Occorre guarire dalla Prostituzione Mentale

Innanzi tutto che cos’è la Prostituzione Mentale? La prostituzione Mentale è quel metodo bislacco di cui usufruiamo molto spesso nel tentativo di ottenere “cose” o non perdere “cose”. Ci prostituiamo al fine di assicurarci ciò di cui abbiamo bisogno. Può essere un sentimento, un lavoro, un po’ di soldi, un complimento, uno status, una compagnia, etc…

Cadere in compromessi spregevoli e offensivi nei confronti della meraviglia che siamo, laddove, anziché riconoscerci potenti, immensi e splendidi Esseri ci sentiamo formichine micragnose. Ogni compromesso implica una rinuncia.

Prostituirsi mentalmente è quando attraverso la mente, convinti di non essere abbastanza, reagiamo in modo totalmente ignobile per la nostra natura e soprattutto per la nostra Coscienza (importantissimo “ente” al quale non badiamo mai ma è invece il nostro Giudice Supremo, sempre al lavoro, molto severo, il quale condiziona la nostra vita).

La Prostituzione Mentale svaluta ciò che sei e ti fa svendere, a poco prezzo, pur di avere in cambio ciò che brami.

Fare un qualcosa che non ci va di fare, magari per il quieto vivere, significa prostituirsi ma ancor di più significa prostituirsi nel momento in cui cerchiamo di smuovere compassione nel cuore di chi ci sta davanti per portarlo a darci ciò che vogliamo.

Con questo non significa recitare un teatrino strappalacrime per farsi compatire ma si va più in profondità. Non si parla solo della donna che si spoglia su FaceBook per ottenere molti like perché in sé ha una mancanza che deve colmare, si tratta di evitare la ricerca dell’abbondanza non credendola esistente per noi. Si rinuncia alla propria felicità, quella sacra e profonda e duratura, per un qualcosa di assai banale. L’accontentarsi. L’abbassarsi a scegliere piccoli granellini di sabbia piuttosto che una stella. Perché sono più facili e sicuri.

Perché si chiama Prostituzione Mentale? Immagina per un attimo il valore simbolico della prostituta. E’ una schiava. Con tutto il rispetto per questa donna ma è l’emblema della “serva”. Accetta di fare un qualcosa di assolutamente irrispettoso nei confronti di se stessa per un’altra persona, schiavizzata esageratamente. Ma questo le consente un pasto, un letto e una protezione. Ecco, prova a proiettare il senso di questo messaggio verso di te.

Non limitarti ad agire come un automa. Ad accontentare un cliente senza nessun tipo di entusiasmo. A rispondere positivamente ad un parente senza nessuna energia creativa. A provare un vestito senza la minima gioia ma solo pieno di povera e inutile speranza che possa aiutarti a fare colpo su qualcuno o a stare bene. Mettici vita in quello che fai visto che sei vivo!

Se il tuo capo ti chiede di fare una cosa per lui, non farla solo per prendere lo stipendio o non essere licenziato. Falla al meglio, con tutte le capacità che hai, come se la stessi facendo per te o per tuo padre. Anche se il tuo datore di lavoro è una brutta persona, uno sfruttatore, non puntare l’occhio su di lui, puntalo solo su di te e dentro di te. Lui deve smettere di esistere nelle tue valutazioni. Stai facendo quel qualcosa per te, per una tua forma di ricchezza.

Uno degli esempi più significativi è quello del commerciante che si lascia maltrattare dal cliente pur di non perderlo e non perdere i suoi soldi. Ma questa formula la applichiamo anche se non abbiamo un negozio. Quindi bisogna osservarsi dentro attentamente.

Se non farai così, cadendo nella Prostituzione Mentale, questa ti tirerà ancora più giù emozionalmente e anche fisicamente. Ti sentirai sempre come se fossi oppresso. Schiavo di qualcosa. E lo sei. Sei schiavo del mondo. Il mondo può fare di te quello che vuole. Il suo giudizio è più forte e significativo del tuo. Se un mattino il mondo si alza col piede giusto e ti fa un complimento, allora tu stai bene ma se si alza con il piede sbagliato e ti denigra, allora tu piangi tutte le tue lacrime.

Cambia i ruoli. Prova a pensare di essere tu quello che valuta e non gli altri. Anche se ti danno soldi, una casa, belle parole, affetto, amicizia, etc… ricordati che anche tu dai qualcosa per ricevere questo, non serve a nulla arrivare a prostituirsi.

Se metti vita e entusiasmo in ogni tua azione non hai bisogno di prostituirti. Se ti riconosci come scintilla divina non hai bisogno di prostituirti. Se riconosci coscientemente il tuo potere non hai bisogno di prostituirti.

La Prostituzione Mentale è un vizio. Spesso non ti accorgi neanche di effettuarla. Ad accorgersene sempre è la tua Coscienza, che nominavo prima, e ti ritrovi a vivere con un dito puntato quotidianamente contro di te che ti opprime come una spada di Damocle.

Attraverso la Prostituzione Mentale ti ritrovi persino a sostenere attività immorali e illecite ma soprattutto totalmente stonate con il tuo cuore e il tuo sentire. Come la manipolazione, la corruzione, l’autosvalutazione, l’onestà… non guardare questi termini solo per quello che sono o per quello in cui siamo abituati ad esprimerli. Rivolgili a te stesso dando loro un significato più ampio. Ti fai manipolare? Corrompere? Permetti di autosvalutarti? Sei disonesto con te stesso?

Rispettati. Non vendere il tuo Essere e la tua essenza per un gradino superiore solo ed esclusivamente materiale. Ogni volta che una nota stona con la tua melodia interiore, la tua Coscienza ti opprime ulteriormente e questo ti fa vivere compresso, attanagliato nel rimorso e nel senso di colpa. E’ nocivo e dannoso per la tua salute.

Tu possiedi ogni diritto. Non lo vedi concretizzarsi nella realtà solo perché non ci credi. E ci crederai sempre meno se sarai obnubilato dalla Prostituzione.

Se riuscirai ad eliminare da te la Prostituzione e a guarire da essa non potrà che giungere nella tua vita ciò che meriti, grande tanto quanto è ora grande il tuo Essere. E’ una legge. Forse non ti arriverà questo dalle persone che frequenti ora ma esse cambieranno o verranno sostituite da altre pronte a darti quello che meriti. Non aver paura quindi se perdi dei contatti. Bisogna creare spazio nella propria vita per accogliere il nuovo.

Devi cercare di fare spazio dentro di te e, di conseguenza, fuori.

Ci vuole coraggio per non prostituirsi mentalmente perché questa è la strada della libertà e per essere liberi bisogna essere coraggiosi e forti.

Ma, oggi, se rifletti un attimo su tutto questo, se ti guardi dentro e comprendi quante volte ti sei prostituito o continui a farlo, allora forse puoi cambiare le cose. E credimi, il “premio” che otterrai in cambio è enorme. Non sopportare più. Non tollerare cose che la tua voce interiore non accetta. E’ una sofferenza incredibile.

Ti auguro un buon lavoro!

Prosit!

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Alopecia – la drastica separazione

COME LA VOLPE IN PRIMAVERA

Esistono diversi tipi di Alopecia e sono diverse le cause che la provocano ma come ben sai io voglio accendere la luce su quella derivante dal Corpo Emozionale.

Il termine – Alopecia – deriva dal greco “Alopex” e cioè “Volpe” proprio perché si perdono i capelli a ciocche (nella maggioranza dei casi) proprio come accade alla Volpe quando perde il pelo dopo il freddo inverno.

Se per la Volpe però è un semplice rinnovo, che avviene ogni anno, per l’essere umano è differente perché i capelli potrebbero non ricrescere più. Posso assicurarti che ho visto casi gravi di Alopecia dove il capello ha ricominciato a crescere ma la persona ha dovuto fare un lungo e duro lavoro su di sé oltre al trattare, a livello topico, le zone interessate.

Questo perché l’Alopecia appare dopo che si è vissuta una – separazione -.

Tale separazione può essere di diversa natura. Perdere un genitore, perdere un figlio, perdere il lavoro, perdere dei soldi, perdere la compagnia… laddove, con il termine “perdere” non si intende per forza la morte dell’eventuale individuo, o animale, o evento ma anche solo un allontanamento percepito a livello sentimentale.

VARI TIPI DI SEPARAZIONE

Se ad esempio un bambino, si sente in qualche modo all’improvviso “abbandonato” dalla madre (anche se questa è sempre vicina a lui) può manifestare dopo un po’ l’Alopecia. Una madre che forse ha dovuto vivere un lungo brutto periodo, nel quale ha impiegato tutte le sue forze e le sue energie. Oppure un ragazzo che si sente d’un tratto, crescendo, svalutato dal padre, sente di non piacergli, sente che quel padre avrebbe voluto un altro figlio e lo sente separato da sé. Oppure ancora un uomo che, un bel giorno, sente di non piacere ai propri colleghi di lavoro e si rende conto che questi vogliono stargli alla larga. Cose che un tempo non accadevano poi, d’un tratto, succedono. Possono capitare per un nostro errore fatto nei confronti di qualcuno senza essercene resi conto, oppure per gli eventi che la vita ci obbliga e obbliga gli altri ad affrontare.

La separazione la si vive come una ferita che ha saputo squartare il benessere nel quale prima si stava.

L’Alopecia indica quindi che è avvenuta in qualche modo una separazione per noi dolorosa. Una separazione che abbiamo vissuto con dolore e paura. E’ venuto a mancare qualcosa che per noi era prezioso.

I capelli indicano la nostra forza, la nostra salute, il nostro affrontare la vita e il legame che abbiamo con la vita stessa e quindi anche con gli altri.

E’ difficile “curarsi” sotto questo punto di vista. Significa essere più forti e non provare malessere rispetto a quello che ci è accaduto ed è davvero dura. Si può però ricorrere ai ripari provando a illuminare il male che ci portiamo dentro e condividerlo con chi lo ha provocato. In realtà siamo noi ad avercelo auto-provocato perché noi abbiamo dato quel peso a quella situazione ma gli altri protagonisti possono sicuramente aiutarci.

SE SI DIVIDONO DA ME SIGNIFICA CHE IO NON VALGO

Ci vuole un po’ di coraggio perché occorre – chiedere – ma penso sia il minimo per provare a trattare un disturbo così fastidioso e antiestetico come quello dell’Alopecia. Pertanto bisognerebbe prendere la persona, o le persone, in questione e domandare loro cos’hanno che non và nei nostri confronti. Chiedere loro se possiamo migliorare e fare qualcosa per tornare ad essere ciò che eravamo prima. Offrir loro, su un vassoio d’argento, i nostri timori, il nostro dispiacere ed essere fiduciosi nella loro comprensione. Ricordiamoci che anche gli altri hanno le loro paure, a volte anche solo per parlare.

Questo stratagemma però non si può mettere sempre in pratica. Quando un individuo a noi caro lascia questa terra, o quando la nostra Alopecia è provocata dalla perdita di una sicurezza economica, o quando ci rubano il cane con chi possiamo parlare? Con nessuno se non con noi stessi.

Si tratta quindi di convincersi che, nonostante tutto, riusciremo comunque ad andare avanti. La separazione che stiamo sentendo è solo fisica, dolorosissima, ma non può nuocerci. Ci farà stare molto male per molto tempo, ci farà disperare, provare terrore ma in qualche modo andremo comunque avanti perché:

Metterò in pratica tutto quello che chi mi ha lasciato mi ha insegnato

Comunque non morirò di fame costi quel che costi

Troverò sicuramente un altro lavoro

Mi occuperò di altri cani e in onore al mio farò loro del bene

FORTE COME I CAPELLI

Non sto minimizzando il tuo dolore, un dolore che per un certo tempo devi vivere fino in fondo come meglio credi e nessuno può giudicare, ma passato il giusto tempo devi cercar di capire che non sei solo, che non sei un inetto, che non sei un povero. Nonostante la lacerazione del tuo cuore sei sempre lo stesso essere meraviglioso che eri prima. Per la tua natura intrinseca non è cambiato nulla. Hai ancora tutte le tue doti e ora è arrivato il momento di metterle in pratica.

Nei casi in cui riesci a lavorare un certo malessere e quindi sta a te valutare verso quale situazione o persona poterlo fare, prova ad accettare. Impara a coltivare la pregiata arte dell’Accettazione. Non è per niente facile ma se ce la fai ti fai un gran bene. Accetta quindi di non piacere più ad una persona ad esempio. Lo so, è straziante, e ci vuole molto tempo ma se ci ragioni esiste anche questa possibilità. La possibilità di non essere più apprezzati o stimati o amati da qualcuno. Come puoi continuare per tutta la vita a struggerti per questo? Cosa vuoi fare? Obbligare quel qualcuno ad amarti ancora anche se non vuole? Puoi farlo, certo, ma sarai tu a soffrire e ad ammalarti. Io non ti sto dicendo che è una passeggiata ma cerco di mostrarti come stare meglio anche se il mio può sembrarti cinismo, perché sarai tu a rovinarti la vita.

Impara a capire che vali lo stesso anche se tuo padre non ti apprezza più. Che sei comunque una bella persona anche se il tuo datore di lavoro ora ce l’ha con te. Che non hai colpe se tua madre è rivolta ad altro. Che forse meriti un uomo migliore se tuo marito ti ha abbandonata. Non considerarti un amputato se non lo sei.

Concentrati sul fatto che quella separazione, con il suo dolore al seguito, in quella quantità, è solo cosa tua. Tu la stai creando, l’hai creata, le hai dato una misura e allo stesso modo puoi fermarla.

TUTTO E’ UNO

La maggior parte delle separazioni che avvengono nella nostra vita arrivano per fare spazio e portare qualcosa di migliore ma noi non ci vogliamo credere. Abbiamo paura. Ci focalizziamo su quella perdita e non sul nuovo arrivo. Guardiamo la porta che si è chiusa e non il portone che si è aperto. E rimaniamo lì, a crogiolarci nel male, nel buio, nella disperazione. Questo indebolisce tutto di noi. Il nostro fisico, la nostra mente e la nostra spiritualità.

C’è anche però chi oggi è adulto e soffre di Alopecia da quando era bambino. In questi casi non riconosce il dolore, non sa neanche il perché soffre di questo inestetismo e, nel suo caso, l’indagine si complica. Quando accade questo solitamente si ricerca il problema nell’ambito familiare o scolastico che sono quelli che hanno più valore per noi in tenera età. Può comunque provare a ricercare il fatto che lo ha portato ad avere uno stop nella crescita dei capelli andando indietro nel tempo ma osservando il presente.

Ad esempio, se oggi non sopporti un qualcosa in tua mamma e non mi riferisco a un suo difetto o a un suo modo di fare. Mi riferisco al suo trattarti (ipotesi – ti fa sempre sentire un incapace o che sei un fastidio) da sempre. Significa che probabilmente fin da quando eri piccolino hai percepito questo provenire da lei e hai così percepito la separazione. Bene, prova a perdonarla e ad accettare questa situazione. Allenati nell’osservare che per tua madre sei “quello” ma per tutto il resto del mondo no. Prova a far luce in questa nicchia che non hai mai voluto illuminare. Tira fuori tutto quello che c’è da tirare fuori, guardalo e apprezzalo. Impegnati ad entrare in quell’angolo buio e convinciti del fatto che è una prova che devi superare.

Ricordati però che non è mai utile perdere troppe energie verso il passato. Fai la tua ricerca ma se vedi che non riesci a trarre un ragno dal buco fermati. Fermati e concentrati sul sentirti comunque completo. A mancarti è proprio la completezza del tuo Essere. Completo, perfetto, bello e utile a questo mondo. Altrimenti non saresti neanche nato.

Se sei qui e sei come sei è perché “servi” così. Individua la tua missione nella tua più totale integrità. Non sei separato da nulla. Tutto è Uno.

Prosit!

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Ciao a tutti, mi chiamo Mario…

Ciao a tutti,

mi chiamo Mario Rossi ho 52 anni e sono un commercialista. Nel paese in cui vivo sono noto e considerato e questo mi fa piacere. Appaga molto il mio bisogno di riconoscimento.

Ho una bella moglie e due splendidi bambini. Un maschietto e una femminuccia. La coppia perfetta. I miei figli sono vestiti sempre molto bene, con abiti firmati e a scuola prendono ottimi voti. Questo gli consente di ricevere bei modi di fare da parte degli insegnanti e rispetto da parte dei compagni. Hanno fatto la Comunione e presto faranno anche la Cresima. Non conosco il significato di questi sacramenti, e sono pure ateo, ma tutti fanno così e lo faranno anche loro. Inoltre, se non li prendessero, verrebbero categoricamente esclusi da molte attività organizzate dalla parrocchia, come i Boy Scouts, e un’onta indelebile cadrebbe su di loro. Sia mai.

Sono amico intimo di uno sportivo molto conosciuto, fa il calciatore ed è davvero bravo nel suo ruolo. Gioca in serie A e questo è per tutti noi del paese un vanto. Mi piace sedermi accanto a lui, nei bar, quando torna al paese, io che posso, più degli altri. Posso vantarmi e darmi delle arie perché sono amico suo.

In realtà lui è una persona orribile. Gasato, maleducato, arrogante, borioso ma è famoso e questa è l’unica cosa che conta. Mi sforzo anche di fare il tifo per lui e faccio sapere a più persone possibili che lo applaudo perché sono suo amico. Giustifico persino i suoi modi grezzi facendoli passare per i metodi di un “grande”, un ribelle, uno che non deve chiedere mai e che non teme il giudizio degli altri. È uno stupido ma, in un attimo, riesco a trasformarlo nell’- eroe che riesce -. Io posso dire di conoscerlo. E, forse, un giorno, anch’ io finirò davanti alla telecamera che lo inquadra.

Quando racconto a mia moglie le sue prodezze lei annuisce per farmi contento e per farmi stare zitto. In realtà non gliene frega niente del mio amico e forse nemmeno di me ma ho i soldi e questo a lei basta. O almeno le basta col sottoscritto.

I miei figli probabilmente ora sono dalla nonna materna. Li ho avuti tardi, prima ho dovuto far carriera ma poi sono riuscito a formare la famiglia che tutti si aspettavano da me. La gente mi saluta con referenza e omaggia i miei parenti indossando maschere di ipocrisia che però tornano comode a tutti. Un gretto dare e avere, all’ordine del giorno, sul quale si campa.

Ho tutto quello che mi serve e la cosa più importante che possiedo è riuscire a far invidia negli altri. Poveri allocchi. Vorrebbero avere la mia vita solo perché non arrivano a fine mese o perché sono single disperati che non trovano un partner o, ancor peggio, perché hanno ciò che gli basta ma vorrebbero andare anche loro ai Caraibi dove sono stato io la scorsa estate. E questo gli manca.

La mia auto, non è certamente comune. Anche lei deve interessare e dar vita a quelle espressioni che amo sul volto della gente. Sono le espressioni che denotano chi è il migliore, cioè io, e questo mi fa dormire sereno. Mi regala potenza. Mi sento un re. È una bellissima sensazione.

Sono insofferente e frustrato fino al midollo, non so nemmeno io il perché, ma gli altri mi credono una specie di semi-dio in giacca e cravatta che, in questa vita, ha saputo crearsi il fatto suo. Bene così. Grazie a questo non sono mai da solo, tra amici, colleghi e persone che mi chiedono aiuto per ingannare il Governo posso essere sicuro di avere sempre qualcuno attorno. Una bambagia.

Mi piace molto giocare a palla pugno. Da ragazzino ero anche bravo ma è uno sport poco apprezzato e non fa per me o per quelli che, come me, devono mantenere un certo status. Almeno, io non la vedo così. Mi conviene praticare il golf, il tennis e la vela. Non mi piacciono ma mi assicuro interessanti conoscenze e la società lo sa che solo i “fighi” fanno questi sport.

Tutto ciò comunque accade raramente. Resto in ufficio fino a tardi. Non mi piace andare a casa alla sera, rimando questa azione il più possibile e voglio arricchirmi più che posso. Non ho calore nella mia vita ma non m’importa, non è il calore a portare fama e denaro e nemmeno rispetto.

In fondo ho tutto. Tutto quello che mi serve.

Prosit!

Strane coincidenza tra la Carige e i topi d’appartamento

Per chi non lo sapesse sono ligure e vivo in Liguria, in provincia di Imperia precisamente. Nella mia regione, la Carige (Cassa di Risparmio di Genova e Imperia) è la Banca delle banche. Da sempre amata.

Quando ero bambina, la filiale del mio paese era quella più elegante di tutte. Molti miei amici e parenti avevano il conto in quella che era la Banca della loro regione. Oggi sappiamo che è fallita (tecnicamente – praticamente lo Stato gli fa da garante). Abbiamo appreso la notizia a dicembre (2018).

Sapete bene, se mi seguite e mi conoscete, che vivo la mia esistenza in modo un po’ diverso rispetto alla maggior parte delle altre persone sotto tanti punti di vista. In particolar modo nei confronti dei messaggi che l’Universo vuole mandarci. Ossia, da una situazione apparentemente semplice, vedo se riesco a trarne un messaggio in più, ulteriore, criptato. Solitamente è così. Questo fa si ch’io mi ponga sempre delle riflessioni quando accade qualcosa, le quali però possono essere difficili a volte da tradurre. Ma ci provo.

Ebbene, verso ottobre (2018) iniziai in modo significativo, quasi esagerato oserei dire, a leggere notizie di furti e topi di appartamento. Nella zona che vivo, un boom di ladrocini stava piegando in due molti abitanti che si trovavano con l’appartamento sottosopra e la privazione di oggetti o soldi a loro cari. La gente intorno a me iniziava a parlare di questo fenomeno che, solitamente, appartiene alla stagione estiva, a quando si dorme con le finestre aperte facilitando l’azione dei malviventi ma, stranamente, quest’anno, in autunno, le case venivano derubate e saccheggiate oltre misura.

Iniziai a preoccuparmi un po’. Perché l’Universo mi stava dando quelle notizie? Quale era il senso? Cazzarola… dovevo subire forse un furto? Oh cavoli… no…

Ma qualcosa, lo sentivo, non quadrava. Percepivo bene, dentro di me, che un furto non mi apparteneva. Non era una “lezione che dovevo imparare”. Subire un furto può voler significare molte cose inerenti, ad esempio, alla Legge dello Specchio ma che ora, perdonatemi, non ho tempo di spiegare. Vi prometto un articolo solo su questo.

Fatto sta che, vagliando le diverse ipotesi, mi trovavo estranea a tali messaggi.

No, non devo subire nessun furto… ma… allora cosa…?“.

I furti si aggravarono ulteriormente e divennero ancora più numerosi quando, i primi di dicembre (2018), arrivarono i giostrai del Luna Park verso i quali esistono molti pregiudizi, forse perché associati ancora agli zingari. Caspita… proprio in questo periodo ma tu pensa!

La gente aveva paura. Iniziava ad agire allo scopo di difendersi. Proteggeva le sue cose il più possibile. I lucchetti presero vita così come l’aggiunta di serrature e l’affittare magazzini e garage. Non si leggeva e non si parlava d’altro. Che diamine!

Poi… verso metà dicembre (2018) mentre la fase del consumismo toccava il suo picco più alto, visto l’avvicinarsi delle feste natalizie, ecco la notiziona: la Carige è fallita.

No vabbe’ però aspettate, resta ancora in piedi. Cioè, voglio dire, non togliete i vostri soldi dalla Banca, lasciateli lì al sicuro perché se li levate da lì per metterveli in casa… e arrivano i topi d’appartamento che in ‘sto periodo stanno facendo razzia, lo capite o no?

Ohu! Lo capite o no? Ora che le notizie vi hanno fatto spaventare per bene, che vi hanno costretto a difendervi, che vi hanno traumatizzato iniziando due mesi prima… lo capite o no?

Beh, ma allora si potrebbero togliere dalla Carige e mettere in un’altra Banca. Eh ma… la Carige non è la prima che fallisce, e proprio scemi del tutto non lo siamo più, sappiamo bene che altre banche sono sull’orlo del fallimento, è solo questione di tempo… la cosa migliore sarebbe proprio quella di metterli sotto al materasso ‘sti soldi ma… porca la miseria! Poi arrivano i ladri! E’ un dato di fatto!

E poi comunque ci obbligano a non poter pagare sopra una certa cifra se non abbiamo un conto corrente, ci obbligano a non poter riscuotere uno stipendio se non abbiamo un conto corrente, ci obbligano a non poter compiere alcune operazioni in contanti… quindi…

E quindi si continua così. Mi interessava solo mostrare questa strana situazione delle coincidenze, là, dove per alcuni – il caso non esiste – (appunto!) e dove altri parlano di manipolazione che le notizie dei mass media effettuano su di noi.

Fatto sta che ci siamo spaventati. E per quanto riguarda gli immigrati ci siamo incazzati. E per quanto riguarda i vaccini ci siamo persi. E per quanto riguarda… E per quanto riguarda l’informarci ci siamo… Dio quanto siamo pigri!

Ma è così difficile da capire?

Ah! A proposito, dei topi d’appartamento non si è più parlato. Hanno smesso di lavorare. Non stanno più rubando in questo periodo (febbraio 2019) o comunque, notizie su di loro, non se ne leggono più al momento.

Prosit!

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Non capisci che mentre desideri ti convinci del contrario

CHI VIVE SPERANDO…

È stato spiegato molte volte come funziona il meccanismo vibrazionale nei confronti di ciò che siamo dentro, emozionalmente, e le risposte dell’Universo. In pratica, non otteniamo ciò che chiediamo ma ciò che proviamo. Ciò che siamo.

Questo fenomeno viene chiamato Legge di Attrazione ed è scientificamente provato che funziona, sempre, ma tante persone non vedono i risultati sperati.

Già sulla parola “sperare” ci sarebbe da scrivere un intero articolo, in quanto, come spesso ho detto: “sperare” significa mettersi in attesa di ricevere qualcosa solo se si è degni di riceverla. Non ha niente a che vedere con l’agire, il credere fermamente, o il dare come già avvenuto quello che abbiamo ordinato. Ordinare, sì. Chiedere non va bene, bisogna ordinare. Cioè non bisogna desiderare (de-sidera al di fuori del disegno stellare – cosmico -) ma considerare (con-sidera dentro al disegno stellare – cosmico -). Hai mai sentito un Mago chiedere – Per favore -?

Ordinare è uguale a Comandare e il termine – comandare – sai cosa significa? Con + mandare cioè mandare con… con il pensiero, con la parola, con l’emozione, etc.

Ma torniamo all’inquinamento emotivo che non ci permette di ottenere neanche quello che ordiniamo.

MENTRE PENSI AD UNA COSA SEI UN’ALTRA

Ebbene, non ci rendiamo conto che mentre vogliamo più soldi è perché sappiamo/pensiamo/crediamo di NON AVERNE. Mentre vogliamo stare bene è perché sappiamo/pensiamo/crediamo di STARE MALE. Mentre vorremmo combattere la nostra solitudine è perché sentiamo/pensiamo/crediamo di ESSERE SOLI. Mentre proviamo a sognare un mondo migliore è perché CONSIDERIAMO BRUTTO quello in cui viviamo.

Le parole che leggi scritte in stampatello sono quelle che appartengono alla nostra parte più intima e vera. Sono quelle appartenenti alle vibrazioni che emani e quindi sono quelle che l’Universo legge e alle quali risponde.

Che delusione vero? Passiamo tutta la vita a sperare di avere più soldi, a chiedere di riuscire a pagare tutto, a comandarci di mettere via un gruzzoletto cospicuo e, ogni volta, ci ritroviamo con l’acqua alla gola. Purtroppo, se mentre proferiamo il nostro decreto o il nostro pensiero intenzionale, stiamo in realtà arrancando, la risposta delle frequenze universali sarà – ARRANCARE -. E possiamo dire tutto quello che vogliamo ma continueremo ad ARRANCARE.

OK, QUINDI?

Quindi cosa bisogna fare? Il metodo per ottenere la realizzazione di quello che pensiamo/vogliamo/immaginiamo esiste, ma a noi esseri umani ci piace “vincere facile” e fare poca fatica. “Butto un desiderio là ed esso si deve avverare”. Poi non si avvera e pensiamo alla sfiga ma iniziare un duro allenamento non fa certo per noi.

Il duro allenamento invece sarebbe davvero ideale per iniziare a vivere la realtà che tanto ambiamo. Per cui, prima di chiedere soldi, cerca di trasmutare le tue emozioni interne che riflettono il famoso ARRANCARE.

Tu puoi anche far finta di essere giallo ma se continui a emanare il grigio sarà il grigio ad essere visto dall’Universo. Allora prima trasforma quel grigio. Aggiungi dei colori. Metti prima del bianco in modo da schiarire cosicché, poi, le altre tinte potranno sembrare ancora più accese e predominanti.

Ma come si fa? È difficile. Ci vuole impegno, coraggio, pazienza e determinazione. E anche un po’ di fantasia.

Riguardo all’esempio dei soldi, inizia scacciando via il pensiero di essere povero. Ogni volta che ti viene in mente che:

– quella cosa non puoi permettertela

– quella cosa è troppo cara

– non riuscirai a pagare la bolletta

– il tuo vicino di casa è più ricco di te

– la tua auto non ne può più

– etc…

Anche se tutte queste cose sono vere, devi distogliere il pensiero. Pensa alla torta che ti faceva tua nonna, al tuo compagno di scuola che da anni non vedi, a chissà cosa sta facendo tuo figlio in questo momento, a chissà se in Cina c’è il sole o sta piovendo. Pensa a quello che vuoi, ma togliti da dov’eri. Non devi ALIMENTARE i pensieri che ti portano verso la povertà. Più ci pensi e più, senza accorgertene, li nutri. Nutrendoli essi si ingrandiscono. Lo so che a te sembrano sempre uguali, gli stessi di ogni giorno, ma non è così. Dentro di te diventano sempre più grandi e soprattutto sempre più consolidati e convincenti. Togli la tua mente da lì. Dribbla questi ostacoli. Crea dei pensieri funzionali.

PER ASPERA AD ASTRA

Dopo che ti sei allenato a fare questo, che è molto difficile, arrivi alla parte ancora più ostica. Esatto. Non sono qui a coccolarti, comportati da Guerriero e affronta le prove con gli strumenti che ti ho elencato prima: impegno, coraggio, pazienza e determinazione. E fantasia.

Ora dovrai fingere. Fingere nel modo più efficace e credibile che ti riesce. Dovrai mentire a te stesso e credere seriamente a quello che stai “facendo finta” di provare. Ossia: dovrai crederti ricco.

Devi convincerti di poter possedere ogni cosa (solo che ora non ne hai voglia), di poter pagare ogni cosa (solo che per scelta procrastini), di avere una bellissima casa, un’auto stupenda. Cerca di sentirti ricco dentro.

Cammina come camminerebbe un ricco, parla come parlerebbe un ricco, pensa come penserebbe un ricco. Ogni tanto permettiti un caffè in un luogo da ricchi. Non dire a tuo figlio – Non possiamo permettercelo – prova a rispondere – Ok, vediamo di fare il possibile, magari ci riusciamo, se non ci riusciamo questa volta sarà per la prossima -.

Sentiti ricco.

MA CHE ME NE FACCIO DI TUTTI QUESTI SOLDI?

Dopo che ti sarai allenato anche in questa prova, devi iniziare a dare un po’ di fiducia a ‘sto benedetto Universo che ti circonda. Inizia con cose piccole. Devi pagare la bolletta e ti sale la paura di non avere i soldi? Bene, prova a dire – Quando sarà il momento, in un modo o nell’altro, avrò il denaro per pagare, ne sono sicuro! Anzi, già ce l’ho! E me ne avanza persino! -.

Molto bene: eccolo qui il vero “desiderio” che devi (e ora puoi) mandare nell’Universo. Il quale, come vedi, è più una considerazione che un desiderio. Noterai la differenza nel dire questa frase al posto di – Io vorrei tanto avere i soldi per pagare la bolletta, per piacere, ti prego, fa ch’io li abbia (visto che NON LI HO) -.

Tu i soldi li hai. Credici. Funziona. All’inizio ti sembrerà tutto assurdo. Ti sentirai un deficiente ma se continuerai funzionerà. Cerca di non sporcare il messaggio con emozioni negative. Cerca di dare per scontato che quella bolletta l’hai già pagata, sei riuscito. VISUALIZZALA già pagata e visualizza te che sorridi.

In base a questo esempio dei soldi ti consiglio di leggere anche questo mio articolo “magia e denaro”  https://prositvita.wordpress.com/2018/03/16/magia-e-denaro/

Tutto ciò che ho scritto, però, come ho detto a inizio post, si deve applicare a qualsiasi tipo di “desiderio”: salute, amore, lavoro, amicizia, oggetti. La prassi è la stessa.

Poni attenzione quindi quando domandi, impara a volere e impara a modificare il tuo interno.

Prosit!

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Ictus – una Vita di Insoddisfazioni, Blocchi e Forzature

L’Ictus è un gravissimo danno, soprattutto cerebrale, per le importanti cellule che muoiono non venendo più nutrite dal sangue. Si tratta infatti di un’interruzione di ossigeno, che può essere causata da diversi fattori, in determinate zone del nostro corpo. L’Ictus al cervello è sicuramente il più terribile in quanto uccide cellule le quali governavano parti del corpo ora immobili o non più funzionanti.

La rottura di un vaso, un ristagno di sangue, un coagulo, una bolla d’aria, sono tutte barriere che impediscono l’arrivo del sangue dove necessita e l’individuo ne subisce le drammatiche conseguenze. Una vita irregolare, non sana, un’alimentazione sbagliata, vizi poco salutari, malattie cardiovascolari, l’utilizzo eccessivo di farmaci e molti altri motivi, che un medico saprebbe spiegarvi meglio di me, possono essere le cause principali di questa bruttissima situazione da subire ma, anche se considerate le più ovvie, non sono le uniche. C’è anche un altro lato da osservare ed è quello del – cosa siamo -.

Siamo troppo abituati ad ascoltare soltanto il nostro corpo. Poco ci importa delle struggenti lotte che la nostra parte mentale e quella emozionale vivono costantemente ogni giorno. Le sopportiamo dicendo – Tanto è così – e tiriamo avanti. Purtroppo per noi però, proprio tutte e tre queste parti che ho citato: corpo, mente e emozioni lavorano insieme, strettamente collegate tra loro. Un disguido in uno di questi settori comporta rischi o danni anche nell’altro e così via. Ma non ci si crede. Dividiamo tutto, archiviando ordinatamente in diversi cassetti ogni nostro Essere.

Se però parliamo di “interruzioni”, a livello vascolare, dobbiamo comprendere come queste interruzioni siano anche a livello emozionale e di conseguenza (poi) fisico. Mi pare ovvio. Pertanto, se vivo una vita “bloccato”, ossia una vita nella quale non posso avere o non posso fare quello che voglio, a lungo andare, il mio sangue (simbolo e fonte della vita) si bloccherà. Ora, tutti noi viviamo una vita così. Quasi nessuno fa quello che vuole o fa quello che gli piacerebbe fare. Gli impedimenti sono tantissimi. Ma è come si vive questa situazione ad essere importante. Ad esempio, tutti dobbiamo lavorare ma mentre c’è chi in cuor suo non vorrebbe e si ribella e vive con esagerato rancore e risentimento la sua esistenza, c’è chi invece pur essendo magari scontento, si limita a sbuffare ma non prova odio nei confronti della sua stessa vita o profonda e struggente insoddisfazione.

L’Ictus è proprio questo. Il potente risentimento nei confronti della mancanza della propria espressione. Tutti vorremmo avere più soldi di quelli che abbiamo ma c’è chi…. se ne fa una MALATTIA.

Il dolore fisico, per fare un altro esempio, non è percepito da tutti allo stessa maniera, ma soprattutto non è percepita la gravità del fatto alla stessa maniera. C’è chi si taglia un dito e si mette un cerotto e finisce lì, c’è chi per lo stesso taglio ne fa un dramma agitandosi o svenendo. Non ci sono colpe, ne giudizio, ma è per questo che è importante capire come viene percepita la situazione da quel soggetto.

Tutto questo insieme di emozioni negative causa un significativo blocco della gioia (il sangue rappresenta proprio la gioia, ingrediente principale della vita) che, a lungo andare, causa a sua volta il danneggiamento.

Si vive in un continuo e latente stato di tristezza nel quale ci si sente insoddisfatti e infastiditi. Non si vive la vita che si vorrebbe. La scontentezza regna padrona a livello profondo, negli abissi del nostro Essere. Fino al momento in cui, stremati da questa specie di continua lotta, “ci si lascia andare”. L’Ictus giunge senza pietà e con poche avvisaglie, lasciando solitamente strascichi che si portano avanti per tutta la vita nei casi in cui si rimane in vita. La perenne e protratta insoddisfazione nei confronti della propria storia sentimentale/coniugale, la “recalcitraggine” nei confronti del proprio lavoro, l’idiosincrasia nei confronti della società, che colpevolizziamo per via degli impedimenti che ci obbliga a vivere, sono tutti esempi validi in caso di Inctus. Non so voi ma ho conosciuto molte persone vittime di Ictus e nessuna di queste era veramente e sinceramente soddisfatta della propria vita. Non fermatevi ai sorrisi, alla voglia di scherzare, all’essere di compagnia. La tristezza può essere molto ben nascosta in arcane grotte che ci appartengono e quando con essa, ci si convive, la si maschera ancora meglio apparendo persone socievoli e divertenti. Ma, credetemi, raramente, senza assolutismo, una persona che nasconde queste emozioni negative, è portatore di luce nella vita degli altri, anche se ride 24 ore al giorno.

Mi preme dire che, dietro a questo, c’è naturalmente anche una buona dose di rabbia e sovente anche una dipendenza. La dipendenza può essere di mille tipi: donne, soldi, partner, alcool, porno, gioco d’azzardo, divertimento, conoscenza, cibo, ordine, originalità… Quando senza quel qualcosa si vive male questo qualcosa è una dipendenza. Quando non si accetta la diversità si è dipendenti. Possono diventare ottimi palliativi all’insoddisfazione. Possono diventare inconsciamente chances a quelle che dentro di noi reputiamo forzature e non ci permettono di vivere al meglio. Un attimo di godimento in quell’irrequietezza opprimente. Quella frustrazione continua, perpetua.

Sentire addosso l’oppressione di ciò che non si accetta. Questa è la disgrazia.

Prosit!

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Erezione Maschile e Cervello in Vasca

SI PUO’ FAREEEEEEEE!!!! (………FORSE)

Immagino conosciate tutti il bizzarro esperimento idealizzato da Hilary Putman all’inizio degli anni ’80. No? Allora ve lo racconto in breve.

Il filosofo e matematico Putman (1926 – 2016), ipotizzò di prendere il cervello di un uomo, metterlo all’interno di una vasca piena di un liquido apposito, in grado di mantenere vivo l’organo, e attaccare ad esso degli elettrodi collegati a loro volta ad un computer. Il computer avrebbe poi mandato, attraverso cavi appositi, delle immagini che, il cervello, avrebbe riconosciuto.

Praticamente quello che succede a noi stessi cioè al nostro cervello che è chiuso all’interno di una cassa (cranica) ed è come quello in vasca.

Attraverso i nostri neuroni ed impulsi elettrici mandiamo materiale al nostro cervello (tramite il Sistema Nervoso Centrale – SNC) il quale elabora i segnali che gli giungono dall’esterno e ci rimanda il tutto sottoforma di sensazioni (facciamola semplice). Nel caso delle immagini, in pratica, funziona tutto proprio come nel caso del computer collegato al cervello in vasca, in quanto, pure il nostro cervello non vede e non sente nulla di per sé.

Tutto questo per far capire come il cervello vive ciò che noi gli facciamo vivere.

Ad un uomo accade che se inizia a pensare ad una donna attraente e la immagina in un contesto provocante ed erotico, anche se questa è solo una visualizzazione e in realtà la donna vicino a lui non c’è, egli cede ad una trasformazione assolutamente fisica, oltre che emozionale, come se davvero dovesse procedere verso un rapporto sessuale. E anche il “fratellino” dei maschietti è chiuso (non sempre, ma spesso si) all’interno di slip e pantaloni. Anche lui, come il cervello, privo di una sua personalità e facoltà di decisione (e dai… smettetela! E’ una cosa seria).

Cosa significa tutto ciò? Significa che i nostri pensieri e le nostre immaginazioni hanno il potere reale di trasformare fisiologicamente il nostro corpo.

…..E’ IL MIO CORPO CHE CAMBIA (LITFIBA)

Non tutte le trasformazioni sono evidenti come quella del pene ma comunque accadono.

L’arresto o la maggior fuoriuscita di alcuni ormoni (o neurotrasmettitori) sono manifestazioni che veramente succedono e in base all’emozione provata.

Lo stesso turgore del pene lo subiscono anche altri organi a causa di altre emozioni ovviamente.

Ora, il membro maschile s’inturgidisce (si può dire “inturgidisce”? Mi sembra di si) a causa di un complesso fenomeno nel quale esercitano un’azione sia il sistema ormonale, che nervoso e anche psicologico e che vede alla sua base una potente vasodilatazione ordinata da un riflesso spinale. Tutto questo avviene nei confronti di una situazione considerata – piacevole – ma, come ho già detto, la secrezione o meno di diverse sostanze all’interno del nostro organismo, se in disequilibrio rispetto alla norma, provoca un indurimento tessutale molto meno soddisfacente di quella del “migliore amico” dell’uomo (…che non è il cane).

Ritrovarsi così con: Cuore, Polmoni, Reni, etc… meno elastici rispetto alla loro natura, non ha niente di meraviglioso.

SLALOM GIGANTI E PERCORSI FACILITATI

Ma la cosa principale che volevo farvi passare è anche un’altra. L’abitudine di certi pensieri, sempre simili, va a fissarsi nella Rete Neurale Chimica (dovete sapere che i segnali, da neurone a neurone, ad un certo punto cambiano e da elettrici diventano chimici) e crea una sorta di “dipendenza” ossia che così: è sempre. Se noi quindi riusciamo ad interrompere un pensiero, cioè a non fare sempre gli stessi pensieri, cambiamo faccia anche alle reti neurali e quindi rompiamo la “dipendenza”. Come “dipendenza” intendo, ad esempio, pensare al proprio lavoro e preoccuparsi “automaticamente” per quella determinata cosa ogni giorno. O dare sempre un risvolto negativo ai risultati che immaginiamo. Sono strade già percorse all’interno del nostro cervello e quindi, i pensieri, prendono quelle vie finchè non siamo noi a far cambiar percorso al pensiero. Per loro è più facile andare verso quella via, ci sono abituati, è come se ci andassero automaticamente.

UNA REALTA’ AD LIBITUM

Ecco perché costruiamo sempre la stessa realtà, frequentiamo sempre le stesse persone (ossia persone con lo stesso messaggio per noi), perché ci sentiamo sempre inferiori, perché facciamo sempre quella cosa anche se ci causa sofferenza, etc…

Eppure… c’è un’infinità (quindi incalcolabile) di possibilità che ci circondano.

Ci sembra che ci accadono delle cose verso le quali non siamo coscienti e ci chiediamo come mai le stiamo vivendo.

Queste strade del cervello si ispessiscono sempre di più fino a condizionarci.

Possiamo modificare la realtà che ci circonda. Possiamo immaginare il meglio per noi e farlo accadere ma, ogni volta che proviamo a visualizzare quella determinata cosa ci sembra sciocco, impossibile, assurdo!

CHI VA PIANO VA SANO E VA LONTANO

In realtà, non è bene immaginare cose troppo diverse da quelle che stiamo vivendo. La nostra mente è troppo potente e ci remerebbe contro. Siamo sue vittime e periremmo al suo cospetto. Quindi dobbiamo fare piccoli passi. Sarebbe infatti inutile, e poco proficuo, immaginarsi pieni di soldi quando facciamo fatica ad arrivare a fine mese. Ma… possiamo iniziare ad immaginarci con i soldi giusti al momento giusto. Se NON facciamo nessun tipo di attrito questo accadrà e, accadendo, ci darà l’inconscia forza di riprovare e sempre un po’ di più, sempre un po’ di più, potendoci poi sbilanciare verso visualizzazioni stupende e che si concretizzeranno.

Prosit!

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Magia e Denaro

Coda di rospo

Pelle di serpente

Avrò tanti soldi anche se non me ne faccio niente!”

Puff!

Perché non entra il denaro nella nostra vita?

Perché non ci pagano, perché c’è la crisi, perché non c’è lavoro, perché apparteniamo ad un determinato ceto sociale, perché siamo sfigati, perché bla, bla, bla… bene ok, le abbiamo dette tutte.

Adesso, visto che le tutte sono state dette, proviamo a dirne altre, senza spocchia e senza idiozia, così, solo per riflettere su altro.

Su queste mi ci soffermerò un po’ di più perché quelle citate adesso sono ovvie e conosciutissime e professate da tutti (attenti alle forme-pensiero! Leggete qui https://prositvita.wordpress.com/2018/03/07/le-pericolosissime-forme-pensiero/ ). Queste che invece sto per elencare, a volte, non vengono in mente.

Perché non entra il denaro nella nostra vita?

perché lo si considera una cosa “sporca”

Ora, non so voi, ma io, se sapessi che una persona mi considera sporca, abietta e magari dice anche che puzzo, io… beh… da quella persona non ci andrei. La nostra cultura, religione compresa, così come l’educazione di mamma e papà operai, ci ha insegnato che il denaro è il male. Gesù era povero e infatti buono (Balle! Ne aveva più di me!), l’imprenditore che ha tanti soldi è un arrivista senza scrupoli, chi ha tanti soldi è vanitoso e arrogante, per i soldi si uccide, il denaro è la tentazione, la felicità non la fanno i soldi… tutte frasi che, giorno dopo giorno, tramutano il denaro in un qualcosa da rifuggire se si vuole rimanere puri e onesti e, nelle nostre memorie, soprattutto nel nostro inconscio, attorno al denaro, prende sempre più concretizzazione la figura di un volto demoniaco che ci vieta di far entrare i soldi in noi, nella nostra vita, con entusiasmo, e considerandoli belli, sani, genuini, incontaminati. Vero o no?

perché il soldo è un valore e noi non valiamo

Il denaro è considerato uno degli strumenti nella nostra esistenza dal valore molto alto. Senza i soldi non si può fare praticamente nulla. Persino la nostra salute è basata su di lui, in quanto, grazie ad esso, possiamo curarci meglio e quindi… vivere (vi sembra poco?). Il denaro quindi acquisisce un merito incredibile, un’importanza non solo notevole ma indispensabile. Grazie a lui si mangia anche e, quindi, si vive (vi sembra poco?). E’ chiaro perciò che è un qualcosa che vale molto e, nella nostra mente, gli si danno forme, lo si visualizza attraverso uno yacht, ville, completi firmati e ventiquattrore, vacanze, benessere, potenza, governo. Tutte cose dal grande valore per la nostra educazione e, se noi non valiamo allo stesso modo, ovviamente non può esserci una connessione tra noi e loro. Perciò, se io mi auto-svaluto, di conseguenza mi ritroverò con soli pochi spiccioli. Un tot di denaro pari a quanto è la valutazione di me stessa. Secondo me regge.

perché gli si da troppa importanza

Lo si considera indispensabile. Nei suoi confronti si hanno molte, troppe aspettative, è vitale, fondamentale, tutto ruota intorno a lui. Pensate forse che chi è ricco pensa al denaro in questo modo? Direte – Certo che no! Lui già ha i soldi perché doversene preoccupare? -. E’ vero ma, al di là del fatto dell’averne o meno, è proprio la preoccupazione che fa attrito. E voi direte ancora – Ma è proprio perché non ne ho che mi preoccupo, altrimenti non mi preoccuperei – ebbene, per non cadere in un circolo vizioso ed evitare di imitare i criceti, vi consiglio di osservare la cosa all’incontrario ossia: “non avete denaro proprio perché vi preoccupate del fatto che non lo avete”. Non vi ricordate più che la realtà è uno specchio? L’ho scritto tante volte. Potrebbe essere un motivo non trovate?

perché ci sembra impossibile averlo

Chi nasce quadrato non può morire tondo. E’ raro che in una famiglia “povera” (oggi la povertà è diversa da quella di un tempo), si possa credere, con fermezza, crederci davvero intendo, sentendolo dentro, che nostro figlio diverrà un riccone. Glielo si augura, si prova ad insegnarli come fare ma è solo la speranza a guidarci e non la sicurezza. Non solo, saranno molte di più le frasi tipo – Per campare dovrai sudare sette camicie – che gli diremo piuttosto che altre, perciò, il possedere tanto denaro, diventa solo un sogno. Un ingrediente della fantasia, sapendo benissimo che mai, potrà essere la realtà. Si utilizza questo metodo del “tarpare le ali” per non illudere, perché è il male ad avere sempre la meglio e, nostro figlio, illudendosi, soffrirebbe. Non si pensa invece che ad avere la meglio potrebbe essere il bene e che, nostro figlio, credendosela, potrebbe davvero un domani diventare ricco solo perché è riuscito, con l’immaginazione, a realizzare la realtà che più desiderava. Lui non darà mai per certa la consapevolezza di averlo e non l’avrà. Vi siete mai chiesti come viene educato il figlio di un riccone? Senza badare a spese. Quello che voglio dire, non è che dovete comprare al vostro erede tutto quello che vuole e di molto costoso ma, semplicemente, provare a cambiare un po’ l’educazione, inerente ai soldi, che ogni giorno gli fornite. Modificare le informazioni che seminate nel suo cervello e che lui nutrirà e coltiverà. Potrebbe essere un’ipotesi.

perché ne abbiamo bisogno

L’Universo, così come la nostra anima, non ci vogliono bisognosi. Ci vogliono Dei. Onnipotenti. Fatta ad immagine e somiglianza di Dio. Un Dio non ha bisogno. E’ solo l’uomo che si rende micragnoso. Finchè si percepisce il soldo come un bisogno quindi, esso non arriverà mai perché occorre capire che, soprattutto nel Qui e Ora, abbiamo esattamente tutto ciò di cui necessitiamo. Se vogliamo avere più denaro, dobbiamo trasformarlo in una logica conseguenza. Io non ho bisogno di soldi, “io voglio più soldi perché così almeno potrei fare anche questo ma vivo bene lo stesso”. Vivo davvero bene lo stesso. Se mi sento appagata interiormente, e nel vero senso della parola, il denaro troverà la porta d’accesso per entrare nella mia vita ma se lo bramo per paura della sofferenza esso non entrerà finchè non imparerò a capire che posso avere tutto ciò che voglio. Starà lì ad aspettare e a dire “Quando capirai e percepirai che posso arrivare in piena fluidità, senza motivi che ti incatenano, arriverò”. Ma ci pensate?

perché lo consideriamo il motivo dei nostri movimenti

Quando facciamo qualcosa, come ad esempio il nostro stesso lavoro, ogni giorno, come bravi soldatini, quando creiamo qualsiasi cosa, lo facciamo solo ed esclusivamente per il denaro e per pagare a fine mese tutte le spese alle quali siamo obbligati. Povero denaro… a lui nessun riconoscimento come essere a sé! E’ solo un mezzo e non una gioia. Ma, detto così, non si capisce. Il fatto è che se io ad esempio scrivo un libro e lo scrivo solo per guadagnare e non per fare innocentemente del bene al mondo, attraverso la mia creazione, non guadagnerò mai. Se invece scrivo solo per passione (facendo del bene pure a me stessa) e davvero per contribuire ad un benessere degli altri, il denaro si sentirebbe ben lusingato di appartenere in cambio alla mia vita. E’ nel momento in cui dono, incondizionatamente, che posso poi godere di tutto ciò che mi fa stare meglio e non quando offro per un tornaconto. Fosse anche solo il tornaconto dell’affetto da parte degli altri. Ci muoviamo solo in base ai soldi, capite che responsabilità, poveretti, gli stiamo dando? Non se la prendono un’incombenza così! Sfido io! Voi vi prendereste una responsabilità del genere? Tipo… far vivere bene o male una persona per mano vostra? Dai… non potete darmi torto!

Per attrarre denaro dall’esterno all’interno verso di noi, dobbiamo modificare il nostro interno verso l’esterno. Solo così potremmo godere una vita appagante in ogni ambito. E’ difficile. Molto. Non lo nego. Io ci scherzo su ma comprendo quanto sia brutto. Ho saputo cosa significa. E oggi voglio vivere diversamente, non più come un tempo. Continuo così ad allenarmi, la strada è lunga ma non mollo, provate anche voi, alla fine… non costa niente. E’ solo un meccanismo della mente che va modificato.

Vi lascio a questo video di Salvatore Brizzi e vi consiglio di acquistare il suo libro “La Via della Ricchezza” nel quale, alcuni concetti, sono spiegati ancora meglio.

Prosit!

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Il Bar della mia Amica M.

La mia amica M., poco tempo fa, ha preso un bar in gestione che stava andando a rotoli e nessuno avrebbe scommesso su quel locale neanche 1 euro. Tranne lei, che lo rese molto più confortevole e piacevole rispetto a com’era prima, attraverso interventi di home staging davvero ammirevoli.

Lo ha ripulito e riempito di tante bevande da scegliere affinché gli avventori potessero soddisfare ognuno la sua voglia.

Lo riempì anche d’amore, conoscendola, ne sono certa.

Forse, grazie a tutte queste nuove situazioni e alla sua grande energia, iniziò a lavorare tanto da essere contenta.

All’inizio, si sa, un cambio di gestione e un rinnovo dei locali incuriosisce sempre parecchio ma, grazie all’essersi inventata: “apericena” stuzzicanti e diversi dal solito, così come tante altre cosine invitanti, ha iniziato a lavorare con piacere e soddisfatta.

Ogni volta che, a fine giornata, contava l’incasso, era lieta di quello che era riuscita a fare e ad ottenere e lo riportava con gioia ad amici e parenti curiosi e sulle spine per far vedere loro che era stata brava e che potevano stare tutti tranquilli. Ce la stava facendo. E anche bene.

Vi racconto questo perché, la mia amica M., smise molto presto di dire ad amici e a parenti quanto quel giorno aveva guadagnato e non perché fosse un segreto, anche se è sempre bene tenersele per sé certe cose. Ella smise perché, ogni volta e da chiunque, riceveva la solita frase – Eeeh… ma non sarà sempre così, ci saranno anche i giorni in cui non guadagnerai niente -.

Con la voglia di tirare una testata in mezzo agli occhi a tale profeta veniva da me con il magone raccontandomi che, chiunque, la spegneva, l’abbatteva, e non le era nessuno complice nel suo entusiasmo. Hanno tutti insistito così tanto che – prima o poi non avrebbe guadagnato -, e che – prima o poi avrebbe avuto più spese che ricavi – che, anche lei, alla fine, si stava demoralizzando del tutto.

Vedete, il gestore precedente, traeva ben poco a fine giornata da quel bar. Di certo non poteva tirare sospiri di sollievo. Non so bene per quali strambe dinamiche ma così era e quindi, alla gente, pareva impossibile che ora M., ogni giorno, si portava a casa il suo bel gruzzoletto.

Ora, molti di voi staranno sicuramente pensando che in effetti bisogna stare con i piedi per terra e che chi cade da troppo alto si fa certamente più male… io invece penso che, dopo aver spiegato una sola volta a M. come fare per essere anche una buona formica risparmiatrice, e averle raccontato di tempi morti e quant’altro, visto che ha ben 42 anni, non ha certo più bisogno di essere messa sempre e costantemente su un “attenti” negativo e demoralizzante.

Mai un sorriso. Mai un – Continua cosi! -. Mai un – E domani saranno il doppio! -. Uff! Che noia. Queste paure, sempre al primo posto, davanti a tutto, anche alla gioia.

Esultare ci spaventa. Siamo terrorizzati dalla mazzata che ci scende poi sulle orecchie. Meglio evitare fin da subito di essere felici così almeno non si deve poi star male. Questo è il senso, e non ci rendiamo conto che facendo così, mai e mai doniamo alla nostra vita un attimo di sollievo, un attimo di serenità e allegria.

Questo, badate bene, non vuol dire andarsele a cercare. Essere contenti per un incasso non significa aver fatto qualche pazzia rischiando chissà che cosa, in quel caso lo capirei di più. Qui significa aver lavorato sodo ma, nonostante tutto, non si deve urlare troppo di gioia o arriva sicuramente il castigo.

Meglio privare al nostro cuore di ridere. Meglio farlo vivere una vita intera nella preoccupazione e nella tristezza.

E’ assurdo… si capisce?

Mi chiedo, se tanto deve arrivare l’angoscia (assolutamente e sicuramente), non sarebbe comunque bene esultare un attimo prima, cosicché almeno per un secondo la nostra psiche, il nostro animo e la nostra esistenza sono stati bene? Tanto… il male deve comunque arrivare a sentire le premonizioni dei più. E allora…

Insomma, so solo che la mia amica M., che aveva iniziato con un sorriso sgargiante sempre dipinto sul volto, ora è un po’ più seria perché tutti questi proiettili che arrivano da ogni dove prima o poi colpiscono e provocano insofferenza.

Ebbene sì, chi ha sempre paura e prova preoccupazione, costantemente, non sta soltanto rovinando la sua vita e la sua salute ma anche quella di chi riceve i suoi dardi.

Non demordere M. Io sono qui!

Prosit!

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La Creazione di Gemma

“E allora mi guardai attorno.

Affianco a me, un uomo seduto per terra, stava chiedendo l’elemosina.

Una donna, vestita poveramente, mi passò davanti trascinando un cagnolino lercio e mezzo spelacchiato.

Un altro cane urinò sul sacchetto della spesa di un tizio che non se ne accorse.

Il pullman sul quale salii era nel degrado più totale: sedili rotti, pareti pasticciate da scritte e scarabocchi, un mucchio di spazzatura sul pavimento.

Molta gente puzzava, aveva sguardi tristi, si lamentava.

L’autista era stanco, svogliato.

Cosa mi stava trasmettendo tutto quello? Dovevo imparare a leggere: decadenza, povertà, angoscia.

E’ così che ti senti Gemma? – chiese una voce dentro di me.

Dovetti ammetterlo. Erano esattamente i sentimenti che nutrivo da quando avevo perso il lavoro. La paura per la mancanza di denaro, il sentirmi una “poverina”, il pensare di non meritare niente. Mi facevo pena da sola.

Guarda… guarda Gemma cosa sei. Guardati attorno, rispecchiati – disse ancora la voce.

Rimasi sbigottita. Non potevo credere di avere quella robaccia dentro. Quello… quello schifo, quella sporcizia, quell’insofferenza, tutta quella miseria mi apparteneva.

In quel modo, non potevo far altro che scendere sempre più nel deterioramento più totale e no… non potevo permettere una cosa così.

Dovevo effettuare la mia ripresa, dovevo modificare e trasmutare le emozioni interne.

Dovevo provare a sentirmi ricca, gioiosa, pulita, sollevata, se volevo cambiare la realtà intorno a me.

Se volevo creare occasioni a me proficue.

Dovevo smetterla di svalutarmi, di svalutare la mia vita, di ritenermi una bisognosa, un’indigente. Una micragnosa.

E allora cambiai. A fatica lo feci. Fu penoso, sfibrante.

I risultati erano così minimi da non recare nemmeno soddisfazione.

Iniziai a concentrarmi su quello che avevo e non su quello che non avevo.

Iniziai a ringraziare incondizionatamente, ossia senza un motivo. Ringraziavo e basta. A quel punto, l’Universo, si sarebbe trovato obbligato a darmi qualcosa che rispondesse al mio ringraziamento se era vero che tutto era uno specchio, un riflesso. Qualcosa per la quale fosse valsa la pena ringraziare.

Iniziai ad immaginare. Diversamente. Nelle mie visualizzazioni non avevo più l’espressione triste e sempre gli stessi vestiti addosso. Sorridevo, ero ben pettinata, vestita in modo classico ma carino.

Le prime volte, la mente, si intrometteva. Mi diceva, sogghignando, “Ma cosa stai facendo? Ah! Ah! Ah! Mi fai ridere. Non hai un soldo, non hai un lavoro, non hai niente e ti credi di essere una principessa! Sii seria ragazza! Seee… sogna sogna!“.

La detestavo ma poi, con il duro allenamento, la feci stare zitta. Non riuscì più ad inquinarmi e potei dare sfogo ai miei desideri. Sognavo sempre più in grande fino ad educare di molto il mio inconscio che ormai mi permetteva di vedermi come immaginavo. E dopo il vedermi ci fu il percepirmi e dopo il percepirmi il vivere. Sempre di più. Sempre di più.

Fino ad arrivare al giorno in cui, alla fermata dell’autobus, accanto a me, vidi persone vestite bene, di tutto punto. Un uomo elegante, con la ventiquattrore, parlava compunto al cellulare. Stava aspettando un collega.

Una mamma molto graziosa mi passò davanti, mi sorrise, e aggiustò un boccolo alla sua bimba che sembrava una bambolina.

Il pullman sul quale salii era nuovo di zecca. Giallo e blu. Quasi vuoto.

L’autista rispose al mio saluto e continuò a fissarmi mentre convalidavo il biglietto dietro di lui.

Ero carina quel giorno con i capelli lunghi, raccolti da una parte, e un trucco leggero.

Mi sedetti accanto ad una signora anziana dalla faccia simpatica nonostante tutti i posti liberi.

Non ci volle molto a prendere confidenza e mai… mai mi sarei aspettata che, quella donna, fosse in realtà la mia nuova datrice di lavoro. Lo sarebbe diventata da lì a poco. Pochissimo. Aveva voglia e bisogno di una “dama di compagnia”. Era molto ricca e non mi trattò mai come una semplice governante. Nella sua villa io mi sentivo una Regina. Potevo fare tutto quello che volevo e potevo anche avere i miei momenti di libertà. Era come stare assieme ad una nonna o una zia.

Il giardiniere, la donna delle pulizie, i suoi parenti, tutti mi volevano bene. Avevo un buon stipendio ed ero felice.

Non le chiesi mai perchè quel giorno prese il pullman avendo a disposizione soldi e persone per farsi accompagnare ovunque, ma così doveva andare.

Non glielo chiesi perchè qualcosa dentro di me già lo sapeva.

Io l’avevo creato. Io, involontariamente, le feci prendere il pullman. Io mi ero creata quella situazione. L’agiatezza che vivevo. La bellezza di quella mia nuova vita.

E, questa volta, il – Grazie – più grande, lo rivolsi a me stessa. Ero una grande Guerriera”.

Prosit!

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