Gli strani messaggi a Ratzinger e Bergoglio

O sarebbe più giusto dire: messaggi a tutti noi.

Guardate che son forti eh?! Ora vi spiego.

Tempo fa, cercando la bella immagina di una colomba che mi serviva per un post, venni a sapere di questo strambo fatto accaduto nel 2014. Lo so, sono indietro, avete ragione, ma non seguo la televisione e non seguo la Chiesa quindi, questa notizia, mi è sfuggita. Provando a parlarne con qualcuno, però, mi sono accorta che non ero l’unica ad essere ignara dell’accaduto e quindi ho decido di raccontarlo (dopo essermi documentata) perché immagino siano in tanti a non saperlo.

Naturalmente, vi avviso subito, lo racconterò riportando i fatti come sono avvenuti ma darò, qui in casa mia, la mia personale chiave di lettura.

In pratica, cos’è accaduto quel giorno di gennaio di cinque anni fa? È accaduto che Papa Bergoglio, dopo aver recitato la preghiera dell’Angelus, davanti ad una Piazza San Pietro gremita di fedeli, con l’aiuto di due bambini manda nel cielo due colombe come segno di pace e purezza. La gente, estasiata, ammirava i due candidi pennuti volare ma, all’improvviso, davanti ai loro occhi, si compì un evento a dir poco tragico (per i fedeli ovviamente).

Ebbene, un corvo e un gabbiano arrivarono (da non si sa dove) e si scagliarono contro le due povere colombe ferendone gravemente una e uccidendo l’altra e l’emblema di pace del Pontefice andò, a tutti gli effetti, – a farsi benedire -.

Subito la scienza si mosse per spiegare lo strano avvenimento e fonti importanti come il National Geographic proferì immediatamente che a causare quell’aggressione fu il colore bianco dei due innocenti uccellini. Sì, praticamente al corvo invidioso e al gabbiano che non intende essere imitato, quel bianco ha dato fastidio e zack… via! Lascio a voi le conclusioni che io non sono un ornitologo, ma questa potrebbe essere una ca@@@@ pazzesca per dirla alla Fantozzi.

Mumblemumble… vedo ogni giorno gabbiani vivere allegramente con uccelli bianchi come la neve! Dove vivo io ci sono pure le colombe, ma supponiamo sia vero che, anche se lo fosse, non è questo il problema. Le colombe sono sempre state utilizzate dal Papa e sono sempre state usate persino in certi matrimoni, o durante feste di compleanno, ma una cosa così non si è mai vista.

Si mossero poi anche gli animalisti che diedero del disgraziato al Papa il quale avrebbe dovuto finirla di usare gli animali come la famiglia Orfei. E va bene, se mi metto nei panni di una colomba, posso anche dar loro ragione, ma oggi vorrei scrivere di altre cose. Porre altre riflessioni. Forse, e dico forse, più originali.

Allora, siamo nel centro di una metropoli che è Roma, dove una miriade di gente ascolta le parole di un essere vivente. Di punto in bianco arrivano: un uccello prettamente marittimo e uno prettamente montano o campagnolo. Dalle nostre parti per lo meno. A Parigi, ad esempio, i corvi vivono anche negli Champs-Élysées e i gabbiani sul Senna perché quel che è da dire si deve dire.

Torniamo a noi. Arrivano sfidando tutto quel popò di persone e, guarda caso, sono proprio in due. Due, come due sono le colombe. No quattro, no cinque, no dieci. Due. Grossi, decisi e incazzati a quanto pare. (Ma quanti piccioni, anche bianchi, ci saranno in quel di San Pietro?)

Ora, dopo aver enunciato il significato simbolico della colomba, e vi risparmio quello mal tradotto di tutta la preghiera dell’Angelus sulla quale ci sarebbe da fare qualche riflessione, andiamo ad osservare anche quello del gabbiano e del corvo che, tra le tante dicerie o seri studi, sembrano simboleggiare: il primo – la libertà (quella psichica soprattutto) e il secondo – la lungimiranza, il saper vedere oltre. Il discorso inizia a farsi interessante secondo me.

In pratica ci troviamo con “Apri la mente” e “Non mi prendi per i fondelli” che decidono di uccidere “Pace e Umiltà” (le colombe). Ma perché mai? Poverine. Che hanno fatto di male loro? Loro nulla ma… chi ha deciso di farle volare era intriso di pace sincera e umiltà retta e profonda? Mah… Anche qui lascio a voi le considerazioni.

Trasformiamo i volatili in messaggi. Due messaggi che ammazzano un messaggio a quanto pare poco sincero. Avranno forse voluto dirci qualcosa???

Se poi vogliamo tenere conto di un ulteriore messaggio, inerente ad un fatto accaduto poco tempo prima questo evento, possiamo trarre altre interessanti considerazioni.

Ci spostiamo quindi nel 2013 e, questa volta, lasciamo perdere gli uccelli.

Ci spostiamo in una data ben precisa e assai importante per la Chiesa perché andiamo al giorno in cui Papa Ratzinger dà le sue dimissioni. Un Papa che si dimette… che strano… e perché? Eeeeh…. per il perché c’era troppo da leggere e quindi in pochi lo hanno saputo ma ora stiamo parlando di messaggi “divini” (???) e soffermiamoci qui.

Ebbene, proprio pochi momenti prima, o pochi momenti dopo, la firma dell’ex Pontefice (l’Universo ha una concezione del tempo tutta sua e io non me lo ricordo) un fulmine (e qui ci sta bene l’esclamazione “della Madonna”!) ha colpito, guarda caso, proprio la Basilica di San Pietro o, per essere più precisi: Er Cupolone! Come direbbero i romani.

Non ce la faccio, non ce la faccio… mi sale l’AdamKadmonite – Coincidenzeeee??? -.

Ma cerchiamo di essere seri pur mantenendo vivo il sorriso perché queste, davvero, sono solo riflessioni. Però, suvvia, non vi sembrano curiose? La Capitale del Cristianesimo sembra essere presa un po’ di mira da fatti alquanto inspiegabili, dove ovviamente la scienza, per lo meno quella di basso livello, senza lasciarsi scappare nessuna occasione, è sempre pronta a dare risultati ostentando e rispondendo. Che guai se una cosa non la sappiamo, sembra debba avvenire la morte istantanea.

Mo’ aspetto la terza sempre che non ci sia già stata… che io rimango indietro, sempre indietro….

Prosit!

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Ho 40 anni e sono un pulcino

IN FONDO MICA MI DISPIACE

Guardando con gli occhi dell’amore niente appare brutto – (Meg)

Quando qualcuno prova a stabilire la mia età anagrafica sbaglia sempre, nel senso che nessuno mi da 40 anni dicendo che non li dimostro.

È vero che i caratteri fisiognomici o tratti somatici, i geni, la cura del proprio corpo (che mi trova pigra), etc… hanno la loro importanza ma, a parer mio, è vero anche (e forse molto più di tutto il resto) che conta come ci si sente dentro. Però…. cosa determina questo?

Io per prima rimango sbigottita quando penso di avere 40 anni e provo a ricontare per vedere se i calcoli sono giusti. Davvero! Dico sempre – 40?! Ma possibile? Allora ’78… ’88… ’98… perbacco! A momenti 41! Altroché! -.

Non è tanto questione del sentirseli o meno. Cioè, anche chi dimostra l’età che ha può sentirsi bene. Felice. Secondo me è più un fattore emozionale.

Un Maestro spirituale vi direbbe che: bisogna lasciare andare il passato, bisogna pensare positivo, bisogna fare respirazioni ogni giorno… tutte cose sacrosante e che condivido, ma continuo a dire che non è tutto.

VECCHI RICORDI

Ricordo che a 20 anni avevo coetanee che vestivano e si sentivano o si atteggiavano a quarantenni. Le scarpe da ginnastica, ad esempio, mi dicevano che una “signora” avrebbe dovuto riporle e usarle solo in casi eccezionali come durante un’ora di attività fisica. Ehm… io devo riporle ancora adesso…

Ma un grazie secondo me va anche a mamma e papà.

MAMMA E PAPA’

I miei genitori mi hanno responsabilizzata velocemente.

Ricordo che mamma mi mandava in Posta a compiere missioni impossibili alla tenera età di 10 anni. Non arrivavo nemmeno allo sportello per parlare con l’impiegata, la quale doveva sporgersi in avanti per vedermi. A 6 anni mi faceva lavare i piatti facendomi salire su uno sgabello dicendomi solo – Per togliere l’unto l’acqua deve essere calda -.

Papà invece mi addestrava in stile Bear Grylls. A 10 anni oltre a saper fare un telegramma ero anche in grado di uscire da un bosco dopo essermi persa, sapevo arrampicarmi ovunque come un gatto e iniziavo a riconoscere in cielo alcune costellazioni.

Allo stesso tempo però, mangiavo pane e coccole. Oh beh, anche qualche scapaccione, è ovvio! Ma, dopo 40 anni, ancora non mi chiamano con il mio nome. Per Madre sono “Pulce” e per Padre “Passerotto“. E mentre mia mamma ancora mi accarezza e struscia il suo naso contro il mio viso, mio padre, quando mi faccio male, mi dice porgendomi la mano – Passalo a me – intendendo il dolore. E poi finge che inizi a far male a lui quella parte. Beh sì, insomma, avete presente quella citazione:

I bambini credono che un piccolo bacio su un graffio possa farlo guarire. E ci credono perché si fidano di chi si prende cura di loro. Non è ingenuità, è fiducia incondizionata -. (Anonimo)

Ecco… devo essermi fermata a quella fase lì.

GLI OCCHI GIOVANI, ANCORA DA RIEMPIRE, DEL BAMBINO

Quello che sto per dire potrà sembrare retorico ma, a volte, mi trovo davvero a guardare il mondo con gli occhi di un bambino.

Mi stupisco per un fiore, potrei passare un’ora intera a giocare con un insetto, rido come un’abelinata (tipico termine ligure che indica simpaticamente una deficiente) e mi faccio le trecce.

Lo so, non sono normale, ma mi chiedo “Forse è anche per questo che sembro più giovane”. Non penso sia solo questione di genetica, capite cosa intendo dire? E nemmeno intendo dire di essere meglio di un altro. Soltanto osservare il perché, alcune persone dimostrano meno anni e altre di più.

È assolutamente vero che il lavoro, le preoccupazioni, la paura, la lamentela, la rabbia e molte altre situazioni negative rendono l’invecchiamento precoce, ma posso assicurarvi che non sono stata immune da tutto questo. Quindi sono arrivata alla conclusione che, forse, una delle questioni fondamentali, risiede nel fatto di come si prendono certe cose.

Ossia aspettarsi il bello, pensare al bello, immaginare il bello… che arriva. Ma dietro al termine “aspettarsi” c’è molto di più e ve lo spiego tra poco.

Spesso mi rendo conto che molte persone hanno davanti due strade ma scelgono sempre quella negativa. Sempre il pensiero più ostile, come a dire – Almeno non rimarrò deluso quando accadrà -. Però non è detto che accada e, soprattutto, ciò che fa invecchiare è l’attesa non sana di quella risposta. Se poi davvero non accade forse è perché deve accadere qualcosa di più bello ancora. Non sono una farfallina ingenua. So bene valutare le preoccupazioni ma sono anche convinta che la vita non ci voglia male e che abbia in serbo per noi il meglio. Occorre solo non remarle contro e permettere a quel meglio di entrare in noi. Che ne dite? Non potrebbe essere un buon metodo questo per rimanere giovani più a lungo? Secondo me si. Ma non è solo questo. L’attesa di cui parlo è qualcosa che va oltre e più in profondità e che ora proverò a dirvi.

LA BELLEZZA DELL’ATTESA

L’Universo è pigro – (Cit.) …forse perché sa che tanto è immortale, penso io. Ha tutto il tempo che vuole, là dove il tempo non esiste. Tsè!

Ciccio Pasticcio… se ci riesci tu che sei l’Universo posso benissimo riuscirci anch’io!

E allora cosa mi ha aiutata in tutti questi anni? Eh sì. La parola è questa: l’attesa.

La pazza corsa all’oro che la maggior parte delle persone effettua, “per arrivare prima”, non lo trovo un buon mezzo. L’arrivare per primo. Mi laureo subito, prendo immediatamente la patente, faccio 3 anni in uno, voglio quel modello che ancora nessuno ha, voglia fare quella cosa che per adesso solo in America…. Il bisogno dell’originalità che stressa. A volte si può aspettare. Non siamo sempre presi dall’acqua alla gola. E una volta passata l’ondata, resti più originale tu, che ancora non sei, rispetto a tutti quelli che già sono stati.

Ad aspettare non si diventa vecchi. Saper aspettare significa dire – Tanto non devo morire domani, ho tutto il tempo che voglio. Sono giovane -. Questo messaggio, col tempo, si manifesta. Diventa concreto permeando, di questo percepire, ogni cellula. Inoltre si collega alla “leggerezza”. E ve lo dice una che ha iniziato a lavorare a 13 anni e alla quale non è stato regalato niente (ci fossero malpensanti con la scusa pronta, eh).

Vi siete mai accorti che gli anziani fanno tutto di corsa se non sono persone “spirituali”? Come se, appunto, dovessero morire da lì a poco. E infatti, inconsciamente, questo pensiero incombe su di loro. In fila devono passare per primi, si alzano alle cinque dicendo di avere mille cose da fare, quello che puoi fare oggi non aspettare a farlo domani, si buttano in mezzo alla strada per attraversare cercando di bloccare le auto con la sola imposizione delle mani… io dico, sei in pensione, santa persona, magari quella giovane mamma che ha lasciato il bambino in macchina per far veloce e deve andare a lavorare ha più fretta di te, falla passare! E invece no. Ma è normale, li capisco. Perché questo è alla fine: convincersi che il tempo non solo non esiste ma soprattutto non è il nostro padrone.

Prosit!

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Ti prego Mamma…

UN ACCORATO APPELLO PER EVITARE CASINI E DOLORI FUTURI

Ti prego mamma cerca di rendere tuo figlio sicuro di sé perché non sai, gli insicuri, che gran danno possono fare agli altri e a se stessi quando poi diventano adulti. Molto più degli invidiosi, degli aggressivi, degli egoisti, dei tristi… perché… quando una persona è insicura, è tutto questo messo assieme. Perché un insicuro indossa maschere per ogni occasione. Perché l’insicurezza è direttamente collegata alla paura e la paura è la madre di tutte le emozioni negative.

Ma vedi, qui non si parla di colui che ha paura a fare tutto, il classico “cagasotto” che emette timore da lontano. Qui si parla di colui che vive nell’insicurezza intrinseca ma senza tremare. Anzi, appare persino un personaggio da stimare assai.

Invece…

Ti prego mamma rendi tuo figlio sicuro o sarà un menzognero, un ingannatore, un traditore. Guarderà solo all’appagamento dei propri bisogni incurante dei sentimenti altrui.

Rendi tuo figlio sicuro o scappera’ senza avere il coraggio di risolvere le situazioni. Incolpera’ altri innocenti pur di uscire pulito dalle situazioni. Farà di testa sua, senza ascoltare, perché il credersi perfetto sarà la sua unica arma.

Rendi tuo figlio sicuro o sarà insoddisfatto costantemente della sua vita, invidiera’ gli altri e proverà rabbia e frustrazione. Vorrà tutto per sé perché tutto gli mancherà. E sarà sempre triste, molto triste.

Rendi tuo figlio sicuro o mollerà una donna solo quando ne avrà un’altra a portata di mano, o donne ne vorrà molte, come se fossero maglie da indossare. Conterà i soldi ogni minuto, con la speranza vana che si moltiplichino, avrà ansie e preoccupazioni inutili che gli bloccheranno il respiro.

Rendi tuo figlio sicuro o farà del male a chi gli vuole bene senza riuscire a provare del bene. Sarà vittima dell’accidia, della lussuria e dell’attaccamento. Si arrampichera’ sui vetri pur di aver ragione.

Rendi tuo figlio sicuro o sarà manipolato. Non piacerà a nessuno e avrà pochi amici. Sarà arrogante, presuntuoso, poco umile. Non disposto a scendere nel suo buio più scuro e risorgere.

Rendi tuo figlio sicuro o sfrutterà le persone, sarà un approfittatore e un incantatore. Non avrà autostima, si guarderà allo specchio e non si piacerà. Farà della sua mente il lato forte, senza comprendere che è il cuore a doversi aprire.

Rendi tuo figlio sicuro o non amerà la solitudine, non sarà mai un saggio, saprà ferire ma non curare. Non si assumerà le proprie responsabilità e sarà sempre un debole al cospetto di una persona che usa le emozioni.

Rendi tuo figlio sicuro o si preoccuperà più dell’apparenza che della sostanza. Preferirà la quantità alla qualità e dipendenze celate come il bisogno di essere visto.

Rendi tuo figlio sicuro o per stupirsi avrà necessità di qualcosa di grande. Non saprà amare la quotidianità e dovrà provare sciocchi brividi per sentirsi vivo.

Rendi tuo figlio sicuro se vuoi renderlo felice.

Non dargli serenità, l’acquisira’ da solo con la sicurezza.

Non dargli l’entusiasmo, lo acquisirà da solo con la sicurezza.

Non dargli la fede, l’acquisira’ da solo con la sicurezza.

Non insegnargli l’onestà, se è sicuro di sé non avrà bisogno di barare o manipolare.

La sicurezza gli permetterà di amarsi e di amare. Tutto il resto non conta.

Gli permetterà di comprendere che questa vita gli appartiene e ne è degno.

Gli permetterà di creare la sua migliore esistenza e ottenere ciò che più vuole realizzare.

Rendi tuo figlio sicuro, ti prego, se puoi.

Maschio o femmina che sia… fallo con – le palle -.

E ti prego papà, prova a fare la stessa cosa anche tu.

(Come? NON LASCIATE DA SOLO VOSTRO FIGLIO. TENETELO DA CONTO. ASCOLTATELO. PARLATE CON LUI. NON OPPRIMETELO. EQUILIBRIO. UNA VOSTRA EQUILIBRATA PRESENZA.)

Prosit!

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Ehi! Bel bambino, lo sai che moriremo tutti?

Tra me e la professoressa di Religione delle superiori c’era probabilmente un odio profondo, in quanto, come metteva piede in classe, iniziavano le feroci discussioni.

Non le perdonavo praticamente nulla di quello che diceva. Sbagliavo lo so. Chi ero poi per accusarla? Ma ero un po’ ribelle, oggi mi sono calmata.

Oggi ho un mio credo, accetto qualsiasi religione e qualsiasi opinione ma, un tempo, quando intuivo che il discorso volgeva al cercar di mettere paura e tenere la gente schiava e succube m’inalberavo.

Le religioni sono nate proprio per questo! – direte voi ma, da brava adolescente, con la voglia di cambiare il mondo, mi focalizzavo solo sull’ingiustizia ricevuta.

Col passar degli anni, modificai il mio atteggiamento ma devo ammettere che ci sono cose che ancora oggi m’infastidiscono; mia personale sensazione.

Tra queste, ce n’è una che, oltre a infastidirmi, mi lascia davvero attonita in quanto sto cercando da tempo una valida motivazione, soprattutto utile, riguardo il suo esistere.

Ripeto: sto cercando una motivazione che sia valida e utile al suo esistere.

Si tratta del dire a bambini, perciò a creature di una certa età, che…. avverrà la fine del mondo.

So che questa frasona va ancora di moda ma non so se ora viene ripetuta con le stesse parole con le quali veniva detta a me e ai miei compagni s’intende. Ognuno la riceveva in qualche ambiente da lui frequentato: a catechismo, a scuola, in famiglia… aleggiava, di tanto in tanto, questa minaccia incredibilmente potente.

Praticamente Dio, che è buono e perdona sempre tutti, un bel giorno ci tradisce, perché fondamentalmente è cattivo. Si arrabbia, distrugge il Pianeta e tutti gli esseri viventi, nessuno avrà scampo, perché i maledetti peccatori, non hanno rispettato la sua parola.

Allora, in pratica, al bambino passava (uso l’imperfetto ma, ahimè, mi sono resa conto essere un tema ancora attuale) il seguente messaggio:

Tu morirai, la tua mamma morirà, il tuo papà pure, forse non sai ancora bene cosa sia la morte ma non è una bella cosa e, comunque, tu non vedrai più nessuna delle persone alle quali vuoi bene -.

E mica si muore così, serenamente, senza rendersene conto! No! Facendo appello al già esistito e famosissimo Diluvio Universale, tra strazi e agonie, si è vittime di maremoti, uragani, terremoti, tifoni, asteroidi che colpiscono Madre Terra, il Pianeta che si spacca in due, quattro, otto parti… vulcani che eruttano l’impossibile, la tua casa, bel bambino, e anche la tua cameretta crolleranno e… insomma, un casino, perché Dio è infuriato (sentiti colpevole) molto, molto infuriato.

Ma io non ho fatto niente! – viene subito da pensare nell’affanno più totale  – non può prendersela solo con chi se lo merita se proprio deve?!

Ecco, se ho capito e tradotto bene (ehm… io c’ero!) la situazione sarebbe questa e vorrei che qualcuno mi delucidasse sulla sua utilità. Chiedo: è cosa buona e giusta (e sana) per la crescita prospera di un individuo?

La sera del giorno in cui sentii, per la prima volta, che il mondo poteva finire, in maniera terribile ovviamente, non chiusi occhio per tutta la notte.

Quel mondo immenso, agli occhi di un bimbo, che lo sorregge, che permette alla sua palla di rimbalzare, che sostiene quei palazzi altissimi… non sarebbe più esistito. Sarebbe sparito nel nulla (che non si sa bene cosa sia ‘sto nulla) portandosi via le persone più amate. Amate avidamente. I pilastri della vita.

Volevo esserci. Volevo avere gli occhi aperti. Avrei potuto schivare i tralicci che volevano rovinarmi addosso e forse una speranza c’era anche se tutti dicevano di no.

Volevo vedere in faccia quel Dio, rappresentato da tutta la sua terribile magnificenza, che stava per togliermi ogni cosa senza nessun diritto (…poi accusiamo certi individui che da adulti diventano possessivi…).

La muscolatura era rigida. Fissavo un punto, tra la finestra e il soffitto della camera da letto, concentrandomi sui rumori della notte al di fuori delle pareti. Il vento, il silenzio, le auto… “come poteva quella gente che guidava essere in giro a quell’ora… non lo sapeva che il mondo stava per finire?”.

Non riuscirono più a farmi credere in un Dio cattivo. Ad essere cattivo era l’uomo. L’uomo era l’unico essere capace di distruggere tutto ciò che non gli andava bene. L’uomo che mi aveva tradito, insozzando l’immensità di un qualcosa che neanche conosceva. L’uomo che si vantava di sapere. L’uomo che voleva Dio a sua immagine e somiglianza e non viceversa. L’uomo pavido, menzognero che non sa guardare oltre. Come poteva Dio amare, nonostante tutto, quell’essere così spregevole? Quell’essere del quale ne esistevano miliardi di copie? Quella creazione che sarebbe dovuta essere invisa ai suoi occhi? Eppure lui riusciva.

Anche l’astio verso l’essere umano terminò con la crescita ma la protezione verso chi è più innocente no. Perciò, magari, evitiamole certe ingiustizie. Certe cose che non servono a niente. Che forse non possiamo nulla contro guerre e carestie ma evitiamo le violenze, almeno tra le quattro mura che frequentiamo, almeno dove possiamo se non possiamo evitare situazioni ben peggiori. I traumi inutili e gratuiti, portatori di dolore e paura, creeranno solo altro dolore e altra paura che si spargeranno ovunque. Seminiamo gioia, buoni propositi, ricche ambizioni.

Nutriamo individui sani, forti, prodigiosi. Mostriamo loro come sentire Dio dentro anziché temere di avere la distruzione in grembo. Diciamo che il mondo lo possono salvare, sempre, e nessuno può permettersi di creare catastrofi al posto loro. Che sono e possono essere potenti proprio come il Dio che nutrono in sé. Creiamo aperture di cuore affinché nella vita si possa incontrare prosperità. Permettiamo di assorbire le sensazioni del benessere. Forse questo vorrebbero i bambini.

Prosit!

P.S.= Questo blog, mi ha permesso di conoscere persone splendide che, lavorando assieme ai bambini, cercano di inculcare in loro la Divinità che gli appartiene andando a disinnescare vecchie credenze passate. Queste persone le adoro, raggiungono ogni giorno ottimi traguardi e fanno capire che il bello c’è. Da qualche parte il bello c’è. Le ringrazio.

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Quando la Mamma è contro il Papà

Senza nessuna voglia di polemica ho deciso di scrivere questo articolo con la speranza che possa aiutare a riflettere su alcuni punti fondamentali nella vita di un bambino.

Da donna e da mamma ho sempre dovuto ammettere che, purtroppo, in caso di separazione, sono molto più spesso le madri, che non i padri, a fare guerra all’ex consorte, utilizzando, ahimè, come strumento, proprio il figlio, il quale si trova così a vivere situazioni drammatiche e davvero spiacevoli.

Alcuni uomini ne fanno di cotte e di crude, mi sembra ne parlino tutti i mass-media, e riconosco il comportamento deplorevole di alcuni padri ma, la mia intenzione oggi è diversa, perciò spero di non attirarmi addosso l’ira funesta delle signore che si sentono accusate.

Anche perché non è mia intenzione accusare nessuno, semplicemente, senza dare colpe a uno o all’altro, intendo spiegare, a modo mio, che cosa un bambino può provare quando si trova a vivere tali vicende e determinate emozioni.

Nessuno è un santo e nessuno è un demone, maschio o femmina che sia ma, purtroppo, alle donne dobbiamo sovente dare il ruolo di – manipolatrici – nei confronti dei figli e dell’ex coniuge.

Naturalmente anche molti padri si comportano così, ma sono in minor numero, in quanto la legge, solitamente, tutela di più la mamma visto il legame che la unisce al proprio figlio e perché l’uomo, predilige altre azioni. Ha un’altra mente, un’altra personalità, un altro comportamento. Grazie al Signore ci sono poi anche genitori, di entrambi i sessi, intelligenti e comprensivi che come strumento usano solo il “buon senso”.

Or dunque, rivolgendomi alle mamme che ho appena descritto, mi sento di dire che sarà inutile partire a spada tratta riferendo che – LUI è uno stronzo, Lui è senza palle, LUI è bugiardo, LUI qui e LUI là… -, tutto questo ad un figlio non interessa. Se anche l’ex marito avesse dovuto apostrofarvi con le peggio parole sappiate che, in tenera età, fondamentalmente, a vostro figlio non può fregargliene una cippa. Perciò, anziché cercare nel piccolo erede un complice e una sorta di spalla alleata sulla quale piangere oltre che cercare favoreggiamento, rivolgetevi agli amici e lasciate al bambino il suo sano menefreghismo ed egoismo.

E’ ovvio che questo che sto scrivendo, non trova senso in caso di situazioni gravi, derivanti da abitudini riprovevoli ed illegali ma, finchè questo non sussiste (e non serve fare il diavolo a quattro per un bicchiere spaccato che lo abbiamo spaccato tutti almeno una volta nella vita – non è istigazione alla violenza questa, ma potrebbe essere uno sfogo personale a patto di non frantumarlo in testa a qualcuno o davanti al minore) finchè quindi, a governare, è soltanto un odio personale, un rancore privato che urla vendetta (spero abbiate capito di cosa sto parlando) mi spiace, ma non è bene allontanare il piccolo bambino dal papà. Si, lo avete capito senz’altro a cosa mi riferisco, perché accade nell’80% delle famiglie.

Solo alcuni esempi tra i tanti:

1) Nonostante siete “mamme”, non potete essere voi in grado di giudicare se un uomo è adatto o non è adatto a fare il padre valutando il comportamento che ha avuto nei vostri confronti. Ci sono diecimila persone che detesto e alle quali io stessa vorrei tirare un calcio nel sedere, alcune molto vicine a me, ma questo non vuol dire ch’io non sia idonea come madre per mio figlio, o che non lo merito, o che non lo amo.

2) Togliere ad un figlio la possibilità di vivere il padre è come amputarlo. E’ la stessa cosa. Prendete pure una sega in mano e tagliate a lui un braccio o una gamba. Davvero, non sto esagerando. Solo che, mentre un arto, oggi, grazie alla tecnologia e ai passi da gigante della medicina, si può sostituire con un pezzo di plastica, purtroppo… senza metà cuore, non si vive ancora. Care mamme, mi spiace deludervi ma no, non potete riempire solo voi il cuore dei vostri amati bambini. Non lo possedete tutto. Fatevene una ragione.

3) Il fatto che sia una madre a parlare male del padre per un bambino è UN TRAUMA! Ossia, la persona che per lui è la fonte della verità assoluta, il Sacro Graal delle relazioni sociali, colei che tutto può creare e tutto può distruggere, gli sta dicendo che….. suo padre è un mostro. E’ nato da un mostro e quasi sicuramente, se porta lo stesso sangue, diventerà un mostro anche lui. (I bimbi crescono e le memorie rimangono… attenzione!). Gli state facendo male. Gli state facendo capire che se ama quella persona, ama una cacca d’uomo e, quando a me dicono che sto amando una cacca d’uomo mi sento piccola come un lombrico e mi sento di non valere niente, perché se valessi qualcosa, amerei un uomo che merita di più. Quindi, è una cacca lui e lo sono anch’io.

4) State privando vostro figlio di quello che voi non potete dargli. Ci sono molte sante madri che hanno fatto anche da padre e hanno fatto un ottimo lavoro ma, qualsiasi cosa abbiano potuto dare al piccolo, non hanno potuto donare alcuni aspetti che solo un uomo può conferire. E’ la natura, non lo dico io. Nel bene e nel male, l’uomo e la donna sono diversi e, diversamente, offrono. Forse anche cose spiacevoli ma che comunque insegnano.

5) Dovreste capire che vostro figlio è dotato di un suo cervello e di sue emozioni che non sono le vostre. Ora, è vero che un figlio va protetto dai pericoli e che un genitore deve scegliere per lui, ma è totalmente sbagliato insegnargli ad odiare il padre o la nonna o lo zio o la cugina solo perché stanno sulle balle a voi. Arriverà il momento in cui il bambino penserà “Boh? Mia madre mi ha sempre detto che questa è una persona disgustosa ma io la trovo invece così simpatica…” e così, partiranno i dubbi nei confronti della mamma stessa, il rammarico per il tempo perso, un boom di seghe mentali infinito, la non-fiducia e… riempiendo la testa dei propri figli di pensieri confusi e poco piacevoli, non si può pensare che questo sia amore.

6) Lo obbligate ad accontentarvi. Mai e poi mai un figlio farebbe qualcosa per rattristare la mamma quindi, “se mamma non vuole che vado con papà, io mi metterò a piangere così mamma è contenta”. Evviva! Complimenti! Avete ottenuto un gran risultato! Ossia un figlio che, al 90% dei casi, quando la gente lo vede con il proprio padre, lo nota sereno e tranquillo ma che al momento della consegna (manco fosse un pacco) sembra l’icona della locandina del film “L’Ultimo Esorcismo”. Mi è capitato, tempo fa, di sentire una bimba di tre anni che, girato l’angolo, ha chiesto a suo padre – La mamma ora non mi vede più? – e finì di versare lacrime già inesistenti. Questo è drammatico, sono rimasta scioccata nonostante la simpatia della piccola.

7) Perché far capire ad un bimbo che deve scegliere? Non è neanche in grado di scegliersi una maglietta. Secondo voi può davvero scegliere tra un padre e una madre? Ma poi che senso ha? I genitori devono essere un tutt’uno non una divisione. Sono le fondamenta e le colonne portanti per un bambino. Se ne manca una, o una non è adatta (questo è quello che gli si fa credere) la destabilizzazione diventa tanta.

Infine: so già che esistono mille e ancora mille situazioni differenti da quelle che ho citato, ed è normale sia così, ed è anche normale che ogni caso sia a sé e che non sta a me giudicarlo o anche solo raccontarlo. Mi auguro solo che questo articolo possa aver semplicemente dato spunti di riflessione a chi agisce e/o reagisce senza probabilmente pensare a qualche tassello in più perchè preso da altre emozioni.

Vedete, dire ad un figlio – Amore papà non ti ha potuto chiamare perché ha lavorato ma so che ti vuole bene e magari domani lo chiamiamo noi – è diverso dal dire – Tuo padre non chiama perché è un menefreghista, non gliene frega niente, non sa nemmeno di avere un figlio -. Avete tolto l’amore dal bambino in questo modo. Ma chi siete per poterlo fare? La madre? La madre riempie d’amore i cuori, non li svuota. E se neanche l’indomani quel padre chiama, e se sparisce dalla faccia della terra, inventatevi la qualunque, fate quello che volete, è vostro dovere proteggere il bambino con tutti i mezzi che avete-e-non-avete ma non dovete immettere, nel figlio, il senso del non-amore.

Si accorgerà da solo, crescendo, nel caso, che quel padre non vale niente. Da solo elaborerà il suo dolore e capirà senza che siate voi ad ergervi a giudici. La natura vuole che un bimbo, per piccolo che sia, abbia i suoi scudi, le sue difese, e solo il vostro infinito amore potrà essere per lui la culla migliore. Non gli farete sentire meno dolore parlandogli male del padre anzi, glielo aumenterete, e non otterrete nulla di buono paragonandolo al padre in senso negativo.

Quante volte si sente dire la frase – Sei come tuo padre! – piena di rabbia e rancore. Siate semplicemente il Sole per lui e il Sole nutre la vita. Se diventate sorgente d’angoscia, con tutto il bene che vostro figlio può volervi, come potrà vivere davvero bene vicino a voi? Vicino alla vostra rabbia e alla vostra tristezza? Un bambino sente il vostro stato d’animo anche se tentate di nasconderlo. Non abbiate paura di perderlo e siate gioia. In questo modo, con tutti gli errori che potete fare, non lo perderete mai. L’alienazione genitoriale non serve davvero a nulla. Molto spesso si agisce così per paura. Una paura intrinseca che neanche si riconosce ma, dare potere a questa paura, è a mio avviso, deleterio.

E per concludere sul serio, rivolgo due parole anche ai papà. Alcuni di loro indietreggiano davanti ad ex mogli aggressive o particolarmente stressate e strambe. E, per non creare casini, e per non far piangere il bambino, e per non sottostare a ricatti vari, evitano il rapporto con il proprio figlio. Queste sono situazioni molto delicate e piene di sfaccettature, controllate da professionisti molto più adatti di me, ma con il cuore, vorrei consigliarvi di essere e rimanere sempre il più presente possibile nella vita dei vostri figli.

Prosit!

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Non vergognarti mai!

«Se non fai del male a qualcuno o non manchi a lui di rispetto non vergognarti mai di nulla Meg», mi rammentava papà quando ero piccola.

Ricordo ancora la prima volta che me lo disse: quella sera avrei dormito dalla mia cara zia. Viveva vicino a casa nostra e si poteva andare a piedi e io a tutti i costi volevo portare anche la mia bambola preferita, “Bebi Mia”.

Non so quanti di voi la ricordano, ovviamente mi rivolgo alle femminucce. Era una bambola abbastanza grandina per una bimba di otto anni come me e mi vergognavo a portarla in braccio per la strada. Insomma, mi consideravo già una mezza donnina e andare in giro con un bambolotto avrebbe potuto rovinare la mia reputazione.

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Chiesi quindi a mio padre di tenerla al posto mio, la brutta figura l’avrebbe fatta lui.

La frase che mi disse a quel punto m’illuminò, aveva ragione e mi sentii addirittura una bella e grande persona nel non aver causato dolore a nessuno intorno a me.

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Purtroppo però, i buoni consigli di papà non ebbero grande successo nella mia vita. Ho sempre avuto un po’ di timore a mostrami per quella che sono, mi è accaduto soprattutto durante gli anni dell’adolescenza.

Anche oggi che ho questo blog, nel quale scrivo, spesso mi trattengo o evito di mostrare quello che creo attraverso la mia fantasia.

«Sono stupidaggini», mi dico sempre e le tengo per me. Ebbene, evidentemente la mia autostima è a dei livelli parecchio bassi, non per niente, come ormai sapete, ho avuto dei seri problemi alla schiena (tanto per citare di nuovo la psicosomatica).

Ultimamente però, alla veneranda età di 38 anni, qualcosa dentro di me è cambiato. Non tantissimo eh! Però è come se la vera Meg avesse voglia di uscire allo scoperto e così, compiendo piccoli passi da formica (ed è giusto altrimenti si subirebbero dei traumi) si sta facendo strada tra il pubblico e di conseguenza si presenta al giudizio degli altri.

Insomma, per farla breve, ho scritto delle poesie che ovviamente ho sempre tenuto ben custodite e sigillate in una cartella del computer senza che nessuno potesse leggerle, a parte mia madre e due amici.

Sono degli scritti molto semplici (chiamarle poesie è davvero esagerato) però mi piacciono: quando li rileggo mi capitava di dirmi «Bhè dai, brava Meg!».

Grande conquista.

Ho così deciso di postarne due, qui su questo blog, ma mai ho pensato di pubblicarne uno sul mio profilo personale di FaceBook, dove amici, parenti e concittadini a mio stretto contatto, avrebbero potuto leggerlee. E chi sarebbe uscito di casa l’indomani? Che vergogna!

Vergogna?

Riecco affiorare le parole di papà… e presto un lungo dibattito si è fatto strada nella mia mente: papà da una parte che ripeteva quelle parole e io dall’altra che rispondevo questa volta da adulta con le mie affermazioni: Non volevo, non ce la facevo, era più forte di me.

Alla fine invece ha vinto papà.

Sapete? Un giorno lessi una citazione, (purtroppo non ricordo di chi sia, se la riconoscete ditemelo che integro) che recitava più o meno così:

Scrivi! Ci fosse anche solo una persona a questo mondo che apprezza ciò che scrivi tu fallo!

Oh già!

Non so quanti apprezzerano ciò che scrivo ma io… io stessa, stavo amando quella mia creazione.

Fossi stata anche l’unico essere su questo pianeta a farlo, ma qualcuno a questo mondo apprezza quelle parole.

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Risposi alla domanda di mio padre che mi guardava serio: «Stai forse volontariamente facendo del male a qualcuno?»

«No»

“Copia-incolla” da Word e… “pubblica”. Click! Fatto.

Lo stomaco mi si è stretto appena un poco mentre la gente iniziava a leggere…

Ecco il primo “like” e poi il secondo e poi il terzo e così via… persino una condivisione e tantissimi complimenti. Ero davvero felice ed emozionata.

Molto.

Per chi volesse leggere la poesia è in chiusura di articolo, ma il significato di questo post è un altro e voglio che sia chiaro.

Non vergognarti mai!

Lo stesso consiglio che mio padre diede a me.

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Se non avessi postato quel mio scritto non avrei potuto godere di tanta ammirazione, un’ammirazione che ha fatto crescere l’amore per me stessa e la mia autostima.

Un’ammirazione che mi ha fatto dire: «Hai visto Meg? Sei brava!»

Voglio dire… con tutta la gente che c’è che scrive cavolate astruse, posso essere peggio?

[No, non mi riferisco all’ignoranza, mi riferisco alla cattiveria, alla violenza, al brutale giudizio, alla voglia di litigio, eppure lo fanno, senza pietà per nessuno.]

E allora… «Sveglia Meg, esci da lì! Togliti di dosso quella corazza protettiva!»

E toglila anche tu, caro lettore: il mondo non è fatto solo di detrattori per partito preso che ti stroncheranno appena alzi un po’ la testa!

Credimi, ci sono persone là fuori in grado di dare tanto anche con un semplice commento e io voglio ringraziarli, ringraziarvi, tutti. Grazie di cuore.

L’appagamento sarà grande.

Infine, questa è la famosa poesia

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E ci rincontreremo dove brilla la brina, là, sul ginepro, come ti avevo promesso.
E vedremo la nostra immagine riflessa nelle volte di neve, trasparente come una crisalide, a moltiplicare il nostro sorriso.
In quel mondo si sentirà l’eco del nostro scoprire e tutto attorno a noi parteciperà all’essersi scelti, di nuovo, ancora una volta, nell’infinito.
Vola, non temere, sali su.
Siedi qui, accanto a me, su questo ramo.
Il timor delle scelte è cessato, ora ad unirci è la libertà.
Ricordo i tuoi capelli di aghi di pino, la tua pelle di resina, il tuo odore di adesso.
Rimani, non ti manderò via. L’ho promesso molto tempo fa.
Ascolta ancora la mia pelle mentre ti guardo tornare.
Ritrovarsi, come non abbiamo fatto mai.
Sentire il tuo mento contro il naso, delicato per non far male.
Sentire che ridi nelle mie orecchie traducendo la tua gioia. Baciandomi in fronte.
E ti accarezzerò con i fiori del mirto mentre il tuo stupore, tremando, prenderà vita nei miei occhi.
Mi porgerai la tua mano e solo allora intrecceremo le dita come le nostre radici.
Perché allora ad amarsi saranno le anime.
Il ritorno. Così come ci siamo scritti. Così come il pianto che si rinnova di luce.
Come una lettera in tasca sbiadita mai tolta. Cara. Che ti emozionava.
Noi, nel sempre. In tutte quelle gocce di rugiada.
Noi, l’evento. In ogni brezza sui nostri visi.
Noi, amanti sopra al mondo.
Il tutto.
E potrò sentirti, mentre con la bocca mi osservi, mentre bevi il mio sapore e con le mani mi riconosci tua.
Fremeremo, come lucciole luminescenti.
Ricordi? Ci rincontreremo qui, e così è stato.
Ora, ti pettinerò ancora con steli di paglia. Poggerò i palmi alle tue gote e mi vedrai.
Disegnerò solchi nel fango con pigne acerbe mentre tu li nominerai.
Ad ognuno un nostro momento.
Ora, che conosciamo l’amore lo lasceremo fare. Nel petto, nella gola, in noi.
Il suo scintillare appeso, oscilla facendoci suoi.
E siamo ancora qui, io e te, amandoti più di prima.
Più del tempo in cui le emozioni andavano tenute nascoste. Non qui. Non più.
Io e te, perché così è stato detto. Il filo dipanato.
Io e te, la meraviglia che non avrà fine. Perché siamo nati per essere l’insieme.
Ti toccherò come un dito che sfiora una ragnatela. Traccerò il profilo del tuo sguardo nella penombra del crepuscolo.
M’illuminerò come la Luna per esserci, affinché tu possa vedermi. Tu che sarai luce.
E mi accoccolerò tra le tue braccia. Non sarà illusione.
Catturerai con le labbra le mie emozioni.
Sento il tuo battito e il tuo chiamarmi.
Ti accorgerai che son sempre stata lì.
Sentirò il tuo respiro su di me e resteremo, per tutto il tempo del bosco.
(Meg)

Niente di che… ma è mia! Miaaaaaaaa!

Prosit!

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Buon Natale, Buon Natale e che sia quello buono e poi…

… e poi zucchero e miele!

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Buon Natale, Buon Natale
ma che sia quello buono
che ti porti un sorriso e la gioia di un dono
sotto l’albero stanco di frutta e di mele
è un Natale più bianco se viene la neve
e se brilla una stella cometa lassù vorrei tanto ci fossi anche tu.
Buon Natale, Buon Natale,
ma che sia quello vero
e poi zucchero e miele
e un augurio sincero
per un giorno di festa e di felicità
per ognuno che resta e per chi se ne va
e adesso mi chiedo fra tanti perché
è Natale e non sei qui con me.
Buon Natale, Buon Natale
canterò una canzone
Buon Natale, Buon Natale
qui va tutto benone
specialmente se scrivi due righe per me
e se torni c’è ancora un regalo per te
e chissà se ritorni, se resti, se vai
è Natale se tu tornerai.

Ecco. Questa è la mia canzone del Natale.

E’ la mia canzone del Natale perchè da bambina, ogni anno, a Dicembre, la cantavo assieme ai miei genitori e mi riporta piacevolmente a un tempo che fu. Si tratta di un testo di Paolo Barabani che ascoltavo nel mio vecchio mangiacassette. Quello grigio, rettangolare, con il tasto REC tutto arancione. Giravo per casa con il registratore tra le mani e canticchiavo costantemente questa specie di filastrocca. Riconosco oggi che il testo non è dei più allegri ma ricordo che amavo di lui alcune parole come: zucchero, miele, stella cometa, neve e mele che mi facevano viaggiare con la fantasia in una fiaba fatta di dolci e ambienti surreali.

Era per me serena come una ninna nanna ma anche golosa come le glasse colorate al Luna Park che sempre arrivava in quel periodo. Come accade ancora oggi. Almeno nel mio paese.

Sì, lo so che l’unico passato che fa bene è quello di verdura ma… che volete farci, alcuni ricordi è come se cullassero il cuore.

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Oggi, sugli auto-scontri e nella casa degli specchi ci vanno i miei futuri eredi, ed è ancora tutto così vivo dentro di me.

Quell’aria frizzante che punge il viso scivolando giù dal Toboga con quei tappeti sgualciti e pesanti. Quelle luci accecanti, quella musica che rimbalza nel petto… e, immancabilmente, tutto ciò lo scriveranno in tanti vista l’atmosfera di questi giorni. Non posso fare a meno di rammentare il presepe costruito assieme a papà e la mia trepidazione di quando vedevo mamma arrampicarsi con la scala sul soppalco per tirare giù le tanto attese scatole che sapevo contenere una miriade di meraviglie: ghirlande luccicanti, striscioni luminescenti, palline decorate, statuine, carta, cotone.

E poi eccolo spuntare. Sempreverde, in attesa, volenteroso di sgranchirsi i rami, ai miei occhi. Il piccolo abete da abbellire.

Alcune palline si rompevano col passar degli anni e mamma le riparava con maestria. Papà invece, creava delle finte montagne per i pastorelli che dovevano raggiungere la grotta di Gesù Bambino. Quando ho avuto mio figlio, non avevo più molto di quel materiale e, il voler festeggiare il nostro Natale, ci ha condotto ad acquistare nuove cosine carine per decorare la nostra casa e il nostro albero. Quel gesto, quella situazione, io l’ho tradotta come calore e famiglia e ben poco m’importava, in quel momento, della festa in se’ e del suo significato, dei soldi, della commercializzazione che molti discutono. Era la mia festa, il mio Natale. Il nostro Natale.

Anche per noi sono passati diversi anni e anche le nostre palline, come quelle di mia mamma e di mio papà, sono andate via via rompendosi e danneggiandosi fintanto che, quest’anno, siamo dovuti andare ad acquistarne altre. Oltre a non essere brava come mia mamma, desideravo anche rinnovare il nostro abete. Ero emozionata. Non per gli oggetti ma per noi.

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Quest’anno sono gialle e rosse ma un domani? Chissà? E ancora ricorderò i nostri primi addobbi acquistati così, come ancora ricordo, gli ornamenti di me bambina. E la nostra Vigilia, magica, fantastica, che inizia quando Babbo Natale è ormai di nuovo alto nel cielo e il silenzio ricade sui visi emozionati che tanto hanno atteso.

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Questo è il mio modo, sicuramente strambo, per augurare a tutti voi un periodo natalizio sereno e felice (prosit! sempre!) ma per augurare un Buon Natale soprattutto a quegli occhietti gioiosi che mi fissano vispi pensando ai doni.

Questo era il tempo in cui ancora si viveva un classico Natale. Oggi, il mio Natale è più alchemico. E’ la rinascita di un Sole nuovo, fuori e dentro me, ma per tutto c’è un tempo. Per questo è giusto che i bimbi abbiano la facoltà di vivere ciò che più desiderano.

Prosit!

photo deabyday.tv – lagazzettadisansevero.it