Quel pazzo di Hamer

E’ piccolo il libro di Giorgio Mambretti e Jean Séraphin intitolato “LA MEDICINA SOTTOSOPRA”. Appena 117 pagine e forse, per i primi approcci a tali argomenti, bastano e avanzano.

E’ un libro che parla di un modo nuovo, totalmente nuovo, di guardare una malattia o un malessere.

E’ un libro che trasforma persino il termine che ho appena citato. “Malattia” diventa “Benattia” andando a scardinare alcune memorie arcaiche che ci appartengono. Perché si sa, sono proprio loro, le memorie, a  creare tutto in noi. Sono i pensieri, consci e inconsci, a formarci.

L’uomo è quello che mangia! – diceva Ludwig Andreas Feuerbach, filosofo tedesco copiato poi da Naboru Muramoto nel suo libro “IL MEDICO DI SE STESSO”. Frase che ho sempre condiviso. Ma mia madre aggiungeva anche – L’uomo è quello che mangia… e anche quello che pensa! – e mica solo lei lo diceva. Tutti i più grandi maestri del passato, spirituali e di scienza, di fama mondiale, lo hanno detto conoscendo bene la Legge vibrazionale di Risonanza. La proiezione materiale del nostro pensiero.

“LA MEDICINA SOTTOSOPRA” è un libro che parla di un medico. Una figura ambigua lo si potrebbe definire. Per molti un ciarlatano radiato dall’albo, per altri un salvatore: si tratta di quel pazzo di Ryke Geerd Hamer.

Chi mi segue da tempo sa bene che non ho mai avuto intenzione di giudicare all’interno dei miei scritti, ne’ di schierarmi verso un movimento piuttosto che un altro. Mi piace semplicemente riportare, accendere luci e dire il mio parere. Quindi, senza lasciarvi troppo sulle spine, vi dico subito che a Hamer credo. Non m’interessa credere in lui come persona, può aver fatto la qualunque. Non mi interessa nemmeno credere in Gesù, il quale potrebbe anche non essere mai esistito in carne e ossa. Accolgo semplicemente un messaggio e provo a conoscerlo. Se mi rendo conto che può essere un buon insegnamento lo faccio mio. Lo metto in pratica.

Ma qual è il messaggio di questo amato e detestato medico?

Hamer nato a Mettmann nel 1935 e morto a Sandefjord nel 2017 dopo una vita di condanne, fughe, giorni passati in carcere e chi più ne ha più ne metta, ha cercato di dare un volto nuovo alla malattia e alla Medicina stessa. Quella occidentale soprattutto. In realtà non ha scoperto niente di nuovo ma andiamo con ordine… Si è anche prodigato nel dare soluzioni utili a chi ne aveva bisogno. Si possono tranquillamente leggere, su molti siti, gli strambi rimedi di ortica e ricotta che forniva a gravi malati di cancro… E già… su molti siti ma non su tutti.

Ad una più attenta supervisione e tralasciando le soluzioni considerate “barbine” dell’impavido medico, si può notare bene come il focus andrebbe fatto sul suo modo di osservare la malattia. Hamer infatti sosteneva che la malattia non è solo la realizzazione di un colpo di sfortuna o una disavventura genetica, bensì un conflitto interno non risolto che si manifesta attraverso un malessere del corpo più o meno gravemente. 

Questo tema è ben conosciuto dalla biologa e psicoterapeuta Claudia Rainville, madre della Metamedicina, e dall’insegnante Louise L. Hay. Vi consiglio di leggere tutti i loro libri.

Conflitti interni non risolti… beh, perbacco, questo è interessante. E se serbasse in sé una verità? Una verità che diventa – mia – non più di Hamer, cioè che dona – a me – una sorta di insegnamento.

In pratica, mi stanno dicendo che se soffro di Sinusite (come ho anche già scritto) non è solo perché ho preso freddo. In effetti tutti prendono freddo e no, non è ereditaria. Infatti sono l’unica in famiglia a soffrirne. E’ perché in realtà, sono vittima di una situazione/persona che non sopporto ma sono obbligata a tollerare. Tant’è che posso soffrire di questo disturbo per due o tre anni nella mia vita ma né prima ne’ dopo ne ho sofferto o ne soffro. La cosa inizia a farsi interessante.

Da dove nasce tutto questo? Nei nostri tempi recenti (in quanto dopo aver fatto, per anni, lunghe ricerche ho scoperto che certe teorie erano già più che approvate in luoghi, popoli e tempi antichi; per questo dico che Hamer, in realtà, non ha scoperto nulla di nuovo) nasce proprio da un evento che il dottor Hamer ha subito e gli ha cambiato la vita in tutti i sensi.

Il figlio di Hamer, il diciannovenne Dirk Hamer, venne colpito ad una gamba da un colpo di fucile sparato a quanto pare (ma il “quanto pare” si potrebbe tranquillamente togliere) dal Principe Vittorio Emanuele di Savoia da una piccola barca al largo dell’Isola Cavallo in Corsica. Vittorio Emanuele, che al momento del fatto era ubriaco, ha sparato diversi colpi contro alcuni suoi ospiti accusandoli di avergli rubato un gommone. Uno di questi colpi, sparati alla rinfusa, penetrò la gamba di Dirk che in seguito andrà in gangrena. Dopo un calvario durato circa quattro mesi, vari interventi, emorragie e infezioni che non guarivano, il giovane ragazzo morì lasciando un profondo dolore nel cuore dei suoi genitori e i suoi tre fratelli. Come a voler rincarare la dose di angoscia, pare anche che il Principe Vittorio Emanuele, dopo essere stato assolto a processo per mancanza di prove (era il 1978 e venne condannato solo per porto abusivo di armi, quindi la sua pena fu lieve) si sia persino vantato con un amico di averla “fatta franca”. Un po’ come a dire “oltre al danno, la beffa”. Tutto questo causò nel dottor Hamer un rancore così grande, una così forte rabbia, una così intensa voglia di vendetta che poco dopo gli diagnosticarono un tumore (un carcinoma) ad un testicolo. Anche la moglie di Hamer, Sigrid Oldenburg si ammalò di cancro e morì poco dopo.

Un momento del processo a carico di Vittorio Emanuele di Savoia accusato di omicidio volontario del giovane tedesco Dirk Hamer, Parigi, 1991. ANSA

Questa nuova visione della malattia citata in dottrine come la Psicosomatica, spiega che il tumore viene formato dal rancore. Colui che è rancoroso, non è da vedere come una persona – cattiva – come i nostri schemi mentali ci insegnano. Provare rancore significa anche, semplicemente, avere rimpianti, rimorsi, sopportare in continuazione situazioni che ci provocano profonda insofferenza e sentirci impossibilitati a cambiare le cose… Anche la persona più buona del mondo può provare rancore, magari proprio per se stessa, perché ogni mattina si guarda e non si piace, perché viene trattata come uno zerbino, perché non riesce a reagire, perché non è riuscita ad avverare i suoi sogni… Oppure, ovviamente, si può provare rancore nei confronti di un fatto particolarmente triste che ci è accaduto nella vita. Si può provare rancore inconscio verso un genitore dal quale si desiderava solo amore, si può provare rancore verso un Governo vessatore, verso un lavoro che non ci piace ma dobbiamo fare per poter vivere, mantenerci. La mancanza di una persona cara come un figlio, la non-accettazione di quella perdita e soprattutto il modo in cui quella perdita è avvenuta, può farci provare senso di rivalsa, sofferenza, ingiustizia, collera… sono tutte emozioni che vanno a nutrire il rancore, un sentimento più sopito, più profondo e nascondo, difficile da riconoscere ma assai grande e potente.

Ragionando, il dottor Hamer, ha iniziato a farsi delle domande. Non poteva lasciare i tre figli rimasti senza un fratello e ora senza nemmeno la madre. Non poteva morire anche lui. Doveva a tutti i costi far qualcosa. Doveva guarire. Suo padre, Heinrich Hamer, Pastore Protestante, lo introdusse a studi spirituali e, infatti, Hamer, oltre ad essere un medico era anche un teologo. Iniziò a mettere insieme le sue conoscenze, ad unire, anziché dividere, la scienza dalla spiritualità in un tutt’uno. Lui… era un tutt’uno.

Era proprio dai suoi testicoli che Dirk aveva preso vita. I testicoli simboleggiavano, senza ombra di dubbio, la sua paternità verso quel figlio perduto. Un figlio che, Hamer, non era stato in grado si proteggere secondo il suo – senso di colpa -. I testicoli sono l’emblema del maschio, del creatore, della forza, della protezione, dell’azione, di tutto quello che è maschile. E’ in loro che si forma il testosterone.

Claudia Rainville spiega che un problema ai testicoli può indicare un disturbato vissuto della propria mascolinità oppure una tristezza profonda nei confronti della propria paternità. Il senso di colpa nei confronti di un figlio, che può nascere per svariati motivi, può essere così forte da provare inconsciamente il desiderio di autodistruggerci. Addizionando a questo, come in tale caso, la tristezza incredibile per la grave perdita, tutto ciò diventa un conflitto massiccio dentro di noi, o meglio, dentro un padre. Un nodo duro, doloroso: il tumore.

Convincendosi sempre di più che il suo problema ai testicoli derivasse dal dramma vissuto, Hamer, capì presto che doveva ribaltare dentro di lui la situazione, ossia le emozioni provate. Se a far nascere il tumore furono emozioni di rancore, senso di colpa, vendetta, rabbia, frustrazione, etc… doveva allenarsi a provare l’esatto contrario. Doveva prima di tutto perdonarsi. Amare. Amare qualunque cosa. Amare persino la vicenda stessa. Doveva trasformare l’ingiustizia in giustizia sacra, la vendetta in perdono (per-dono, fare un dono a se stesso) la rabbia in pace, la sofferenza in accettazione. Doveva farlo per lui e per i suoi figli ma… col tempo, dopo aver visto che tutto questo funzionò, decise di farlo per l’intera umanità. Passando questo messaggio al mondo.

Le sue teorie, nonostante lo fecero guarire dal tumore, non avevano però alcuna valenza scientifica e vennero considerate pericolose dalla medicina. Si addebitano ad Hamer centinaia di morti. La scienza calcò pesantemente la mano con – …centinaia di morti innocenti che avrebbero potuto guarire se non si fossero affidati al metodo di Hamer… -. Elenca un bel numero di queste morti ma non le guarigioni, perché anche quelle ci sono state. Ne descrive solo i buffi rimedi e quant’altro.

In altri luoghi, però, si può notare come la casistica di guarigione di malattie considerate degenerative sia stata così impressionante da far vacillare gli edifici della Sanità.

Hamer ha fatto errori? Sicuramente! Ha detto cavolate? Sicuramente! Ma ha anche esposto un concetto.

Hamer spiega, come a livello di tensione o rilassamento della fase simpaticotonica o vagotonica del neoencefalo e del paleoencefalo, ci può essere un’evoluzione o una riparazione del conflitto.

Ricordate quando vi parlai del fatto che siamo formati da ormoni? Gli ormoni, o i neurotrasmettitori, vengono secersi dalle nostre ghiandole in base alle emozioni provate e vanno nel sangue, il quale va a nutrire tutto il nostro corpo. In base a cosa contiene il sangue nutrirà di conseguenza i nostri organi, le nostre arterie, tutto. Vi ricordate anche di quando vi dissi che emozioni negative “induriscono” (tensione) persino le molecole del nostro DNA che resta quindi compresso? Ecco, per Hamer, sarei stata una buona allieva.

Ma questo non mi interessa. Non mi interessa pendere dalle sue labbra, ne tantomeno pensare a lui come a un Dio che non sbaglia mai. Sono dotata di una testa e la uso, almeno dove riesco. Una cosa però è inequivocabile: ha fatto tutto questo per salvare se stesso e gli altri. Ha cercato di espandere questo insegnamento. Pensate davvero che lo abbia fatto per avere morti sulla coscienza? Per avere fama? Quella fama che lo ha obbligato a scappare, a nascondersi, a passare giorni in carcere, ad essere additato come un impostore? Un mistificatore? A non poter più svolgere la sua professione? Può anche essere… D’altronde, Oscar Wilde diceva – Di me… Parlarne bene o parlarne male non importa, purché se ne parli -.

Ho messo alla prova le teorie di Hamer su me stessa. Con il mio corpo. Mi occupo di Alchimia Interiore, per cui, il suo insegnamento è stato condito anche da altre arti che conosco e pensare di poter guarire attraverso un metodo più energetico o spirituale che dir si voglia beh… è possibile. Ci sono stati momenti in cui ho dovuto ricorrere, come aiuto, ai metodi della nostra medicina, che ho sempre ringraziato nei miei articoli precedenti. E’ normale. Non si può pretendere di arrivare a fare un lavoro così eroico dall’oggi al domani. Non si può pensare di riuscire a conoscere il nostro subconscio nel giro di due giorni. La paura stessa, nei confronti di quella malattia che ci ha fatti vittime, ci blocca, nonostante la nostra fermezza di voler procedere in tal senso. Sono le nostre memorie e sono più potenti di noi, ci conoscono da quando siamo nati.

Ciò che è importante fare è avere un interessamento verso questo modo di osservare il disturbo perché, quantomeno, si può migliorare di moltissimo:

1) si possono prendere meno farmaci

2) si può guarire a monte e non a valle, dalla sorgente… e quindi sradicare quel conflitto in modo che il malessere non arrivi più, anziché farlo tornare di tanto in tanto (secondo di che malessere si tratta)

Sciogliere il conflitto, in pratica, evitando così di secernere in continuazione determinati ormoni visti i traumi subiti in passato.

Quella che noi chiamiamo – malattia – è un rimedio che il cervello fa entrare in azione attraverso un programma biologico per la sopravvivenza dell’individuo. Il cervello non fa differenza tra un qualcosa di reale e un qualcosa di immaginario. Se continui a dire frasi come – Questa situazione non la digerisco! Questa cosa mi è rimasta sullo stomaco! Quella persona non la mando giù! – e provi davvero questi stati d’animo, ecco che il tuo cervello cercherà il modo di secernere nel tuo stomaco più acidi, come l’acido cloridrico che ha un potere digestivo molto potente, per poterti permettere di digerire. Da qui, tutta questa emissione di sostanze acide, possono far insorgere: bruciori di stomaco, cellule tumorali, ulcere.

Continuare a prendere il Gaviscon o il Maalox (ringraziamone l’efficacia in caso di bisogno, per carità) ti aiuta ma non risolve il conflitto alla radice. Era infine questo il messaggio di Hamer, le soluzioni che il tuo cervello realizza. Messaggi… come vengono chiamati dalla Rainville in “OGNI SINTOMO E’ UN MESSAGGIO”, un suo bellissimo libro.

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La Tredicesima Dea – Sii Luce

Hai mai pensato di trascorrere il periodo che nella nostra società viene chiamato – Natale – in un modo un po’ diverso dal solito?

Un modo che possa guarirti, possa rasserenarti, donarti forza, centratura, pace e anche qualche potere… magico! Abbiamo tutto a nostra disposizione, basta saperlo cogliere e, per coglierlo, occorre conoscerlo.

La parola “Natale”, che dal latino “natus” riguarda il nascere o la nascita, è stata dal Cristianesimo associata alla venuta al mondo del Messia ma io, come nei tempi più antichi, preferisco chiamarlo “periodo del Sole”.

Con “periodo del Sole” intendo nominare la nascita di una luce nuova, brillante e fulgida. Si tratta della luce del Sole Bambino e della nostra luce interiore che ha a che vedere anche con la nostra Ghiandola Pineale o Terzo Occhio. Una ghiandola untuosa in grado di secernere un balsamo oleoso, panacea per tutti i mali del nostro corpo e della nostra parte emozionale. Da qui, il termine “Unto” dal greco “Christós” e cioè “Cristo”, ecco il perché della nascita di Gesù che molti chiamano con entrambi i nomi.

Ma cos’è il Sole Bambino e cosa c’entra con Gesù? I popoli antichi hanno sempre studiato molto il cosmo e il firmamento accorgendosi che dopo la notte del 21 dicembre, Solstizio d’Inverno, nonché giorno più corto dell’anno, il Sole sembra andare a morire (rimanere fermo, in stasi) verso un luogo del cielo dove splende la Croce del Sud, una costellazione assai appariscente che mostra una forma la quale è divenuta simbolo indiscusso di tutto il Cristianesimo. Gesù morì infatti crocifisso. Dopo tre giorni, come a risorgere, il Sole ricomincia la sua ascesa e da qui si parla di un Sole Nuovo, appena nato, nonché di resurrezione. Sappiamo che la parola “Solstizio” deriva dai termini “Sol” e “Statium” in riferimento, appunto, al Sole fermo.

Un Sole con un’energia potente che gli antichi Alchimisti Maghi, ma non solo loro, cercavano di sfruttare al massimo connettendo le loro vibrazioni a quelle dell’Astro Padre. Ebbene sì, credevano alle frequenze molto più di noi e le usavano a loro favore.

Il 25 Dicembre era pertanto quel giorno in cui molte persone si raccoglievano in se stesse per connettersi a quel Nuovo Sole risorto; ringraziarlo, venerarlo e utilizzarlo per nutrire il proprio Sole interiore. La luce intrinseca che ognuno di noi possiede.

Varie leggende narrano che da questa data si iniziavano a contare le 12 notti (chiamate anche i 12 giorni di Natale e, per alcuni, non sono altro che un collegamento dei giorni festivi tra il Natale e l’Epifania). Notti in cui, attraverso il buio, l’Anima si prepara a evolvere e a illuminare così quell’oscurità. Un’oscurità che è da vedere, metaforicamente, anche come il nostro buio interiore e come dalla Nigredo ci si possa esercitare ad avanzare verso l’Albedo, due delle fasi del percorso alchemico di creazione della Pietra Filosofale. La terza è chiamata Rubedo.

Il 12 è sempre stato un numero importante nella numerologia, nell’alchimia, nell’esoterismo e nella magia ed è sempre stato citato ma è interessante vedere come sia anche l’inverso del 21. Tant’è che, la Croce del Sud, ha da sempre rappresentato il Tutto e il contrario di Tutto come a voler unire ogni cosa: il Bene e il Male, il Giorno e la Notte, la Morte e la Rinascita, i poli opposti…

Pare che in queste 12 notti, per chi sa osservare, la Natura mostri un aspetto di sé davvero particolare, un aspetto dato da un’energia luminosa che freme il quel buio. L’inverno è appena iniziato ed è pronto a custodire amorevolmente ogni cosa soprattutto grazie alla candida presenza della neve che rappresenta la purezza di un’Anima lucente e di un neonato, proprio come il Sole Bambino.

Se non cadesse la neve, dove necessita, chi potrebbe custodire intatti i semi che germoglieranno in Primavera? Cosa potrebbe mantenerli completamente integri nel loro DNA e incontaminati se non un naturale processo di ibernazione che non ne altera nessuna memoria genetica? La parola Inverno deriva infatti da “Hibernum” e cioè “Ibernare o Ibernato”. Per riaverli, affinché possano riprodursi tali e quali. Perchè possano non seccare, per non marcire, per non volare via. Ogni fenomeno meteorologico è necessario in base al periodo vibrazionale che si sta vivendo, come la pioggia, ossia lo sperma della Terra. Come il vento, il conducente che accompagna le creature. C’è un’onnipotente e saggia Energia Creatrice che opera anche per noi, per la nostra sopravvivenza e per la sopravvivenza di tutto il Creato.

Durante queste 12 notti, o 12 giornate, la Natura tutta, illuminata e nutrita da un Sole Nuovo, può godere di un’energia fondamentale e influente. Ma le storie narrano anche di 12 grandi Dee e Dee minori che sorvolano su Madre Natura affinché essa possa prepararsi a concepire al meglio. Dee in grado di donare fertilità, abbondanza, fecondità, sovranità, ricchezza…

La Parola d’ordine quindi è: CREAZIONE.

Rendere e rendersi fertili. Procreare, Rinascere, Creare, Realizzare, Crescere, Germogliare, Risorgere… sono tutti sinonimi volti al Nuovo, ad una nuova Vita. E anche se tutto questo può sembrare prettamente femminile, anche i maschi possono ovviamente nutrire l’intento di procreare un qualcosa che sia bello, utile e splendido per loro e per la loro esistenza. Siamo Esseri Umani e quindi, come dico sempre, “fatti a immagine e somiglianza della Fonte Creatrice” più di qualsiasi altra creatura.

Nutrire dentro di sé un talento e scegliere di concepirlo e metterlo al mondo non può che essere una pratica buona per ognuno di noi. Mostrare la propria luce interiore a noi stessi e agli altri, laddove, tra i vari talenti che possediamo, c’è quello inerente alla nostra missione, non può che arricchirci e portare entusiasmo e beatitudine nella nostra vita.

Il senso della vita è quello di trovare il vostro dono. Lo scopo della vita è quello di regalarlo – (Pablo Picasso).

Durante il 25 di Dicembre è possibile focalizzarsi su questo o più talenti per poi accudirli e nutrirli durante i 12 giorni a seguire. Alla fine di questi 12 dì, si aprono per noi le porte di una vita che, se vogliamo, può essere nuova e bella non perché migliorata all’improvviso ma perché abbiamo deciso di porre attenzione ad un qualcosa di fondamentale per il nostro Essere e che mai abbiamo considerato prima d’ora. Grazie all’energia del Nuovo Sole e alle vibrazioni delle 12 notti, durante le quali quest’anno sono previste anche le frequenze apportate da grandi congiunzioni, come quella tra Giove e Saturno, che non avveniva da 400 anni, nonché la presenza precedente delle Geminidi, Stelle Cadenti luminosissime.

Abbiamo tutto quello che ci serve a portata di mano, anzi… a portata di cielo.

– Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare il miracolo di una cosa sola – (Come in cielo, così in terra) (Ermete Trismegisto).

Non sprechiamo questo periodo incredibile dalle energie molto significative per noi e la nostra Essenza. Prepariamoci a un anno diverso, a un anno in cui potremmo far germogliare ciò che davvero siamo, le nostre qualità più nascoste o celate a causa della paura del giudizio degli altri. Potremmo splendere. Possiamo splendere. Ovviamente sarà difficile aspettarsi il miracolo in un sola volta, per un solo Natale, ma se prendiamo l’abitudine di seminare in noi tutto ciò per emanare la nostra luce ogni anno, allora, ogni anno, essa sarà sempre più grande.

E allora trasformiamoci nella tredicesima Dea o nel tredicesimo Dio e dopo l’ultima notte iniziamo noi, pregni di tutte quelle frequenze magiche, delle quali la Sorgente Divina ci ha forniti.

Sii luce, lascia divampare la tua scintilla.

Prosit!

Cortecce e vibrazioni

Siamo troppo abituati a riconoscere soltanto la nostra parte fisica, materiale. La nostra come quella del mondo che ci circonda.

Non consideriamo di avere anche una parte (immensa) che è Spirito e cioè non tangibile, non materiale. Formata da vibrazioni. E non consideriamo nemmeno il fatto che la Natura stessa è un insieme di vibrazioni. Ecco il fulcro importante dove avviene lo scintillio. La connessione.

Certo, è facile da dire ma difficile da mettere in pratica. Come si fa, dopo tanti anni, abituati a osservare solo quello che l’occhio vede?

Purtroppo, a causa di questo, viviamo una vita totalmente immersi nella materia non potendo usufruire di quello che invece ci spetta in altre dimensioni. Siamo come amputati che non possono godere dell’usufrutto di molte altre parti (nostre).

Negli ultimi anni si parla tanto di connettersi al bosco, agli alberi, alla Natura tutta, perché questo ci fa bene e ci migliora la vita. Si parla di veri e propri “bagni di Foresta”, un toccasana per la nostra quotidianità. Non lo metto in dubbio.

Dal punto di vista biochimico, le piante, possono davvero emanare sostanze terapeutiche per noi, come i terpeni o gli oli essenziali, che respirati vanno a solleticare le nostre ghiandole, le quali secerneranno ormoni utili al nostro benessere. Utili anche a farci sentire più felici.

Il problema è che questo risultato, completamente materiale, ha una durata breve, quasi come se fosse un medicinale. Cioè “cura” a valle ma non alla sorgente e nemmeno in modo definitivo.

Purtroppo, riconoscendo solo il nostro fisico e facendo altrettanto con le piante, otteniamo un effetto effimero dalla beve durata. Alla sera, dopo una passeggiata in montagna, ci rimangono belle memorie: il verde che richiama la vita, le fronde che ci sono apparse sinuose e floride, i fiori che ci hanno stupito, ma l’indomani, in ufficio, siamo immediatamente pronti a innervosirci e a battagliare contro il cliente o il collega che ci stressa. Proprio come lo eravamo prima di partire per la nostra bella escursione.

Certo. Di quelle piante ne riconosciamo la corteccia, le foglie, i fiori, il tronco, una bellezza prettamente estetica e quindi fisica, che non dico essere – il nulla – ma ha poco valore con quello che vogliamo ottenere ed è davvero dura connettersi a tutto questo attraverso tale sguardo. Come può un corpo umano sentirsi albero, o ramo, o radice? E’ difficile ed è anche sbagliato! Non siamo pezzi di legno e neanche petali. Siamo molto di più.

Le nostre memorie ce lo dicono subito anche se non ce ne accorgiamo e quindi diventa dura coagularsi a tutto questo. Sappiamo bene, dentro di noi, di non essere quel “materiale” lì.

Potresti forse veramente vederti e sentirti corteccia? Lo trovo ostico.

E’ altrettanto difficile vedersi come ora proverò a spiegarti ma, dopo un lungo allenamento, se ci riesci, potrai godere di un effetto benefico a lunga durata.

Se solo tu potessi vedere vibrazioni al posto del tuo corpo e potessi vedere vibrazioni al posto dell’apparato fisico dell’albero, allora comprenderesti che Tutto (tu e lui) è vibrazione. Un insieme di onde. Ora è più facile vedere un tutt’uno attraverso questo… non credi? Un semplice insieme di onde vibrazionali.

Da te partono delle onde, dalla pianta partono delle onde ed entrambe si amalgamano assieme in una splendida unità.

Tutto l’Universo è formato da onde.

Chiudi gli occhi. Oh si! So bene che quando vai in mezzo alla Natura difficilmente ti soffermi e chiudi gli occhi ma prova a farlo. Mettiti davanti ad un albero qualsiasi, senza toccarlo, e chiudi gli occhi. Percepisci il tuo corpo ma prova a immaginare dentro di te un muoversi di onde elettromagnetiche le quali riescono anche ad uscire da te e a muoversi tutto attorno a te andando fin dove vuoi tu. Quando diventi padrone di questo pensiero immagina che dall’albero escono onde uguali alle tue, le quali vengono ovviamente ad abbracciare quelle che emani tu e tra voluttuosi ghirigori di energia danzano nell’aria che circonda te e l’albero. Resta per diversi minuti su questa immagine. Come ti ripeto, ci vuole tempo. Ci vuole allenamento.

Se tu facessi questo “esercizio”, diverse volte, poi ti verrà più facile.

Semplicemente cammineresti tra le piante percependoti energia e sentendo la loro energia connettersi alla tua.

Questa è la cosa basilare. La quale può aiutarti anche in tantissime altre occasioni della vita.

Quando, ad esempio, ti succede qualcosa di poco gradevole, se impari a considerarti energia, puoi vedere quanto sei immenso e osservare quell’evento dall’alto vedendolo molto più piccolo e innocuo di quello che è. Non dico che, a quel punto, sia come non doverlo vivere ma la tua Mente lo percepirà più ridotto e il tuo cervello lo mostrerà a te meno pericoloso perché si premunirà di contrastare un fattaccio che considera minuto anziché gigantesco.

Anche per questo motivo sentirai maggiormente il beneficio della Natura anche “a casa” e per più tempo. Lo sentirai dentro di te. Agganciato alle tue frequenze. E’ tuo perché… lo sei. Non lo vedi ma lo sei diventato. Per questo perdura.

Come ti ripeto, l’unica cosa da fare è allenarsi. Educare il cervello. Il cervello esegue ciò che noi vogliamo. Per lui è come guardare un film e prepararsi in base al video che vede.

Devi cercare di impegnarti all’inizio, anche se ci vuole tempo, ma questo serve a seminare bene.

Prosit!

Se parli sottovoce in Chiesa fallo anche nel Bosco

Alla Natura piacciono le grida di gioia, di entusiasmo, di stupore. Piace sentire la voce forte di chi emana sorpresa meravigliandosi grazie alle sue bellezza ma un conto è esclamare in quel momento, o in determinate occasioni, mentre un altro conto è parlare a voce molto alta, per tutto il tempo, come ad aver a che fare con dei sordi.

Vorrei porre un esempio, non penso che durante la celebrazione della messa, uno si permetta di entrare in Chiesa e urlare dalla porta d’entrata a quello che sta seduto alle prime panche dall’altare – Ahò! Mario! Guarda che la borsa è rimasta in macchina!!! -. Vero? Non lo si fa neanche in un Museo. E allora mi chiedo perché invece in un bosco debba capitare. Ovviamente non mi riferisco ad una sola frase ma a veri e propri dialoghi continui.

Beh, è ovvio, la Chiesa è considerata un – tempio sacro – al quale bisogna portare rispetto, che si sia credenti o meno. Questo ce l’hanno insegnato la morale e l’educazione che abbiamo ricevuto da società, famiglia, scuola da quando siamo bambini. Se bestemmi in pubblico, in televisione per dire, vieni punito, ma se urli in un bosco no. In un luogo esiste l’offesa, la mancanza di rispetto, in un altro no.

Che poi, a sbraitare si consumano così tante energie…

Non intendo giudicare un determinato comportamento ma più che altro mi preme far riflettere su quando si dice (perché lo dicono in molti) – Io considero gli alberi degli esseri viventi – oppure – La Natura è viva -. Oppure ancora – Io amo la Natura – e – Io sono connesso alla Natura -. Mhmmm… sei sicuro? Hai bisogno di urlarti le cose quando parli tra te e te?

Con la mente e la voce professiamo queste frasi convinti di provare veramente una comunione totale con il mondo naturale, in realtà è solo la parte materiale che ha interesse su di noi.

Sia nei nostri confronti, che verso il mondo, consideriamo solo (o quasi) la parte di materia, quella che possiamo toccare, vedere, sentirne gli odori. Allora per noi esiste. La parte che invece non vediamo e non tocchiamo non la consideriamo. Se la considerassimo veramente, quando siamo in un bosco, non vedremmo filari di tronchi con fronde ma… spiriti. Mi si passi il termine. Agglomerati di energia viva e con tanto di sentimenti e intelligenza. Non parlo di sentimenti umani ma risposte vibrazionali.

Vedremmo un insieme di vite, così come vediamo un insieme di vite (le persone) all’interno di una Chiesa. In una Chiesa facciamo silenzio anche quando è vuota ma il bosco non lo consideriamo, nel nostro cuore, un tempio sacro.

Non ci rendiamo conto che urlando stiamo mancando di rispetto ad un intero ambiente, alla biocenosi che lì vive in una sua armonia, sintonizzata al suo suono.

Noi non siamo “ospiti” nella Natura perché noi siamo Natura e vibriamo assieme in un tutt’uno con lei nell’Universo. Ma è anche vero che chi abita quell’ambiente non è abituato ad averci. E’ quindi opportuno moderare i toni per evitare di spaventare gli animali che sono abituati ai loro suoni.

Immaginatevi se uno entrasse in casa vostra e iniziasse a urlare, incurante della vostra sensibilità, dei vostri vicini di casa o degli animali domestici che avete. Vi piacerebbe? Non penso.

Di certo, urlando per tutto il tempo, di animali potrete vederne ben pochi ma comunque ci sono. Tra l’altro, hanno un udito molto più sensibile del nostro e, in più, la nostra voce riecheggia. Dentro alle loro tane, spaventati e turbati da quel frastuono, Scoiattoli, Ghiri, Uccelli, Camosci, Lupi, etc… si stanno chiedendo cosa caspita stia accadendo.

Per chi crede nel Dio del Cristianesimo e si preoccupa, con molta attenzione, di fare silenzio all’interno di una struttura religiosa costruita in pietra e cemento, suggerisco di osservare come Dio sia anche lì, tra quegli alberi, quei fiori, quel verde. Quel mondo vivo e palpitante. Non c’è differenza.

Non dev’essere una questione di educazione ma di “rispetto”, intrinseco, che si nutre dentro e allora lo si ha verso Tutto non solo verso quello per il quale ci è stato insegnato. Se si attua questa forma di rispetto verrà normale abbassare il tono della voce, evitare di buttare immondizia a terra, estirpare senza senso fiori o frutti, etc… in quanto ci rendiamo conto maggiormente che siamo lì per dare (il rispetto appunto) e non soltanto per prendere. Come dare ad un amico, ad un figlio, ad un parente, al proprio cane… è la stessa cosa.

Più che un articolo forse questo è un appello che mi premeva fare. Sta arrivando la bella stagione e, dopo mesi di lockdown, segregati in casa, si ha voglia di uscire. Ricordatevi che, come dico sempre, la realtà risponde a ciò che siamo. Se non rispettiamo non riceveremo rispetto.

Prosit!

Andando contro Osho e Buddha usiamo i doni di Madre Natura

Possiamo prendere quello che Madre Natura ci offre? Sì, certo, ma prima c’è da fare una premessa. Una lunga premessa.

Tutto si basa da ciò che sei. Intendo dire cosa sei dentro non come appari. Quali emozioni e quindi quali energie ti appartengono in quel momento. Dentro… molto dentro.

Mi capita spesso di sentir dire che i fiori non si devono cogliere. Si parla solitamente di fiori selvatici, magari visti in montagna. Ecco, ora tutte le Guide Escursionistiche ce l’avranno con me ma che mi lascino spiegare.

Una bellissima citazione, che dicono appartenere al Buddha, usa proprio il “non cogliere un fiore” come metafora per spiegare cosa significa amare – Se ti piace un fiore semplicemente lo cogli. Quando lo ami, lo annaffi tutti i giorni -. Ci sta.

Anche Osho ha provato a spiegare questo concetto con la nobile frase – Se ami un fiore, non raccoglierlo altrimenti morirà e cesserà di essere ciò che ami. Quindi, se ami un fiore lascialo essere. L’amore non ha a che vedere con il possesso, ha a che vedere con l’apprezzamento -. Sono d’accordo con entrambe le citazioni, o meglio con il loro senso, ma possiamo provare ad andare oltre e diventare un goccio più esperti di quello che siamo. (Osho per primo raccoglieva fiori a tutto andare per preparare tisane, infusi e abbellire i luoghi in cui accoglieva i suoi ascoltatori ma ssssst…. non ditelo a nessuno!).

Dobbiamo imparare ad avere un rapporto diverso e migliore con la Natura, rispetto a quello che abbiamo solitamente. Un rapporto più fertile.

E’ giusto voler proteggere certi luoghi. Io per prima sconsiglio di cogliere fiori così, ad minchiam, come si usa dire elegantemente (ehm… mi si perdoni perchè così è chiaro) ma oggi voglio provare a spiegarti qualche differenza.

Infatti, possiamo fare tutto. Possiamo relazionarci in maniera ben diversa con la Natura, finendola di distaccarla da noi, e iniziare a comprendere che siamo un tutt’uno con essa. Se non vogliamo mancare di rispetto a noi, non dobbiamo mancare di rispetto neanche a lei: piante, animali, rocce, etc… E dobbiamo metterci in testa che il rapporto perfetto è quello del – dare e avere -.

Bisogna iniziare partendo da un basso bassissimo livello di umiltà che non significa mancanza di dignità ma considerazione verso quello che stiamo facendo e soprattutto verso il fatto che stiamo prendendo un qualcosa. Quel qualcosa è nostro, è lì per noi, ma per noi è stato creato e se, con umiltà, riconosciamo questo sacro fenomeno, possiamo facilmente accedere al gradino successivo e utile. Quello che ci porta all’interno della grande stanza della GRATITUDINE.

In questa stanza possiamo accogliere in noi ed essere permeati da una grandissima dose di gratitudine che è l’emozione più importante che possiamo e dobbiamo avere ogni volta che vogliamo usare qualcosa che ci viene offerto.

La Natura è ben felice se noi apprezziamo i suoi doni e li facciamo nostri e tutto è lì per noi in abbondanza divina. La Natura non ha paura di – restarne senza -, non ragiona e non vive come noi umani. Lei da’, regala tutto con tutto il suo amore, senza problema alcuno. Una generosità che commuove. Devi riuscire a connetterti a questa generosità mentre cogli quel ben di Dio. Qualsiasi cosa sia.

Così come prendiamo una mela dall’albero per nutrirci, o le uova di una gallina, o delle bietoline selvatiche, possiamo prendere anche un fiore per sfamarci, curarci o poterlo ammirare all’interno della nostra casa ricordando quanto è bello il mondo là fuori. Possiamo prendere un tronco o una pietra per realizzare componenti d’arredo in casa nostra e vivere il più possibile sentendo i materiali naturali vicini a noi. Per permettere alla nostra creatività di trionfare. Ce n’è un gran bisogno di fantasia. La Natura ne sarà lieta. Questo ci farà stare bene e, se stiamo bene, la Natura è contenta perché, automaticamente, la inondiamo di buone vibrazioni.

Cogliere un fiore è come tagliare la legna per affrontare l’inverno e poterci così scaldare grazie alla sua trasformazione.

Ma non dobbiamo approfittarcene. Con questo non significa che possiamo fare man bassa andando oltre il dovuto. Diventeremo egoisti e approfittatori non più esseri umani che vibrano in alte frequenze. Ecco quindi qualche accorgimento da tenere a mente se si vuole cogliere un fiore (o prendere qualsiasi altra cosa):

Innanzi tutto serve osservare se di quella specie di fiore ce ne sono molte altre nei dintorni. Non essere sbrigativo e affamato. Stai per compiere un’azione che rimarrà registrata nella memoria dell’Universo, esegui il tutto con equilibrio, centratura e sapienza. Se quel fiore particolare è l’unico nel raggio di parecchi metri, lascialo stare, il prossimo anno potresti trovarne due e poi tre e così via. Se invece quel luogo abbonda di quella specie allora puoi anche prenderne qualcuno.

Non esagerare con il numero di fiori. Per abbellire una stanza o per ricordare a te la bellezza che ti circonda fuori casa, ti basta un vasetto con dentro queste ricchezze, non devi addobbare una cattedrale, non ti stai sposando! E’ il senso ad essere importante, non dimenticarlo mai!

Non prendere un fiore durante un’escursione. Quando alla sera sarai arrivato a casa esso sarà morto o avrà patito tantissimo, che te ne fai? A che ti serve un fiore passo? Coglilo solo se vuoi tenerlo per ricordo, magari tra le pagine di un libro. Dai un senso alla tua raccolta, a quell’atto che compi, non pensare solo al “volere”. Cerca sempre di operare come se stessi realizzando una piccola cerimonia.

Ridona alla Terra ciò che è suo. Le mele che cadono da un albero vengono mangiate dagli animali del bosco, quindi sono utili come alimentazione, oppure marciscono e vengono assorbite dal terreno diventando humus, utili anche in questo caso. Alla Natura serve ciò che tu consideri una schifezza da eliminare. Lei lo lavora e lo rende utile sostanza. Pertanto, ogni volta che puoi, gli scarti, ridaglieli. Lei saprà cosa fare. Il fiore colto, e che ora consideri morto, adagialo in un prato.

Quando cogli un fiore lascia a terra l’apparato radicale. Tutta la parte più legnosa vicina alla terra, alla fine del gambo, quella delle radici e a volte con anche qualche foglia, lasciala dov’è. Tu non te ne fai niente. Madre Terra potrà più facilmente far sorgere da lì un nuovo fiore. Attraverso questa attenzione emani rispetto sia per il Pianeta che per gli insetti e sarà il rispetto a tornarti indietro.

Cogliere un fiore è un atto da benedire. Non prenderlo strappandolo come se fosse un foglio di carta soddisfatto di averlo ora tra le tue mani. Questa è avidità.

Avvicinati a quel fiore e benedici la sua bellezza, la sua ricchezza. Inchinati verso chi lo ha creato, ama te stesso e anche la Natura se nella tua mente queste due cose sono ancora divise. Ama la bellezza del creato e ringrazia, di cuore, il poter possedere ora quella creazione divina tra le tue mani.

Stai emanando energie bellissime, il mondo non potrà che esserti riconoscente. Gli stai facendo del bene e tutto quel bene tornerà a te. L’Universo, in queste situazioni, non distingue il cogliere un fiore dal dare una moneta ad un povero. A lui interessano le vibrazioni che stai elargendo, qualsiasi sia il tuo scopo.

Se prendi dell’acqua da un torrente devi cercare di provare le stesse sensazioni. In questo modo, utilizzando il grande tesoro che possiedi del “rispetto” saprai da te regolarti sulla quantità da ottenere senza rischiare di abbondare. Saprai dire basta al momento giusto.

Purtroppo, la maggior parte delle persone non pensa a tutto questo ed essendo che siamo in molti, senza alcuna educazione nei confronti di questi temi, qualvolta ognuno di noi decide di impadronirsi di un elemento naturale accade un pandemonio. Da qui ne deriva rabbia e giudizio da parte di chi sgrida chi non si attiene alle regole create dall’uomo e, alla fine, il risultato, è quello di un gran casino che non serve a nulla e a nutrire la Terra c’è soltanto un caotico movimento di energie negative che sono totalmente deleterie.

Prova ad operare in questo modo. La Terra risponde immediatamente e ti accorgerai subito che non stai provocando un danno bensì essa è contenta. Tratta quel fiore come tratteresti un qualcosa di molto caro per te. Usalo ma non sfruttarlo. Cogline la vera essenza che ti appartiene. Più tu ti ami e ti elevi e più la Natura tutta non potrà che trionfare seguendoti. Perché lei è il tuo riflesso.

Molti anni fa, un mio amico mi disse – Guarda Meg, se strappo il Timo in questo modo, le Api non lo considerano più. Se invece lo colgo in quest’altro modo, loro vanno ancora a succhiare il suo nettare anche se è dentro al cestino. Ti rendi conto? –. Sorrisi davanti alla sua ragione.

La meraviglia di un uomo che coglie un fiore per portarlo alla sua amata o della donna che lo usa per intrecciarsi i capelli con dolcezza… di questo ha bisogno la Terra in cui viviamo. Di questo si nutre felice.

Mantieni quel dono vivo. Non ucciderlo con metodi grezzi. Sii elegante e grato soprattutto. Usa la delicatezza, la parsimonia e, come ti ripeto, la gratitudine. Non puoi fare nulla senza di lei. E puoi fare tutto ciò che vuoi se la utilizzi.

Prosit!

Vivere il Presente e “staccare” davvero quando si è nella Natura

La maggior parte delle persone che mi racconta l’ultima esperienza vissuta in natura si sofferma molto su un qualcosa che è successo di eclatante ma mi rendo conto che non va oltre.

Prendiamo, per esempio, come luogo, la montagna. Amo la montagna, la vivo, sono un’escursionista e un’esploratrice per cui, amici e no, vengono spesso a raccontarmi le loro avventure per poterle così condividerle con me. Per imparare, per coinvolgermi o anche per insegnarmi.

Finchè mi parlano di tecnica non discuto su nulla, anzi, posso solo che stare zitta e ascoltare ma se il discorso vira verso mete più… spirituali o emozionali, mi accorgo subito che molti di loro, in realtà, non sanno neanche di cosa stanno parlando. Questa però non vuole essere una critica, ognuno è libero di vivere come vuole gli eventi ma, essendo che essi stessi ricercano con smania ciò che raccontano, ho deciso di scrivere quest’articolo per aiutare e quindi non per giudicare.

Per ricollegarmi alla frase iniziale di questo post, come dicevo, vengono registrate solo immagini eccezionali. Cioè: se avviene un incontro a sorpresa con un animale, se si può godere di un panorama mozzafiato, se si nota un fiore bellissimo, se si vive un fenomeno particolare regalato da Madre Natura, etc… allora lo si serba dentro, lo si ricorda e lo si riporta, ma se mentre si cammina per un sentiero io chiedessi – Che alberi c’erano dieci minuti fa attorno a noi? – in pochi risponderebbero. Questo non significa che bisogna sapere per forza il nome di tutte le piante, il problema è che non si saprebbero neanche descrivere. Quelle foglie com’erano? Grandi o piccole? Che forma avevano? Che venature avevano? Non si sa.

ESSERCI

Non si sa perché non si osserva ma, in questo particolare caso, “osservare” non significa solo “guardare”. Significa “esserci”. Inoltre è anche molto utile “osservare”, in luoghi montani, al fine di evitare di perdersi e riuscire ad orientarsi.

Quando abbiamo iniziato questo percorso, hai camminato su pietre o su terra battuta? L’edicola con dentro quella piccola Madonnina, all’inizio della strada, l’hai vista? Che due farfalle stavano facendo l’amore su quell’Orchidea selvatica l’hai notato? -. La risposta è (quasi sempre) – No -.

Questa non è una colpa. Tutto ciò accade semplicemente perché, in realtà, non riusciamo a staccare con la nostra parte materiale. La cosa è un po’ difficile da fare e anche da spiegare. La nostra porzione fisica ci serve durante un’escursione, così come ci serve in ogni azione della nostra vita. In un’avventura in montagna la Mente deve essere presente. Ci aiuta a scegliere, a valutare, ad essere attenti. Il corpo deve rispondere a determinati impegni, ci avvisa se ci stiamo disidratando, ci permette di raggiungere luoghi meravigliosi. Non possiamo e non dobbiamo distaccarci del tutto da quello che siamo nella materia ma non dobbiamo neanche percorrere quel momento in totale fisicità.

La nostra parte spirituale è quella che più di tutte può servirci. Essa è ricca delle virtù quali: la preveggenza, la visione a 360°, la forza, il coraggio, l’amore, il riconoscere la bellezza, la gratitudine, la comunione, la contemplazione, l’osservazione, l’esserci e molte altre. Ogni giorno della nostra vita dovremmo vivere riflessi in questa parte di noi ma è ostico mentre si deve esistere all’interno della nostra quotidianità con tutto quello che comporta. Una giornata in montagna, che nasce proprio al fine di “staccare”, termine usato da tutti, permette questo più facilmente e può anche essere un buon allenamento da inserire poi nella vita di tutti i giorni e in ogni luogo.

Quante volte si sente dire appunto la frase – Andare a fare una passeggiata in natura per “staccare” -. Per non pensare, per rifocillarsi di energia positiva, per acquisire salute sia fisica che mentale, per svagarsi e rasserenarsi, per allontanare da noi i problemi. Tutto bellissimo, il fatto è che non serve a niente se non si vive – quel modo – in un – determinato modo -.

Nel momento stesso in cui si fa ritorno a casa, a cullarci vagamente, può essere solo il ricordo di quello che abbiamo passato, ma questo non giova a nulla e ci ritroviamo fin dalla sera stessa, più stanchi forse, ma non con un animo diverso o migliore.

Sai… è che quando cammini su quei monti, cambia il luogo ma tu sei esattamente dov’eri prima, nella tua dimensione di sempre, quella piena di problemi e fastidi e preoccupazione. Ebbene sì.

Ti sembrerà assurdo quello che dico perché tu affermi di aver avuto accanto a te degli alberi, un torrente, delle pietre e le farfalline. Tutto ciò ti ha donato gioia perché son cose che non vedi sempre. I profumi che penetrano nelle tue narici non sono paragonabili a quelli che respiri ogni giorno e quei panorami non hanno nulla a che vedere con quelli che puoi osservare dal tuo balcone.

Non parliamo poi se ti capita di vedere un animale selvatico (come dicevo prima): un Camoscio, o un Capriolo, o un’Aquila che tu ovviamente non riconosci come Aquila, ma hai visto un coso enorme volare, nettamente diverso dai Piccioni ai quali sei abituato. Ecco, in quei momenti, ti sembra di aver vissuto qualcosa di grandioso e pensi di essere riuscito nel tuo intento.

Non è così. Ponendo attenzione puoi notare che la tua Mente è sempre proiettata verso un tempo che non è quello che stai vivendo. O è il passato o è il futuro. Quando si parla di passato e futuro non si intende un distacco di anni. Nel passato regna la depressione mentre nel futuro regna l’ansia. Detta così sembra grave e lo è ma ho voluto prendere gli stadi massimi di questi tempi per farti comprendere meglio.

Mentre cammini in montagna pensi magari a tuo marito che è rimasto a casa… “chissà cosa starà facendo, poteva venire con me quel pigrone!”. Pensi che quello è il tuo ultimo giorno di ferie e dall’indomani ti aspetta un periodo di lavoro molto intenso. Vedi un Giglio meraviglioso “oh! A mia mamma piacerebbe tanto, quasi che glielo colgo, no… però… non è giusto toglierlo da qui e poi seccherebbe fino a stasera”. In casa hai tutto? “Chissà se arrivo in tempo per comprare quelle cose che mi mancano e preparare cena”. “Cavoli, domani è il 15 del mese, mi scade la bolletta della luce”. “Ma guarda se doveva venire anche lei oggi, non la sopporto”. “Che stanchezza ma quanto manca?”. “Dio, speriamo di non incontrare Vipere perché ne ho il terrore”. “Stasera chiamo Giovanni e gli dico che questo è un posto magnifico per i funghi!”. “Che nuvole laggiù! Ma pioverà? Speriamo di no, è così piacevole questo sole”. “Sono le dieci e quel vigliacco non mi ha ancora scritto”. E intanto la montagna, con tutte le sue meraviglie, ti scorre sotto il naso e non vedi nulla.

Se si riuscisse a vivere il Presente, chiamato anche “Qui e Ora” tutto sarebbe diverso. E di molto. Non solo per il momento in sé, per quel godere in toto e in assoluto il luogo in cui sei con tutti i suoi ingredienti, ma soprattutto perché, così facendo, coagulandoti totalmente con Madre Natura, allora sì che potrai portarti a casa tutti i suoi benefici i quali dureranno giorni in voi.

Sii quella foglia! E a casa potrai sentirti leggero e capace di accettare ogni cambiamento.

Sii quell’acqua! E a casa potrai sentirti fresco e nutrimento per gli altri.

Sii erba! E a casa potrai sentirti forte e pronto ad ogni evenienza.

Sii pietra! E a casa potrai sentire che nulla può scalfirti o buttarti giù.

Sii vento! Sole! Tuono! Pioggia!

Assorbi in te le caratteristiche di quello che ti circonda. Tocca quello che ti circonda. Annusalo. Guardalo con attenzione. Portati dentro ciò che è. Diventalo. Allora si che davvero ricaricherai le tue batterie e sveglierai in te qualità sopite da tempo.

Aguzza la tua vista, libera le tue orecchie, ascolta con il naso e impara ad usare altri sensi non biologici. La percezione, l’intuito, la capacità di vedere oltre, la bellezza sospesa dell’attesa, il brivido del coraggio. Senti con la tua pelle. Nessun organo, se non il cuore, è così adatto come la pelle per “sentire”. Diventa un tutt’uno con gli alberi, gli animali, i crinali, ti appartengono e tu appartieni a loro.

In quei momenti non esistono le bollette, il marito, la mamma, la paura delle vipere, il fidanzato che non ti scrive… esisti solo tu. Esistete solo tu e Madre Natura.

Provaci. Non ti sarà facile le prime volte ma quando ti sarai abituato non potrai farne a meno. Non farti ingannare dalla mente che considera questa un’evasione dalla realtà. Non credere di essere “fuori con la testa” in quel momento e di non poter fare attenzione o non riuscire a goderti quegli istanti. In realtà, acquisisci ancora più capacità. Tutto si amplifica e si moltiplica. Il cuore della Terra che batte ti passa tutto di sé. Nulla può sfuggirti. Fidati. Devi solo aver pazienza perché le prime volte ti sentirai all’inverso, come a non esserci.

Punta una foglia. Guardala come se fossi un microscopio vivente. Guardane ogni più piccola particella. Immedesimati in lei. Cosa sta sentendo? Quella lanugine che la ricopre, ricopre anche te. Se senti quella sua delicatezza è perché quella delicatezza ti appartiene. E’ anche la tua. Respira come respira lei. Impara a percepire il tuo sangue che scorre nelle vene come lei è consapevole della linfa che la nutre. Punta un ramo e poi un intero albero. E tutto quel bosco. I suoi suoni, il suo respiro, la sua voce. Che energia emana quel bosco? Cosa senti? A tua percezione personale, che tipo di vibrazioni sta emanando? Quello stato di Presenza che riesci a mantenere non racconta menzogna alcuna.

Se riesci in questo, col tempo, allora capirai cosa davvero significa “staccare” e potrai godere a lungo di quel contatto terapeutico. E non ti mancherà quel benessere perché sarà dentro di te. Impara le lezioni che questa grande Maestra ti insegna, sono tante e assolutamente adattabili alla tua vita in città. Sono lezioni meravigliose.

Ti auguro tantissime escursioni indimenticabili.

Prosit!

 

Le dimensioni contano

GIUDICARE O NON GIUDICARE? QUESTO E’ IL PROBLEMA

La scorsa estate mi trovavo in aperta campagna in compagnia di alcune persone. Certi erano amici di vecchia data mentre altri non li avevo mai visti. Tra questi ultimi c’era un ragazzo, abbastanza estroverso, che ha messo a dura prova il mio Giudizio. Anzi, il mio Demone del Giudizio, che sbatteva per uscire in tutta la sua maestosa bellezza ma che dovevo tenere a bada.

Per arrivare subito al sodo ti dico che, mentre stavamo preparando il pranzo, una piccola ape curiosa si è avvicinata rapita dai profumi che il nostro cibo emanava e, senza pensarci su due volte, con un tagliere di plastica, quel ragazzo la spiaccicò sul tavolo.

“Apriti! Oh cielo!”, ti lascio immaginare cosa accadde dentro di me. Dapprima partì l’impulso assassino del prendere il tagliere più grande e sbatterglielo violentemente sulla testa senza pietà e, mentre la vocina della Coscienza mi suggeriva di non giudicare, quella del mio Daimon della Vendetta (figlia di Giudizio) urlava forsennatamente da dentro: – Ammazzaloooooo!!!! E’ guerraaaa!!!! Di lui non deve rimanere nemmeno un capellooo!!! Ha ucciso un essere innocenteeee!!! -… Ehm… vabbè, la smetto, comunque hai capito no?

Sul – non giudicare –, dal punto di vista alchemico, non mi ci soffermo più, l’ho già scritto molte volte, chi mi conosce sa cosa intendo, non posso mica ripeterlo ad ogni articolo… (Ovviamente è una battuta ma è vero, nel blog troverai molto su di lui).

STIAMO CALMI

Ma torniamo al giovane aguzzino. Riesco a mantenermi calma anche grazie alla complicità di un amico che, conoscendomi, mi guarda e con la sua espressione mi suggerisce “Stai tranquilla Meg, lascia perdere “.

Ritorno gaia, con il morale di sempre, e l’omicidio finisce (quasi) nell’oblio. Ma non passa neanche un quarto d’ora che una ragazza del gruppo esclama divertita – Che strano ‘sto ragno! Sembra una pallina! -.

Si trattava di un ragnetto grande come l’unghia di un mignolo e dalla buffa forma tondeggiante. Mentre tutti, in silenzio e incuriositi, ci sporgiamo in avanti per guardare l’aracnide, quello che ormai era divenuto il mio antagonista esclama – Ammazzalo! -.

Eh no! Ora hai rotto tre quarti di ciunfia Ciccio!

La ragazza gli gridò un secco – No! – ma, nonostante tutto, lui afferrò un pacco di crackers per spiattellare anche il ragno.

Perbacco! Ogni cosa diventava un’arma mortale tra le mani di quel tipo! Che poi… che razza di crackers avremmo mangiato completamente sbriciolati?! Beh, m’interessava di più la sorte dell’insetto.

NON DEVE RESTARNE NEANCHE UNO

Mi interposi tra lui e quell’animale e guardai l’umano dritto negli occhi.

La mia comunicazione non verbale, data dall’atteggiamento del mio corpo, parlò al posto mio ma se ciò non fosse bastato e gradiva proferir parola, avrebbe ricevuto anche una risposta orale senza problemi. Con Daimon che si contorceva dall’esultanza poi… sarebbe stato un vero spettacolo!

Il mio amico, lo stesso di prima, si rizzò sugli attenti, pronto a intervenire, sempre a causa del fatto che mi conosceva.

La prima espressione del Killer di Insetti fu quella (del suo Demone) della sfida. Quella del – Togliti di mezzo, chi ti credi di essere per impedirmi di fare quello che voglio?! – ma col passare dei secondi, data la mia sicurezza e la fermezza che emanavo, si trasformò in – Vabbè, ok, per stavolta non lo ammazzo ma la prossima volta non riuscirai a impedirmelo! -. Quasi come fosse una minaccia la sua. Aveva un po’ di insofferenza il ragazzo… un po’ di bassa autostima ecco.

Ci sedemmo per mangiare e si capiva lontano un miglio che lui ce l’aveva con me. Mi lanciava occhiate dure, mi snobbava se dicevo qualcosa (ma solo sottovoce, nell’orecchio di chi gli era di fianco) però il pranzo fu piacevole e divertente ugualmente. Risi molto e mangiai benissimo.

Chi mi conosce, oltre a sapere cosa intendo quando dico di – non giudicare – sa anche che non sono un’animalista. Non appartengo a nessun movimento. Semplicemente amo la vita, la natura tutta e rispetto ogni forma di vita, anche la più piccola. Quell’approfittarsi, date le dimensioni, di un essere vivente più minuto, mi infastidisce parecchio.

Durante il pomeriggio ci sedemmo intorno al tavolo a chiacchierare amabilmente e, non chiedermi come sia successo, il Giustiziere degli Insetti, cadde rovinosamente a terra ruzzolando giù dalla sedia. Presumo che sia andato all’indietro senza accorgersi di un gradino. Dev’essere stato sicuramente il Karma. Senza ombra di dubbio.

Lo dissi. Non riuscii a tenere la mia boccuccia chiusa. Dopo che ci fummo assicurati che non si era fatto nulla mi scappò – Il Karma… – ad alta voce.

Alcuni non capirono, in quanto non avevano assistito all’omicidio dell’ape, altri invece compresero alla perfezione, soprattutto lui, che adesso mi guardava sputando fuoco dalle narici.

Mi venne davanti alla faccia e urlò – Per un’ape di mer@@? Ne uccido sempre se è per questo e allora?! -. Senza scompormi gli feci notare che dal mattino si stava lamentando della sua vita: lavoro, genitori, fratello, etc… Non te l’ho detto a inizio articolo ma andò davvero così, era una lamentela unica.

Ape di mer@@, vita di mer@@ – gli dissi soltanto.

Un altro ragazzo suo amico, anche un po’ per sdrammatizzare, gli disse – Eh! – facendo spallucce, come a dire che il mio ragionamento non faceva una piega e, verso quest’ultimo, il giovane arrabbiato decise di rispondere con un sorriso esclamando – Ma quella cosa piccola… che punge pure ‘sta bast@@@@! -.

QUELLA COSA PICCOLA

“Quella cosa piccola…”. E mentre lo diceva mimava la sua misura tra le dita unendo l’indice verso il pollice. Ecco il problema, oltre all’eventuale puntura: la dimensione.

La ragazza del ragno, se ne uscì rimproverandolo in modo molto peace&love (adorabile) – Ma scusa, anche lei ha un cuore, un cervello, un intestino come te! Ha anche un’intelligenza! Non c’è differenza! – e lui ribattè – Si ma il suo cervello è grande come un pidocchio -.

Sì sì… era proprio una questione di dimensioni.

Sei piccolo, non vali niente. Anche tra gli umani vige un po’ questa legge, anche se abbastanza celata, “altezza mezza bellezza”. Se io sono più grande ho più potere.

Siamo totalmente abituati a credere solo e soltanto alla nostra vista. A quello che vediamo. A quello che possiamo, attraverso gli occhi, confutare. Noi non siamo quelli che – dobbiamo credere per vedere – ma – dobbiamo vedere per credere -. Tutti dei San Tommaso.

Ciò che non si vede, non esiste. E’ molto semplice.

La nostra vita va a rotoli (e ora non mi riferisco all’uccisione di insetti) ma noi non sappiamo vedere oltre, perché solo quello che concretamente appare merita il nostro credo. Dietro al famoso Velo di Maya.

Da qui si capisce perché crediamo solo ad un corpo e non alla nostra energia, perché crediamo di essere separati da tutto e da tutti, perché crediamo di finire là dove finisce la nostra pelle.

Da qui si capisce perché, neanche lontanamente, è concepibile per noi il fatto di avere un potere che non utilizziamo.

La grandezza immensa di quell’ape, come creazione dell’Universo (cioè al di là dell’utile suo operato in natura) non era minimamente contemplata da quel ragazzo. Vedeva solo quello che il suo sguardo gli permetteva di osservare. La perfezione e la meraviglia di quell’esserino erano lontanissime dal suo osservare. Incomprensibili quindi.

Frequenze, vibrazioni, onde elettromagnetiche, energia, input biochimici o elettrici… tutte queste cose che modellano la nostra vita ma impossibili da vedere, per noi non esistono.

Le dimensioni. Se si è maschietti il tutto inizia alle medie misurandosi il pisellino e facendo confronti con gli altri; se si è femminucce si guarda la misure delle proprie puppe ma sempre e comunque di dimensioni si deve parlare. Le grandi protagoniste.

Nonostante l’ironia che questi argomenti possono recare, ti giuro che c’è molto altro. Forse anche questo “altro” è una questione di dimensioni, da un certo punto di vista, ma credimi che sono dimensioni nettamente più entusiasmanti!

Ah! Dimenticavo… anche la dimensione dell’amore che provi per te stesso serve. Chi ama se stesso ama tutto il creato e non ha bisogno di sentirsi “Grande”.

Prosit!

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Trova la pace… ad libitum…

IL MOMENTO DEL SILENZIO

Hai presente quei periodi che colpiscono un po’ tutti in cui ti senti oppresso, demoralizzato e anche un po’ triste?

Forse non sai nemmeno tu il perché sei così ma queste sensazioni, da diversi giorni, ti stanno tenendo attanagliato nelle loro grinfie e tu non ne puoi più. Hai voglia di sentire il cuore leggero, hai voglia di ridere, hai voglia di guardarti attorno e provare entusiasmo ma non ci riesci.

Come dico sempre, anche questi momenti hanno la loro importanza e sono da vivere. Quello che noi percepiamo come un malessere, potrebbe essere semplicemente un riposo totale che la nostra natura si prende seguendo i cicli lunari o stagionali.

Potrebbe essere un attimo di stasi perché sa di dover riparare qualcosa, o ci culla in questo tormento perché riconosce essere giunto per noi il momento dell’introspezione che noi invece neghiamo.

Insomma, non bisogna contrastare questi periodi che noi vediamo colorati di nero ma è normale però, dopo un po’, non poterne più. È anche umano, dopo qualche giorno, voler uscire da questa coltre di nubi e sentire la necessità di risplendere. Di provare la leggerezza e la serenità dell’animo.

SCACCO ALLA MENTE

Ebbene un modo c’è e normalmente funziona con chiunque. Bada bene è, naturalmente, soltanto una specie di inganno. Uno scacco che giochiamo alla nostra mente.

Non è la risoluzione del Tutto ma serve a farti sentire meglio e puoi così tornare a emettere un sospiro di sollievo. Serve a non farti scendere troppo in basso. Serve a farti di nuovo vibrare in frequenze positive in modo da attrarre a te vibrazioni positive e riacquisire quella forza e quella gioia perdute che ti permetteranno di superare meglio questo momento.

Il rimedio che sto per consigliarti è quello di “prendere la tua mente da dove è e spostarla in un’altra strada”.

Per fare questo serve costruire una strada nuova nella quale immettere la nostra mente e farla passare di lì. Per costruire la nuova via bisogna mettersi di buzzo buono a spianare un percorso dove adesso una selva oscura non ci permette di passare ma non dovrai fare alcuna fatica seguendo il metodo che sto per dirti.

Se vuoi puoi andare a farti una passeggiata ma anche stando comodamente seduto sul divano puoi iniziare a spianare il nuovo sentiero. Ti basterà iniziare a dire frasi (sempre le stesse o con lo stesso significato) per almeno una decina di minuti (o vedi tu) e possibilmente più volte al giorno.

UN METODO FACILE

Queste frasi sono da ripetere ad libitum, a voce alta, perché come spesso ho detto anche la nostra voce ha una sua energia e in questo caso godiamo di uno strumento in più.

Ora ti scrivo qualche esempio da recitare come un mantra ma tu potrai inventarne di tuoi, l’importante è che sappiano di buono e positivo.

Il primo che ti propongo è caratterizzato da un’unica parola da ripetere come un disco rotto per almeno 7 minuti di orologio (metodo Fabio Marchesi – Entusiasmologia).

Cerca di non sentirti un disco rotto però. Cerca quanto meno di concentrarti e credere in quel termine che stai dicendo.

La parola da dire è “Grazie“.

Dilla tante tante tante volte.

Inizia – Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie… – e vai avanti per i minuti che ti ho indicato.

All’inizio, e questo vale per ogni mantra, ti sentirai svogliato, stupido, atonico, passivo e anche idiota ma, andando avanti, concentrandoti al massimo su questa parola, vedrai che qualcosa dentro di te inizierà a mutare.

Nessuna magia, semplicemente il tuo cervello dopo un po’ inizierà a dire “Ma cosa sta dicendo? Perché sta ringraziando? Boh, allora forse abbiamo ricevuto qualcosa di bello!“.

QUEL PICCOLO INNOCENTE CERVELLO

Vedi, il tuo cervello, così come il mio, è un po’ un allocco pur essendo un fantastico strumento del quale siamo dotati. Diciamo che… senza di te non è nulla!

Lui viaggia per schemi, reagisce (e anche emozionalmente) in base a quello che TU gli fai credere!.

Il tuo cervello, quindi, convinto a questo punto di aver ricevuto un bel regalo (questo avviene a causa delle memorie arcaiche che collegano il “Grazie” al ricevere una bella cosa da che siamo bambini) inizierà a sentirsi più felice, o comunque più leggiadro e di conseguenza ti ci sentirai anche te perché il cervello inizierà a ordinare ad alcune ghiandole di secernere determinati ormoni che ti trasformeranno in una persona appagata e serena.

Naturalmente non puoi pretendere che questo accada fin dalla prima volta. Ma tu inizia. Vedrai già dal terzo giorno come le cose nella tua quotidianità inizieranno a trasformarsi e a prendere una piega molto più piacevole. In pratica sei riuscito a costruire quel famoso nuovo sentiero.

FRASI MAGICHE

Ti scrivo ora altri esempi:

– Metti le mani sul tuo ventre e ripeti più volte: “Io faccio divampare la scintilla d’amore che è dentro di me, io mi riempio d’amore, sono amore e ricevo amore“. Mentre lo dici immagina nella tua pancia una piccola scintillina di luce che diventa sempre più grande e con il suo alone luminoso ti riempie e si irradia anche fuori il tuo corpo andando a illuminare ciò che ti circonda.

– Sforzati di tendere le labbra come a sorridere e ripeti: “la mia giornata è stata meravigliosa mi è accaduta una cosa molto bella“. Parla al passato, come se già fosse accaduto, anche se questa frase la stai dicendo appena sveglio.

– “In questi giorni, in cui mi sento di malumore, mi riconosco perfetto così e, nella mia notte, sto preparando il nuovo sorgere di un sole brillante come mai ha brillato“.

Come ti ripeto questi sono solo esempi, non sei obbligato a usare le stesse parole ma il loro senso, da come puoi vedere, è super positivo. Devi solo focalizzarti su queste frasi.

Non ti chiedo di darle per scontate e neanche di avere fiducia in loro (anche se dovresti) ti chiedo solo, in quei dieci minuti, di non pensare ad altro e restare attento su questi termini che stai dicendo.

Sono certa che ne trarrai un beneficio.

Ricordati però che non devi mai diventare un ossessionato. Ci tengo a dirlo perché, se da una parte c’è chi non crede a queste cose e non le prova nemmeno, dall’altra c’è invece chi considerandole un elisir di lunga vita inizia a usarle per tutto il tempo della giornata uscendone ammattito e con la testa in loop. È sbagliato. Non serve a nulla passare le tue ore a non vivere per recitare queste citazioni.

Bastano dieci minuti, magari tre volte a giorno. Per tutto il resto del tempo goditi la giornata e fai quello che devi fare.

Ti auguro ogni bene.

Prosit!

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Meglio far Invidia o Pena? Meglio fare Luce

L’EVIDENTE TESTIMONIANZA

Ieri ho sentito una madre consigliare al proprio figlio cosa dire per trovare lavoro ed essere assunto:

Digli che non sei potuto andare all’Università per aiutare me.

Digli che sono stata una ragazza madre, che tuo padre ci ha abbandonati quando ero incinta.

Digli che sono malata e non mi danno la pensione d’invalidità.

Digli che…

Se non avessi avuto rispetto per la paura di quella donna e fossi stata un uomo mi sarei toccata i gioielli di famiglia… Santa Madre, che sfiga…

Non so se quella donna stesse dicendo la verità o stesse soltanto tentando di imbrogliare un probabile datore di lavoro ma so che, certamente, stava emanando un abbondante quantitativo di energia negativa. Aveva voglia e bisogno di fare pena. Utilizzava la pietà dell’altro come strumento per ottenere in cambio la realizzazione; del figlio in questo caso.

Ognuno ha i suoi metodi e il suo modo di dare ma questo mi ha portato ad una riflessione.

LA SCELTA DELLO STRUMENTO

Al di là del fatto che questo comportamento va totalmente contro il mio credo, in quanto se ti senti un micragnoso sarai un micragnoso per tutto l’Universo e da tale sarai trattato, mi è venuto in mente il famoso detto “meglio far invidia che pena“. Ne stavo avendo una testimonianza ma all’incontrario.

Qual’è quindi la tattica migliore? Far invidia e mietere vittime giudicanti che sbavano dietro al tuo essere e al tuo avere o fare pena per ottenere più cose commuovendo i cuori?

Beh, la prima tocca l’orgoglio, la dignità personale e ti permette di ottenere alcune cose. E’ difficile dire – No – a chi si crede più alto in grado, te ne sei mai accorto? Già, anche perché quello che crede d’essere più alto in grado sa bene a chi rivolgersi.

Anche la seconda ti permette di ottenere cose. Cose diverse, quasi cugine dell’elemosina, dell’offerta, del favore ma comunque si ottiene.

Il fatto è, però, che entrambe sono delle conseguenze. E sono entrambe bisogni, necessità.

Non c’è azione propria da parte dell’individuo e quindi non c’è creazione. Se ti elevi (senza amore), di conseguenza, fai invidia. Se hai bisogno (senza amore), di conseguenza, fai pena.

SENZA AMORE

Ora tu dirai – Ok ma prima di fare invidia o pena qualcosa ho fatto per giungere a questi livelli, quindi qualcosa ho creato -. E’ vero, ma non hai creato nulla di buono.

Se fai invidia e ricevi invidia è perché, in qualche modo, l’invidia ti appartiene. La conosci. Oppure la giudichi ma, per poterla giudicare, significa che ne conosci le vibrazioni e quindi ti è dentro altrimenti non sapresti di cosa si tratta e neanche ti verrebbe dedicata.

Se invece fai pena (penso non ci sia neanche bisogno delle mie scuse per questo termine in quanto sto semplicemente usufruendo di un detto) è perché tu stesso ti senti un bisognoso, non rispetti ciò che realmente sei e ti consideri un poverino.

Tutto quello che riceverai, in base a una delle due condizioni, e che a te può sembrare bello o brutto nel mondo delle forme, attraverso un tuo personale giudizio, è negativo. Sì, anche se trovi un lavoro perché hai mosso compassione è negativo. Quel lavoro, che ora ti sta portando uno stipendio, ti porterà indubbiamente anche qualcosa di spiacevole perché creato su onde elettromagnetiche distruttive e non costruttive.

Ogni cosa che ti viene regalata perché da te attratta da un magnetismo vibrazionale sarà negativa perché da te sono partite frequenze negative.

L’UTILIZZO DELLE PAROLE

Con il termine “negativo” si indica un qualcosa che non è pregno d’amore. Il termine “negativo” e il termine “amore” sono soltanto convenienze usufruibili nella comunicazione e non sono quindi da prendere in modo letterale in questo ambito. Servono solo a farti capire che se non ti lasci andare all’intonazione della tua potenza non attrarrai mai la divina abbondanza che esiste nel flusso universale adatta al tuo benessere.

La madre dell’invidia e della pena, che sono sorelle, è la Paura. Stai emanando Paura e questo farà si che tu viva di continuo situazioni che ti mettono Paura.

Quindi il mio consiglio è: anziché cercare di fare invidia o pena prova a fare Luce. Sii Luce. Brilla. Rifulgi.

Aiutati con l’introspezione. Convinciti di essere una persona che merita. Dedica a questo qualche minuto ogni giorno. E’ sicuramente un esercizio difficilissimo ma fa ridere pensare che in realtà il nostro cervello recepisce quello che noi vogliamo auto-inculcarci. Sembra semplice detta così; questo significa che se io mi dico – Sono una donna fantastica! – inizierò a comportarmi di conseguenza e a ottenere così ciò che merito. Invece non funziona in questo modo. Non funziona perché mentre io mi dico quella frase, una parte del mio inconscio (che io neanche vedo ne’ percepisco) mi sta già sabotando. Per questo devi dedicare diverso tempo a questa sorta di compito. Perché devi allenare e abituare la tua mente, piano piano, che sei una persona fantastica. E’ impegnativo.

UNA NUOVA PALESTRA

Immagina di voler perdere 20 kg e di andare in palestra. Ogni giorno dovrai impegnarti per un’ora a sciogliere i grassi e faticherai, ti stancherai, ti sforzerai.

La stessa cosa riguarda l’allenamento mentale che non siamo abituati a tener da conto. Siamo focalizzati solo sulla nostra parte fisica senza renderci conto che è soltanto un veicolo utilizzato per sopravvivere fisicamente sulla terra. Tralasciamo la parte spirituale e annulliamo totalmente l’idea di un’educazione nuova credendo di aver già ricevuto la nostra educazione e la morale che ci spettava.

Questo è sbagliato perché i nostri pensieri possono essere plasmati. Inizia fin d’ora e riceverai presto risposte completamente diverse da quelle che hai ottenuto in passato. Non ti servirà patire nella vanagloria per avere ottime valutazioni altrui e non ti servirà recitare la parte del misero per ricevere un’offerta di qualsiasi natura essa sia.

Tutto quello che giungerà a te sarà fondato su solidi pilastri che, in qualche modo, ti porteranno una ricchezza (economica, affettiva, di stima, di opportunità, etc…) e, da lì, accrescerà sempre di più la fiducia in te stesso la quale Ti permetterà di appropriarti maggiormente di ciò che ti spetta.

Prosit!

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La Natura cura ma il Potere è tuo

AMBARABACICCICOCCO’

Avrai letto spesso un concetto che mi piace tirar fuori in diversi argomenti quando parlo della Paura, Madre indiscussa di tutte le emozioni negative. A volte suggerisco che la Paura può essere una grande amica ma non è lei che deve governare le tue scelte o amministrare il tuo vivere. In pratica non dovresti dargli più potere di quello che merita.

Siamo troppo abituati a dare potere e, di conseguenza, RESPONSABILITÀ al resto del mondo ma quasi mai a noi stessi. Lo diamo agli altri, lo diamo alle emozioni che ci guidano, lo diamo alla società in cui viviamo e oggi, a causa di nuove discipline e tendenze nate da qualche anno, lo diamo alla natura.

Lo abbiamo dato per molto tempo alla natura quando non ci piacevano, e non ci piacciono, i suoi comportamenti. Quando diciamo – Che brutto tempo oggi! Oggi, a causa della pioggia, non posso fare questo o l’altro -. Quando ce la prendiamo verso quelli che consideriamo per noi disastri o quando animali a noi poco simpatici si permettono di invadere il nostro territorio. Adesso, però, diamo alla natura anche il potere di guarirci.

Ebbene, premetto fin da subito che questo è vero. La natura è un dottore unico e supremo capace di curare ogni malanno, ha qualità e potenze incredibili ma non ragioniamo quasi mai sul fatto che anche noi siamo natura. Che le sue stesse forze energetiche le custodiamo dentro di noi e che non c’è alcuna divisione tra noi e lei. Nessuna. Noi siamo sicuramente più “inquinati” sia nel nostro Corpo Mentale che in quello Emozionale. Siamo pieni di pensieri e sensazioni – spazzatura – che ci offuscano altri sensi ma la scintilla della vita, comunque, esiste in noi. Serve solo rispolverarla.

COME DEVO ESSERE?

Quando leggo su diversi testi, o in molti articoli, “Guarire attraverso il Potere delle Piante” (vedi ad esempio il libro di Clemens G. Arvay) mi chiedo se quell’autore, al quale non voglio togliere nulla, conosca invece il suo di potere. Anche in questo caso si dà responsabilità (potere) ad alberi e arbusti cosicché, quando abbracciamo un tronco come fossimo vampiri energetici, convinti di succhiargli un po’ di buona energia che ci spazzi via lo stress, ci rimaniamo poi assai male se questa sorta di terapia non funziona o funziona per poco tempo.

Ora, è vero che se mi faccio una tisana alla Lavanda dormo meglio ma è anche vero che se se la prepara Tizio non ottiene alcun risultato. Come mai? Io e Tizio siamo fisiologicamente diversi? Bene. Quindi le piante funzionano solo con chi ha avuto la fortuna di nascere con un organismo preposto alla loro funzione curativa? Nella Pet Therapy quale organismo dovrei avere, quindi, per essere in accordo con un cucciolo e armonizzare il mio essere?… No, non è così.

Grazie infinite a tutti coloro che cercano di sensibilizzarci nei confronti del cordone ombelicale che ancora abbiamo e ci connette a Madre Terra ma io vorrei andare un goccio oltre.

SEI UN GENERATORE DI VITA

Come ho detto, quel potere, è dentro di noi. A tal proposito e per capire meglio questo articolo, ti consiglio di leggere questo mio post https://prositvita.wordpress.com/2018/06/20/abbracciare-un-albero-dubbi-e-perplessita/

Se lo hai già letto avrai capito che non ti servirà a nulla, o quasi, abbracciare un albero se rilasci scorie di fastidio, tristezza, rabbia, etc… lui non può che rispecchiare ciò che sei, in quanto lui è solamente e unicamente – Vita -. (Sorridi e la Vita ti sorriderà).

Solo se riesci a dare Amore a quell’albero noterai che il tuo Amore con il suo (il miracolo della vita che comprende l’Universo) connettendosi assieme moltiplicheranno quella forza e tu ti sentirai pieno di gioia e benessere. Magari, ovviamente, non la prima volta ma continuando non potrai che riempirti di “onde vibrazionali di Amore”.

Amore è un termine convenzionale che l’uomo ha creato per descrivere l’Energia Universale e Divina che, come forza creatrice, realizza movimento – cioè energia – cioè vita. Noi stessi ne siamo stracolmi.

Aristotele descrive il nostro infinito potere con il termine “Entelechia” ad intendere, tra altre cose, l’evoluzione totale con scopo finale dell’Uomo (natura) come essere perfetto. A partire da quello che gli alchimisti indicano come “monade”. Ma torniamo a discorsi meno strambi.

IL MIO AMORE E’ IL TUO AMORE

Sappiamo bene che un gatto, ad esempio, è in grado di assorbire da noi le emozioni negative e allontanarle, scacciarle via, se non trasmutarle addirittura quasi distruggendole. Ma cosa accade se, a quel gatto, noi invece regaliamo amore puro e incondizionato che non è assolutamente quello del “bisogno d’amare”? Accade un miracolo e cioè che il gatto, così come tutti gli altri animali che lo ricevono, lo rimandano raddoppiato proprio come accade con le onde elettromagnetiche perché noi siamo in continuazione propulsori di onde elettromagnetiche. Scienze come la biofisica indicano ogni corpo naturale come un’antenna in grado di ricevere ed emanare radiazioni e non solo come composti chimici regolati da reazioni chimiche.

Mandare amore ad un animale che si ha in casa o si incontra selvatico in un bosco non significa dire o pensare di amarlo. Significa essere amore e, di conseguenza, lui si impregnerà delle nostre frequenze. Attorno a noi, non potrà che esserci Amore, ossia bellezza. Bellezza d’animo. Questa è fisica non una semplice tecnica inventata dai Puffi.

Tutto questo per dirti che sei tu il vero padrone di te stesso e della tua guarigione. Tu decidi se stare bene.

In parole poverissime… se tu emani vibrazioni gialle esse andranno a collegarsi alle vibrazioni gialle che trovano in un determinato raggio attorno a te. Tristezza = Tristezza. Rabbia = Rabbia. Pace = Pace. Come se fossimo delle radio.

LO SAPEVANO GIA’ GLI ANTICHI

La sensazione di benessere che provo abbracciando una pianta o accarezzando un cane mi permette di evadere dalla mia stressante quotidianità, mi fa sentire più serena, mi tranquillizza ma è solo una parvenza (regalata dalla mente e sembra vera) se non coltivo tutto questo. Soprattutto se non lo coltivo dentro di me e se non imparo a nutrirlo – sempre – dentro di me, a prescindere dal luogo in cui mi trovo.

Se emani amore nei confronti di una pianta, se sei tu ad abbracciare lei anziché allucinare un suo abbraccio, se sei tu a dare anziché chiedere sarai ancora più potente di lei e, automaticamente, nutrirai le frequenze guaritrici. Le tue!

Suvvia! Lei è “solo” una pianta, tu sei un Essere speciale, divino, umano. È attraverso te che l’Universo svolge le sue più grandi manifestazioni, sei co-creatore, è a te che ha dato certi poteri che altri esseri non hanno. Tu hai una forza creatrice che nessun altro ha. Tu sei l’Essere superiore tra tutti, anche se oggi usi questo potere solo per arricchirti o danneggiare il creato.

Non essere un micragnoso, sei tu che puoi curare una pianta e non viceversa, senza nulla togliere alla pianta che attraverso le sue essenze fisiche e biochimiche e la sua energia, pura e vitale, ti aiuta di sicuro.

Alcuni testi dei quali la religione si è appropriata dicono chiaramente nei confronti dell’Uomo – Fatto a sua immagine e somiglianza – e tu sai che per me Dio non è assolutamente un vecchio giudicante su una nuvoletta. Noè, San Francesco e molti altri forse non sono mai esistiti realmente, ma è il messaggio che si nasconde dietro al loro operato ad essere importante e Maestro. E, in alcuni casi, persino alchemico. Cioè, non è stata una famiglia di armadilli a salvare l’umanità capisci? E’ accaduto l’inverso.

È l’Uomo, in tutta la sua infinita grandezza il vero salvatore. Sei proprietario di doti che nessuna pianta, nessun animale, nessun minerale possiede. Sei la perfezione della natura tutta e, in te, è contenuto l’intero cosmo “così dentro e così fuori“.

Fatti aiutare dalla natura che è come un ventre materno. Che ha qualità incredibili. Affidale i tuoi strazi e i tuoi dolori ma ricordati che nulla può passare se non sei tu ad aprire la porta. Ricorda che tutto va a morire se non sei tu a nutrirlo. Ricorda le voci dei tuoi antenati che gridavano: – Ciò che io manifesto il mondo mostra e vive! -. Perché ciò che tu sei, quella pianta non può far altro che rifletterlo. Nonostante i suoi oli essenziali, particelle e terpeni.

La biofilia è l’amore per la vita e deve partire da te.

Il bosco ha un suo potere, il mare ha un suo potere, la campagna ha un suo potere ma poco otterrai se non riconosci il potere che è in te.

P.S. – Per alcune immagini ringrazio Gian Panti e Andrea Biondo andreabiondo.wordpress.com

Prosit!