Come rendere la Platessa gustosa mantenendo la Ricetta salutare

Diciamolo chiaro, la Platessa non è un pesce particolarmente gustoso. Le sue carni, seppur delicate, vengono ampiamente superate da pesci molto più prelibati e dal sapore molto più ricco. Vero è, però, che avendo poche spine, è adatta alla dieta di anziani e bambini in quanto simile alla Sogliola. E’ adatta anche alle diete ipocaloriche contenendo pochi grassi. I grassi del pesce non fanno male, lo Sgombro, molto grasso, dovrebbe essere introdotto nella nostra dieta ma, la sfida di oggi, è rendere piacevole il gusto di un pesce che molti definiscono addirittura “scialbo”. Sta a noi quindi trasformarlo in una golosità.

Ma come? Beh, io vi darò la mia idea poi, ovviamente, potrà essere la vostra fantasia a fare tutto, basta rimanere focalizzati sugli ingredienti naturali e che ci offre Madre Natura per creare così, come dico sempre, una ricetta buona ma soprattutto salutare.

Platessa al mais e spezie (aneto, zenzero, erba cipollina, pepe e curcuma) sfumata alla birra, su pane croccante e accompagnata alla crema di sedano con tandoori e prezzemolo.

In una padella capiente ho fatto soffriggere della cipolla (la cipolla non dovrebbe mai mancare nella nostra cucina, contiene una sostanza chiamata Quercetina, un flavonoide, che previene l’invecchiamento cellulare) assieme ad un goccio d’olio extra vergine d’oliva, un goccio anche di acqua, curcuma, zenzero e miso. Il miso, un tipo di dado vegetale estratto dalla soia, dovrebbe sempre essere messo verso fine cottura perché, essendo un alimento “vivo”, che contiene fermenti vivi, non dovrebbe cuocere. Il mio intento però era quello di insaporire la pietanza per poter usare così meno sale. Come dico sempre, il sale, nella giusta quantità, non fa male al nostro organismo ma è sbagliato eccedere quindi, se qualcuno gradisce sentire un gusto più saporito, può appunto utilizzare il miso.

Ho aggiunto poi al soffritto il mais, quando la cipolla ha iniziato a presentarsi dorata e, assieme al mais, l’erba cipollina e l’aneto il quale ha un vago sentore di finocchietto.

Ho fatto andare il mais per qualche minuto e poi ho aggiunto i filetti di platessa e una leggera spolveratina di pepe. Quando la platessa è diventata bianca, ho sfumato con la birra, non serve esagerare mai, con niente. Mentre il giusto può essere salutare per il nostro corpo, il troppo può risultare invece dannoso.

Intanto che il tutto, coperto e a fuoco lento, cuoceva (basta all’incirca un quarto d’ora in quanto la carne della platessa è delicata non solo come gusto ma anche come consistenza), in un altro padellino più piccolo, ho iniziato a preparare la crema al sedano con tandoori e prezzemolo.

Le creme si possono anch’esse arricchire con un soffritto leggero ma, in questo caso, usando una verdura già saporita di suo e due spezie dal gusto deciso, ho pensato di poterlo evitare. L’importante, in questo caso, è realizzare un contorno che vada in contrapposizione con il secondo, vale a dire una crema dal sapore “forte” che arricchisca la “delicatezza” della platessa e del mais.

Il sedano è stato tagliato a tocchetti e messo in padella con un goccio d’acqua, un pizzico di sale, del miso e un filo d’olio. Quando è diventato morbido ho aggiunto il tandoori che è un mix di spezie indiane contenente: vari tipi di pepe, cardamomo, senape, curcuma, cannella, cumino, coriandolo e molti altri gusti. Ho fatto andare ancora un po’ a fuoco lento, affinchè prendesse quei gusti e, a fine cottura, ho aggiunto il prezzemolo.

Non fate cuocere troppo il sedano o qualsiasi altra verdura se volete fare una crema, tanto poi si frulla tutto e lasciando gli alimenti più crudi si possono acquisire maggiormente le loro proprietà benefiche.

Ho infatti messo il sedano nel mixer e creato la polpa che si è amalgamata bene con i sapori.

Ho preso dal freezer due fette del mio pane integrale, fatto giorni prima, e le ho messe nel tosta-pane per renderle croccanti e gustose e sulle quali ho poi adagiato pezzi di platessa e mais a un lato del piatto. Di fianco, ho decorato con la crema verde.

Bello da vedere, ordinato e colorato, goloso da gustare e veloce da preparare. Ma soprattutto sano. Questo è il risultato principale che dobbiamo ottenere. Un qualcosa che faccia bene al nostro organismo nutrendolo nel modo corretto ma che possa anche appagare gli occhi e il palato.

Questo è importante perché fa venir voglia di continuare a magiare in tale modo percependo una soddisfazione totale, olistica.

Provatelo e fatemi sapere. Vi auguro un Buon Appetito.

Prosit!

Salutari Prelibatezze: il Naan e… l’Adesso, il Padre Nostro e così sia.

Guarda cos’ho fatto! – mi disse mia madre un sabato pomeriggio in cui andai a trovarla e mi mise sotto al naso un piatto con dentro dei panetti tondi, pallidi pallidi al centro e un pò bruciacchiati ai lati.

Sembrano buoni… cosa sono? – chiesi

E’ il Naan – mi disse lei

Il che?! – credevo si fosse incantata a causa di un’accidentale immobilità della mandibola apertasi per la vocale. Lei iniziò la sua spiegazione e m’incuriosì parecchio.

Il Naan è un pane indiano, vale a dire un cibo nutriente, salutare ma anche molto semplice da preparare e davvero molto goloso.

Ho iniziato da poco a realizzarlo anch’io ( riuscendo persin meglio di mamma 😛 ) e, una volta ottenuta la ricetta base, mi diverto a farlo aggiungendo diversi sapori come lo Scalogno, la Verbena, l’Aglio, i Semi di Girasole e… la fantasia… qualsiasi ingrediente andrà più che bene. Naturalmente si parla infatti di un Naan, per così dire, rivisitato da me, quello originale non è proprio tale e quale ma vi assicuro che il mio piace tantissimo, che modesta…!

Quello che vi presento oggi è all’Origano (Origanum vulgare) e davvero ottimo.

Il Naan, conosciuto come un pane lievitato (in tanti usano il lievito di birra), è invece preparato da me completamente senza lievito, ma rimane ugualmente morbido e friabile e anche sufficientemente spesso da poter aprire come un panino e farcire come meglio si preferisce.

Con il termine Naan, si vuole intendere, in tutta l’Asia Centrale e nel Medio Oriente, qualsiasi tipo di pane azzimo, ossia appunto un pane, al quale non occorre lievitazione.

Con le dosi che vi scrivo in questo articolo, riuscirete a creare 8 panetti, più o meno del diametro di 12 cm circa, ma potrete farli anche più piccoli e più sottili e ottenerne 2 in più.

Gli ingredienti e la quantità:

– 300 gr di farina integrale

– 250 gr di yogurt bianco magro

– ½ cucchiaino da tè di bicarbonato

– 1 filo d’olio extra vergine d’oliva

– 3 pizzichi di sale

– 1 manciata dell’ingrediente che avete scelto. In questo caso l’Origano, dall’inconfondibile profumo fresco e aromatico, un vero toccasana naturale, con proprietà antiinfiammatorie, antisettiche e antispasmodiche e ricco di vitamine, sali minerali, calcio e potassio.

Mescolate e impastate bene il tutto.

Se l’impasto dovesse riuscirvi un po’ troppo asciutto, anche se vedrete che non sarà comunque molto morbido, nè appiccicoso, potrete aggiungere un goccio di latte a temperatura ambiente o tiepido. All’inverso, se troppo bagnato, aggiungete farina.

Una volta ottenuta una palla, dividetela in quattro parti e poi ognuna di queste parti ancora a metà, fino ad ottenere, come vi dicevo prima, 8 pezzetti di pasta che trasformerete in palline.

Le palline verranno poi schiacciate con le mani e le dita per assottigliarle e appiattirle, c’è anche chi usa il mattarello, ottenendo cerchi perfetti, ma io preferisco un risultato più rustico e meno preciso. E meno sottile anche. Pure l’occhio vuole la sua parte come in tutte le cose. Al mio, piacciono le imperfezioni.

Mettiamo a scaldare sul fuoco una padella che dev’essere molto molto e ancora molto antiaderente, così, senza l’utilizzo di olio o altro, potrete cuocere i vostri Naan senza che si attacchino. Il fuoco sarà vivace e la padella, prima di essere utilizzata dovrà essere bella calda.

Qualche minuto da una parte e qualche minuto dall’altra, a fuoco sempre bello vivo, ma non al massimo però o rischiate di bruciare il vostro capolavoro. I miei si gonfiano un poco, ad alcune persone diventano proprio come dei palloncini che poi si sgonfiano una volta tolti dalla padella. La cottura dovrete controllarla da voi perché dipende da vari fattori soprattutto dallo spessore del Naan e dalla potenza del fuoco. Io, il primo, l’ho praticamente distrutto per guardarlo dentro, assaggiarlo e capire quando era pronto. All’incirca, comunque, ci vanno 4-5 minuti per ogni piadina. Ovviamente potete farli cuocere anche più dei miei se vi piacciono più croccanti e più abbrustoliti, io però, li gradisco morbidi e teneri.

Potrete farne quanti ne vorrete, conservarli è facilissimo, basta metterli nel congelatore e, all’occorrenza, farli scongelare e riscaldare o nel microonde o sulla piastra elettrica. Anche in padella andrà benissimo. Rimarranno un po’ più croccanti fuori e soffici dentro. Se invece li lasciate diventare secchi, nella credenza, potrete sempre consumarli nel latte, nel tè o nel caffè, o persino nella minestra, come dei crostini, sarà come intingere del pane e a me piace molto. Non si spreca nulla.

Il vero Naan, che non prevede l’aggiunta di un ulteriore sapore, è meno gustoso seppur buonissimo mentre, con l’aggiunta del gusto che più preferite, diventa davvero goloso da mangiare come una focaccia o un trancio di pizza e da dare anche ai bambini per merenda a scuola. Comodo e genuino.

Vi sto descrivendo la ricetta per fare quello che viene chiamato Naan salato ma potete fare il Naan anche dolce mettendo lo zucchero (vi consiglio di canna) al posto del sale e cospargendo poi la vostra creazione di ulteriore zucchero, magari a velo, farcendolo poi con del cioccolato o della marmellata, del miele o del malto. Una squisitezza.

Il pane è considerato da sempre il cibo più povero e più genuino tra tutti. E’ anche sicuramente quello più indispensabile, che accompagna i nostri piatti dai tempi più antichi e piace davvero a chiunque. Di tipi di pane ce ne sono migliaia ed è sicuramente l’alimento più umile che si conosca.

– Padre nostro… Dacci oggi il nostro pane quotidiano… –

Recita quella che si può considerare la preghiera più famosa della religione cattolica. Cosa significa? Che ci venga data anche oggi sussistenza? Che possiamo anche oggi sfamarci?

Questa preghiera venne insegnata, secondo alcune fonti, da Gesù ai propri discepoli con l’intento di usarla come strumento per avvicinare gli uomini a Dio, al Padre, vale a dire all’Assoluto (nostro). Un dono che spetta a ciascuno di noi. Un dono che abbiamo già dentro. Il poter vivere in un continuo stato di entusiasmo, in connessione con il Divino che trattasi di modo d’essere in amore e gioia.

Il pane, tradotto in questo termine, vista l’utilità ovvia e giornaliera già da quell’epoca, e probabilmente per molti anche unica fonte di sostentamento, è pari alle necessità che si percepiscono durante la vita ma, soprattutto, durante il presente, l’adesso. Quel preciso momento. Quotidiano. Ciò significa ricevere la possibilità di soddisfacimento per tali bisogni e imparare a vivere poi senza di essi. Un Dio, ciò che noi tutti siamo fondamentalmente, non ha bisogni. Non dovrebbe averne. Vive e basta, godendosi la magia di questa grandissima e complessa avventura che è la vita. Ciò significa anche che, proprio nella sua quotidianità, non occorre pensare ai bisogni del passato, a ciò che ci serviva ieri o un anno fa, sono tempi che non esistono più, sono il nulla, serve focalizzarsi solo sul presente, sul Qui e Ora, e solo in quel momento si può vivere la meravigliosa sensazione e comprensione che, in quel preciso attimo, non si ha esigenza di niente. Tutto è perfetto, in connessione con l’Energia Universale. Tutto esiste. E vive.

…dacci oggi il nostro pane quotidiano… – vale a dire regalaci la capacità di entrare, essere e rimanere in presenza. Nel nostro Sé Superiore. In quella dimensione nella quale possiamo vivere per quello che siamo realmente, e non soltanto come dei corpi con una ragione.

Che sia quindi un buon… pane quotidiano

Non mi rimane altro che augurarvi buon appetito perchè un’alimentazione sana può essere anche davvero molto gustosa. Il profumo c’è, il sapore anche.

Prosit!

La Verza, la Vit. E e l’Acetosella – una ricetta sana e golosa

La Verza (Brassica oleracea) o Cavolo Verza, è un ortaggio ricco di vitamina E (tocoferolo) che è un grande antiossidante, idratante e combatte i radicali liberi. Aiuta quindi le cellule del nostro organismo a rinnovarsi e, soprattutto, permette loro di non deteriorarsi prima del tempo a causa di tutti gli ingredienti e di tutte quelle sostanze nocive che ci danneggiano.

La vitamina E infatti, protegge e rinforza la membrana mitocondriale cioè dei mitocondri che, nella cellula animale, si preoccupano della respirazione cellulare e la respirazione è alla base della vita di questa unità multifunzionale così come lo è per noi.

Non focalizziamoci solo sulle cellule della pelle come siamo abituati a sentire nelle pubblicità delle creme di bellezza, quando si parla di cellule, si parla di quelle di tutto l’organismo perciò anche di quelle dei nostri organi e dei nostri vasi sanguigni che devono essere estremamente considerate e mantenute al meglio anche grazie all’alimentazione.

Questo ortaggio è inoltre anche un grande antinfiammatorio, un ottimo detossinante e un fantastico diuretico e permette al sangue di rimanere fluido senza ispessirsi. Ma non solo, come tutti gli altri cavoli, la Verza, ha tantissime proprietà benefiche e dovremmo farne sovente uso mangiandola anche cruda nello stato in cui meglio mantiene le sue incredibili virtù. Purtroppo ha un gusto che non a tutti piace però e così, oggi, vi spiego un modo per cucinare la Verza davvero goloso, a mio gusto, e soprattutto sano.

Si ha la convinzione che un alimento sano sia anche poco gustoso ma non è così, basta avere un po’ di fantasia e saper combinare gli ingredienti giusti.

Si prepara innanzi tutto un soffritto, con poco olio, un po’ particolare, composto da: cipolla, aglio, timo, curcuma, zenzero e pepe e, appena la cipolla diventa dorata, si aggiungono olive (io uso quelle Taggiasche denocciolate), semi di girasole e lenticchie umbre.

Intanto che tutti questi ingredienti soffriggono e sfrigolano che è un piacere, faccio sciogliere in un bicchiere d’acqua calda un cucchiaino bello pieno di miso d’orzo e lo verso nella pentola che sarà una padella bella capiente o un wok. Lasciamo andare il tutto per un po’ sempre a fuoco basso.

Si pulisce, si lava e si taglia una Verza a strisce e una carota a sfoglie (usando ad esempio il pela-patate) aggiungendo poi queste verdure al soffritto che ora si presenta di colore scuro. Aggiungiamo acqua e lasciamo cuocere aggiungendo altra acqua di tanto in tanto. Il tutto dovrà cuocere parecchio perché le lenticchie dovranno ammorbidirsi e le verdure consumarsi un po’.

Attenzione solo al sale perché sia il miso che le olive insaporiscono già il tutto quindi cercate di non esagerare.

Verso fine cottura occorrerà aggiungere anche un po’ di prezzemolo, qualche fiore di Acetosella Gialla (Oxalis pes-caprae) che dona un lievissimo sapore di limone (quindi preparate tale ricetta in questa stagione) e semi di sesamo. In verità potrete prepararla tutto l’anno, anche senza fiori di Acetosella risulterà comunque un piatto squisito o potrete aggiungere altri fiori edibili magari più estivi. Vi sconsiglio la lavanda che con il salato, secondo me, poco si addice.

Ecco che la Verza è pronta e buonissima. Un contorno perfetto o un secondo singolare da mangiare sopra a fette di pane rustico riscaldate. Che ve ne pare?

Fatemi sapere, a me non resta altro che augurarvi buon appetito!

Prosit!

Melanzane – buone e divertenti

Oggi voglio proporvi un’altra ricetta del benessere ottima per la bella stagione e davvero veloce da preparare.

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Ringrazio per il consiglio il proprietario del mio negozio di fiducia, una di quelle botteghe di alimentari a conduzione familiare come non ce ne sono quasi più ormai, nella quale entri e scambi volentieri anche due parole.

Di solito non devo chiedere ad altri – Cosa posso fare per cena? – perché ho abbastanza fantasia ma, quel giorno, giravo per il negozio senza alcuna meta. Feci quindi la fatidica domanda dopo aver messo nel cestino, chissà perché, una bella Melanzana. L’intenzione era di farla alla griglia con aglio e prezzemolo ma mi sarebbe piaciuto cambiare un po’.

Te la dico io una buona ricetta, facile e gustosa. Una di quelle ricette che non ti fanno nemmeno sporcare la cucina! – mi disse lui col sorriso. Ascoltai e decisi di proporla a figlio e marito. Piacque molto e la trovarono anche divertente da come potete vedere nelle immagini.

Si tratta infatti di una Melanzana, tagliata in stile “gioco del Tris” e riempita semplicemente con pomodoro, basilico e origano.

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Buonissima. Ora, non per fare la Chiara Maci della situazione ma è una ricettina davvero niente male.

Dentro agli intagli, mettete le fette di Pomodoro e le foglie di basilico, spolverate poi con dell’origano, del sale e infine inumidite con del buon olio extra vergine d’oliva.

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Mettete in forno. Io, avendo il forno ventilato ed elettrico, ho calcolato una mezz’ora abbondante a 180°.

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E’ una ricetta che riempie ma lascia leggeri e sa di fresco. Tutti gli aromi e i sapori degli ingredienti si riconoscono bene in bocca, amalgamandosi in un gusto unico davvero delizioso. Io personalmente l’ho accompagnata con degli Asparagi fatti in tegame arricchiti solo da un po’ di soffritto ma voi ovviamente potrete preparare ciò che più vi piace, si abbina a qualsiasi pietanza.

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E’ una ricetta anche sana in quanto sia il Pomodoro che la Melanzana, pur essendo tutte e due appartenenti alla famiglia delle Solanaceae e quindi contenenti solanina*, fanno molto bene al nostro organismo perché svolgono il ruolo di antiossidanti e proteggono le nostre cellule dal deperimento.

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La Melanzana, ortaggio dal colore particolare che ha persin dato il nome a questa tinta, è originario dell’Asia e di quasi tutto il Sud di questo continente mentre il Pomodoro, di un bel rosso vivace, arriva a noi dall’America Centrale ed essendo sempre stato ritenuto anche afrodisiaco e dello stesso colore della passione, lo si è sempre ritenuto simbolo dell’Amore.

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Questa volta, volendo fare una prova, ho cucinato una sola Melanzana ma alla prossima occasione dovrò farne un po’ di più. Ora andate a prepararla, io vi auguro il Buon Appetito!

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Prosit!

*la solanina è un prodotto tossico utilizzato da queste piante contro i parassiti (non bisognerebbe abusarne ma ne racchiudono quantità davvero minime).

La Crema dolce ai Mandarini

La pianta di Mandarini (Citrus reticulata), dietro casa di zia, che nonno con devozione curava così come tutto l’orto, in questo periodo, è piegata dal peso dei frutti accesi da quell’arancio vivo che li contraddistingue.

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Il loro profumo si mescola all’aria e allappa le narici per divenire ogni giorno sempre più dolce e più intenso come il loro sapore. Alcuni, davvero troppi, cadono a terra scoppiando nel loro liquido appiccicoso e rimangono lì, ad aspettare di essere beccati dalle galline che il nonno, e oggi la zia, ogni giorno faceva uscire dal pollaio. E’ davvero un peccato sprecare questo ben di Dio, voglio dire, i pennuti hanno tutto il cibo che desiderano anche se qualche Mandarino glielo lascio volentieri, ma nemmeno si può noi mangiare ogni giorno Mandarini su Mandarini tralasciando Mele e Cachi.

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E si, ci sono anche loro. E allora ci si inventa torte, marmellate, macedonie anche se, con il freddo inverno, probabilmente sono meno gradite. La mia idea, è stata quella di creare una crema al Mandarino, chiamato in realtà Esperidio, buona da gustare anche calda che, premetto, richiederebbe all’ultimo l’aggiunta di un liquore agli agrumi per renderla più “seria”. Io non l’ho messo, proponendola così più adatta anche ai piccini. E non ho nemmeno messo lo zucchero bianco usando, al suo posto, zucchero biologico di canna in quantità un pò più abbondante e miele. Anche la farina, che la ricetta voleva bianca e di tipo 00, è stata sostituita con un mix di semi-integrale e biologica. Questi ovviamente sono solo consigli personali lanciando un’occhiata ad un’alimentazione sana, ognuno poi la trasforma come meglio crede, aggiungendo o eliminando ingredienti e quindi inventando ricette sempre nuove. Le dosi e le spiegazioni che vi riporto qui appartengono alla ricetta originale, starà a voi modificarla eventualmente. Ve ne verrà una quantità tale (immaginate un piatto fondo pieno) adatta a farcire una torta ma è squisita da assaporare assieme a biscotti, crustoli o paste secche, frutta, oppure, tenetelo a mente per il prossimo anno, con il Pandoro.

Ingredienti:

  • 350 ml di succo di Mandarini biologici
  • 120 ml di acqua
  • la buccia grattugiata di 3 Mandarini (i miei non erano enormi ma nemmeno piccolissimi)
  • 120 gr. di zucchero (se di canna 150 più un cucchiaio abbondante di miele)
  • 35 gr di farina (o 40 più ne mettete e più diventerà densa, non consiglio quella completamente integrale ma va a gusti)
  • 3 tuorli d’uovo (io ne ho messi 4 in quanto le galline di nonno stavolta si son sprecate)
  • e come dicevo, per chi vuole, un bicchierino di liquore tipo Mandarinetto o all’Arancia.

Nell’acqua, in un pentolino, ho messo le scorze grattugiate (senza grattate la parte bianca) e l’ho portata ad ebollizione per poi spegnere il fuoco e lasciarla riposare.

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Vedrete che diventerà arancione impregnandosi bene dell’aroma delle bucce. Nel mentre ho spremuto i mandarini fino ad ottenere la quantità di succo desiderata.

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In una terrina ho mescolato i tuorli con lo zucchero e, una volta ottenuto un impasto omogeneo e spumoso, ho aggiunto la farina poco per volta.

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Ho mescolato bene con la frusta e ho aggiunto il composto all’acqua che, intanto, si era raffreddata. Continuando a girare con un cucchiaio di legno ho riacceso il fuoco, basso, e ho iniziato a versare lentamente il succo. Una volta aggiunto completamente ho continuato a mescolare fino all’ebollizione. Ho fatto quindi cuocere per due minuti… et voilà. La crema era bella e pronta. Ancora calda, l’ho versata in un piatto fondo e guarnita.

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Avrò impiegato mezz’ora in tutto per realizzare una ricetta sana, colorata e davvero buona! Pensate che il Mandarino è un dono davvero eccezionale. Ricco di vit. C che previene raffreddori e malanni invernali, contiene anche tanti sali minerali e tante fibre che aiutano l’intestino. Inoltre favorisce il sonno e disintossica il sangue. Ha davvero tantissime proprietà benefiche! E lo sapevano bene in Cina, paese che si pensa essere la terra madre di questo frutto, fin dai tempi più antichi. Un frutto che infatti, nel 1828, quando per la prima volta giunse in Europa, lo si chiamò Mandarino in segno di elogio dei più importanti capi cinesi, i “Mandarini” appunto, che vestivano con abiti arancioni. Con un pò di fantasia e l’aiuto di Madre Natura, si possono creare sempre tantissimi piatti differenti senza sprecare nulla ne’ annoiarci. E facendoci del bene.

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Nel mio personale caso inoltre, ho ricordato parecchio mio nonno ed è stato emozionante realizzare qualcosa di goloso grazie ai frutti di una pianta che, per anni, lui ha mantenuto sana e robusta. A questo punto non mi rimane altro che augurarvi, buon appetito e…. come sempre

Prosit!