Alopecia – la drastica separazione

COME LA VOLPE IN PRIMAVERA

Esistono diversi tipi di Alopecia e sono diverse le cause che la provocano ma come ben sai io voglio accendere la luce su quella derivante dal Corpo Emozionale.

Il termine – Alopecia – deriva dal greco “Alopex” e cioè “Volpe” proprio perché si perdono i capelli a ciocche (nella maggioranza dei casi) proprio come accade alla Volpe quando perde il pelo dopo il freddo inverno.

Se per la Volpe però è un semplice rinnovo, che avviene ogni anno, per l’essere umano è differente perché i capelli potrebbero non ricrescere più. Posso assicurarti che ho visto casi gravi di Alopecia dove il capello ha ricominciato a crescere ma la persona ha dovuto fare un lungo e duro lavoro su di sé oltre al trattare, a livello topico, le zone interessate.

Questo perché l’Alopecia appare dopo che si è vissuta una – separazione -.

Tale separazione può essere di diversa natura. Perdere un genitore, perdere un figlio, perdere il lavoro, perdere dei soldi, perdere la compagnia… laddove, con il termine “perdere” non si intende per forza la morte dell’eventuale individuo, o animale, o evento ma anche solo un allontanamento percepito a livello sentimentale.

VARI TIPI DI SEPARAZIONE

Se ad esempio un bambino, si sente in qualche modo all’improvviso “abbandonato” dalla madre (anche se questa è sempre vicina a lui) può manifestare dopo un po’ l’Alopecia. Una madre che forse ha dovuto vivere un lungo brutto periodo, nel quale ha impiegato tutte le sue forze e le sue energie. Oppure un ragazzo che si sente d’un tratto, crescendo, svalutato dal padre, sente di non piacergli, sente che quel padre avrebbe voluto un altro figlio e lo sente separato da sé. Oppure ancora un uomo che, un bel giorno, sente di non piacere ai propri colleghi di lavoro e si rende conto che questi vogliono stargli alla larga. Cose che un tempo non accadevano poi, d’un tratto, succedono. Possono capitare per un nostro errore fatto nei confronti di qualcuno senza essercene resi conto, oppure per gli eventi che la vita ci obbliga e obbliga gli altri ad affrontare.

La separazione la si vive come una ferita che ha saputo squartare il benessere nel quale prima si stava.

L’Alopecia indica quindi che è avvenuta in qualche modo una separazione per noi dolorosa. Una separazione che abbiamo vissuto con dolore e paura. E’ venuto a mancare qualcosa che per noi era prezioso.

I capelli indicano la nostra forza, la nostra salute, il nostro affrontare la vita e il legame che abbiamo con la vita stessa e quindi anche con gli altri.

E’ difficile “curarsi” sotto questo punto di vista. Significa essere più forti e non provare malessere rispetto a quello che ci è accaduto ed è davvero dura. Si può però ricorrere ai ripari provando a illuminare il male che ci portiamo dentro e condividerlo con chi lo ha provocato. In realtà siamo noi ad avercelo auto-provocato perché noi abbiamo dato quel peso a quella situazione ma gli altri protagonisti possono sicuramente aiutarci.

SE SI DIVIDONO DA ME SIGNIFICA CHE IO NON VALGO

Ci vuole un po’ di coraggio perché occorre – chiedere – ma penso sia il minimo per provare a trattare un disturbo così fastidioso e antiestetico come quello dell’Alopecia. Pertanto bisognerebbe prendere la persona, o le persone, in questione e domandare loro cos’hanno che non và nei nostri confronti. Chiedere loro se possiamo migliorare e fare qualcosa per tornare ad essere ciò che eravamo prima. Offrir loro, su un vassoio d’argento, i nostri timori, il nostro dispiacere ed essere fiduciosi nella loro comprensione. Ricordiamoci che anche gli altri hanno le loro paure, a volte anche solo per parlare.

Questo stratagemma però non si può mettere sempre in pratica. Quando un individuo a noi caro lascia questa terra, o quando la nostra Alopecia è provocata dalla perdita di una sicurezza economica, o quando ci rubano il cane con chi possiamo parlare? Con nessuno se non con noi stessi.

Si tratta quindi di convincersi che, nonostante tutto, riusciremo comunque ad andare avanti. La separazione che stiamo sentendo è solo fisica, dolorosissima, ma non può nuocerci. Ci farà stare molto male per molto tempo, ci farà disperare, provare terrore ma in qualche modo andremo comunque avanti perché:

Metterò in pratica tutto quello che chi mi ha lasciato mi ha insegnato

Comunque non morirò di fame costi quel che costi

Troverò sicuramente un altro lavoro

Mi occuperò di altri cani e in onore al mio farò loro del bene

FORTE COME I CAPELLI

Non sto minimizzando il tuo dolore, un dolore che per un certo tempo devi vivere fino in fondo come meglio credi e nessuno può giudicare, ma passato il giusto tempo devi cercar di capire che non sei solo, che non sei un inetto, che non sei un povero. Nonostante la lacerazione del tuo cuore sei sempre lo stesso essere meraviglioso che eri prima. Per la tua natura intrinseca non è cambiato nulla. Hai ancora tutte le tue doti e ora è arrivato il momento di metterle in pratica.

Nei casi in cui riesci a lavorare un certo malessere e quindi sta a te valutare verso quale situazione o persona poterlo fare, prova ad accettare. Impara a coltivare la pregiata arte dell’Accettazione. Non è per niente facile ma se ce la fai ti fai un gran bene. Accetta quindi di non piacere più ad una persona ad esempio. Lo so, è straziante, e ci vuole molto tempo ma se ci ragioni esiste anche questa possibilità. La possibilità di non essere più apprezzati o stimati o amati da qualcuno. Come puoi continuare per tutta la vita a struggerti per questo? Cosa vuoi fare? Obbligare quel qualcuno ad amarti ancora anche se non vuole? Puoi farlo, certo, ma sarai tu a soffrire e ad ammalarti. Io non ti sto dicendo che è una passeggiata ma cerco di mostrarti come stare meglio anche se il mio può sembrarti cinismo, perché sarai tu a rovinarti la vita.

Impara a capire che vali lo stesso anche se tuo padre non ti apprezza più. Che sei comunque una bella persona anche se il tuo datore di lavoro ora ce l’ha con te. Che non hai colpe se tua madre è rivolta ad altro. Che forse meriti un uomo migliore se tuo marito ti ha abbandonata. Non considerarti un amputato se non lo sei.

Concentrati sul fatto che quella separazione, con il suo dolore al seguito, in quella quantità, è solo cosa tua. Tu la stai creando, l’hai creata, le hai dato una misura e allo stesso modo puoi fermarla.

TUTTO E’ UNO

La maggior parte delle separazioni che avvengono nella nostra vita arrivano per fare spazio e portare qualcosa di migliore ma noi non ci vogliamo credere. Abbiamo paura. Ci focalizziamo su quella perdita e non sul nuovo arrivo. Guardiamo la porta che si è chiusa e non il portone che si è aperto. E rimaniamo lì, a crogiolarci nel male, nel buio, nella disperazione. Questo indebolisce tutto di noi. Il nostro fisico, la nostra mente e la nostra spiritualità.

C’è anche però chi oggi è adulto e soffre di Alopecia da quando era bambino. In questi casi non riconosce il dolore, non sa neanche il perché soffre di questo inestetismo e, nel suo caso, l’indagine si complica. Quando accade questo solitamente si ricerca il problema nell’ambito familiare o scolastico che sono quelli che hanno più valore per noi in tenera età. Può comunque provare a ricercare il fatto che lo ha portato ad avere uno stop nella crescita dei capelli andando indietro nel tempo ma osservando il presente.

Ad esempio, se oggi non sopporti un qualcosa in tua mamma e non mi riferisco a un suo difetto o a un suo modo di fare. Mi riferisco al suo trattarti (ipotesi – ti fa sempre sentire un incapace o che sei un fastidio) da sempre. Significa che probabilmente fin da quando eri piccolino hai percepito questo provenire da lei e hai così percepito la separazione. Bene, prova a perdonarla e ad accettare questa situazione. Allenati nell’osservare che per tua madre sei “quello” ma per tutto il resto del mondo no. Prova a far luce in questa nicchia che non hai mai voluto illuminare. Tira fuori tutto quello che c’è da tirare fuori, guardalo e apprezzalo. Impegnati ad entrare in quell’angolo buio e convinciti del fatto che è una prova che devi superare.

Ricordati però che non è mai utile perdere troppe energie verso il passato. Fai la tua ricerca ma se vedi che non riesci a trarre un ragno dal buco fermati. Fermati e concentrati sul sentirti comunque completo. A mancarti è proprio la completezza del tuo Essere. Completo, perfetto, bello e utile a questo mondo. Altrimenti non saresti neanche nato.

Se sei qui e sei come sei è perché “servi” così. Individua la tua missione nella tua più totale integrità. Non sei separato da nulla. Tutto è Uno.

Prosit!

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Se non hai una laurea non vali niente

LA TUA BELLEZZA PROIBITA AL MONDO

Premetto che, nonostante il titolo abbastanza diretto, questo articolo nasce con lo scopo di infondere fiducia e stima in tutte quelle persone, e sono molte, che hanno davvero tanto da dare, tanto di bello, ma si auto-castrano a causa di convinzioni mentali che la società è riuscita a inculcarci nel cervello.

Così facendo non solo si soffoca il cuore e l’emanazione della propria anima, troppo schiavi di cliché, ma si proibisce al mondo di assaporare un operato del quale potrebbe godere.

Questo articolo nasce perché troppe volte ho incontrato persone splendide, con ricchezze dentro incredibili che si rifiutano di condividere per una vergogna che nasce dalla mancanza di un titolo di studio. La loro risposta infatti è sempre la stessa – Ma… ma io non sono nessuno… non ho una laurea, non posso insegnare nulla… -.

E non mi riferisco solo ai fantastici artigiani o artisti che realizzano opere degne d’ammirazione senza lauree, mi riferisco a qualsiasi qualità possiamo donare e ci appartiene.

MA DOVE VAI SE UNA LAUREA NON CE L’HAI?

Sia chiaro che non ho niente contro i laureati e sono convinta che anni di studio in una determinata materia ti portano ovviamente a saperne di più rispetto a chiunque altro, ma ci sono materie che l’Università non insegna e, al contrario della nostra cultura che vuole vederle morte, io vorrei elogiarle.

Tanto di cappello a tutti quelli che consumano i loro migliori anni studiando su banchi di scuola al fine di dare un domani al prossimo ma, se parliamo di – dare -, posso assicurarvi che tante cose benefiche si possono elargire anche senza un titolo di studio; però l’amputazione che si prova fin dentro allo stomaco non lo permette.

Posso assicurarvi anche che, come ci raccontano la storia e la scienza, le più grandi scoperte sono state ricercate, volute e studiate da persone che non sapevano nemmeno cosa fosse una scuola, in un periodo dove la scuola era semplicemente la vita, la strada, l’osservazione costante, la riflessione e il battito del proprio cuore. In un periodo in cui la scuola era persino proibita.

Chi mi conosce sa che per me l’istruzione è importante, l’istruzione ci rende liberi ma l’istruzione della quale parlo è collegata al sapere, un sapere che non si trova solo attraverso un’educazione scolastica, anzi…

COSA TI SERVE PER…

Non serve una laurea per far del bene.

Non serve una laurea per essere luce e illuminare il mondo.

Non serve una laurea per essere quell’amore che spesso una laurea spegne fornendo input di schiavismo. Per far vivere alle persone quello che nutri dentro. Per far conoscere al mondo ciò che ti ha stupito e coltivi con gioia. Un qualcosa che potrebbe riempire l’intera umanità di entusiasmo perché di questo, l’umanità, ha bisogno.

Ti racconto un aneddoto che scelgo tra mille e scelgo solo perché è l’ultimo che mi è capitato di vivere.

Qualche giorno fa, parlando con un amico che ha una visione tutta sua e particolare sulle piante e sul loro esistere, gli ho consigliato di donare al mondo il suo modo di vedere come fosse una luce.

Ovviamente vi sto parlando di una persona che si intende molto di flora sotto ogni suo aspetto e non va contro la scienza dicendo o supponendo “castro nate”. Semplicemente è convinto di una comunione tra pianta e pianta che ora non spiego in quanto spero lo faccia lui prima o poi. Una visione non contemplata dalla biologia e non contemplata neanche dalla maggior parte delle persone. Ciò che lui afferma, a parer mio, non lo si può giudicare giusto ma neanche sbagliato. Il suo è un “sentire” e potrebbe semplicemente rivelarsi una riflessione da fare, utile al fine di comprendere molto altro. So che non stai capendo, naturalmente, perché non conosci il discorso, ma il punto focale sul quale vorrei portare la tua attenzione è quello che individua le risposte che ho ricevuto da lui:

Ma Meg io non sono un biologo. Io non sono un fitoterapico. Io non sono un agronomo. Io non sono…

IO (NON) SONO

Io NON SONO…“. La sua risposta era quella di un disco rotto totalmente auto-Svalutante.

E là, dove il mio credo e tutte le filosofie dei più importanti pensatori della storia umana ripetono di riconoscersi affermando – IO SONO -, lui, come tutti quelli non “qualificati” dalla società in cui viviamo, si tarpava le ali da solo dicendo – Io NON sono -.

Aggiungo che questo mio amico, inoltre, segue fioriture che non tutti hanno voglia di ammirare o non possono farlo. Significa ad esempio partire di notte per cogliere il momento giusto di quel sbocciare, significa sopportare qualsiasi intemperia, significa viaggiare e quindi spendere soldi e tempo. Quanti vorrebbero vedere, attraverso i suoi video e le sue foto, queste meraviglie che non potrebbero vedere altrimenti? Quanti penderebbero da quelle labbra che raccontano leggende o verità? Secondo me molti. Per questo lo incito – Organizza incontri! – gli dico – Permetti agli altri di vivere tali bellezze da te arricchite! -.

Lo farebbe volentieri ma la paura di non essere “dottore” lo frena. – E se poi qualcuno mi fa una domanda alla quale non so rispondere? – mi chiede preoccupato.

Ah! Questo timore di “sbagliato”. L’errore, il dubbio, lo sbaglio, l’uomo nero.

La perfezione è per noi una spada di Damocle. Il giudizio degli altri ci spaventa. La società ci vuole preparati a tutto, un “non lo so” non è ammesso; non vali niente se rispondi così. Se rispondi così hai una tacca, sei imperfetto, quindi uno scarto, un – non degno –.

E allora provo a parlargli – Non sei uno scienziato e lo dici fin da subito. Non prendi in giro nessuno! Se qualcuno ti chiede qualcosa che non conosci, semplicemente lo dici. “Io sono qui per farvi vedere una mia riflessione che non siete obbligati a condividere. Sono qui per mostrarvi cosa la natura partorisce e per farvi passare una serata diversa dalle altre, tutti assieme, ragionando assieme! Sorridendo insieme! Non è mia intenzione insegnare nulla ma solo farvi vedere che esiste anche questo. Condividere. Condividere con gioia. Su quello che non conosco possiamo informarci assieme ma intanto ammirate quello che non avete ancora potuto vedere”. Questo devi rispondere -.

LA PASSIONE E’ VITA

Se ami fotografare le rocce e le montagne che appartengono ai tuoi luoghi e vuoi mostrarle ad un pubblico, nessuno ti obbliga ad essere un Geologo. Stai solo mostrando il tuo territorio. Sbaglieresti se ti mettessi a dire cose che non hai mai studiato e, in questo caso, mancheresti di rispetto agli altri ingannandoli ma se ti limiti a elargire del tuo non puoi che fare del bene. E se il tuo sapere interessa solo a dieci persone avrai fatto un bel regalo a dieci persone. Avrai donato a dieci persone cose che senza di te non avrebbero mai potuto vivere.

Al mondo ci sono persone senza gambe che non possono arrampicarsi in cima a un monte per vedere determinati panorami.

Ci sono persone oppresse che non riescono a trovare una via d’uscita verso la serenità e brancolano nel buio.

Ci sono persone cieche che non possono osservare ma solo toccare per conoscere e amerebbero moltissimo tu mettessi la tua opera d’arte tra le loro mani.

Ci sono persone che hanno necessità di quello che tu puoi dare loro, alle quali non gliene frega niente del tuo titolo di studio. Vogliono ridere, stupirsi, conoscere, piangere, provare emozioni. Vogliono vivere perché stanno morendo dentro e non sono i diplomi che ti riportano in vita in questo argomento che non ha nulla a che vedere con la medicina.

Non privare questa gente della tua bellezza. Offrila. Piantala di guardare il cliché. Non sai nemmeno perché sei qui. Cosa ne sai se sei venuto su questo mondo, in questo tempo, solo al fine di mostrare fiori? Cosa ne sai? Ti sembra stupido e inutile? Allora pensa che senza te quel fiore non verrà visto. Rimarrà nel buio. Sboccia per nulla, per se stesso… Come natura vuole d’altronde. Ma se il suo fascino facesse del bene a chi lo ammira pensi che quel fiore si sottrarrebbe da tale mansione? E se avesse bisogno di te e della tua nobile opera per mostrarsi?

SEI UN’OPERA MERAVIGLIOSA E CIO’ CHE FAI E’ UN’OPERA MERAVIGLIOSA

Non ti rendi conto di quanto bello e immenso sei e di quanto lo è la tua opera.

Conosci Louise Hay? Puoi trovarla assieme alle sue parole scrivendo il suo nome in rete. Puoi credere o meno a quello che afferma. Parlo al presente, fin qui, perché il suo corpo è morto ma i suoi insegnamenti sono ancora talmente tangibili in noi che non posso usare altri tempi verbali.

Louise era una donna che, a malapena, ha fatto le elementari. Abbandonata dalla madre, stuprata dal patrigno, malata di cancro. Ha risvegliato mezzo mondo.

I suoi insegnamenti non hanno mai nuociuto a nessuno. Non credendole, semplicemente, restavi ciò che eri. Forse migliore, forse no. Credendole potevi nettamente abbellire la tua vita.

Non regalava scienza. Non regalava tecniche e dottrine. Offriva semplicemente quello che provava nel cuore. Spiegava solo come conduceva la sua giornata. Non rispondeva a domande di medicina, non ne era all’altezza, ma è ricordata oggi più di molti medici.

Tu non sei inferiore a lei. Non sei inferiore a nessuno. Semplicemente lei ha deciso di mostrarsi. Di offrire.

Il tuo piacere potrebbe interessare cento persone, il mio mille, e quello di un altro duemila, ma i numeri non contano. Se tutti noi ci dessimo di più, l’umanità si arricchirebbe. Fregatene della tua scuola.

Se non dici falsità, se non inganni, se non sei un opportunista concediti in purezza. Sii generoso. Non sai quanto bisogno c’è di te in questo mondo.

Non sai che, altrimenti, non saresti neanche nato. La natura non crea cose inutili.

Prosit!

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Cosa mi dai?

IMPARA AD ACCETTARE L’ABBONDANZA

Hai presente cosa significa “accontentarsi”? Trovo questo termine a volte mal interpretato. Quando si dice – Bisogna sapersi accontentare di quello che si ha per essere felici -? Ecco, non è proprio così.

Si confonde il verbo accontentare con apprezzare. Apprezzare inteso come Amare. Se ti accontenti non vai oltre e non puoi avere di più. Neghi pertanto all’abbondanza infinita universale di entrare nella tua vita attraverso il suo flusso e riempirti di tutto quello che puoi immaginare.

Ci hanno insegnato ad accontentarci come a “mettere una toppa” e questo ci ha reso umili e modesti.

È assolutamente giusto, invece, amare ciò che si ha per piccolo o povero che sia, come se fosse la cosa più bella del mondo. Ma l’approccio è assolutamente diverso. È inutile cercare oltre se non si sa provare amore per quello che già si possiede e se non lo si nutre facendolo divampare in milioni di scintille di magia. È inutile ammalarsi alla ricerca di un qualcosa che non abbiamo senza tener da conto delle meraviglie che già possediamo. Ma, tutto questo, non ha nulla a che vedere con l’accontentarsi.

Accontentarsi non è neanche sinonimo di accettazione. Il filo è sottile ma mentre l’accontentarsi, come dicevo prima, non ti spinge a desiderare di più perché ti senti già contento così, accettare significa dire – Ok, accetto questo e lo benedico ma più avanti posso avere di più-.

SI PUO’ AVERE DI PIU’

Chi troppo vuole nulla stringe! – recita un famoso proverbio in grado di tarpare le ali. Questo detto è vero se non si ama ciò che si ha e, se con presunzione, si pretende ciò che non si merita senza la minima gioia o amore nel cuore. Ma quando il nostro volere è impregnato di gratitudine, di bellezza, armonia, compassione e puro affetto si può desiderare ogni cosa.

Veniamo quindi al nocciolo della questione. Come saprai ci sono molte persone che si accontentano. Prendiamo un esempio che possiamo vedere o vivere spesso: La donna accompagnata da un uomo stitico in fatto di apprezzamenti o carinerie. Non andiamo a tagliare il capello in quattro. So bene che ci sono uomini che, anche senza parlare o fare niente, riescono a far sentire la propria donna come una principessa. Ogni esempio che posso tirare fuori ha il suo contrario ma, un esempio, devo pur farlo. Possiamo anche parlare di quelle donne che vengono lasciate spesso dal proprio partner, poi però, appena lui fa trillare il telefono con un messaggino con sopra scritto “ciao” eccole distese a terra a ringraziare la Madonna per aver ricevuto tanto ben di Dio. Si accontentano. È la decima volta che vengono scaricate ma si accontentano e giustificano persino quell’uomo rispondendo – Ma lui è fatto così, non riesce ad esprimere di più, per lui questo È GIÀ TANTO! -. Santa madre vergine Maria di Leuca e di tutta la provincia di Lecce! È già tanto?!

Ok, allora io da domani andrò nei negozi a comprare, deciderò io il prezzo della merce, e se il venditore mi dirà qualcosa in contrario gli risponderò – Senta! È già tanto! -.

A SCUOLA DI BUONE MANIERE

Ma quanto vali tu? Vali solo un – Ciao – dopo quel trattamento? Un piccolo sforzo da parte sua non lo meriti? Se stai pensando ch’io pretenda che lui devestrisciarecomeunvermeaituoipiedicomeminimo sbagli. Non dico questo ma ci sono le vie di mezzo.

Un – Ciao, volevo sentirti, mi manchi – ti farebbe così schifo? E già ti sento dirmi – Ma figurati! Non lo ammetterà mai! -. Sai, nemmeno io vorrei fare certe cose ma sono obbligata a farle altrimenti non potrei vivere. Nemmeno io vorrei… farei… direi… sai che se a mio figlio non avessi mai detto – Ti amo – probabilmente sarebbe cresciuto peggio di come è cresciuto? Con dei problemi proprio! Bada che ci sono genitori che non lo dicono! Sai che se non avessi mai oltrepassato alcuni gradini della mia vita sarei ancora al punto basso e di partenza? Nell’humus.

E rieccoti con quella vocina immacolata – Ma io non pretendo che… -. Beh, sbagli a non pretendere. Allora non devi pretendere nulla. Non pretendere che la strada sia libera quando vai al lavoro, non pretendere uno stipendio, non pretendere che gli amici ti chiamino, non pretendere di trovare parcheggio, non pretendere di respirare, non pretendere, mentre piangi, da sola, alla sera, di essere più amata. Non pretendere niente. Vivi come un paramecio. Un pezzo di carta. Totalmente inutile. Al massimo potresti fare il battiscopa se ti sdrai in un angolo e stai ferma.

Ricordati che hai ragione a non pretendere e a non avere aspettative ma hai confusione in testa.

NESSUNA PRETESA E NESSUNA ASPETTATIVA

Confondi il non pretendere con la mancanza di dignità. Confondi il non pretendere con “quello che realmente meriti”. Meriti di più di quel – Ciao – che, torno a dire, è solo un esempio.

Meriti di più di quello che ti danno al lavoro, meriti di più di come vieni trattata in famiglia o da chi incontri per la strada. Ma continuerai a ricevere quelle briciole se non avrai il coraggio di affrontare un cambiamento. Quello di intraprendere il percorso verso l’amore per se stessi, autovalutazione, la stima verso quello che siamo.

Oggi, se quell’uomo a te ci tiene deve dimostrarlo. Deve mostrare il valore che hai per lui. Fidati se ti dico che se il suo è vero amore non avrà nessun problema a darti tanto. L’amore non conosce ostacoli. È più forte anche dell’orgoglio quando è vero. È più forte delle insicurezze, degli inciampi, e persino della paura. Davanti a lui non esiste dire – Di più non riesco – perché l’amore non conosce limiti. Sei tu quella che ha paura di perdere quell’uomo pretendendo da lui. Nel momento in cui impari ad amarti, l’Universo ti riempie di uomini pronti a dimostrarti tantissimo. Perché torna sempre ciò che emaniamo. Fatti valere. Se sogni una cosa permetti al Creato di esaudirla per te. Tieni duro, abbi coraggio e arriverà.

Capisco che puoi aver trovato diversi concetti sbagliati in questo articolo ma dovevo spiegare in qualche modo il valore di ognuno di noi in una delle situazioni più comuni. Altre volte ho parlato di amore incondizionato, del fluire, dell’accettazione, del non pretendere ma, questa volta, volevo dedicare questo post a te. A te che pensi di aver già ricevuto troppo solo perché ti è arrivato un messaggio.

Che le mie parole, anche se colme d’impeto e con pochi fronzoli, possano farti bene perché tra queste righe c’è affetto sincero.

Prosit!

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E finalmente puoi essere una “brutta persona”

CHE FIGATA LE “BELLE PERSONE”

Caro lettore,

mettiamo subito le cose in chiaro. In questo articolo, parlando di “brutte persone”, non mi riferisco a individui che hanno fatto del male appositamente o non sono degni di rispetto, ma capirai, leggendo, a chi dedico con amore questo post e forse può tornare utile anche a te che non sei cattivo, ne superbo, e nemmeno un traditore… però, in qualche modo, ti hanno fatto sentire una brutta persona.

Dopo aver passato tutta la vita a fare il massimo per cercare di essere visto, amato e ben voluto, ti guardi indietro e scopri che, in ogni tuo gesto e in ogni tua parola, c’era la voglia e il bisogno di essere considerato una “bella persona”.

Ah! Che meraviglia le belle persone! Sanno di pulito, possono andare avanti a testa alta, la loro coscienza è immacolata, sfoderano petali di gentilezza e sudano stille di disponibilità verso il prossimo. Sorridono, ringraziano, non alzano mai la voce, non si scontrano con nessuno. Ogni errore gli si perdona perché sono esseri splendidi e chiedono scusa. Appaiono sagge, modeste e hanno sempre una buona parola per tutti o un pensiero positivo per andare avanti.

Hai passato una vita in questo modo e oggi tutti ti vogliono bene e ti ammirano. Nonostante tutti i tuoi sforzi, però, c’è ancora qualcuno che cerca di insinuare nella tua mente e nel tuo cuore che, in realtà, non sei la bella persona che appari. Ti fanno capire che manipoli, che il tuo modo di fare è studiato a tavolino, che in verità non rispetti gli altri e che, in qualche modo, con la tua sublime dolcezza, obblighi gli altri a comportarsi in una determinata maniera. Sei un falso in pratica. Le loro parole nascono dall’invidia? Dall’insicurezza? Dalla paura? Dalla verità? Non ti deve importare. Osserva te stesso. Solo te stesso. Accogli tali valutazioni ma osserva te stesso. Ciò che davvero sei.

DALLO STORDIMENTO ALLA QUIETE

Ti fanno male queste accuse vero? Non le accetti, ti feriscono. Ti stordiscono e destabilizzano persino. Non ti riconosci, sei scosso, quasi ti manca la terra sotto ai piedi come a non essere più tu. Lo stato imbottito nel quale dondolavi è stato sconquassato. Che caspita! – Mi sono distrutto una vita per essere ammirato e ora questo mi dice così? – Sì. Ma sai cosa devi fare? Devi accettarlo. Accettalo e innesca un fenomeno magico strabiliante che non hai mai conosciuto.

Siamo arrivati alla conclusione che sei, in pratica, una “brutta persona” in quel tuo profondo dove credi nessuno abbia accesso. Sì, proprio tu che non hai mai fatto male neanche a una mosca.

Sei una brutta persona, prova a dirlo a te stesso, tante volte. Convincitene. Lentamente, le prime lacerazioni causate da queste affermazioni si chiudono e una nuova pelle nasce, le ricopre proteggendole. In quel momento tutto inizia a fare meno male e il passo verso l’esultanza è breve. – Sì, sono una brutta persona. Che bellezza! Che liberazione! Ho dei difetti agghiaccianti, delle caratteristiche che fanno schifo persino a me ma sono le mie. Se mi hai incontrato in tutto il mio squallore e noti tutte le qualità negative che mi hai elencato, guardati dentro, forse sono un tuo specchio. Sono così. Ho assolutamente delle virtù, questo è indubbio, perché ogni creatura vivente le ha e ho delle caratteristiche orribili. Si, sono io e sono vero. Eccomi qui -.

RICONOSCERSI

Accogli dentro di te questi giudizi come se fossero bellissimi regali e, ora che li hai presi e fatti tuoi, rendili il tuo più grande punto di forza. La tua partenza.

Solo dopo aver accettato, con il cuore, ciò che sei o ciò che sembri puoi trasmutarlo a tuo favore. Non importa se è vero o se è solo la sciocca opinione di qualcuno. Tu sei più forte di ogni cosa e sei l’unico Dio guaritore al quale devi credere.

Vedi… se la tua anima ha voluto tu scoprissi queste caratteristiche un motivo c’è. Sarà difficile scoprire questo motivo, perché le stanze del nostro inconscio sono ampie e sconosciute, ma da qualche parte avevi questi semi che hanno germogliato fuori di te e a te si sono mostrati.

Chi dice queste cose? Le persone a te più care? Gente sconosciuta? O forse sei tu che, senza saperlo, le dici a te stesso e gli altri te le riportano soltanto? Quanto ti critichi nella tua paura?

DEVI PRENDERE QUESTI INGREDIENTI SE VUOI LAVORARLI

Come ripeto è difficile da capire per questo non ti rimane altro che superarle. Accettandole ti liberi e, nella liberazione, come un gabbiano che si innalza entusiasta nel cielo, puoi osservare tutto dall’alto divenendo padrone di te stesso. Ora puoi vedere chiaramente, non sei più uno schiavo e puoi scegliere.

Vuoi davvero cambiare? Sono giuste queste illazioni? Esistono? Si. No. Puoi decidere. Ma la bellezza che provi dentro ti permetterà di fare tutto. Non rispetti gli altri? Benissimo. Non rispettarli allora! Quanti problemi in meno. Non devi mica far loro del male, ti basta preoccuparti di meno del loro benessere. C’è un mucchio di gente che vive così e in gloria. Non vali nulla? E non valere! Mica abbiamo l’obbligo di valere qualcosa per forza! La libertà. Manipoli? Manipoliamo tutti, indistintamente, ognuno con i suoi mezzi. Tutti quanti. Ora lo sai. Non sei peggiore di altri. Rasserenati. Ecco l’accoglienza. Ma, aspetta, perché puoi andare oltre, ora.

Ora è tutto dentro di te e tu ne sei l’amministratore. Puoi vedere il tuo patrimonio. Adesso è facoltà tua se voler migliorare, evolvere e crescere personalmente oppure no. Sta a te decidere cosa voler di rimando. Se da parecchio leggi il mio blog saprai che più sei pieno d’amore e frequenze positive e più vibrerai connesso all’energia cosmica e riceverai meraviglia, altrimenti dovrai vedertela con i tuoi mostriciattoli. Ma non hai obblighi e, come ti ripeto, solo ora che hai compreso, solo ora che non hai più catene, solo ora che sei davvero te stesso puoi essere cosa vuoi.

Solo ora che sei uscito dalla bambagia puoi vedere il non-rispetto, il non-valere, la manipolazione e tutto il resto e puoi salire quel gradino ti farà essere ancora più bello di quello che eri.

Ti auguro il meglio.

Prosit!

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Imparare a specchiarsi negli altri: ma io non sono così!

LO SPECCHIO E’ UN BUGIARDO!

LA LEGGE DELLO SPECCHIO E’ UNA FARSA… FORSE… O E’ UN FORSE… FARSA

Mi capita spesso, inerente all’argomento della Legge dello Specchio, sentire molte persone che, con espressione totalmente basita, mi chiedono – Meg, sto incontrando molta sopraffazione da parte della gente ma io non sono così! Non voglio prevaricare nessuno, anzi! – oppure – Meg, mi capita spesso di imbattermi contro dei megagalattici ignoranti ma non mi sembra di essere così inetto! -.

In parole povere, Meg, la tua (che mia non è) Legge dello Specchio, che tanto proclami, non funziona. È un falso!

Purtroppo, si pensa questo perché si è abituati a guardare sempre e solo l’esterno. Troppo. Ci si concentra sul comportamento palesato da quella persona ma senza andare al nocciolo della questione; un nocciolo che palpita, invece, dentro di noi.

Voglio farti due esempi perché, secondo me, con gli esempi si capiscono bene i concetti e hai anche, se mi credi, la garanzia che tali fatti sono accaduti realmente.

I MOSTRI SERVITI SU UN VASSOIO D’ARGENTO

Qualche tempo fa ebbi a che fare con una persona, un uomo, che mi irritava parecchio col suo modo di fare. Non era un mio parente, ne’ un partner, ma dovevo avere a che fare con lui tutti i santi giorni (chissà come mai…).

Quello che m’infastidiva del suo comportamento era il modo in cui denigrava gli altri, senza mezzi termini, pur di risultare lui fantastico. Voleva spegnere la brillantezza degli altri per risultare lui più luminoso e lo faceva in un modo parecchio offensivo, sia con me che con chiunque altro. Anzi, ad essere sincera, con me neanche tanto, ma comunque vivevo in prima persona quello che regalava alla gente. Quindi mi riguardava ugualmente.

Questo suo modo di fare mi irritava parecchio. D’in principio avrei voluto offenderlo davanti a tutti, avrei avuto molti esempi da tirare in ballo, visto che era in realtà un incapace, e avrei voluto anche tirargli una scarpa in testa, non lo nego. Ma mi dissi invece di osservare. Di osservare in lui il mio riflesso. Lui era un mio specchio.

Perbacco… guardai, ragionai, pensai… ma nulla mi venne alla mente che potesse paragonarmi al suo modo di fare. Ho molti difetti ma di certo non quello di voler inabissare gli altri per godere io di splendore. Quindi non capivo. Io non ero così! Non ero così maleducata, denigratoria, svilente, presuntuosa, lo giuro! Ma… non cedetti, continuai a rimanere focalizzata su quel riflesso e, col tempo, ecco accendersi una lampadina. Parliamo infatti di illuminarsi no? Beh, forse una piccola abat-jour l’ho accesa. Un lumino flebile flebile.

EUREKA!

Perché quell’uomo si comportava così? Cosa lo faceva muovere in quel modo? Qual’era l’emozione intrinseca che governava il suo comportamento? Il bisogno di essere visto. Ebbene sì. Non voglio giustificarlo, ma non c’era cattiveria in lui, soltanto un grandissimo ed estremo bisogno di essere visto dal mondo, di essere amato! Di non essere un codice dimenticato nel buio come credeva d’essere. Ecco tutto il suo dolore. La convinzione di non esistere. Di passare inosservato. Se ci sei o non ci sei fa lo stesso, tanto nessuno ti ama. È davvero brutto, fa male.

Fu allora che mi guardai meglio e dovetti ammettere che anch’io volevo a tutti i costi essere vista. Non usavo i suoi mezzi, non ero cafona agli occhi degli altri, ne’ cercavo di spegnere gli altri ma, anch’io, avevo bisogno di essere vista e amata, e tanto anche. Più di quello che pensavo. Ognuno usa i mezzi che ha. Avrei pagato oro un complimento, mi scioglievo se qualcuno si accorgeva di me, mi piaceva tantissimo essere vista e volevo piacere. Certo, io, come ho detto, avevo altri strumenti. Al contrario di quell’uomo, bramavo dentro, risultando più amorevole ed educata ma il bisogno era lo stesso e, affinché io potessi vederlo, l’Universo doveva porgermelo in modo eclatante, sconvolgente. Doveva toccarmi e lo fece. Come vi ho detto, infatti, avrei voluto picchiarlo quel tizio, all’inizio.

Un altro esempio che voglio raccontarvi riguarda un altro uomo, un anziano, che si mostrava agli occhi di tutti di un’ignoranza e una cattiveria incredibili. Soffriva tantissimo la sconfitta e, ogni volta che gli succedeva di perdere, sia nel gioco che nella vita, la colpa era sempre degli altri e si rivolgeva loro con frasi cattive, denigratorie e imprecando.

Anche qui, dapprima, non mi riconobbi. Se chiedi a cento persone che mi conoscono, nessuna di loro ti direbbe che sono così; lo direi io stessa. In effetti, mai mi sono rivolta a qualcuno in tale maniera ma questo non c’entra proprio nulla. Ciò che l’Universo voleva solo mostrami, e anche qui dovette farlo in modo lampante perché non vedevo, era il mio bisogno di vincere perché, vincendo, risultavo più “brava” e quindi più adulata e lusingata.

OH! MI VEDI?!

Anche qui, ecco il mio bisogno di essere amata dagli altri. Alla fine, bene o male, tutto torna al demone principale che, nel mio caso, era quello del non amarmi e del pensare di non valere abbastanza. Una “vincita” ti assicura invece “valore”. Questo secondo uomo, stava solo palesando con l’evidenziatore un qualcosa che io non mostravo ma che esisteva dentro di me. Rodeva dentro di me!

Ora capisci che quando incontri invidiosi non significa che tu ti comporti da invidioso o sei invidioso. Quando incontri dei violenti non significa che ti comporti in modo violento o sei violento. E così via. A volte, può anche essere semplicemente quello il riflesso, molto semplicemente, e dovresti accettarlo. Altre volte, invece, significa che devi andare oltre. Devi scavare in profondità, dentro te stesso, e scoprire il messaggio che si cela al di là del famoso Velo di Maya.

Se tu non ti oseresti mai a dire ad una persona che è una cretina, ma lo pensi e questa cosa ti infastidisce, incontrerai persone che danno a tutti dei cretini, che passeranno quindi da maleducati e tu li giudicherai come se fossero degli arroganti zoticoni. Invece vogliono solo mostrarti cosa c’è dentro di te. Quanto giudichi gli altri? Quanto giudichi il loro essere stupidi? Quanto non lo sopporti? E magari ti fai un mucchio di rabbia inutile perché quell’altro è un emerito imbecille.

Spero tu abbia compreso meglio il lavoro che si deve fare per conoscere i segreti che si nascondono nella Legge dello Specchio, la quale, non voglio passare per assolutista, ma non sbaglia mai. Non può sbagliare visto che solamente riflette e, credimi, reca sempre con sé un messaggio utile per te.

A proposito, posso assicurarti che trasmutando dentro di me quello che i due uomini di questo articolo mi hanno voluto mostrare, essi hanno cambiato il loro modo di fare. Per lo meno lo hanno cambiato davanti a me. Quello che fanno in altri luoghi non è affar mio, non è più una lezione che io devo imparare, non mi riguarda più e quindi non devo più vederla.

Cambia te e il mondo attorno a te cambierà.

Prosit!

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Magia e Denaro

Coda di rospo

Pelle di serpente

Avrò tanti soldi anche se non me ne faccio niente!”

Puff!

Perché non entra il denaro nella nostra vita?

Perché non ci pagano, perché c’è la crisi, perché non c’è lavoro, perché apparteniamo ad un determinato ceto sociale, perché siamo sfigati, perché bla, bla, bla… bene ok, le abbiamo dette tutte.

Adesso, visto che le tutte sono state dette, proviamo a dirne altre, senza spocchia e senza idiozia, così, solo per riflettere su altro.

Su queste mi ci soffermerò un po’ di più perché quelle citate adesso sono ovvie e conosciutissime e professate da tutti (attenti alle forme-pensiero! Leggete qui https://prositvita.wordpress.com/2018/03/07/le-pericolosissime-forme-pensiero/ ). Queste che invece sto per elencare, a volte, non vengono in mente.

Perché non entra il denaro nella nostra vita?

perché lo si considera una cosa “sporca”

Ora, non so voi, ma io, se sapessi che una persona mi considera sporca, abietta e magari dice anche che puzzo, io… beh… da quella persona non ci andrei. La nostra cultura, religione compresa, così come l’educazione di mamma e papà operai, ci ha insegnato che il denaro è il male. Gesù era povero e infatti buono (Balle! Ne aveva più di me!), l’imprenditore che ha tanti soldi è un arrivista senza scrupoli, chi ha tanti soldi è vanitoso e arrogante, per i soldi si uccide, il denaro è la tentazione, la felicità non la fanno i soldi… tutte frasi che, giorno dopo giorno, tramutano il denaro in un qualcosa da rifuggire se si vuole rimanere puri e onesti e, nelle nostre memorie, soprattutto nel nostro inconscio, attorno al denaro, prende sempre più concretizzazione la figura di un volto demoniaco che ci vieta di far entrare i soldi in noi, nella nostra vita, con entusiasmo, e considerandoli belli, sani, genuini, incontaminati. Vero o no?

perché il soldo è un valore e noi non valiamo

Il denaro è considerato uno degli strumenti nella nostra esistenza dal valore molto alto. Senza i soldi non si può fare praticamente nulla. Persino la nostra salute è basata su di lui, in quanto, grazie ad esso, possiamo curarci meglio e quindi… vivere (vi sembra poco?). Il denaro quindi acquisisce un merito incredibile, un’importanza non solo notevole ma indispensabile. Grazie a lui si mangia anche e, quindi, si vive (vi sembra poco?). E’ chiaro perciò che è un qualcosa che vale molto e, nella nostra mente, gli si danno forme, lo si visualizza attraverso uno yacht, ville, completi firmati e ventiquattrore, vacanze, benessere, potenza, governo. Tutte cose dal grande valore per la nostra educazione e, se noi non valiamo allo stesso modo, ovviamente non può esserci una connessione tra noi e loro. Perciò, se io mi auto-svaluto, di conseguenza mi ritroverò con soli pochi spiccioli. Un tot di denaro pari a quanto è la valutazione di me stessa. Secondo me regge.

perché gli si da troppa importanza

Lo si considera indispensabile. Nei suoi confronti si hanno molte, troppe aspettative, è vitale, fondamentale, tutto ruota intorno a lui. Pensate forse che chi è ricco pensa al denaro in questo modo? Direte – Certo che no! Lui già ha i soldi perché doversene preoccupare? -. E’ vero ma, al di là del fatto dell’averne o meno, è proprio la preoccupazione che fa attrito. E voi direte ancora – Ma è proprio perché non ne ho che mi preoccupo, altrimenti non mi preoccuperei – ebbene, per non cadere in un circolo vizioso ed evitare di imitare i criceti, vi consiglio di osservare la cosa all’incontrario ossia: “non avete denaro proprio perché vi preoccupate del fatto che non lo avete”. Non vi ricordate più che la realtà è uno specchio? L’ho scritto tante volte. Potrebbe essere un motivo non trovate?

perché ci sembra impossibile averlo

Chi nasce quadrato non può morire tondo. E’ raro che in una famiglia “povera” (oggi la povertà è diversa da quella di un tempo), si possa credere, con fermezza, crederci davvero intendo, sentendolo dentro, che nostro figlio diverrà un riccone. Glielo si augura, si prova ad insegnarli come fare ma è solo la speranza a guidarci e non la sicurezza. Non solo, saranno molte di più le frasi tipo – Per campare dovrai sudare sette camicie – che gli diremo piuttosto che altre, perciò, il possedere tanto denaro, diventa solo un sogno. Un ingrediente della fantasia, sapendo benissimo che mai, potrà essere la realtà. Si utilizza questo metodo del “tarpare le ali” per non illudere, perché è il male ad avere sempre la meglio e, nostro figlio, illudendosi, soffrirebbe. Non si pensa invece che ad avere la meglio potrebbe essere il bene e che, nostro figlio, credendosela, potrebbe davvero un domani diventare ricco solo perché è riuscito, con l’immaginazione, a realizzare la realtà che più desiderava. Lui non darà mai per certa la consapevolezza di averlo e non l’avrà. Vi siete mai chiesti come viene educato il figlio di un riccone? Senza badare a spese. Quello che voglio dire, non è che dovete comprare al vostro erede tutto quello che vuole e di molto costoso ma, semplicemente, provare a cambiare un po’ l’educazione, inerente ai soldi, che ogni giorno gli fornite. Modificare le informazioni che seminate nel suo cervello e che lui nutrirà e coltiverà. Potrebbe essere un’ipotesi.

perché ne abbiamo bisogno

L’Universo, così come la nostra anima, non ci vogliono bisognosi. Ci vogliono Dei. Onnipotenti. Fatta ad immagine e somiglianza di Dio. Un Dio non ha bisogno. E’ solo l’uomo che si rende micragnoso. Finchè si percepisce il soldo come un bisogno quindi, esso non arriverà mai perché occorre capire che, soprattutto nel Qui e Ora, abbiamo esattamente tutto ciò di cui necessitiamo. Se vogliamo avere più denaro, dobbiamo trasformarlo in una logica conseguenza. Io non ho bisogno di soldi, “io voglio più soldi perché così almeno potrei fare anche questo ma vivo bene lo stesso”. Vivo davvero bene lo stesso. Se mi sento appagata interiormente, e nel vero senso della parola, il denaro troverà la porta d’accesso per entrare nella mia vita ma se lo bramo per paura della sofferenza esso non entrerà finchè non imparerò a capire che posso avere tutto ciò che voglio. Starà lì ad aspettare e a dire “Quando capirai e percepirai che posso arrivare in piena fluidità, senza motivi che ti incatenano, arriverò”. Ma ci pensate?

perché lo consideriamo il motivo dei nostri movimenti

Quando facciamo qualcosa, come ad esempio il nostro stesso lavoro, ogni giorno, come bravi soldatini, quando creiamo qualsiasi cosa, lo facciamo solo ed esclusivamente per il denaro e per pagare a fine mese tutte le spese alle quali siamo obbligati. Povero denaro… a lui nessun riconoscimento come essere a sé! E’ solo un mezzo e non una gioia. Ma, detto così, non si capisce. Il fatto è che se io ad esempio scrivo un libro e lo scrivo solo per guadagnare e non per fare innocentemente del bene al mondo, attraverso la mia creazione, non guadagnerò mai. Se invece scrivo solo per passione (facendo del bene pure a me stessa) e davvero per contribuire ad un benessere degli altri, il denaro si sentirebbe ben lusingato di appartenere in cambio alla mia vita. E’ nel momento in cui dono, incondizionatamente, che posso poi godere di tutto ciò che mi fa stare meglio e non quando offro per un tornaconto. Fosse anche solo il tornaconto dell’affetto da parte degli altri. Ci muoviamo solo in base ai soldi, capite che responsabilità, poveretti, gli stiamo dando? Non se la prendono un’incombenza così! Sfido io! Voi vi prendereste una responsabilità del genere? Tipo… far vivere bene o male una persona per mano vostra? Dai… non potete darmi torto!

Per attrarre denaro dall’esterno all’interno verso di noi, dobbiamo modificare il nostro interno verso l’esterno. Solo così potremmo godere una vita appagante in ogni ambito. E’ difficile. Molto. Non lo nego. Io ci scherzo su ma comprendo quanto sia brutto. Ho saputo cosa significa. E oggi voglio vivere diversamente, non più come un tempo. Continuo così ad allenarmi, la strada è lunga ma non mollo, provate anche voi, alla fine… non costa niente. E’ solo un meccanismo della mente che va modificato.

Vi lascio a questo video di Salvatore Brizzi e vi consiglio di acquistare il suo libro “La Via della Ricchezza” nel quale, alcuni concetti, sono spiegati ancora meglio.

Prosit!

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È il tuo nome!

Se lo si sa leggere disegna la personalità di chi lo indossa, qualsiasi sia il perché della sua presenza in noi, poichè a sceglierlo, costretti, condizionati o liberi di prediligere sono stati coloro che ci hanno messo al mondo.

Chi non ama il proprio nome alzi la mano.

Le mani sono tante mi sa. Soprattutto quando si è ragazzi. Poche volte mi è capitato di sentire che il nome che ci è stato affidato dai nostri genitori piace.

Avremmo sicuramente voluto chiamarci in modo diverso.

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Quando ero più piccola, nonostante la trasformazione in Meg, assai più carino per me anche se pare essere in realtà il diminutivo di Margaret, il mio nome rimaneva comunque Magda e lo trovavo troppo duro e che poco si addiceva alla mia personalità. Se pensavo ad una donna dal nome “Magda” vedevo una donna che sapeva il fatto suo, anche un po’ fredda e scontrosa all’occorrenza, se vogliamo, di polso e sicuramente poco ingenua. Insomma, una tosta. Bhè… non ero sicuramente io quella. Magari fossi stata un po’ più sicura di me!

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Ma in effetti, se devo essere precisa, il mio vero nome non è Magda ma Magdalena. Ecco si, forse così un po’ si addolcisce. Comunque, stò “Magdalena”, mi sapeva di vecchio e non riuscivo mai ad apprezzare il nome che mi portavo dietro. Me l’hanno dato, come succede a tanti, per ricordare mia nonna. La cosa mi faceva ancor più arrabbiare perché mia nonna in realtà, santa anima, si chiamava Anna Maddalena e continuavo a chiedere perché non avessero scelto “Anna” tra i due; un nome che trovavo meraviglioso. Hanno scelto Maddalena ma, per modernizzarlo un po’ visto che eravamo già negli anni ’70 (vuoi mettere!) ci hanno infilato quella G nel mezzo cosicchè si potesse spezzare e rendere più adatto al periodo. Un giro di lettere che non mi è mai piaciuto. “Anna” era così semplice, così carino, così dolce.

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A girare il coltello nella piaga poi ci si metteva anche mia madre. Ebbene si, la nonna era paterna, era praticamente sua suocera e, nonostante l’adorazione che mia mamma provava per lei, le sarebbe piaciuto chiamarmi Cinzia. Bellissimo. Ossia, oggi sinceramente non è un nome che mi fa impazzire (chiedo scusa a chi lo porta) ma era sicuramente meglio del mio e allora – Perché non mi hai chiamata così?! – le chiedevo.

Quando mi domandavano come mi chiamavo e rispondevo – Magda –, in quanto Meg agli sconosciuti non si poteva dire (chissà poi perché?) mi sentivo quasi sempre rispondere – Magda? Mai sentito! -, ecco, infatti, se non si è mai sentito facciamoci qualche domanda. Quando invece mi andava bene mi dicevano – Ah! Si! Anche la trisavola di una mia amica si chiamava così! –. Che c… ehm… che fortuna! Vabbè, ormai era andata.

E mi era andata anche di lusso! Pensate che se fossi nata maschio mi avrebbero chiamato Quanito! Ma si può? Si, si. Sempre ovviamente per fare un favore a qualche parente. Quanito con l’aspirazione iniziale, mi raccomando, praticamente la Q non si pronuncia, infatti bisognerebbe scrivere Juanito ma sta J ai miei poco piaceva. Quanito significa Giovanni. Dico io, ma chiamatemi Giovanni allora! Perché mai Quanito? Se penso ad un piccolo bimbo in fasce non ce lo vedo proprio con un nome così. Quindi sono anche stata fortunata sul sesso, meno male, almeno quello.

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Ora, al di là del loro significato, stupendo per ognuno, i nomi sono fondamentalmente quasi tutti belli. Ci identificano, siamo noi e, a modo loro, parlano di noi. Si, siamo noi per lo Stato, per dei documenti, per la burocrazia ma siamo comunque noi. E’ nostro. Imparai col tempo ad amare il mio nome. E’ mio, sono io. Magdalena però, non Magda e… bhè, per Meg invece provo un particolare affetto. Gli voglio proprio bene. Quello me lo sono scelto io e tutti quanti hanno “obbedito”! Che rivincita. Ma col tempo, per la grande gioia di mamma e papà mi sono affezionata anche a Magdalena. No, non intendo dire che la gente debba chiamarmi così ma, se devo pronunciarlo, non mi da alcun fastidio anzi…

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Ho anche scoperto, crescendo, che così si chiamava pure la donna che portò la parola di Gesù nel mondo, soprattutto in Europa, direi quindi un qualcosa di importante davvero. No, niente di cattolico ma sapete bene che, al di là della Chiesa, reputo il Vangelo un libro sacro se tradotto come si deve. E quindi insomma, questa donna ha portato la parola della salvezza. Purtroppo con poco successo finora ma penso che il suo operato non sia stato del tutto inutile. “Abitante di Magdala” è praticamente riduttivo, lasciatemi questo vanto.

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Provate ad affezionarvi alla storia del vostro nome, ne scoprirete nuove bellezze e grande importanza. Non sono stati dati a caso, soprattutto un tempo, quando sono nati, quando sono stati inventati. Alcuni portano con se’ dei valori molto profondi e grandiosi che non possono passare inosservati e non può un semplice suono, a seconda di come li sentiamo pronunciandoli, soffocare la loro rilevanza e il loro merito.

Una dote alla quale non si può rimanere indifferenti e che fa innamorare. Proprio come è successo a me.

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La Numerologia inoltre, affiancando numeri alle lettere (per spiegare brevemente un elaborato processo) permette anche un’identificazione ulteriore che va oltre la conosciuta personalità. E’ per questo che, a mio avviso, ci possono essere diversi spunti e stimoli per poter imparare ad apprezzare il proprio nome. E non sarebbe una brutta conquista.

Non si tratta solo di un insieme di lettere, è molto di più, ed è un peso non apprezzarlo.

Il nome è potente. Per alcune filosofie, se si chiama forte una persona con il suo nome, una persona verso la quale si è collegati energeticamente, essa potrà “sentire”, in un certo modo, e pensare a chi la sta chiamando.

Alla fine, per quel che mi riguarda, parlando del mio carattere, devo dire che tra “Magda” e “Maddalena” probabilmente “Magdalena” è stata la scelta più giusta. Una via di mezzo che mi rappresenta abbastanza quindi… vabbè dai, ok, mamma e papà un così brutto lavoro non l’hanno fatto.

Prosit!

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