Facciamo del bene con tanto odio

GIUSTIZIERI DELLA VITA

Vengo spesso a conoscenza di eventi realizzati da persone che si muovono per pulire l’ambiente o per salvare animali e bambini ma, molte volte, rimango un po’ dispiaciuta dall’odio che permea quelli che sono nobili gesti. Perché sì, sono nobili. Egregi. Bellissimi. Queste persone meritano molto, svolgono atti pieni d’amore e si rendono utili per il pianeta, per tutte le sue creature e per il resto dell’umanità ma… quando invece si nutrono di emozioni particolarmente negative e le emanano, mi chiedo, l’amore dov’è?

Poco tempo fa, nella zona in cui vivo e in tutta la provincia, è iniziata la “pulizia delle spiagge” dove tanta gente si è adoperata a raccogliere rifiuti di ogni genere che altri, maleducatamente e senza il minimo rispetto, hanno gettato a terra. Fin qui tutto bene. Queste persone sono come angeli che hanno deciso di fare un lavoro che altri non fanno e meno male che esistono.

Il brutto (mio umile pensiero) arriva nel momento in cui, tra tanto splendore, leggo o sento frasi intrise di odio, giudizio, rabbia e persino violenza. La volgarità la fa spesso da padrona e con questo non intendo dire che io parlo come una principessa ma è il significato delle citazioni a stonare un po’ (tanto) con il loro gesto. Esempio – Questi mozziconi ve li infilerei su per il c@@@ accesi – oppure ancora – Dovete morire bastardi! -. Ohllalà…

Allora, so già che mi getterò addosso l’ira funesta dei “giustizieri della vita” ma, abbiate pazienza, potreste spiegarmi il nesso di tutto questo? Ossia, io cerco di svolgere un’operazione bella, con gioia e amore. Intrisa di gioia e amore. Nessuno mi costringe e non mi aspetto la riconoscenza di nessuno. Lo faccio perché lo trovo giusto e perché mi fa stare bene. Lo faccio perché farlo mi riempie d’amore. Lo faccio perché voglio vedere quel luogo più sano e pulito, non per augurare la morte o minacciare delle peggiori torture chi ha compiuto quello scempio.

I BAMBINI – SPUGNE IMBEVUTE D’AMORE

Ricordo quando da bambini, alle elementari, i maestri ci portavano a pulire parchi o spiagge come attività extra scolastica. Per noi era allegria pura. Facevamo a gara a chi riempiva più sacchi e avevamo il sorriso sulla faccia tutto il giorno. Per noi era una missione colma di meraviglia e felicità.

Erano gli anni ’80 e quante siringhe c’erano a terra! Ma eravamo educati e addestrati a svolgere il lavoro senza farci male. Nessun bambino si è mai permesso di proferir un minimo giudizio, ne tanto meno di augurare il male. Regnava unicamente e imperativamente l’Amore. Quello con la A maiuscola.

La frase più grave che si sentiva dire, anche questa ridendo, era – Maestro! Guarda! Bleah! Che schifo! – e l’altro bambino rispondeva – E allora guarda qui, io, cos’ho trovato! – e tutti si correva a vedere quel Sacro Graal dei rifiuti, facendo ancora a gara a chi trovava quello più schifoso e repellente tra tutti. Si rideva a squarciagola e si scherzava. Le sole minacce avvenivano tra di noi, laddove, per intimidire il compagno che voleva metter paura, lo si avvertiva che quella bottiglietta putrida gliela si sarebbe lanciata in testa, ma la maggior parte delle bottiglie diventavano in realtà palloni e, spesso, le femminucce dovevano redarguire i maschietti che diventavano famosi calciatori intenti a qualificarsi per la Champions League dimenticandosi il lavoro.

Insomma, c’era gioia. Gioia e basta.

UNA MISSIONE

Tra gli adulti cosa c’è? Odio, voglia di vendetta, collera, rancore, fastidio, dispiacere, schifo…

Io capisco, per carità, la bruttura dell’ingiustizia ma, purtroppo, covare queste emozioni non porta a nulla. Ma proprio a nulla. E soprattutto a nulla di buono. Avete presente quelle persone che manifestano per la pace con il manganello in mano? C’è un nesso? C’è coerenza?

Il fuoco si spegne con l’acqua non con dell’altro fuoco e il mio non vuole essere un discorso buonista. Penso solo che intrisi di odio si può ottenere solo altro odio. Questa, peraltro, è una funzione vibrazionale dimostrata persino scientificamente se si volesse fare i pignoli studiati. Ma non mi interessa ora toccare certi tasti.

Hanno pulito le spiagge di mezza Italia ma hanno postato (per la maggior parte) le foto dei sacchi pieni di rifiuti con tutti gli orribili commenti sotto. Hanno mostrato lo schifo, il loro sacrificio, il danno, il male. Il premio (?). Perché solo pochi hanno postato la spiaggia immacolata mostrando così bellezza? Per giorni e giorni, su tutti i social, non si è visto altro che merda e merda e merda… bello! Abbiamo riempito le memorie neuronali di immagini “stupende” devo dire! Ma… gli altri popoli che fanno questo ogni giorno, manifestano le stesse sensazioni?

Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra – diceva un tizio molto tempo fa.

LE PAROLE CAMBIANO

Ci sono persone al mondo che passano la vita a pulire luoghi, e se non sono altri a pubblicizzare il loro lavoro nessuno saprebbe della loro esistenza e, mentre lo fanno, gli sorride il cuore. Se intervistati, si esprimono in modo completamente diverso dalla maggior parte della gente. Vibrano nell’ En Thèos (in Dio – Entusiasmo).

Un bambino che salva un animale ferito e torturato, si impegna unicamente ad accarezzarlo. Con il cuore colmo di dispiacere, sicuramente, si impegna però in quel momento a pensare a quella vittima e basta. A curarla con il suo En Thèos. Non ha tempo per criticare i suoi carnefici e neanche gli passa per la testa la – legge del taglione -. Si occupa di lui, dell’infondergli amore. Ed è lì che c’è amore.

Non parliamo poi di quelli che vogliono farti adottare un gatto. Vi riporto un messaggio letto veramente in rete:

Ho trovato questo gattino che qualche pezzo di m@@@@ ha chiuso in un sacchetto al quale auguro di morire lentamente e agonizzando. Ora sta bene, l’ho anche sverminato e curato. Lo affido solo a veri amanti animali con casa consona al tipo di animale: sbarre alle finestre, nessun bambino, nessun altro animale, controlli senza preavviso per accertarsi di come il gatto vive, gradita la dimostrazione del cibo che viene somministrato al micio. Chi interessato mi contatti in privato -.

Non aggiungo altro. Il mio articolo finisce qui approfittando dell’acume di qualcuno e “a buon intenditor…”. Potete trarre voi le conclusioni e chiedetevi, in questo messaggio, in ogni parola, dove sta l’amore. Cara signora, quel gatto, a quelle condizioni, non riuscirà mai a sistemarlo e mi spiace, profondamente,  che quella creatura debba stare con lei. Così l’ho detto. Tiè!

A volte, siate bambini. Sono l’anima del creato. Il mondo ha bisogno dei bambini, della loro leggerezza, del loro entusiasmo, della loro umiltà.

Prosit!

Prosit cosipergioco.it – latinapress.it – 01net.it – piuchepuoi.it – mysocialpet.it – energiacristica.canalblog.org – istitutosolaris.it – linealibera.info

Da cosa nacque la Gastrite del mio amico C.

CHIEDIMI UN FAVORE

Il mio caro amico C. è conosciuto da tutti come una persona molto buona e di cuore ma, per avere questa nomina, ha fatto parecchio male a se stesso durante la vita.

Già diversi anni fa gli dicevo – Guarda che ti stai facendo del male – ma lui, pur credendo alle mie parole, non è mai riuscito a modificare il suo atteggiamento. Oggi non sono qui per dirgli – Te l’avevo detto -, se devo fare la suocera la faccio privatamente, ma mi preme piuttosto avvisare chi pensa di essere come il mio amico, sperando che, al contrario di lui, riesca ad anticipare questo fastidioso disturbo: la Gastrite.

La Gastrite, la Gastroenterite, i bruciori di stomaco, il morbo di Crohn, e altri vari problemi agli organi dell’apparato digerente derivano dall’ansia anche se sembrate le persone più calme o pigre del mondo.

Vi racconto cosa combinava il mio amico, ad esempio, quel testone.

Ogni volta che qualcuno gli chiedeva un favore lui non si osava a dire di – No – e da qui, le prime avvisaglie, gliele diede la cervicale, sintomo che reca proprio questo messaggio.

Non ascoltando il dolore alle vertebre cervicali, sue alleate, lui andava avanti intrappolandosi sempre di più in quelli che poi diventavano veri e propri problemi. Non solo non si osava a dire – No -, o cercava di prendere tempo (cervicale), lui prometteva il favore come già avvenuto, aggravando nettamente la sua situazione salutare. Forse perché doveva anche fare lo splendido e aveva bisogno del riconoscimento degli altri (altro danno).

ORA SONO CAVOLI TUOI

Visto che però, la maggior parte delle volte, per esaudire la richiesta che gli era stata fatta, ci andavano di mezzo altre persone, ecco che spesso era il mio amico C. che si sentiva rispondere di – No – dagli interpellati tirati in ballo, con anche un bel proseguimento che finiva in – Arrangiati! Non dovevi promettere nulla! -. Eh, beh, in effetti, tutti i torti a queste persone non posso darlo.

Spesso anch’io mi sono trovata nei loro panni, solo perché lui mi metteva di mezzo convinto ch’io gli risolvessi questo e quello.

Il problema nasceva in lui proprio nel momento in cui doveva arrangiarsi, ossia equivaleva al dover andare dal tizio di turno e confessare – Non posso esaudire il tuo desiderio -. Ma ormai aveva promesso, quella persona contava su di lui quindi… panico! Vedete a volte l’ansia come si nasconde bene?

Eppure vi assicuro che mai potreste dire che C. è un tipo ansioso.

Insomma che, se uno gli diceva di – No -, lui, tutto impanicato, andava da un altro e alla seconda negazione il turbamento cresceva sempre di più rodendogli dentro come una locomotiva a vapore. Iniziava a sentirsi sotto pressione e, proprio come una pentola (a pressione), bolliva dentro.

DEVO RIUSCIRE PER ESSERE APPREZZATO

La Gastrite è un’infiammazione che interessa la parete gastrica e, l’infiammazione, come ho già spiegato molte volte, si riferisce ad un accumulo di rabbia. L’ansia e la rabbia sono molto collegate tra loro. Si vive in uno stato di apprensione per nulla positivo quando si cerca di essere apprezzati. Non dovete immaginare la collera esplosiva ma quell’irritazione più lieve dell’ira che, comunque, nuoce a noi stessi anche a livello fisico.

Nonostante tutti i miei consigli, C. non è mai riuscito a comportarsi diversamente e, oggi, da quello che dice, non può più mangiare praticamente nulla, senza tener conto di tutti gli altri problemi che questo disturbo gli porta (vomito, stipsi alternata a dissenteria, contrazioni dolorose, etc…) e dei medicinali che deve prendere. Molto spesso, però, nonostante tutta la preoccupazione che nasce in lui nel tentativo di compiere la missione, riesce ad accontentare il richiedente e così, la gente, continua a chiedergli favori per i quali, a C., si “contorce lo stomaco”.

Ovviamente, quello che ho scritto in questo articolo, è solo uno dei tanti esempi che avvengono nella nostra vita. Il fatto è che, per assicurarci l’amore di qualcuno, siamo disposti a fare degli sforzi che in realtà nuociono gravemente alla nostra salute proprio perché sono forzature. Per essere amati e non perdere l’amore di una o più persone, ci sacrifichiamo vivendo nello stato dell’ansia che traduce le frasi – Spero di aver fatto bene. Ce l’ho messa tutta. Così sarà contento. Così farò bella figura… -.

La preoccupazione di non piacere non ci permette di vivere in totale pace. Il mio amico C. ha scelto l’esaudire i favori che gli vengono chiesti ma i metodi che si escogitano per tenere gli altri al nostro fianco sono tantissimi. Come la donna che in casa si comporta da geisha/serva, come quella che fa regali a tutti, come l’uomo che spende tutto il suo stipendio per accontentare la propria donna, come quello che si fa in quattro per aiutare chi ha bisogno… insomma, potrei elencarne un mucchio. Sono tutti mezzi che ci permettono di affermare – Ecco così almeno sarà contento di me e mi considererà -. Non si ha fiducia in noi stessi, ci si sente inferiori e da qui i problemi all’apparato digerente.

Prosit!

photo geffer.it – leadershipalfemminile.com – viverepiusani.it – curioctopus.it – cinekolossal.com – passionecapelli.com

Gli strani messaggi a Ratzinger e Bergoglio

O sarebbe più giusto dire: messaggi a tutti noi.

Guardate che son forti eh?! Ora vi spiego.

Tempo fa, cercando la bella immagina di una colomba che mi serviva per un post, venni a sapere di questo strambo fatto accaduto nel 2014. Lo so, sono indietro, avete ragione, ma non seguo la televisione e non seguo la Chiesa quindi, questa notizia, mi è sfuggita. Provando a parlarne con qualcuno, però, mi sono accorta che non ero l’unica ad essere ignara dell’accaduto e quindi ho decido di raccontarlo (dopo essermi documentata) perché immagino siano in tanti a non saperlo.

Naturalmente, vi avviso subito, lo racconterò riportando i fatti come sono avvenuti ma darò, qui in casa mia, la mia personale chiave di lettura.

In pratica, cos’è accaduto quel giorno di gennaio di cinque anni fa? È accaduto che Papa Bergoglio, dopo aver recitato la preghiera dell’Angelus, davanti ad una Piazza San Pietro gremita di fedeli, con l’aiuto di due bambini manda nel cielo due colombe come segno di pace e purezza. La gente, estasiata, ammirava i due candidi pennuti volare ma, all’improvviso, davanti ai loro occhi, si compì un evento a dir poco tragico (per i fedeli ovviamente).

Ebbene, un corvo e un gabbiano arrivarono (da non si sa dove) e si scagliarono contro le due povere colombe ferendone gravemente una e uccidendo l’altra e l’emblema di pace del Pontefice andò, a tutti gli effetti, – a farsi benedire -.

Subito la scienza si mosse per spiegare lo strano avvenimento e fonti importanti come il National Geographic proferì immediatamente che a causare quell’aggressione fu il colore bianco dei due innocenti uccellini. Sì, praticamente al corvo invidioso e al gabbiano che non intende essere imitato, quel bianco ha dato fastidio e zack… via! Lascio a voi le conclusioni che io non sono un ornitologo, ma questa potrebbe essere una ca@@@@ pazzesca per dirla alla Fantozzi.

Mumblemumble… vedo ogni giorno gabbiani vivere allegramente con uccelli bianchi come la neve! Dove vivo io ci sono pure le colombe, ma supponiamo sia vero che, anche se lo fosse, non è questo il problema. Le colombe sono sempre state utilizzate dal Papa e sono sempre state usate persino in certi matrimoni, o durante feste di compleanno, ma una cosa così non si è mai vista.

Si mossero poi anche gli animalisti che diedero del disgraziato al Papa il quale avrebbe dovuto finirla di usare gli animali come la famiglia Orfei. E va bene, se mi metto nei panni di una colomba, posso anche dar loro ragione, ma oggi vorrei scrivere di altre cose. Porre altre riflessioni. Forse, e dico forse, più originali.

Allora, siamo nel centro di una metropoli che è Roma, dove una miriade di gente ascolta le parole di un essere vivente. Di punto in bianco arrivano: un uccello prettamente marittimo e uno prettamente montano o campagnolo. Dalle nostre parti per lo meno. A Parigi, ad esempio, i corvi vivono anche negli Champs-Élysées e i gabbiani sul Senna perché quel che è da dire si deve dire.

Torniamo a noi. Arrivano sfidando tutto quel popò di persone e, guarda caso, sono proprio in due. Due, come due sono le colombe. No quattro, no cinque, no dieci. Due. Grossi, decisi e incazzati a quanto pare. (Ma quanti piccioni, anche bianchi, ci saranno in quel di San Pietro?)

Ora, dopo aver enunciato il significato simbolico della colomba, e vi risparmio quello mal tradotto di tutta la preghiera dell’Angelus sulla quale ci sarebbe da fare qualche riflessione, andiamo ad osservare anche quello del gabbiano e del corvo che, tra le tante dicerie o seri studi, sembrano simboleggiare: il primo – la libertà (quella psichica soprattutto) e il secondo – la lungimiranza, il saper vedere oltre. Il discorso inizia a farsi interessante secondo me.

In pratica ci troviamo con “Apri la mente” e “Non mi prendi per i fondelli” che decidono di uccidere “Pace e Umiltà” (le colombe). Ma perché mai? Poverine. Che hanno fatto di male loro? Loro nulla ma… chi ha deciso di farle volare era intriso di pace sincera e umiltà retta e profonda? Mah… Anche qui lascio a voi le considerazioni.

Trasformiamo i volatili in messaggi. Due messaggi che ammazzano un messaggio a quanto pare poco sincero. Avranno forse voluto dirci qualcosa???

Se poi vogliamo tenere conto di un ulteriore messaggio, inerente ad un fatto accaduto poco tempo prima questo evento, possiamo trarre altre interessanti considerazioni.

Ci spostiamo quindi nel 2013 e, questa volta, lasciamo perdere gli uccelli.

Ci spostiamo in una data ben precisa e assai importante per la Chiesa perché andiamo al giorno in cui Papa Ratzinger dà le sue dimissioni. Un Papa che si dimette… che strano… e perché? Eeeeh…. per il perché c’era troppo da leggere e quindi in pochi lo hanno saputo ma ora stiamo parlando di messaggi “divini” (???) e soffermiamoci qui.

Ebbene, proprio pochi momenti prima, o pochi momenti dopo, la firma dell’ex Pontefice (l’Universo ha una concezione del tempo tutta sua e io non me lo ricordo) un fulmine (e qui ci sta bene l’esclamazione “della Madonna”!) ha colpito, guarda caso, proprio la Basilica di San Pietro o, per essere più precisi: Er Cupolone! Come direbbero i romani.

Non ce la faccio, non ce la faccio… mi sale l’AdamKadmonite – Coincidenzeeee??? -.

Ma cerchiamo di essere seri pur mantenendo vivo il sorriso perché queste, davvero, sono solo riflessioni. Però, suvvia, non vi sembrano curiose? La Capitale del Cristianesimo sembra essere presa un po’ di mira da fatti alquanto inspiegabili, dove ovviamente la scienza, per lo meno quella di basso livello, senza lasciarsi scappare nessuna occasione, è sempre pronta a dare risultati ostentando e rispondendo. Che guai se una cosa non la sappiamo, sembra debba avvenire la morte istantanea.

Mo’ aspetto la terza sempre che non ci sia già stata… che io rimango indietro, sempre indietro….

Prosit!

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Si può entrare in una Favola?

Direi proprio di sì.

Soprattutto si può entrare in una favola con le persone giuste e nei luoghi giusti che, spesso, sono molto più vicini di quello che può sembrarci.

Guardate queste immagini ad esempio. Esistono davvero questi posti, mica li ho inventati io, e sono accanto a casa mia.

Una scoperta anche per me. Per me e la mia amica Mel.

Travestendoci da brave archeo/speleologhe, siamo andate in giro per la nostra Valle, alla ricerca di sentieri sperduti e fantastici; e siamo state ampiamente accontentate direi!

Il bosco di faggi e castagni era magnifico, a tratti offriva zone che ricordavano l’Irlanda e i Celti, con ciuffi d’erba verde che spiccavano tra i colori spenti delle foglie già cadute a terra. Alcuni gradini, formati dalle radici delle piante, o dalle pietre, rendevano il percorso ancora più originale ma per nulla faticoso. Diversi ruscelli accompagnavano il nostro cammino con il loro scrosciare perpetuo e, la limpidezza della loro acqua, dava un senso di fresco.

In alcuni punti, si formavano delle pozze. Certe nere – Come l’inchiostro – (a detta di Mel), altre verdi, all’inverso del film “Laguna Blu” (a detta mia). Sembrava infatti di essere sul set di… Green Lagoon.

Il torrente principale che abbiamo incontrato, e attraversato grazie ad un piccolo ma splendido ponte di pietra, è il Carpasina ma, ovviamente noi, mica lo si poteva solo attraversare senza sostare qualche attimo proprio vicino alla sua acqua?

Un’enorme pozza colma di muschio e mucillaggini ma comunque tremendamente affascinante. Chissà quante bestioline nascondeva dentro a tutto quel verde quasi fosforescente. Poco più in là, accanto a dei massi bianchi, molti gerridi si muovevano frenetici e indaffarati. Sono i ragni d’acqua per chi non li conoscesse.

E lì si parlava di progetti e natura. Poi beh… poi c’era lei che tutta intenta cercava e studiava nuove mappe e io che cazzeggiavo facendo foto e selfie ma questo è solo un piccolo dettaglio… D’altronde, ci vogliono entrambe le cose per stare bene assieme.

Ma chi l’avrebbe mai detto che, proprio appena sotto il paese di Carpasio (Valle Argentina – IM -), si poteva scoprire un Eden come quello?

Continuando a camminare si arriva a Costa, piccolo borgo incastonato nella montagna di fronte a quella di Carpasio e, volendo, si può salire fino ad Arzene, toccare il cielo con un dito e ritornare. Noi però, ci siamo fermate al ruscello che ci ha letteralmente rapite dopo aver fatto solo qualche chilometro.

In fondo, si doveva parlare, progettare e cercare. Cercare cose nuove, nuove bellezze da raccontare. E ci siamo riuscite. Siamo riuscite anche a godere della pace regnante. Solo qualche uccelletto e qualche insetto osava farsi sentire. Un rumoreggiare vivo e simpatico.

Abbiamo trovato ghiande e piume, regali splendidi, che Madre Terra ha voluto donarci.

La natura è incontaminata e si mostra attraverso diverse e molte meraviglie: more, tarassaco, uva, edera, pinoli… ci è sembrato di vedere persino la pianta dei… Ceci Rosa!

Sono diversi i sentieri che dal paese si diramano verso i boschi e i monti circostanti quindi, molto presto, si andrà alla scoperta di nuove zone. Fiduciose che comunque, qualsiasi strada intraprenderemo, la nostra Valle non ci deluderà, permettendoci sempre di rinfrancarci e rasserenarci al suo contatto.

La natura è da vivere con grazia, sensibilità e spiritualità. Solo così si può davvero godere dei suoi innumerevoli effetti terapeutici oltre all’appagamento che regala agli occhi e agli animi. Solo così ci si può davvero emozionare.

Prosit!

I Gabbiani mi parlano, così sento il mio Chiacchiericcio Mentale

Vivo in un paese bagnato dal mare e i Gabbiani sono praticamente miei concittadini. Ce ne sono tantissimi e sono molto grandi, bianchi e affascinanti. Volteggiano liberi nell’aria, non si preoccupano di nulla, osservano e, ogni giorno, si posano sui tetti e sui terrazzi vicini a casa mia.

Qualche mese fa, durante un periodo per me faticoso e insopportabile, mi resi conto di quanto questi Gabbiani, in particolar modo due di loro, sempre appollaiati sul balcone di fronte a me, facevano tanto di quel fracasso da non permettermi nemmeno di lavorare. Con quelle loro urla e starnazzate m’impedivano di pensare, di ideare e di concentrarmi. Un casino incredibile, sembravano in cinquanta!

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I loro discorsi parevano quelli di due comari incavolate contro chissà cosa, vogliose di litigare col mondo intero.

Mi chiesi perché quei Gabbiani dovevano venire a garrire e stridere proprio vicino alle mie orecchie ma, dal momento che ciò che vediamo e sentiamo altro non è che il film inconscio della nostra vita, messo in mostra per noi dall’Universo, che altrimenti non potremmo vedere, iniziai a cercare risposte per quelle domande.

Queste , per lo meno, sono le mie convinzioni.

Cosa stavano realizzando in me quei Gabbiani? Fastidio.

Cosa stavano facendo quei Gabbiani? Blateravano stizziti.

Che modo di fare avevano quei Gabbiani? Irritato, nervoso, inquieto.

Ero io. Ero proprio io! Mi stavano rappresentando. O meglio, stavano rappresentando quello che avevo dentro in quel momento.

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La mia mente in quei giorni lavorava all’impazzata, senza sosta, a causa di quello che stavo attraversando, nemmeno me ne accorgevo ma, a fine giornata, mi sentivo spossata.

Grazie ai due uccelli, la mia attenzione si raffinò ulteriormente.

Al mattino e al pomeriggio passavano, sotto casa mia, i bimbi che dovevano andare a scuola accompagnati dai genitori.

Quei bambini piangevano, urlavano, le mamme innervosite gli tiravano pacche sul sedere, i padri stanchi li sgridavano.

Come se non bastasse clacson e sirene di ambulanze, o vigili del fuoco, completavano giornalmente un quadretto per nulla rilassante che frastornava, inaspriva e faceva perdere la pazienza.

Come ho detto prima, l’emozione maggiore che provavo e che regnava sopra tutte, era il Fastidio contornato da Confusione e Nervosismo.

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Non potevo certo cambiare il modo di fare dei Gabbiani, o quello dei genitori adirati, men che meno potevo modificare il traffico sotto casa.

Ma potevo modificare un’altra cosa per giungere alla pace ossia: me stessa.

Se fossi cambiata io la realtà circostante di sarebbe trasformata di conseguenza, solo così potevo ottenere ciò che desideravo: la quiete.

Una quiete che prima di tutto avrebbe fatto bene a me. Una quiete che mi avrebbe permesso di passare le giornate diversamente, che mi avrebbe fatto dormire la notte, che avrebbe rilassato i miei muscoli e la mia mente. I miei pensieri.

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Già solo per il fatto che avevo riconosciuto questo riflesso e queste sensazioni del mio essere mi ritenevo a buon punto. E’ una cosa alla quale nessuno pensa invece è fondamentale.

La natura è perfetta, il Cosmo che ci ha creato è perfetto, il nostro corpo è una macchina perfetta. Pensate che queste tre cose ci avrebbero dotato di un inconscio incomprensibile senza darci modo di saperlo decifrare? Assolutamente no. Ed è per questo che ci rispecchiano lui, escogitando come strategia quella di mostrarci ciò che ci circonda e che viviamo. Le persone che frequentiamo, le situazioni che ci accadono, le sensazioni che proviamo. Noi, abituati ad usare solo i nostri cinque sensi, senza mai tenere conto dell’energia. Bene, e allora ci fanno vedere, ci fanno sentire, ci fanno toccare, annusare, quello che sta accadendo fuori di noi ma che in realtà vive nella nostra parte più intrinseca.

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Tutto è perfetto.

Lavorai su questo. Lavorai su di me. Su ciò che m’infastidiva riconoscendo che avrei potuto prendere le cose in modo diverso e, vi assicuro che tutto cambiò. E no, a infastidirmi non erano i volatili, non erano i bambini, non erano gli automezzi, tutti loro erano solo una conseguenza, o meglio l’immagine, di ciò che precedentemente aveva causato del Fastidio in me. Qualcosa al quale avevo permesso di sottomettermi, di piegare il mio Mago interiore e trasformarmi in Schiava, rovinando l’armonia del mio essere.

I giorni passarono e i Gabbiani, nonostante continuassero a venire ad appollaiarsi vicino, avevano un altro atteggiamento, più tranquillo, più sereno. In silenzio, se ne stavano appallottolati sul ciglio del terrazzo a prendere il sole, scrutando di tanto in tanto le persone che passavano sotto al loro enorme becco.

I bambini andavano a scuola ma ora cantavano canzoncine divertenti assieme ai genitori che, spesso e volentieri, se le inventavano sul momento per distrarre i figli dall’entrata in aula.

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Ricordo addirittura il passaggio di un’intera scolaresca che, assieme alle maestre e ordinatamente in fila per due, si allenava divertita a cercare con lo sguardo il colore che l’insegnante pronunciava.

Clacson non ne sentii più se non raramente e, finalmente, le sirene dei mezzi di soccorso si zittirono.

Tutto era cambiato perché io ero cambiata. Tutto si era rasserenato perché io avevo iniziato a prendere la vita con più serenità. E’ stato bello, toccante. Emozionante. Ho potuto constatare che realmente la realtà risponde, vibra delle nostre stesse frequenze, rimanda ciò che noi emaniamo. Sembra incredibile ma è proprio così.

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Una mia amica, alla quale raccontai l’episodio, mi chiese – Ma allora chi vive ad esempio nel centro di Milano? – domanda lecita. Pensai che, a dire il vero, conosco gente che vive nel centro di Milano ed è serena e felice ma non la maggior parte. La mia amica continuò – …Il traffico, lo smog, il rombo dei motori, altro che clacson! – era vero. Infatti penso sia difficile vivere con la piena serenità nel cuore se non si prende il sole, se non si può godere di spazi aperti che la natura offre, come il mare o un grande prato incontaminato, se si deve condurre una vita frenetica. Stress sopra stress che viene emesso nell’energia cosmica e di rimando offre il medesimo logorio dell’anima. Per chi vive nel centro di una metropoli sovente è così. E’ uno stile di vita. Conosco diverse persone che vivono in grandi città. Mi dicono di avere, si e no, due ore circa alla settimana da concedere a loro stesse. La maggior parte del tempo la passano sui mezzi pubblici per andare e venire dal lavoro. Cavoli!

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La realtà attorno a noi va osservata e ascoltata attentamente. In ogni momento ci mostra quello che abbiamo dentro e ci consiglia eventualmente cosa cambiare per vivere meglio, per elevarci e condurre un’esistenza più felice. Senza sopprimere nulla o trattenere ma prendendo in modo diverso alcuni aspetti della vita che ci riguardano.

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Prosit!

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Cercando il Lago Degno dove le Fate stanno in attesa

E’ proprio come se ci fossero delle fate che, nonostante la loro vivacità e le loro tante cose da fare, stanno ad aspettare l’arrivo di qualche anima sensibile che con esse possa connettersi. Si percepisce la loro presenza.

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Nella valle che vivo, la Valle Argentina, c’è un luogo che si può definire magico vista l’atmosfera che regala. E non è l’unico ma, poco tempo fa, ho avuto modo di conoscerlo e volevo assolutamente descriverlo.

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Questo luogo si trova sul sentiero che porta al Lago Degno ed essendoci stata una frana, anni fa, che ha distrutto la stradina principale, al Lago Degno, io e la mia amica Milly, non siamo riuscite ad arrivare perciò ancora dobbiamo scoprire se il meraviglioso punto nel quale poi ci siamo fermate si trova prima o dopo il famoso Lago arricchito da cascatelle impetuose che trasformano quella zona in un angolo di paradiso.

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Ci ritorneremo quindi, in perlustrazione, ma quella mattina invece ci siamo limitate ad ascoltare la natura e a dissetarci dell’energia potente che ci regalava. Un’energia che penetrava in ogni poro della nostra pelle.

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Posso tranquillamente parlare al plurale perché so che lei, come me, vive la natura nel mio stesso modo e con le mie stesse emozioni ed è molto bello poterle condividere con qualcuno che sa come comportarsi in quei momenti permettendoti di vivere il tuo rapporto con Madre Terra come più desideri.

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In quel momento ci siamo rese conto come null’altro ci sarebbe servito. Avevamo tutto quello di cui potevamo aver bisogno. Com’era possibile? Non c’era nulla di ciò che quotidianamente utilizziamo e viviamo, eppure era proprio così. L’appagamento era totale.

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La natura ci stava regalando la possibilità di non essere giudicate, la meraviglia delle piccole cose, la pienezza del Creato e niente poteva essere più grande.

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Sentivamo la forza universale scorrerci nei più piccoli capillari e tutta questa potenza ci ha reso più energiche, più serene, più vivaci.

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Il verde di questo posto è abbagliante, riempie la vista e l’acqua che scorre sotto di esso riflette sagome luminescenti sulle rocce accompagnando i tuoi pensieri con il suo scrosciare.

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Le foglie si muovono appena, giusto il tempo di dimostrarti che esistono, che vivono, come tutto d’altronde lì è pieno di vita, una vita che trabocca da ogni dove. Ogni tanto, il canto di un uccello, persino assai strano, si alterna attorno a te al ronzio di qualche insetto ma a prevalere sono i silenziosissimi battiti d’ali delle farfalle. A milioni. Di ogni colore, di ogni forma e grandezza. Riempiono gli occhi.

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Anche i raggi del sole giocano ad un andirivieni che incuriosisce e ti chiedi come possa essere tutto così perfetto come in una splendida orchestra proprio dove la perfezione non serve e non è richiesta.

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La pelle vibra come i fili d’erba accanto. Tutto vibra, il cuore, il respiro. Lo strato più superficiale del torrente creando delle mezze lune tremolanti che incorniciano gli scogli.

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E’ la meraviglia. E’ la voglia di vita. Alberi fiabeschi sono ricoperti da un muschio che parla di Celti, di gnomi e folletti, che li nasconde e gli fa da moquette. Quei minuscoli fiori rosa saranno sicuramente per loro come per noi grandi sequoie colorate.

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Il sottobosco è da ammirare, cela una vita tutta sua, un mondo in miniatura dove piccoli esseri tinti annusano, zampettano, si rotolano. Non si è soli. Quell’essenza abbraccia, culla, ti fa suo. Diventi parte di lei, una parte così fondamentale dalla quale percepisci quanto sei un tutt’uno con il pianeta, quanto bisogno hai di tutto questo e quanto lui abbia bisogno di te.

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Sarà per questo che ci ritorneremo, è una promessa, ora, non possiamo più farne a meno. Fa un gran bene. La miglior medicina per tutti i mali, una panacea, qualora se ne avesse bisogno. E se ne ha sempre bisogno.

E le fate ci aspetteranno ancora.

Prosit!

Per noi

Ecco che vogliono prenderci, piano piano, uno ad uno.
La paura si stà allargando come una macchia d’olio, lenta ma decisa, sicura di sè.
Unge ogni cosa che incontra.
Unge la gioia, unge l’amore.
Li soffoca e li ricopre appannando sguardi e sorrisi.
Per ogni fratello morto, cento persone non ridono più.
No, non deve andare così.
Non bisogna permetterle di regnare.
Non bisogna farsi contagiare dalla malattia di queste cellule impazzite che vagano per il pianeta sterminando i loro stessi simili.
Continuate a sorridere, almeno chi non è stato colpito da vicino da queste atrocità, che continui a sorridere.
Non piangete. Più lacrime scenderanno dai nostri visi e più s’ingrosseranno i fiumi e i mari che ci travolgeranno.
Non mi fermerete, continuerò a parlare di cose belle e a pubblicare notizie positive.
Essere felici non è un’insensibilità, non è mancanza di rispetto. E’ uno stato d’essere animico, intrinseco.
Sforziamoci di esserlo nonostante tutto.
Piangiamo, gridiamo, tiriamo pugni contro i muri ma non facciamoci avviluppare dall’angoscia e dallo sgomento facendoli diventare le guide della nostra personalità. Le guide di questa nostra vita.
Altrimenti davvero, finirà il mondo…
In questo momento ci stanno chiedendo di essere Guerrieri, di osservare cose che non avevamo mai visto e vivere tragedie che ci erano solo state raccontate dai nostri nonni.
E un Guerriero, in tutto il suo dispiacere, è governato dalla fierezza e dal sogno della vittoria. Mai dalla tristezza.
Questo pianeta ha, più che mai, bisogno di emozioni positive ed è proprio nei momenti di difficoltà che i bisogni si sentono ancora di più. Diamogliele.
Diamogliele proprio ora che è dura, che è sempre più dura. Diamogli la medicina di cui ha bisogno.
Non soffermiamoci sull’atrocità. Focalizziamoci sul bene.
Facciamoci forza l’uno con l’altro per illuminare il nostro mondo.
Per aiutare il sole a risplendere ogni giorno.
E amiamoci di più perdio!

Prosit!

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Liberiamoci Dei Rompipalle 5° – IL FALSO

Rieccoci alla rubrica – Liberiamoci dei Rompipalle – (vedi categoria “persone nocive”) quegli individui negativi, per un motivo o per l’altro, che ci troviamo spesso di fronte e che vorremmo davvero evitare. Non sempre però si può e quindi dobbiamo riuscire a “combatterli” nel modo giusto e soprattutto preservando il nostro stesso benessere.

Oggi ti parlerò della PERSONA FALSA.

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Partiamo subito con un’idea ben chiara in testa: tutte le bugie nascono dalla Paura. Tutte. Anche quelle che usiamo definire – esistere per un “buono scopo” –.

Da qui, si capisce subito come il falso sia uno che ha fondamentalmente paura. E più racconta menzogne più, in realtà, è terrorizzato dalla vita stessa.

Il falso, che non solo mente ma omette anche, è quindi un individuo che dovrebbe farci tenerezza più che rabbia ma questo non accade, ovviamente, perché il nostro orgoglio viene intaccato, ci sentiamo traditi, derisi e, per il rispetto della nostra persona, non possiamo permettere a qualcuno di raccontarci frottole o nasconderci la verità.

Anche perché alcune falsità possono recare conseguenze parecchio sgradevoli.

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Dal momento che è davvero dura riuscire a cambiare un falso, (bisognerebbe fargli ripercorrere la vita in tutt’altro modo credo io) penso si possa provare a lavorare su di noi utilizzando diversi metodi che probabilmente possono aiutarci. Per le leggi dell’Universo, che ti ho sempre descritto, la menzogna ricevuta è una menzogna che già vive in noi innanzi tutto. Questo non significa che anche noi l’avremmo raccontata ma giudicata si. Pertanto, affinchè continuiamo a giudicare le bugie o a giudicare colui che le racconta, esse continueranno a venirci a trovare. Perché? Perché non devono essere nostra fonte di preoccupazione.

Ma cosa vuol dire giudicare la menzogna o il menzognero?

Vuol dire offendersi per la balla ricevuta, vuol dire aver paura di sentire un’eventuale falsità, vuol dire temere di essere presi in giro, essere insicuri, guardinghi, sentirsi destabilizzati, essere troppo orgogliosi e, finchè queste preoccupazioni che l’Universo non accetta, faranno parte di noi, l’unico metodo per eliminarle è quello di riceverle. – Prima o poi capirà come affrontarle! – dice l’Universo.

Immagina di essere in una stanza completamente buia, nella quale sai che all’interno c’è un nemico da sconfiggere ma non capisci assolutamente chi sia o cosa sia. Come fai ad eliminarlo se non lo vedi? Come fai a scegliere l’arma più appropriata? Come fai a distinguere il suo attacco? Ecco perchè deve esserti mostrato.

Ma chi è quest’Universo? Sei tu. Siamo noi stessi. Nel nostro inconscio sappiamo bene di temere la bugia o sappiamo bene ch’essa ci infastidisce, ci fa del male, perciò la chiamiamo a noi per imparare ed evolverci. Peccato che la maggior parte delle volte non impariamo, vediamo solo il danno incassato senza chiederci il perché lo abbiamo ricevuto.

A volte, persino noi stessi ci raccontiamo delle bugie. Ci colpiscono come lame affilate.

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Le bugie spezzano i cuori, fanno piangere, attorcigliano lo stomaco, provocano nausea ma credetemi se vi dico che chi soffre davvero è chi la bugia la racconta più di chi la riscuote. E’ egli una persona che non ha pace. Che vive nel totale timore della vita e, per questo, crea una falsa realtà come crede sia meglio per lui aggiungendo infine alle sue già tante disgrazie anche il senso di colpa dell’aver tradito. Affronta inoltre le sue giornata con un scudo davanti formato dai suoi stessi muscoli, i suoi stessi organi, i suoi stessi nervi. Duri, calcarei, granitici che, prima o poi, non ce la faranno più e si spezzeranno. (Vivere nella totale menzogna provoca ansia / l’ansia ci fa consumare il potassio / senza potassio i nostri muscoli, sia volontari che involontari, s’irrigidiscono).

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Vivere in un contesto di illusioni, ben sapendo che non corrispondono al vero, è deleterio, è struggente.

Il meccanismo della bugia, antico quanto noi, è da sempre stato studiato dalla sociologia, la psicologia e tante altre scienze, che si dedicano alla mente umana, come un fenomeno a sé. E’ come un magnifico congegno ideato dalla nostra psiche davvero grande e misterioso pieno di suddivisioni: intenzionale, non intenzionale, premeditato, ossessivo, involontario…

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Quello che però mi preme dire, in questo post, è che dobbiamo cercare di lavorare su noi stessi per “eliminare” il più possibile le balle dalla nostra vita piuttosto che sprecare energie nel tentare di modificare un bugiardo cronico.

La domanda da porsi sempre è – Perché ho ricevuto questo inganno? -. C’è forse inganno dentro di te? Sei tu per primo un bugiardo? Oppure una persona che tenta di mascherare la realtà delle cose? Magari lo fai senza rendertene conto perché, anche per te è solo uno scudo di protezione, oppure, come ti dicevo prima, poni troppo giudizio nei confronti delle bugie.

In sostanza, quella bugia faresti bene a perdonarla ma, attenzione, come ripeto sempre perdonare non vuol dire condonare. Nessuno afferma che devi farti raccontare ulteriori cavolate e porgere la famosa “altra guancia”. Il rispetto che meriti deve essere ben chiaro. Ma devi ottenerlo prima di tutto da te stesso.

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Solitamente le persone tendenzialmente false sono anche quelle che: hanno l’abitudine di lamentarsi, sono svogliate, amano le comodità, hanno una bassa autostima e poca risolutezza, oltre ovviamente a quello che ti ho descritto prima. Immagina quindi come si possa vivere bene in questo modo…

Occorre portare la pace negli animi, nei nostri e nei loro.

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Se hai a che fare quotidianamente con un bugiardo puoi provare a lavorare su questi cardini piuttosto che contrastare la sua bugia. Quello che lui vedrà da parte tua come rabbia, aggressività nei suoi confronti e soprattutto una trappola dalla quale non riuscirebbe a uscirne, non faranno che peggiorare la situazione perchè, ricordalo, è un “debole”. Conducilo invece verso la via del suo benessere olistico e sicuramente la situazione cambierà perché per farlo, dovrai provare amore, agire con amore e questo porterà amore a te da ogni parte e… nell’amore, non sono contemplate le menzogne.

Prosit!

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Sii per te Stesso un Genitore Amorevole

Immagina di essere tranquillamente seduto a guardare la televisione. Di fianco a te, in una splendida culla bianca, c’è tuo figlio che dorme. E’ davvero piccolo. E’ appena nato. Ha pochi giorni di vita. E’ da poco uscito dall’ospedale.

Ti sei assicurato che fosse ben coperto, ogni tanto lo controlli per vedere se respira, se tutto va bene, gli accarezzi una manina, lievemente, per non svegliarlo e quel contatto breve ti emoziona. Ti risiedi attento verso il programma televisivo ma, ad un certo punto, senti un lamento. Un tenue gemito proviene da quel lettino.

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Ti alzi di corsa e vai a vedere che succede. Il piccolo si è svegliato e inizia a piagnucolare. Lo sollevi, lo prendi in braccio e provi a capire cosa lo disturba.

Dovrà essere cambiato? Avrà fame? Si è svegliato ma vuole dormire ancora? Ha male alla pancia? Qualcosa lo ha spaventato? Alla fine, per uno strano e misterioso senso della vita, riesci a capire che vuole il latte. Non basterà proporgli il seno materno, il pediatra ha stabilito che per lui ci vuole del latte artificiale e, questo latte, andrà messo nel biberon, mescolato all’acqua e fatto riscaldare. Tutti minuti che passano e che, in quel momento, mentre il bimbo inizia a piangere con sempre maggiore veemenza, appaiono eterni.

Noterai che, in quel mentre, ti sarà venuto spontaneo appoggiarlo al tuo petto, accarezzarlo, ninnarlo e fare buffi versi con la bocca nel tentativo di rassicurarlo.

Guardi le sue gote tenere, la sua pelle è delicata, morbida e grinzosa allo stesso tempo. E’ così piccolo che persino le sue unghie sono ancora morbide. Quelle lacrime che escono da quegli occhietti strizzati e quelle palpebre stropicciate ti fanno male e quella boccuccia spalancata, senza denti, che ora urla a più non posso ti agita. In quel momento, stai cercando di infondere in quell’esserino tutto il tuo amore, tutta la tua pace, tutta la tua attenzione, tutta la tua protezione.

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Lo avvolgi con le tue braccia e il corpo, lo baci, lo sfiori. E’ un essere innocente, vulnerabile, puro, che in quel momento ha “un problema”.

Ora, dimmi, quando tu hai un problema, probabilmente molto più serio dell’avere fame, ti comporti nei confronti di te stesso allo stesso modo in cui tratti quel neonato? Ti coccoli? Ti culli? Ti accarezzi? Ti baci? No. Sii sincero.

E perché no? Perché è da stupidi vero? Immagina di vedere una persona adulta che si abbraccia con le sue stesse mani, con braccia quasi conserte che arrivano fin dietro alla schiena e con il viso un po’ inclinato verso una spalla si dondola. Poi si accarezza il viso, si bacia quella mano che passa delicatamente sotto al mento e sopra la testa ripetutamente… ti sembra ridicolo ammettilo.

Eppure, se immagini quella stessa persona catapultata indietro nel tempo, durante la sua infanzia, noterai che voleva proprio queste cose da sua mamma e da suo papà. Che le cercava smaniosa. Che, ancora più piccola, in fasce, le reclamava a gran voce come il più sano dei suoi diritti.

Quel bambino, eri tu. Quel bambino… sei tu! E rimani sempre tu anche se gli anni passano. Da adulto avrai comunque bisogno di quelle coccole e le cercherai nei figli, nella moglie, nel marito, nell’amico, persino dopo i contrasti con gli altri ma… puoi e devi dartele anche da solo.

Se pensi che questa sia una magra consolazione ti stai sbagliando di grosso. Nel momento stesso in cui ti coccoli, tutto il tuo stato fisico e soprattutto psichico ed emotivo inizia a giovarne e a stare bene realmente.

Se hai un dolore al corpo esso si quieterà, se hai un malessere mentale, esso apparirà meno devastante. Credimi. Cullati, infonditi pace, armonia. Rassicurati. Come faresti con il tuo piccolo figlio che appoggi al tuo petto. Anche tu in quel momento di avvilimento sei come lui, vulnerabile, innocente, puro e soprattutto bisognoso d’amore. Il gesto fisico e concreto della carezza, vale a dire tangibile, aiuta ad avvallare il pensiero positivo che spesso, non basta. Tante volte si prova a scacciare il male con la mente, a vedere il lato bello della medaglia, a considerarsi nonostante tutto, perfetti. A perdonarsi… proprio come le filosofie che insegno ci spiegano ma, tante volte, tutto questo è difficile.

Grazie al contatto delle tue stesse braccia, delle labbra e delle mani sul tuo corpo, sulla tua pelle, sulle tue cellule nervose, questo apparirà più semplice. Chiamati per nome o utilizza un vezzeggiativo proprio come avrebbe fatto la tua mamma, o avresti voluto che facesse. Parlati con tono dolce a rassicurante. Prova a dirti che tutto andrà bene, che passerà, che sta già passando. Potrai anche emozionarti, commuoverti.

Quando diciamo di un animale che “si lecca le ferite” intendiamo proprio questo ma non lo facciamo mai. Non è solo una questione di anticorpi e di virtù della saliva in grado di disinfettare la lesione e uccidere i batteri. E’ molto di più.

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Il cane, o il lupo, o il gatto, o il leone, etc… così facendo, si auto-donano dei benefici incredibili per prepararsi ad affrontare i giorni successivi stando nel miglior modo possibile.

L’animale non ha medici in quel momento, non ha consulenti e, molto spesso, neanche amici, perchè sovente, sono proprio gli altri componenti del branco a fargli male. Non ha che se stesso. Il suo contatto. Il suo angolino silenzioso e nascosto per usufruire di tutta la tranquillità necessaria.

Si è abituati a cercare il conforto in qualcuno, o si spera persino che gli altri evitino proprio di recarci dolore. Magari ci arrabbiamo anche, lamentandoci di essere soli e di non trovare nessuno disposto a consolarci… (quando noi invece, per gli altri, ci siamo sempre stati). Ebbene, impara a consolarti da solo per prima cosa. Devi avere uno strumento, uno scudo. Non puoi confidare sul fatto che nessuno mai ti faccia mai del male. Se accade, devi saper affrontare il momento… volendoti bene.

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Immagina di prendere un esserino appena venuto al mondo, tenero, delicato e impaurito, come sei tu adesso e fagli capire, con tutti i tuoi mezzi, che non deve avere paura di nulla, e che la sofferenza, TU gliela porterai via.

Prosit!

p. s. = ho provato a cercare in internet immagini di persone che si “auto-coccolavano” ma… non ce ne sono! O per lo meno non sono così evidenti visto che non le ho trovate. Dev’essere una situazione, ahimè, non contemplata. Purtroppo! Quello che esce fuori è solo qualche trattamento di bellezza che ci si concede ogni tanto ma non ha nulla a che vedere con il mio argomento. Digitando invece – i benefici della coccola – Google ha trovato – i benefici della…. Coca Cola! …. Ahi! Andiamo bene!

Prosit!

photo alessiodileo.it – haisentito.it – medicitalia.it – amando.it

Lo Strano Modo di pensare del nostro Fegato

Vi descrivo innanzi tutto cos’è fisiologicamente il Fegato e come funziona all’interno del nostro organismo.

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Il Fegato è una grossa ghiandola annessa all’apparato digerente ed è in grado di eseguire diverse operazioni come: assorbire l’ossigeno per il sangue, regolare i livelli di zuccheri, decomporre diverse sostanze come anche le tossine, preoccuparsi dei fattori coagulanti ma soprattutto, produce la Bile, un liquido verdastro che, riversato nel Duodeno e nella Cistifellea, favorisce la digestione dei grassi. Dal punto di vista della psicosomatica, il Fegato, rappresenta l’adattamento e diversi altri fattori ad esso correlato.

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Il non riuscire ad adattarci ad una situazione, può causare in noi diverse emozioni negative come l’angoscia, la rabbia, la tristezza, l’inadeguatezza e via dicendo, che culminano col renderci vittime di un senso di ribellione apparente o più celato ma comunque esistente. Un senso di ribellione che, non trovando sfogo, si trasforma in frustrazione dalla quale nasce una rabbia nei confronti di alcuni aspetti della vita, che non trova pace. Quando si sente dire – Era verde dalla rabbia – in realtà si sta ascoltando una misteriosa correlazione tra un semplice motto e ciò che realmente accade in noi unendo la nostra parte fisica a quella psichica. La Bile, prodotta dal Fegato, che come vi spiegavo prima ha un colore tendente al verde e digerisce i grassi, ossia cose pesanti da decomporre, compie un processo che si può tranquillamente trasformare in qualcosa di più spirituale. Allo stesso modo quindi, riusciamo o non riusciamo a digerire alcuni avvenimenti della nostra vita che possono essere a breve o a lungo termine. E se non ci riusciamo ci arrabbiamo, e diventiamo… verdi dalla rabbia. Il colore che subentra sulla nostra pelle quando il Fegato non funziona bene, è in realtà un giallognolo scuro (itterizia) in quanto si tratta di un verde decisamente diluito in tutto lo strato connettivale. L’Itterizia inoltre, e questo è importante, subentra quando c’è un eccesso di globuli rossi distrutti. Una degradazione dell’emoglobina troppo elevata nel nostro organismo. Ora, senza entrare nello specifico nominando sostanze come la bilirubina, sappiate che il nostro sangue è la nostra vita. La nostra gioia. Rappresenta la nostra linfa vitale. Il rosso degli eritrociti ( globuli rossi ) è il colore della passione, del fuoco che ci alimenta. Il nostro entusiasmo. Capite bene dunque che soffocando, diminuendo, distruggendo tali cellule, allo stesso modo vien meno la nostra serenità che lascia il posto ad una rabbia soffocata. E’ per questo che, il Fegato, è stato quindi definito la sede della rabbia. Il lamentarsi costantemente, il giustificarsi allo scopo di autoilludersi, il provare una costante ira per come gira il mondo intorno e l’essere insoddisfatti sempre per qualcosa, portano rabbia ed essa nuoce al nostro Fegato e a noi.

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Questa emozione negativa che sovente, esagerando, può trasformarsi in collera, o in ferocia, o in aggressività, è semplicemente l’aumento di una rabbia latente che prende in noi sempre più comando, partendo da uno stadio minore che può rimanere tale per tutta la vita, o sfociando invece in qualcosa di più significativo. Sono diversi gli indizi che suggeriscono quando un Fegato può essere stanco, ammalato, irritato o semplicemente infastidito. Caratteristiche che la maggior parte di noi ha, anche per via di un’alimentazione poco sana con la quale ci nutriamo, carica di additivi e sostanze nocive che sporcano questa ghiandola. Vi faccio alcuni esempi.

LO XANTHELASMA:

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Lo Xanthelasma è un’alterazione in rilievo della pelle che non scompare né alla pressione, né alla detersione o abbronzatura. E’ un’escrescenza giallastra-biancastra che nasce intorno alle palpebre ma non provoca dolore. Seppur la loro apparizione non è del tutto nota alla scienza, alcune filosofie, come anche la medicina occidentale, indicano una stretta correlazione tra questa placca ed eventuali problemi lipidici o di aumento di colesterolo cattivo (LDL) nel sangue. Uno stretto collegamento col Fegato dunque.

LE RUGHE VERTICALI SUL PROCERO:

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Un altro segnale, può essere definito da due profondi solchi verticali sul procero (muscolo pellicciaio sopra al naso tra le due sopracciglia). Quella è la zona che, sul nostro viso, rappresenta il Fegato e, anche se le rughe sono semplicemente pieghe dell’invecchaimento cutaneo, causate soprattutto dalle nostre espressioni, se sono anticipate e/o esagerate, possono indicare la presenza di qualcosa che disturba il nostro Fegato così come anche macchie rossastre o violacee sempre in quella zona.

GLI INESTETISMI NELLA ZONA CENTRO/METATARSALE DEL PIEDE DESTRO:

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Anche un’ipercheratosi (callo o durone), una verruca o un eczema, nella parte del piede che vedete segnalata in foto, possono indicare disguidi al nostro filtro epatico perciò prestate attenzione.

COLORITO DEL VISO:

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Come vi ho già detto prima, un colorito che tende al giallo, sul volto di una persona o delle sue sclere (le parti bianche dell’occhio), può indicare disfunzioni al Fegato ma, nel caso di bevitori abituali di alcool, bisogna invece porre un’accurata attenzione quando il colore del loro viso diventa pallido o bluastro.

Queste sono solo alcune tracce e tutte utili per indicare la presenza di un disturbo. Per questo, prima di fare una sorta di “diagnosi”, bisogna saper osservare in modo olistico. Sono molti i fattori che possono cambiare la realtà. Nulla è assoluto. La soluzione a tutto questo, per avere un Fegato il più sano possibile, dal punto di vista spirituale, è cercare di vivere nella più totale gioia e serenità. Cercare l’entusiasmo e la pace interiore. Accettare di più alcune situazioni nel tentativo di vedere perché avvengono; forse, vogliono solo insegnarci qualcosa. Individuare il lato positivo di un avvenimento e prendere la vita con più calma, più tranquillità e più tolleranza pensando maggiormente al presente che stiamo vivendo e non rimuginando nel passato o sperando nel futuro. E’ difficile, lo capisco ma, come per tutte le cose, ci vuole la volontà. Sono sicura che ne troverete giovamento.

Prosit!

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