ossia, se arriva è perchè noi lo abbiamo cercato come risposta ai nostri pensieri, basterà da quel momento, prenderne atto, ringraziarlo e iniziare a pensare esattamente nella maniera opposta. Nel suo caso, parlando di cancro, l’esempio è questo (anche se può avere diverse sfaccettature): Tumore = Accumulo di rimorso/Nutrire vecchie ferite e traumi. Risoluzione = Poichè io mi approvo e mi amo, creo un mondo pacifico e gioioso nel quale vivere. In effetti, la cara Louise, è stata vittima di questa malattia quando aveva circa 50 anni e prima di allora, non aveva avuto certo una vita facile e idilliaca. Si parla di diversi tipi di violenza subiti quando era solo una bambina e un’adolescente e si parla di violenze gravi. Il dolore, la frustrazione, la rabbia, il rancore se vogliamo, che essa ha coltivato umanamente e forse anche inconsciamente dentro di se, è scaturito in tumore. Ha fatto ossia del “male” a se stessa. Il male che lei teneva dentro, è rimasto lì, trasformandosi in qualcosa di fisico. Ammalando determinate cellule. E guarda caso, nell’utero, nella sua parte più femminile, quella più intima. Ma anche quella che era stata violata. Come far e allora? Bisognava eliminare quella parte, ma come? Abbandonandola. E come si può abbandonare un risentimento alias malattia? Perdonando. Ossia lasciando andare. Perdonare infatti non significa “condonare” ma semplicemente far si che la cosa vada via, nell’aria, con amore. Nessun medico ha testimoniato o testimonierà che Louise Hay si è auto-curata con questa forza di pensiero. Alla quale ha aggiunto anche altre tecniche alternative come la Reflessologia. Ma lei afferma che le cose sono andate proprio così. In fondo, i pensieri fanno parte di noi come un organo, come un dente, come un osso, come un’emozione.

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Non c’è nessuna differenza. Ma oggi io non sono qui a scrivere di lei per chiedervi o per sapere se credete o meno alla sua testimonianza, quasi come se fosse una leggenda metropolitana. Assolutamente non è questo il mio scopo. Non voglio neanche saperlo! Volevo semplicemente presentarvela perchè, al di là di quello che pensate sia vero, questa donna ha scritto diversi libri, primo fra tutti – Puoi Guarire la tua Vita – (Edizioni Armenia) e vi consiglio, calorosamente, di andarvelo a comprare e poi, non solo di leggerlo, ma tenerlo caro come un piccolo vademecum, in casa, sempre pronto all’uso.

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Qui non c’entra credere. Qui si tratta di imparare ad amare se stessi, perchè secondo Louise Hay, è la cosa più importante per far star bene noi e anche gli altri che ci sono vicini. Non conta che l’accaduto sia vero o falso in questo caso. Conta cosa ha scaturito in questa signora affinchè provasse ad insegnare a tutti noi come poter star meglio. Vedrete quante sorprese troverete tra queste pagine. Quante volte leggendo direte – Cavoli! Però è vero! – e fidatevi se vi dico che diventerà uno dei vostri migliori amici, se lo volete, se siete pronti, come usa dire lei. Potrete avere da questo scritto una sferzata di buona energia ogni giorno, ve lo assicuro. Non mi resta che augurarvi buona lettura e vi garantisco che parlerò ancora di questa straordinaria donna. Perchè mette gioia, dona allegria, fiducia, forza. Una positività incredibile. Solo questo, basta e avanza.

Prosit!

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