Anche nella Morte esiste la meraviglia – Grazie Mamma

IL POSTULATO DI LAVOISIER  

La morte ha tanti profili, tante facce, tanti atteggiamenti… è, di per sé una trasformazione, per chi, come me, crede che “nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma”. Che poi, non è neanche tanto un “credere” se di scienza si vuole parlare. Ho appena citato infatti un postulato di Lavoisier – la Legge della Conservazione della Massa. Sul “nulla si crea…” ci si riferisce, ovviamente, alla dimensione materiale.

La morte ha tanti profili, tante facce, tanti atteggiamenti… sta a noi decidere quale guardare. Tutti i suoi volti sono nitidi e si mostrano a noi divampando, ognuno nella sua espressione, senza chiedere permesso, come bombe infuocate. Ma, a parte il primo momento in cui restiamo inermi davanti al viso più apparente, pian piano possiamo iniziare a scorgere altri suoi lati, vederla come una figura dalle molteplici teste e guardare, negli occhi, lo sguardo per noi più rigenerante. Perché abbiamo bisogno di rigenerarci dalla morte e perché esiste rigenerazione nella morte.

ALL’IMPROVVISO

Non si può mai definire una giornata come “una giornata qualunque”. Ogni giornata è colma dei suoi avvenimenti, delle emozioni che regala, delle situazioni che ci fa vivere e non esiste un giorno uguale all’altro ma, quella sera, mi sembrava proprio una sera qualunque, come tante altre.

Non fu così. Quella sera, mia mamma, decise di abbandonare il suo percorso terreno per inoltrarsi verso altre dimensioni. Fui io a scoprire il sonno eterno del suo corpo e tutto ciò fu per me destabilizzante e traumatico all’inizio, anche perché non era malata ed era giovane.

Gli strumenti e le conoscenze che possiedo, i quali mi permettono probabilmente di soffrire meno rispetto alla maggior parte delle persone colpite da avvenimenti così tragici, non si sono manifestati nell’immediatezza e quindi, la sofferenza, i primi giorni, è stata forte. Non vedevo e non provavo altro che quello. Sofferenza. Quello che ho potuto fare di buono è stato: ACCETTARLA. Mi sono lasciata coinvolgere e abbracciare da lei totalmente.

Perdizione, destabilizzazione, malinconia, stanchezza, tristezza, angoscia, beh… penso che tu possa capire. E trovo giusto vivere il dolore fino in fondo, lasciandoci attraversare da esso, nonostante possa sembrare una lama impietosa. Poi, lentamente, si sono fatti strada tutti i miei saperi, le mie forze, le mie doti, le mie competenze… tutto quello che poteva farmi del bene.

Ho iniziato a percepire più chiaramente tutto. Quel tutto.

Nonostante la vista costantemente appannata dal ricordo quotidiano di mamma dormiente, il mio cuore si è rilassato, ho deciso di aprirlo e, grazie a questo, ho potuto “vedere”. Ho potuto vedere qualcosa di meraviglioso.

APRIRE IL CUORE

Aprire il cuore significa – abbandonarsi – permettendo a tutto di entrare e di uscire. Permettendo alla parte più profonda di noi di fluire assieme all’armonia universale, la quale regna costantemente, al di là di quello che può succedere a noi nella materia. Significa, nella completa accettazione – Sia fatta la tua volontà – e, chi mi conosce sa cosa intendo non appartenendo a nessuna religione. Sì. Accettare che la Sorgente Madre sappia meglio di noi cosa occorre fare e cosa no. Lei conosce meglio di noi il cammino di un’Anima.

Ho visto un volto della morte che mai avevo osservato, o meglio, mai così limpido. Sono rimasta di stucco quando mi sono resa conto che gli altri non lo vedevano, lasciandosi sopraffare dal dolore della mancanza di mamma. Parlo di cari amici e parenti. Non tutti ma parecchi. Per questo ho deciso di scrivere queste parole. Quando ho provato a far vedere loro, lo stesso viso che vedevo io, si sono sentiti un po’ più sereni. Era come se mamma non fosse morta invano…

Focalizzandosi su quella parte così luminosa ci si distoglieva dall’angoscia di quell’assenza.

Non è forse l’educare le sinapsi che ci rende tristi o felici? Non serve cancellare determinate arcaiche memorie. Serve affiancare a loro il lato più bello.

E’ proprio vero che nella morte c’è tanta vita…. D’altronde, è anche vero che una cosa viva non può morire.

E’ bastata una telefonata soltanto. Una sola. Poi, a domino, si è svolto tutto il resto. In men che non si dica avevo accanto tutte le persone a me più care ma ancora non sapevo che non se ne sarebbero più andate e sarebbero restate con me fino all’ultimo, fino in fondo, facendosi carico di tutto, al mio posto, e facendosi carico anche del mio dolore.

I miracoli avvenivano uno dopo l’altro. Persone che non erano in grado di friggere un uovo ora sono diventati semi cuochi e hanno scoperto che far da mangiare gli piace anche. Persone che avevano paura di guidare hanno guardato in faccia il loro demone dicendogli – Fatti da parte, Meg è più importante adesso -. Persone che sento raramente mi scrivevano o mi chiamavano di continuo, senza mai dimenticarsi di me. E stanno continuando a farlo.

Ricevere un pacco di biscotti è stato come ricevere un diamante. Perché così “mangiavo”, che altrimenti “deperivo” e non volevano. Quelle piccole e umili cose che diventano così preziose. Chi lavorava tutto il giorno e alla sera veniva da me. Si davano il cambio, come a fare dei turni. Finchè il secondo non arrivava, il primo non se ne andava. In rispettoso silenzio senza ch’io neanche me ne accorgessi.

Quando mamma la portarono via avevo chi mi teneva i capelli, chi le mani, chi era inginocchiato davanti a me col suo viso sulle mie gambe, tutti pronti a cogliermi, a dimezzarmi il male.

Persone con le quali avevo discusso e da tempo non parlavo, hanno messo via il loro orgoglio pur di farmi sentire la loro vicinanza. C’è stato chi mi ha accompagnato in montagna, per portarmi nei luoghi che più amo, pur avendo male ad un ginocchio. Chi mi ha accompagnato a svolgere le mansioni noiose e burocratiche post mortem. Chi mi ha fatto trovare il luogo di lavoro tutto in ordine, nuovo, perfetto.

Persone che neanche conoscevo mi scrivevano messaggi che non erano i classici messaggi di circostanza, erano strani… profondi, sentiti, pieni d’amore, dettati da parole meravigliose. Alcuni si sono presentati, ho conosciuto gente nuova pronta a darmi una mano, come se l’Universo mi avesse messo a disposizione Tizio che svolgeva quella determinata professione e Caio che “guarda caso” era uno storico e da tempo mi servivano informazioni su alcune mie ricerche.

Persone con le quali per strada ci salutiamo appena hanno mostrato una dolcezza infinita nei miei confronti. Altri hanno imparato a usare gli elettrodomestici di mamma pur di lasciarmi stare e fare tutto loro.

Mio padre le ha fatto la notte, nonostante fossero separati da trent’anni e il suo volto era carico di con-passione, mio figlio che non ha pianto davanti a me per non farmi tornare le lacrime…. i miei amatissimi allievi hanno fatto una colletta perché, neanche nella materia doveva pesarmi, nel caso, come spesa, la morte di mamma.

Ma riesci a vedere quanta fulgida bellezza c’è in tutto questo? Quanto amore è uscito?

OSSERVA LA BELLEZZA NON BANALE

La mia amica sempre molto timida, introversa e silenziosa, si è trasformata in una fraulein e dava disposizioni a tutto andare, ancora oggi mi dice – Ma perché non mi sono svegliata prima? E’ una figata essere così! -. Un lupo travestito d’agnello e quel lupo è uscito. Io la guardo e sorrido. Se un tempo dovevo chiederle un favore tre volte, ora è arrivata a fare cose che se mai me l’avessero detto avrei risposto – Ok, ma non contate su di lei! Non lo farà mai! -.

Io sono meno pigra, amo fare cose che prima detestavo. Mio zio vuole credere che mamma probabilmente “serviva” ad altri e non dobbiamo essere egoisti di volerla sempre con noi. Se credi che questo sia banale è perché non conosci mio zio. Quando l’ho sentito pronunciare queste parole mi son chiesta se fosse lui davvero o stavo sognando.

Chi aveva paura del Covid si è tolto la mascherina e ha mischiato le sue lacrime alle mie. In quel momento, la comunione era più forte di tutto, anche del timore, e la comunione è una delle figlie dell’Amore. La vicina di casa che non è in grado di sopportare neanche la vista di un animale ferito, figuriamoci un morto, mi ha accarezzato la schiena per tutto il tempo mentre io restavo abbarbicata a mamma.

Hanno rinunciato alle loro abitudini, ai loro mostri, ai loro schemi, alle loro fissazioni, alle loro paure…. per me. Hanno inventato, creato, eseguito cose che mai avevano fatto e l’hanno fatto per me. Hanno modificato la loro vita e oggi c’è chi non vuole tornare indietro e l’hanno fatto per me. Come si può non vedere tanta bellezza?

Mi hanno protetta, difesa, coccolata, aiutata in tutti i modi possibili, ognuno alla sua maniera. Hanno tirato fuori doti che neanche sapevano di avere, sono stati dei Guaritori eccezionali. E lo sono ancora.

E questo è il bello. Tutto ciò non è durato solo tre giorni. Questi semi sono stati nutriti e hanno germogliato e da quei germogli sono nate piante grandi, robuste, meravigliose che ora è difficile far morire. Da cosa nasce cosa e… spargendo l’Amore, questo non può che moltiplicarsi.

Sono stati la mia luce, hanno illuminato il momento più buio della mia vita e lo hanno fatto davvero, la mia non è retorica. Lo sento costante quell’abbraccio caldo che mi avvolge a tutte le ore del giorno e della notte.

Sconosciuti che mi dicevano – Ti voglio bene Meg – o addirittura – Grazie per i tuoi insegnamenti -… Insegnamenti? Non ho fatto nulla! Eppure loro hanno percepito, evidentemente, la ricchezza che ho colto io e che volevo vedessero.

Il giorno che la bara è uscita da casa gliel’ho detto. Eravamo in diversi. Anche chi non voleva esserci c’è stato. E’ stato emozionante vedere alcuni andare via, convinti di non poter resistere a quella scena, e poi invece tornare perché “dovevano” essere lì. Ho chiesto loro – Vi state rendendo conto della meraviglia che c’è in questo momento? -. Era vero. Un profondo affetto, una compassione comune ci stava unendo in un qualcosa di indescrivibile.

Mentre mamma ci salutava stava anche aprendo la porta dell’Amore e questo stava entrando con tutta la sua sana prepotenza.

IL RIUSCIRE

Mamma è riuscita dove nessun’altra situazione nella mia vita ce l’aveva fatta. E siamo riusciti a sorridere, a provare anche gioia, proprio come lei avrebbe voluto. Dovrei forse non osservare tutto questo e pensare soltanto “Ah si ok è morta” e giù a piangere? Dovrei davvero reagire in questo banale e squallido modo davanti a tutta questa ricchezza? Portare dentro di me il dolore del lutto per mesi e anni? Senza da questo far germogliare nulla di buono?

Era lì con me anche chi vive a parecchi chilometri di distanza. Il mio cellulare era infuocato. Ogni via di comunicazione (di questi tempi) disponibile era intasata: FaceBook, Messenger, Instagram, Whatsapp… qualsiasi…

Mamma mi ha lasciato il suo lavoro. Un lavoro che forse mai mi sarei decisa a proseguire. Il timore mi bloccava, l’accidia mi faceva procrastinare. Se non fosse accaduto questo, io e la mia socia saremo ancora lì a girarci i pollici piene di punti interrogativi senza mai sbocciare.

Il più bel regalo che poteva farmi me lo ha lasciato lì, da cogliere con rispetto e devozione.

Forse tutto quello che ho scritto può sembrare sciocco e ovvio ma ho voluto sottolinearlo perché molto spesso non lo si guarda e invece aiuta, devi credermi. Aiuta se lo si vive intensamente, se fai di tutto per diventare tu quella bellezza. Si pensa soltanto al malessere. Ci si lascia prendere dallo sconforto senza notare nient’altro, attendendo che il tempo faccia il suo corso e diventi taumaturgico. E’ umano, ci mancherebbe, ma io voglio pensare che la Grande Energia, dalla quale discendiamo, ci dia sempre i mezzi per affrontare ogni cosa. Il problema è che parla un’altra lingua e i suoi messaggi a noi risultano difficili da tradurre. Nulla arriva invano. Noi, con la nostra mente ristretta, ci crucciamo nel male ma non capiamo che, a volte, abbiamo tra le mani un tesoro. Un tesoro che abbiamo pagato a caro prezzo ma deve per forza valere qualcosa.

Non voglio offenderti ma finchè continuerai a considerare quello che ho scritto – roba di poco conto – purtroppo, sarà – roba di poco – conto che riceverai. Finchè non imparerai a nutrire questi semi, essi non potranno mai fiorire.

Da quel giorno si è aperta una nuova vita per me. Una ruota che continua a girare nel bene e nel benessere. Che continua a raccogliere sempre più acqua, acqua sacra, e mi rende felice.

NESSUNA MORTE E’ VANA

Mi rende felice perché ho fatto di tutto per proiettarmi nella gioia. Ho arrancato dapprima, con le unghie e con i denti. Ho cucito il cuore, mi sono scorticata ma lì volevo andare. E quel tesoro oggi lo abbraccio. Non permetterò che mamma sia andata via per il nulla, anche se solo con il corpo. Guai. Già la sento che mi urla – Cosa???!!! Ho fatto tutto ‘sto popo’ di roba e tu non vedi niente???!!! -. Proprio così. Queste sarebbero state le sue parole.

Mamma mi manca. Mi manca vederla ridere. Mi mancano le sue carezze. Mi manca il suo risolvere prontamente ogni mio problema. Mi manca prenderla in giro. Mi manca il suo odore. Il suo pigiama lo sniffo come una cocainomane, ancora oggi, a tre mesi dalla sua scomparsa. Ma per il grande amore che provo per lei la lascio andare e le prometto che sarà terra fertile per nuove bellezze. Perché le bellezze di quei giorni dovranno persistere.

Ancora oggi mi trovo a piangere con il suo ricordo in mano. Ancora oggi la malinconia a volte bussa alla mia porta. Le apro, verso due bicchieri di vino, l’ascolto e le dico che può tornare quando vuole. Perché tanto è sempre e comunque con la gioia che l’accolgo.

Mamma se n’è andata lasciandomi uno scopo. Sarà il mio obiettivo e lo porterò a termine. In quello scopo c’è il mio Talento e, il Talento, che ognuno di noi ha, è – La Parola di Dio -. Della Divinità che ci nutre.

Mamma, andandosene, mi ha insegnato che posso cavarmela da sola, che non devo dipendere da nessuno, mi ha donato il coraggio e la fiducia in me stessa. Mi ha regalato un nuovo modo di guardare le cose. Per questo e per molto altro, gliene sarò grata in eterno.

Noi esseri umani siamo belli. Dio quanto siamo belli! E non lo sappiamo, non lo crediamo, non ce ne accorgiamo ma siamo davvero divini. Voglio che questa divinità fuoriesca sempre da noi. Farò il possibile perché questo accada.

Che questa morte sia l’alba di una nuova vita. Meravigliosa.

Grazie Mamma.

Prosit.

Meglio far Invidia o Pena? Meglio fare Luce

L’EVIDENTE TESTIMONIANZA

Ieri ho sentito una madre consigliare al proprio figlio cosa dire per trovare lavoro ed essere assunto:

Digli che non sei potuto andare all’Università per aiutare me.

Digli che sono stata una ragazza madre, che tuo padre ci ha abbandonati quando ero incinta.

Digli che sono malata e non mi danno la pensione d’invalidità.

Digli che…

Se non avessi avuto rispetto per la paura di quella donna e fossi stata un uomo mi sarei toccata i gioielli di famiglia… Santa Madre, che sfiga…

Non so se quella donna stesse dicendo la verità o stesse soltanto tentando di imbrogliare un probabile datore di lavoro ma so che, certamente, stava emanando un abbondante quantitativo di energia negativa. Aveva voglia e bisogno di fare pena. Utilizzava la pietà dell’altro come strumento per ottenere in cambio la realizzazione; del figlio in questo caso.

Ognuno ha i suoi metodi e il suo modo di dare ma questo mi ha portato ad una riflessione.

LA SCELTA DELLO STRUMENTO

Al di là del fatto che questo comportamento va totalmente contro il mio credo, in quanto se ti senti un micragnoso sarai un micragnoso per tutto l’Universo e da tale sarai trattato, mi è venuto in mente il famoso detto “meglio far invidia che pena“. Ne stavo avendo una testimonianza ma all’incontrario.

Qual’è quindi la tattica migliore? Far invidia e mietere vittime giudicanti che sbavano dietro al tuo essere e al tuo avere o fare pena per ottenere più cose commuovendo i cuori?

Beh, la prima tocca l’orgoglio, la dignità personale e ti permette di ottenere alcune cose. E’ difficile dire – No – a chi si crede più alto in grado, te ne sei mai accorto? Già, anche perché quello che crede d’essere più alto in grado sa bene a chi rivolgersi.

Anche la seconda ti permette di ottenere cose. Cose diverse, quasi cugine dell’elemosina, dell’offerta, del favore ma comunque si ottiene.

Il fatto è, però, che entrambe sono delle conseguenze. E sono entrambe bisogni, necessità.

Non c’è azione propria da parte dell’individuo e quindi non c’è creazione. Se ti elevi (senza amore), di conseguenza, fai invidia. Se hai bisogno (senza amore), di conseguenza, fai pena.

SENZA AMORE

Ora tu dirai – Ok ma prima di fare invidia o pena qualcosa ho fatto per giungere a questi livelli, quindi qualcosa ho creato -. E’ vero, ma non hai creato nulla di buono.

Se fai invidia e ricevi invidia è perché, in qualche modo, l’invidia ti appartiene. La conosci. Oppure la giudichi ma, per poterla giudicare, significa che ne conosci le vibrazioni e quindi ti è dentro altrimenti non sapresti di cosa si tratta e neanche ti verrebbe dedicata.

Se invece fai pena (penso non ci sia neanche bisogno delle mie scuse per questo termine in quanto sto semplicemente usufruendo di un detto) è perché tu stesso ti senti un bisognoso, non rispetti ciò che realmente sei e ti consideri un poverino.

Tutto quello che riceverai, in base a una delle due condizioni, e che a te può sembrare bello o brutto nel mondo delle forme, attraverso un tuo personale giudizio, è negativo. Sì, anche se trovi un lavoro perché hai mosso compassione è negativo. Quel lavoro, che ora ti sta portando uno stipendio, ti porterà indubbiamente anche qualcosa di spiacevole perché creato su onde elettromagnetiche distruttive e non costruttive.

Ogni cosa che ti viene regalata perché da te attratta da un magnetismo vibrazionale sarà negativa perché da te sono partite frequenze negative.

L’UTILIZZO DELLE PAROLE

Con il termine “negativo” si indica un qualcosa che non è pregno d’amore. Il termine “negativo” e il termine “amore” sono soltanto convenienze usufruibili nella comunicazione e non sono quindi da prendere in modo letterale in questo ambito. Servono solo a farti capire che se non ti lasci andare all’intonazione della tua potenza non attrarrai mai la divina abbondanza che esiste nel flusso universale adatta al tuo benessere.

La madre dell’invidia e della pena, che sono sorelle, è la Paura. Stai emanando Paura e questo farà si che tu viva di continuo situazioni che ti mettono Paura.

Quindi il mio consiglio è: anziché cercare di fare invidia o pena prova a fare Luce. Sii Luce. Brilla. Rifulgi.

Aiutati con l’introspezione. Convinciti di essere una persona che merita. Dedica a questo qualche minuto ogni giorno. E’ sicuramente un esercizio difficilissimo ma fa ridere pensare che in realtà il nostro cervello recepisce quello che noi vogliamo auto-inculcarci. Sembra semplice detta così; questo significa che se io mi dico – Sono una donna fantastica! – inizierò a comportarmi di conseguenza e a ottenere così ciò che merito. Invece non funziona in questo modo. Non funziona perché mentre io mi dico quella frase, una parte del mio inconscio (che io neanche vedo ne’ percepisco) mi sta già sabotando. Per questo devi dedicare diverso tempo a questa sorta di compito. Perché devi allenare e abituare la tua mente, piano piano, che sei una persona fantastica. E’ impegnativo.

UNA NUOVA PALESTRA

Immagina di voler perdere 20 kg e di andare in palestra. Ogni giorno dovrai impegnarti per un’ora a sciogliere i grassi e faticherai, ti stancherai, ti sforzerai.

La stessa cosa riguarda l’allenamento mentale che non siamo abituati a tener da conto. Siamo focalizzati solo sulla nostra parte fisica senza renderci conto che è soltanto un veicolo utilizzato per sopravvivere fisicamente sulla terra. Tralasciamo la parte spirituale e annulliamo totalmente l’idea di un’educazione nuova credendo di aver già ricevuto la nostra educazione e la morale che ci spettava.

Questo è sbagliato perché i nostri pensieri possono essere plasmati. Inizia fin d’ora e riceverai presto risposte completamente diverse da quelle che hai ottenuto in passato. Non ti servirà patire nella vanagloria per avere ottime valutazioni altrui e non ti servirà recitare la parte del misero per ricevere un’offerta di qualsiasi natura essa sia.

Tutto quello che giungerà a te sarà fondato su solidi pilastri che, in qualche modo, ti porteranno una ricchezza (economica, affettiva, di stima, di opportunità, etc…) e, da lì, accrescerà sempre di più la fiducia in te stesso la quale Ti permetterà di appropriarti maggiormente di ciò che ti spetta.

Prosit!

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Le cose che le orecchie dicono di noi

Non siamo portati ad osservare molto le orecchie, nascoste anche spesso da capelli e cappelli. Siamo più propensi a soffermarci sugli occhi o sulla forma del naso. Ammiriamo delle belle labbra, un mento caratteristico ma… le orecchie, a meno che non abbiano strane forme, o non siano decorate a dismisura, attirano poco la nostra attenzione.

Le orecchie, invece, dicono molto di chi siamo e anche di cosa ci aspetta nella vita o che tipo di infanzia abbiamo passato. Raccontano il nostro stato di salute e il nostro carattere. Non per niente, come già vi avevo detto tempo fa, la loro forma rappresenta ciò che eravamo come feto nella pancia di nostra madre, dove la testa è rappresentata dal lobo e la punta in alto corrisponde alla parte finale della schiena e il sedere. In pratica, tutta la nostra esistenza.

Senza perder tempo, quindi, andiamo a vedere le loro caratteristiche che ci parlano.

POSIZIONE: la loro posizione indica l’equilibrio energetico della persona. Sbalzi d’umore, sbalzi di salute, cambi repentini di azione, etc… Dovrebbero essere corrispondenti alle sopracciglia. Molte filosofie sono d’accordo nel dire che orecchie sopra alle sopracciglia denotano grande intelligenza. Non sono d’accordo, per quello che ho potuto appurare io, si tratta più di un discorso di introversione ed estroversione che non intelligenza. Apertura o chiusura verso il mondo.

COLORE: il loro colore è importante. Il colore della pelle delle nostre orecchie. Il colore che indica intelligenza e successo nella vita è il rosato/biancastro. La norma per capirci. Un colore scuro tendente al nero o al bordeaux, invece, oltre a simboleggiare un sangue “sporco”, troppo ricco di proteine animali, significa anche dover vivere profonde tristezze. Il rosso acceso, colore della rabbia, traduce che quella persona passa diverse rogne nella sua vita ed è una lamentosa, ci sono in lei ristagni emozionali, mentre un colore giallo, indica chiusura, resa, passività nei confronti della vita dove si crede di essere succubi del male e, questo stato emotivo, per nulla salutare, corrode all’interno.

FORMA: la forma indica principalmente come possiamo vivere socialmente la nostra esistenza. Una forma prettamente “rettangolare” dell’orecchio può rappresentare una persona con un buon successo, una bella famiglia, ricchezza e carisma. Orecchie piccole e tonde segnalano dolcezza, affetto e generosità ma anche l’aver poca voglia di assumersi responsabilità e temere molto il giudizio altrui. Orecchie “a punta”, tipo Elfo, denotano intelligenza vivace e piacere verso l’istruzione, acume e sarcasmo, ma anche non approvare gli altri, non accettare, essere intolleranti e spesso infastiditi da tutto. Chi ha questo tipo di orecchie potrebbe essere irascibile e calcolatore.

LOBI – I lobi meritano una particolare attenzione poiché corrispondono alla nostra testa e quindi alla Mente. Questa nostra grande nemica/amica attraverso la quale viviamo la vita e quindi formiamo il nostro carattere e, di conseguenza, il nostro stato di salute che, come dico sempre, è il risultato di come affrontiamo gli eventi della nostra esistenza. Un lobo staccato dalla testa e bello carnoso indica una buona salute e la capacità di difendersi e risollevarsi dagli attacchi esterni. Un lobo sottile e inesistente indica invece una salute cagionevole e un soggetto debole che, probabilmente, nella vita, dovrà sfoderare arroganza e aggressività per essere visto e ascoltato. Sa quello che vuole ma ad accompagnarlo è sempre un po’ di nervosismo.

Ora, prima di correre davanti allo specchio ad osservare con attenzione le vostre orecchie, sappiate, come dico tutte le volte, che un viso deve essere visto nel suo insieme… sempre! Queste possono essere solo indicazioni o spunti di riflessione.

Ma c’è ancora una cosa che desidero comunicarvi: le orecchie rappresentano, ovviamente, il nostro ascolto. Ogni disturbo inerente all’udito, come l’otite, corrisponde a un qualcosa che non vogliamo sentire o vorremmo sentire ancora ma non è possibile (ad esempio la voce di una cara persona che non c’è più).

Ferirsi un orecchio, invece, significa sentirsi in colpa per non aver fatto nulla dopo aver saputo una determinata cosa.

Avete presente il detto – Da un orecchio mi entra e dall’altra mi esce? – ecco, a volte, occorrerebbe metterlo in pratica… lasciando andare. Liberandosi. Cercando così di eliminare diversi disturbi alle nostre orecchie. Ricordate anche però, com’è scritto su varie fonti, che – di orecchie ne abbiamo due ma di bocca una sola, forse perché dovremmo più ascoltare che parlare -.

Prosit!

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Orecchie a sventola: io dono ma tu guardami

OLTRE LE VALUTAZIONI

Sono parecchie le persone, bambini compresi, con le orecchie a sventola. Una caratteristica che dice tanto di una persona e che racchiude, in sé, indizi di ricchezza. Personalmente la trovo una caratteristica che sa di tenerezza ma questo è un gusto che appartiene a me e non ha nulla a che vedere con l’articolo. La società, però, ha deciso di giudicare negativamente questa qualità e molti decidono quindi di intervenire chirurgicamente per ottenere i canoni che la nostra cultura vuole.

Chi ha le orecchie a sventola è destinato ad essere preso in giro, considerato ridicolo, bruttino e disarmonico, laddove si osserva solo la confezione e non si riesce ad osservare un corpo come un traduttore di messaggi importanti. Capelli e cappelli diventano quindi i migliori amici per nascondere quello che viene considerato un – difetto – peraltro molto evidente e, si soffoca così, inconsciamente, anche una natura splendida.

Premetto che la fisiognomica non può essere presa singolarmente. Un viso lo si deve guardare nel suo insieme ma si può comunque provare a dare nozioni inerenti ad un carattere fisiognomico molto accentuato.

UN ESSERE PIENO DI VIRTU’

Detto questo, e tornando al discorso della splendida natura chiusa in quelle orecchie, “sgradevoli alla vista” della maggior parte delle persone, bisogna proprio ammettere che chi ha le orecchie a sventola è un individuo ricco di virtù.

La sua più grande dote è quella della generosità, anche se purtroppo può essere difficile da vedere il suo altruismo a causa della riservatezza nella quale questa persona viene obbligata poi a cadere, per non essere additata. È generosa e si interessa del bisogno degli altri.

La forma delle sue orecchie serve a trasformare queste parti del corpo in vere e proprie antenne, perché è interessata a capire se qualcuno può aver bisogno, per poterlo così aiutare velocemente. Cerca di captare se ci può essere necessità di un suo intervento, negli eventi della vita che le scorrono attorno, e prestare così il suo operato.

Queste “antenne”, però, hanno anche il compito di avvisarla in caso di pericolo. Le persone che hanno le orecchie a sventola sono sensibili e quindi si sentono facilmente attaccabili e vulnerabili. Non hanno una forte corazza, non vogliono o non vorrebbero averla, visto che il loro intento è quello di unirsi agli altri ma, rendendosi conto di essere quindi più attaccabili, hanno bisogno di sentire un eventuale pericolo arrivare da lontano. Come se le orecchie, per loro, fossero un radar.

UN CARATTERE E UN CORPO

Per questo, io personalmente, sono contraria alla chirurgia in questo tema. Il corpo e la psiche sono un tutt’uno. Se si ha un determinato temperamento, o carattere, è anche giusto avere gli strumenti di difesa e di allerta più adatti. Ognuno nasce perfetto con un corpo adatto all’evoluzione che la sua anima deve compiere.

Si parla quindi di persone timorose che vivono nella paura di essere traditi, di ricevere del male ma, nonostante tutto, propensi ad avvicinarsi al prossimo e accoglierlo.

A me, tutto questo, sembra un nobile atteggiamento e per il soggetto in questione è sicuramente un’evoluzione che deve compiere nella sua vita attraverso la consapevolezza.

Costui è anche un soggetto ben poco aggressivo ma ha un grande bisogno di essere visto. Bisogno di essere riconosciuto. Bisogno di valere, di essere amato, in pratica, per quello che è.

Un difetto? A volte può sembrare un saputello. Deve pur celarsi dietro a qualcosa, scegliendo sovente l’istruzione come arma per incantare o zittire l’”avversario”.

SIAMO ESSERI LIBERI

Ama smisuratamente la libertà propria e degli altri. Difficilmente giudica e, spesso, può ambire così tanto al suo essere libero da sembrare irresponsabile e superficiale. Occorre poi anche vedere come il contesto familiare o sociale lo hanno educato, plasmato, modellato, ma la sua natura è questa descritta. Non capisce infatti come sia possibile che, molte persone, siano attaccate al giudizio negativo delle sue orecchie anziché vivere facendosi i cavoli propri.

È assai difficile andare contro il giudizio degli altri e sentirsi superiori per come si è ma penso sia utile insegnare ad un figlio ad essere forte e rimanere se stesso prima di acconsentire debolmente alla modificazione di una parte del corpo. Gli amici dovrebbero ritenersi fortunati nell’avere al proprio fianco quello che nominano “Dumbo”, perché hanno un tesoro che difficilmente li abbandonerà nella vita. E poi, Dumbo, era o non era dolcissimo? Ci sono le eccezioni naturalmente. Ho conosciuto gente con le orecchie a sventola antipatiche a dismisura.

Non vergognarti delle tue orecchie, sfoderale come se fossero le ali di una farfalla. E, se ti deridono dicendoti che spicchi il volo, rispondi che tutti dovremmo spiccare il volo anziché stare attanagliati a questa realtà come schiavi debosciati, e tu puoi farlo più facilmente.

Prosit!

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Magia e Denaro

Coda di rospo

Pelle di serpente

Avrò tanti soldi anche se non me ne faccio niente!”

Puff!

Perché non entra il denaro nella nostra vita?

Perché non ci pagano, perché c’è la crisi, perché non c’è lavoro, perché apparteniamo ad un determinato ceto sociale, perché siamo sfigati, perché bla, bla, bla… bene ok, le abbiamo dette tutte.

Adesso, visto che le tutte sono state dette, proviamo a dirne altre, senza spocchia e senza idiozia, così, solo per riflettere su altro.

Su queste mi ci soffermerò un po’ di più perché quelle citate adesso sono ovvie e conosciutissime e professate da tutti (attenti alle forme-pensiero! Leggete qui https://prositvita.wordpress.com/2018/03/07/le-pericolosissime-forme-pensiero/ ). Queste che invece sto per elencare, a volte, non vengono in mente.

Perché non entra il denaro nella nostra vita?

perché lo si considera una cosa “sporca”

Ora, non so voi, ma io, se sapessi che una persona mi considera sporca, abietta e magari dice anche che puzzo, io… beh… da quella persona non ci andrei. La nostra cultura, religione compresa, così come l’educazione di mamma e papà operai, ci ha insegnato che il denaro è il male. Gesù era povero e infatti buono (Balle! Ne aveva più di me!), l’imprenditore che ha tanti soldi è un arrivista senza scrupoli, chi ha tanti soldi è vanitoso e arrogante, per i soldi si uccide, il denaro è la tentazione, la felicità non la fanno i soldi… tutte frasi che, giorno dopo giorno, tramutano il denaro in un qualcosa da rifuggire se si vuole rimanere puri e onesti e, nelle nostre memorie, soprattutto nel nostro inconscio, attorno al denaro, prende sempre più concretizzazione la figura di un volto demoniaco che ci vieta di far entrare i soldi in noi, nella nostra vita, con entusiasmo, e considerandoli belli, sani, genuini, incontaminati. Vero o no?

perché il soldo è un valore e noi non valiamo

Il denaro è considerato uno degli strumenti nella nostra esistenza dal valore molto alto. Senza i soldi non si può fare praticamente nulla. Persino la nostra salute è basata su di lui, in quanto, grazie ad esso, possiamo curarci meglio e quindi… vivere (vi sembra poco?). Il denaro quindi acquisisce un merito incredibile, un’importanza non solo notevole ma indispensabile. Grazie a lui si mangia anche e, quindi, si vive (vi sembra poco?). E’ chiaro perciò che è un qualcosa che vale molto e, nella nostra mente, gli si danno forme, lo si visualizza attraverso uno yacht, ville, completi firmati e ventiquattrore, vacanze, benessere, potenza, governo. Tutte cose dal grande valore per la nostra educazione e, se noi non valiamo allo stesso modo, ovviamente non può esserci una connessione tra noi e loro. Perciò, se io mi auto-svaluto, di conseguenza mi ritroverò con soli pochi spiccioli. Un tot di denaro pari a quanto è la valutazione di me stessa. Secondo me regge.

perché gli si da troppa importanza

Lo si considera indispensabile. Nei suoi confronti si hanno molte, troppe aspettative, è vitale, fondamentale, tutto ruota intorno a lui. Pensate forse che chi è ricco pensa al denaro in questo modo? Direte – Certo che no! Lui già ha i soldi perché doversene preoccupare? -. E’ vero ma, al di là del fatto dell’averne o meno, è proprio la preoccupazione che fa attrito. E voi direte ancora – Ma è proprio perché non ne ho che mi preoccupo, altrimenti non mi preoccuperei – ebbene, per non cadere in un circolo vizioso ed evitare di imitare i criceti, vi consiglio di osservare la cosa all’incontrario ossia: “non avete denaro proprio perché vi preoccupate del fatto che non lo avete”. Non vi ricordate più che la realtà è uno specchio? L’ho scritto tante volte. Potrebbe essere un motivo non trovate?

perché ci sembra impossibile averlo

Chi nasce quadrato non può morire tondo. E’ raro che in una famiglia “povera” (oggi la povertà è diversa da quella di un tempo), si possa credere, con fermezza, crederci davvero intendo, sentendolo dentro, che nostro figlio diverrà un riccone. Glielo si augura, si prova ad insegnarli come fare ma è solo la speranza a guidarci e non la sicurezza. Non solo, saranno molte di più le frasi tipo – Per campare dovrai sudare sette camicie – che gli diremo piuttosto che altre, perciò, il possedere tanto denaro, diventa solo un sogno. Un ingrediente della fantasia, sapendo benissimo che mai, potrà essere la realtà. Si utilizza questo metodo del “tarpare le ali” per non illudere, perché è il male ad avere sempre la meglio e, nostro figlio, illudendosi, soffrirebbe. Non si pensa invece che ad avere la meglio potrebbe essere il bene e che, nostro figlio, credendosela, potrebbe davvero un domani diventare ricco solo perché è riuscito, con l’immaginazione, a realizzare la realtà che più desiderava. Lui non darà mai per certa la consapevolezza di averlo e non l’avrà. Vi siete mai chiesti come viene educato il figlio di un riccone? Senza badare a spese. Quello che voglio dire, non è che dovete comprare al vostro erede tutto quello che vuole e di molto costoso ma, semplicemente, provare a cambiare un po’ l’educazione, inerente ai soldi, che ogni giorno gli fornite. Modificare le informazioni che seminate nel suo cervello e che lui nutrirà e coltiverà. Potrebbe essere un’ipotesi.

perché ne abbiamo bisogno

L’Universo, così come la nostra anima, non ci vogliono bisognosi. Ci vogliono Dei. Onnipotenti. Fatta ad immagine e somiglianza di Dio. Un Dio non ha bisogno. E’ solo l’uomo che si rende micragnoso. Finchè si percepisce il soldo come un bisogno quindi, esso non arriverà mai perché occorre capire che, soprattutto nel Qui e Ora, abbiamo esattamente tutto ciò di cui necessitiamo. Se vogliamo avere più denaro, dobbiamo trasformarlo in una logica conseguenza. Io non ho bisogno di soldi, “io voglio più soldi perché così almeno potrei fare anche questo ma vivo bene lo stesso”. Vivo davvero bene lo stesso. Se mi sento appagata interiormente, e nel vero senso della parola, il denaro troverà la porta d’accesso per entrare nella mia vita ma se lo bramo per paura della sofferenza esso non entrerà finchè non imparerò a capire che posso avere tutto ciò che voglio. Starà lì ad aspettare e a dire “Quando capirai e percepirai che posso arrivare in piena fluidità, senza motivi che ti incatenano, arriverò”. Ma ci pensate?

perché lo consideriamo il motivo dei nostri movimenti

Quando facciamo qualcosa, come ad esempio il nostro stesso lavoro, ogni giorno, come bravi soldatini, quando creiamo qualsiasi cosa, lo facciamo solo ed esclusivamente per il denaro e per pagare a fine mese tutte le spese alle quali siamo obbligati. Povero denaro… a lui nessun riconoscimento come essere a sé! E’ solo un mezzo e non una gioia. Ma, detto così, non si capisce. Il fatto è che se io ad esempio scrivo un libro e lo scrivo solo per guadagnare e non per fare innocentemente del bene al mondo, attraverso la mia creazione, non guadagnerò mai. Se invece scrivo solo per passione (facendo del bene pure a me stessa) e davvero per contribuire ad un benessere degli altri, il denaro si sentirebbe ben lusingato di appartenere in cambio alla mia vita. E’ nel momento in cui dono, incondizionatamente, che posso poi godere di tutto ciò che mi fa stare meglio e non quando offro per un tornaconto. Fosse anche solo il tornaconto dell’affetto da parte degli altri. Ci muoviamo solo in base ai soldi, capite che responsabilità, poveretti, gli stiamo dando? Non se la prendono un’incombenza così! Sfido io! Voi vi prendereste una responsabilità del genere? Tipo… far vivere bene o male una persona per mano vostra? Dai… non potete darmi torto!

Per attrarre denaro dall’esterno all’interno verso di noi, dobbiamo modificare il nostro interno verso l’esterno. Solo così potremmo godere una vita appagante in ogni ambito. E’ difficile. Molto. Non lo nego. Io ci scherzo su ma comprendo quanto sia brutto. Ho saputo cosa significa. E oggi voglio vivere diversamente, non più come un tempo. Continuo così ad allenarmi, la strada è lunga ma non mollo, provate anche voi, alla fine… non costa niente. E’ solo un meccanismo della mente che va modificato.

Vi lascio a questo video di Salvatore Brizzi e vi consiglio di acquistare il suo libro “La Via della Ricchezza” nel quale, alcuni concetti, sono spiegati ancora meglio.

Prosit!

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La Creazione di Gemma

“E allora mi guardai attorno.

Affianco a me, un uomo seduto per terra, stava chiedendo l’elemosina.

Una donna, vestita poveramente, mi passò davanti trascinando un cagnolino lercio e mezzo spelacchiato.

Un altro cane urinò sul sacchetto della spesa di un tizio che non se ne accorse.

Il pullman sul quale salii era nel degrado più totale: sedili rotti, pareti pasticciate da scritte e scarabocchi, un mucchio di spazzatura sul pavimento.

Molta gente puzzava, aveva sguardi tristi, si lamentava.

L’autista era stanco, svogliato.

Cosa mi stava trasmettendo tutto quello? Dovevo imparare a leggere: decadenza, povertà, angoscia.

E’ così che ti senti Gemma? – chiese una voce dentro di me.

Dovetti ammetterlo. Erano esattamente i sentimenti che nutrivo da quando avevo perso il lavoro. La paura per la mancanza di denaro, il sentirmi una “poverina”, il pensare di non meritare niente. Mi facevo pena da sola.

Guarda… guarda Gemma cosa sei. Guardati attorno, rispecchiati – disse ancora la voce.

Rimasi sbigottita. Non potevo credere di avere quella robaccia dentro. Quello… quello schifo, quella sporcizia, quell’insofferenza, tutta quella miseria mi apparteneva.

In quel modo, non potevo far altro che scendere sempre più nel deterioramento più totale e no… non potevo permettere una cosa così.

Dovevo effettuare la mia ripresa, dovevo modificare e trasmutare le emozioni interne.

Dovevo provare a sentirmi ricca, gioiosa, pulita, sollevata, se volevo cambiare la realtà intorno a me.

Se volevo creare occasioni a me proficue.

Dovevo smetterla di svalutarmi, di svalutare la mia vita, di ritenermi una bisognosa, un’indigente. Una micragnosa.

E allora cambiai. A fatica lo feci. Fu penoso, sfibrante.

I risultati erano così minimi da non recare nemmeno soddisfazione.

Iniziai a concentrarmi su quello che avevo e non su quello che non avevo.

Iniziai a ringraziare incondizionatamente, ossia senza un motivo. Ringraziavo e basta. A quel punto, l’Universo, si sarebbe trovato obbligato a darmi qualcosa che rispondesse al mio ringraziamento se era vero che tutto era uno specchio, un riflesso. Qualcosa per la quale fosse valsa la pena ringraziare.

Iniziai ad immaginare. Diversamente. Nelle mie visualizzazioni non avevo più l’espressione triste e sempre gli stessi vestiti addosso. Sorridevo, ero ben pettinata, vestita in modo classico ma carino.

Le prime volte, la mente, si intrometteva. Mi diceva, sogghignando, “Ma cosa stai facendo? Ah! Ah! Ah! Mi fai ridere. Non hai un soldo, non hai un lavoro, non hai niente e ti credi di essere una principessa! Sii seria ragazza! Seee… sogna sogna!“.

La detestavo ma poi, con il duro allenamento, la feci stare zitta. Non riuscì più ad inquinarmi e potei dare sfogo ai miei desideri. Sognavo sempre più in grande fino ad educare di molto il mio inconscio che ormai mi permetteva di vedermi come immaginavo. E dopo il vedermi ci fu il percepirmi e dopo il percepirmi il vivere. Sempre di più. Sempre di più.

Fino ad arrivare al giorno in cui, alla fermata dell’autobus, accanto a me, vidi persone vestite bene, di tutto punto. Un uomo elegante, con la ventiquattrore, parlava compunto al cellulare. Stava aspettando un collega.

Una mamma molto graziosa mi passò davanti, mi sorrise, e aggiustò un boccolo alla sua bimba che sembrava una bambolina.

Il pullman sul quale salii era nuovo di zecca. Giallo e blu. Quasi vuoto.

L’autista rispose al mio saluto e continuò a fissarmi mentre convalidavo il biglietto dietro di lui.

Ero carina quel giorno con i capelli lunghi, raccolti da una parte, e un trucco leggero.

Mi sedetti accanto ad una signora anziana dalla faccia simpatica nonostante tutti i posti liberi.

Non ci volle molto a prendere confidenza e mai… mai mi sarei aspettata che, quella donna, fosse in realtà la mia nuova datrice di lavoro. Lo sarebbe diventata da lì a poco. Pochissimo. Aveva voglia e bisogno di una “dama di compagnia”. Era molto ricca e non mi trattò mai come una semplice governante. Nella sua villa io mi sentivo una Regina. Potevo fare tutto quello che volevo e potevo anche avere i miei momenti di libertà. Era come stare assieme ad una nonna o una zia.

Il giardiniere, la donna delle pulizie, i suoi parenti, tutti mi volevano bene. Avevo un buon stipendio ed ero felice.

Non le chiesi mai perchè quel giorno prese il pullman avendo a disposizione soldi e persone per farsi accompagnare ovunque, ma così doveva andare.

Non glielo chiesi perchè qualcosa dentro di me già lo sapeva.

Io l’avevo creato. Io, involontariamente, le feci prendere il pullman. Io mi ero creata quella situazione. L’agiatezza che vivevo. La bellezza di quella mia nuova vita.

E, questa volta, il – Grazie – più grande, lo rivolsi a me stessa. Ero una grande Guerriera”.

Prosit!

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Parenti-Serpenti per fortuna Presenti

La Legge della Risonanza o dell’Attrazione dice (e dimostra) che noi otteniamo ciò che sentiamo. Vale a dire che se io mi sento veramente ricco, nella parte più viscerale di me, provo davvero, realisticamente, la sensazione che la ricchezza può donare (cosa veramente difficilissima da sentire), qualche strano meccanismo universale mi darà abbondanza a profusione affinchè, il mio stato d’essere e di percepire, si possa concretizzare divenendo realtà.

Non si otterrà pertanto ciò che si pensa o ciò che si desidera, ma ciò che si prova proprio nel profondo che è, solitamente, molto diverso da quello che la mente vuole farci credere.

Questo è naturalmente un lavoro molto faticoso per noi, sentirsi ricchi intendo, perché se siamo poveri o se ci hanno insegnato che per essere ricchi occorre essere fortunati e nascere in una ricca famiglia, il nostro inconscio risulta inquinato da queste affermazioni e… ciao Pippo!

Sul vero o sul falso di queste teorie e sul come fare per allenarsi in tali dinamiche, ho già scritto diverse volte quindi, oggi, passerò oltre, andando a toccare un altro tasto.

Supponiamo quindi che, dopo varie ed estenuanti esercitazioni, si riesca davvero a credersi così e si possa quindi iniziare a ricevere. Ad un certo punto riusciamo realmente ad avere fiducia nell’Universo e a percepire una sorta di ricchezza in noi comportandoci come se avessimo un mucchio di soldi. Ecco che, a quel punto, dopo tutto il gran lavoro svolto, proprio mentre stiamo mettendo il piede nella casella “arrivo”, giunge il parente di turno e, tutto preoccupato, ci dice: – Guarda che devi cercare di guadagnare di più perché altrimenti così non puoi farcela! -, – Spegnila ‘sta luce in sala se sei in cucina che poi devi pagare una cara bolletta! -, – Ne hai appuntamenti in ‘sti giorni? Riesci ad arrivare a fine mese? -, – Per il bambino hai tutto? Ti serve qualcosa? Dimmelo eh! Che te li do io i soldi -.… Azz…. E si ricade giù, al punto di partenza.

Benedetti parenti!

Ovviamente la loro è pura e sincera preoccupazione, senza colpa alcuna, dettata dall’affetto che provano per noi ma, così facendo, non sanno che stanno alterando il nostro stato d’essere. Lo stanno alterando perché ci intossicano di frequenze negative, perché contribuiscono a formare per noi un futuro povero, perché nutrono verso di noi pre-occupazione anziché abbondanza e armonia, etc, etc…

Ho fatto l’esempio dei soldi ma vale per qualsiasi cosa. Per la salute, per i rapporti sociali, per la vita di coppia, per tutto.

Non mi se ne voglia per il titolo. Anche i miei parenti si comportano in questo modo e li amo sopra ogni cosa, a dismisura, e guai non li avessi nella mia vita.

Il Serpente è stato identificato come simbolo delle tentazioni. Le tentazioni sono maliziose, s’insinuano, nella nostra zona più intrinseca, senza che noi nemmeno ce ne accorgiamo. Strisciano proprio silenti come una serpe. La tentazione del lasciarsi andare, di cadere nel tranello del “Cavoli… non ho abbastanza soldi” oppure “Cavoli, se mia madre è preoccupata forse è bene che inizi a preoccuparmi anch’io” è davvero molto molto inequivocabile.

Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni – (Oscar Wilde)

E’ una tentazione perché tenta di portare ad una tranquillità che, fisicamente ed economicamente, si può anche trovare ma, se si fossero seguiti altri impulsi, forse, si poteva stare ancora meglio. Diecimila volte meglio. Ma la paura a livello generale, e la paura del dolore, sono enormi.

Lo capisco bene. Sono umana anch’io. Dico solo che bisognerebbe difendersi da certe negatività e continuare a pensare positivo.

Sorridi e la vita ti sorriderà – (cit.)

Non si può certo zittirli o maltrattarli. Il loro modo di fare è tanta manna, siamo circondati da persone che ci vogliono bene ed è bene essere grati a loro di conseguenza. Sono le nostre colonne. E saranno loro, sempre ben disposti, a darci una mano qualora gliela dovessimo chiedere. L’unica cosa dunque, che possiamo fare, è proteggerci. Proteggerci dalle loro onde. Sempre che, parlandoci insieme, non capiscano che sarebbe più salutare per noi un altro tipo di comportamento.

Far capire a chi ci sta vicino di non sovraccaricarci di timori e di ridere lietamente e con serenità, immaginando il nostro futuro rosa, non è offensivo, e sicuramente farà bene anche a loro, oltre che a noi, e si acquieteranno i loro animi.

Si può davvero comunque, nell’eventualità, creare una specie di scudo con la nostra immaginazione. Uno scudo “vero” che, come una coperta atta a proteggere, non lascia passare quelle frequenze e, naturalmente, ci si deve allenare in cuor nostro a risalire di frequenze dopo che il parente è andato via.

Ciò che le nostre orecchie ascoltano, o i nostri occhi vedono, viene immagazzinato nel cervello e finisce nell’inconscio. A noi sembra non vederlo più, non percepirne l’esistenza e crediamo sia andato via da noi. Crediamo non ci abbia neanche sfiorato. Ma invece è lì. Latente. Ormai c’è. E inizia lentamente a lavorare come un semino. Attraverso i nostri modi, del vivere la vita, possiamo nutrirlo e farlo crescere oppure, appunto, possiamo ridimensionarlo, facendolo diventare sempre più piccolo, o facendolo scomparire davvero del tutto, prima o poi.

Nel momento quindi in cui qualcuno ci dice – Per il bambino hai tutto? Ti serve qualcosa? Dimmelo eh! Che te li do io i soldi – s’innesca in noi una specie di ordigno che, come la goccia cinese, ogni giorno ci suggerirà “ Sei sicuro che a tuo figlio non manchi nulla? Ce la farai a comprargli sempre tutto quello che gli serve? E un imprevisto? Riusciresti ad affrontarlo?” fino allo scoppiare della bomba che potrà essere anche solo un malessere che percepiamo e che non riusciamo a riconoscere ma che comunque non ci farà vivere bene.

In ultimo, qualche suggerimento ai parenti. Le frasi migliori da dire sono:

– Ah! Che meraviglia! Tutto è perfetto e va’ alla perfezione –

– Se c’è un problema c’è anche una soluzione altrimenti non c’è nessun problema –

– Devo andare al negozio, ti serve qualcosa? –

– Quanti clienti hai questa settimana? Due? Allora non c’è il due senza il tre! –

– Avevo pensato di prendere al bambino un paio di pantaloni blu che mi piacciono molto, secondo te possono piacere anche a lui? –

Insomma, inventate. Inventate sempre al positivo, e senza mai usare termini di negazione o che inducano a pensare alle negatività. E cercate di mantenere sempre un’espressione sorridente e allegra.

Prosit!

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Quanto vali?

Vi ho parlato tempo fa di come riescono realmente le frequenze a modificare la nostra vita. L’articolo è questo https://prositvita.wordpress.com/2016/09/23/come-riescono-realmente-le-frequenze-a-modificare-la-nostra-vita/ e dovreste conoscerlo per capire bene ciò che state per leggere in questo post.

Normalmente siamo abituati a trattare sul prezzo di un acquisto. Non in un negozio ma, in alcuni casi, come davanti ad un venditore ambulante o nel momento in cui desideriamo comprare casa, cerchiamo di pagare il meno possibile.

Per alcune popolazioni del mondo questo momento è da considerarsi molto importante e viene vissuto come un episodio di espressione quasi artistica e culturale. Se non si discute il prezzo, alcuni si offendono persino. Ma per noi, per la società in cui viviamo, in realtà non ha nulla a che vedere con il folklore, si vuole semplicemente risparmiare.

Come dicevo prima, alcuni prezzi non si trattano, come quelli stampati sui cartellini dei negozi e dei centri commerciali, ma è vero che la maggior parte di noi cerca il 3×2, l’offerta del momento, o almeno il 10% di sconto. Tutte cifre inesistenti in quanto, in realtà, quel prezzo è da vedere all’inverso, ossia quell’oggetto lo si stava pagando troppo prima non è che ora lo si paga di meno ma, in questo particolare momento, si possono far uscire meno soldi dal portafoglio ed è quello che interessa a noi.

Nel momento in cui cerchiamo questo, ossia di pagare meno, è come se automaticamente dicessimo a noi stessi, e al nostro inconscio, che siamo poveri, oppure, nei casi di tirchieria, che abbiamo paura. Le persone tirchie sono fondamentalmente paurose. Hanno paura di rimanere senza soldi e… “chissà cosa potrebbe succedere…”. Magari un giorno parlerò anche di loro in modo più specifico.

Oggi mi baso su chi crede di risparmiare e invece si sta autoproclamando non solo povero ma anche persona di poco valore.

Secondo le Leggi dell’Attrazione, nel momento stesso in cui rifiuti di andare a vivere nella casa dei tuoi sogni perché il prezzo è troppo alto, ti stai automaticamente declassando ad un livello inferiore. Ora, senza fare salti pindarici e rimanendo con i piedi per terra, il discorso è che sarebbe preferibile spendere un qualcosina in più piuttosto che in meno sempre rimanendo ovviamente nell’ambito delle proprie possibilità. Quel qualcosina in più, farà si che si avrà di più perché avrete creduto di potervi permettere di più. Cercando invece un affitto più basso, per poter così avere più soldi a fine mese, e con la paura di non riuscire a farcela, si continuerà a vivere in modo “misero”, come le stesse persone considerano la loro vita, e non ci sarà nulla che le toglierà dal vortice di mancanze nella quale esse stesse si tengono legate. Quelle paure si concretizzeranno e ci si ritroverà davvero a condurre una vita povera senza potersi permettere quella spesa mensile.

Inoltre, se si pensa a quella casa e a quell’affitto, seguendo sempre tali filosofie, bisognerebbe porsi una domanda – Quanto valgo io? – e darsi una risposta – Valgo 100/200/300 euro? Valgo una casa piccola, scomoda, decadente e magari neanche dignitosa? Oppure valgo 1.000 euro al mese, una bella casa accogliente e spaziosa da farmi crescere di un palmo? -. Sembrano utopie…

Immediatamente, nella testa, una vocina sussurra – Vali 1.000 euro, anche 2.000! Ma non te li puoi permettere! – ossia: sei povero, non vali niente.

Il risultato di tutto ciò sarà = “devo continuare a stare tra queste quattro mura” e così, non si migliorerà mai.

Ovviamente il salto da 300 euro a 1.000 euro è quasi impensabile ma, iniziando a passare da 300 a 350 forse si può fare. La prossima casa la si potrà pagare 400 euro al mese e così via. Certo non bisogna aver paura e buttarsi fiduciosi tra le regole basilari dell’Universo dove a regnare sovrana è la prima legge tra tutte: “TU AVRAI CIO’ CHE SEI”.

Ciò che sei realmente dentro, nella parte più intrinseca di te. Non puoi prendere in giro l’Universo, a parlare sono le tue sensazioni. Perciò, se davvero, nel più profondo non hai paura, se davvero senti di valere di più, se davvero sei convinto di poter possedere molto, avrai molto.

Siamo gli artefici del nostro destino… faber est suae quisque fortunae… diceva già in tempi antichissimi chi se ne intendeva più di noi.

Anch’io mi sono ritrovata ad avere e vivere queste paure. Non sto fantasticando e mi sono anche dovuta muovere e agire nel trovare un lavoro, da sola e con un figlio da mantenere. Nel mentre però cercavo il più possibile, anche se con molta fatica, di avere fiducia in colui che mi ha messo su questo mondo e che mi ha donato la vita, cioè mio padre: l’Universo.

Non è sbagliato agire nel cercare di migliorare la propria situazione, l’errore sta nel provare paura e preoccupazione perché ciò significa non avere fiducia. Questo ci limita.

Facevo allora delle piccole prove, che non mi traumatizzassero, e che m’insegnassero a migliorare.

Ad esempio:

– Ho chiamato una signora ad aiutarmi a pulire a fondo casa. Soldi che avrei potuto risparmiare, ma le mie stanze meritavano davvero una trasformazione e io mi sarei dovuta affaticare tantissimo considerando che non potevo di certo lasciare il lavoro.

– Mi sono permessa di andare dalla parrucchiera quando avrei potuto comprarmi quelle tinte “FaidaTe” al supermercato e magari rovinarmi i capelli oppure non ottenere il risultato sperato.

– Mi sono concessa un’uscita con le amiche, al ristorante, quando avrei potuto benissimo cenare a casa.

Ebbene, sono tutte piccole prove che traducono il seguente messaggio – Io posso permettermelo -.

Se è questo il messaggio che emani attraverso le tue frequenze non potranno che riflettersi a te le frequenze medesime e questo significa che puoi e potrai permetterti anche altro, sempre di più.

E’ difficilissimo. Ci hanno sempre insegnato l’esatto contrario. Ci hanno insegnato a non spendere, a risparmiare, a non buttare via i soldi, ammirevoli insegnamenti di genitori che, come noi, sono stati vittime anch’essi delle stesse dottrine. Ma, come dicevo prima si cade all’interno di un circolo che non ci fa smuovere da lì.

Vi siete mai chiesti che significato ha la frase del Vangelo – Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha ? Secondo voi? Sapete bene che io non leggo il Vangelo dal punto di vista religioso ma come Sacra Scrittura che ben traduce i veri misteri della grande Onnipotenza che risiede in noi e nel Cosmo.

Per darvi delle risposte concrete e per capire meglio ciò che ho scritto, vi consiglio vivamente di ascoltare questo video.

Prosit!