Un fatto assurdo: il ragazzo in motorino

PROVE PRATICHE

Ieri ho assistito ad una scena che, secondo me, ha avuto dell’incredibile. Non vorrei sembrare esagerata e quindi spero di riuscire a far capire bene che cosa mi ha lasciato senza parole.

Mi trovavo seduta nel dehors di un bar con degli amici e, nei tavoli vicino a noi, c’erano altri clienti. Eravamo in una zona tranquilla di quella cittadina. Non è una zona di passaggio. Il bar, l’unico in quel quartiere, rimane un po’ fuori il paese, tra le palazzine e le vie secondarie. Queste case hanno dei parcheggi e dei cortili, sotto di esse, dove i bambini possono ancora giocare a palla o andare in bicicletta ma a quell’ora della sera non c’era quasi nessuno. Era tardo pomeriggio, erano ancora tutti al mare probabilmente.

Ad un certo punto un ragazzino che avrà avuto all’incirca quattordici anni, passa con un motorino tipo “Scarabeo” per una via vicino a noi, entra in uno dei piazzali e se ne va. Dopo pochi minuti di nuovo. Passa dalla stessa via, entra nel piazzale, fa un giro e se ne va. Dopo un po’ di nuovo.

Insomma, era chiaro che stava girando con il motorino in quegli spazi che gli erano consentiti. Fece questo per circa mezz’ora ma voglio raccontarvi cosa accadde vicino a me in quel tempo. Premetto, prima di tutto, che quel motorino non provocava alcun rumore fastidioso e nemmeno ci stava affumicando perché, quando passava nella via parallela al bar, si trovava comunque a parecchi metri da noi.

LA RABBIA SALE

Come dicevo, passa la prima volta. Poi passa la seconda. Poi la terza. Già alla terza, uno dei miei amici esclama – Ma questo? Non sa che cavolo fare? -. E va bene.

Alla quarta iniziarono a lamentarsi anche altri seduti attorno a noi. Sempre di più, in crescendo.

All’ottavo giro non vi dico che cosa stavano sentendo le mie orecchie. Alcune delle frasi udite sono state:

Deve avere benzina da consumare

Sarà un figlio di papà che non sa che c@@@o fare

I giovani di oggi si annoiano e sono dei rincoglioniti

Sai che bello se adesso ci prende uno stramazzo per terra

Almeno la pianta

Al decimo giro, la “bestia” che aleggiava attorno a me aveva ancora più fame. L’appetito vien mangiando. Quindi esplose:

Adesso stai a vedere se non mi picchia nella macchina

Tu dimmi se ora io mi devo alzare e andargli a tirare una testata a questo

Senti, fammi andare a spostare il motorino và 

Nella mia compagnia, erano in pochi (fortunatamente) quelli infastiditi da ciò che il giovane stava facendo e, a quei pochi, chiesi cos’era che disapprovavano. La loro risposta fu, secondo me, paradossale: – Niente, mi dà fastidio che continua a fare avanti e indietro! -… cioè, ci rendiamo conto?

TUTTO COSI’ ASSURDO

Io ero veramente allibita. Allibita. Avevo davanti a me un ragazzino, con tanto di casco in testa, che lentamente e innocentemente stava facendo dei giri con il motorino e, attorno a me, la folla, bramava il peggio, augurandogli il male e totalmente rapita dal panico che quel ragazzo potesse distruggergli i loro mezzi. Chi il mezzo lì non lo aveva semplicemente non voleva che quel tizio facesse avanti e indietro. E guarda un po’. Ma ci stiamo rendendo conto?

Il volto delle persone che avevo vicino era pieno di fastidio, di rabbia, di voglia di punizione, di giudizio… ma perché? Perché mi chiedo io?

“Osserva Meg” mi dicevo “osserva tutto”.

C’erano persone di ogni età. Maschi, femmine, ricchi, poveri, giovani, anziani. E ognuno aveva la sua brutta frase da dedicare a quel ragazzo.

Un ragazzo che, probabilmente, non poteva andare in strada perché i genitori glielo impedivano.

Un ragazzo che forse doveva imparare a usare il motorino che mamma e papà gli avevano appena regalato per la promozione.

Un ragazzo che forse ha paura ad andare nel traffico ma, per non stare chiuso in casa, scende nel cortile a farsi due giri in scooter.

Non oso immaginare se avessero visto uno scippatore in azione cosa sarebbe accaduto… Ah! No, nulla… giusto, omertà e indifferenza totale.

LA PAURA – SEMPRE PRESENTE

Non ho visto Satana nell’azione di quel ragazzo. Scusate ma, Satana, l’ho visto quando uno dei signori, seduti al bar, si è alzato ed è andato a spostare la sua moto per paura che quel giovane, al dodicesimo giro, gliela toccasse. E perché mai avrebbe dovuto toccarla? La paura su un qualcosa di non esistente che si traveste da “prevenzione”. Ma mi vien da ridere. Chissà quante volte questo ragazzo, che vive qui, gira e rigira tra questi cortili e tu, oggi, perché sei presente, vai a spostare la tua moto? Sposti la tua moto perché un individuo, a 15 km/h, ci passa di fianco più volte? Perché per la legge dei grandi numeri, prima o poi, ci deve obbligatoriamente picchiare dentro? Avevo un fisico di fianco a me e non me ne sono accorta.

Io non ho parole. Ancora oggi non ho parole. Io non so se riesco a passarvi l’assurdità di questa vicenda ma io sono attonita ancora adesso.

E queste persone si lamentano dei giovani d’oggi? Completamente governati da un fastidio più grande di loro. Da paure inesistenti. Da una rabbia e una voglia di punire che non ha eguali. Non stupiamoci se vediamo il male nel mondo perché ci sta solo rappresentando. Occorre accettarlo questo. Perché ieri, veramente, ho capito il perché sono esistiti ed esistono i tiranni. Forse si ha bisogno di una seria cura.

Voi che avete fatto il mondo. Voi che ai vostri tempi… Voi che, vestiti bene, con il vostro caffè davanti, avete detto le peggio cose verso un individuo, poco più che un bambino, che non stava facendo nulla di male.

SOGNANDO AD OCCHI APERTI

Quel ragazzetto ogni tanto si fermava, dava un piccolo colpo di clacson e poi ripartiva. Forse stava immaginando di essere nel traffico e qualche incosciente gli aveva tagliato la strada.

Quel ragazzetto stava giocando e potete essere con me o contro di me ma era una meraviglia da vedere. Forse era nel centro di Milano dove guidare è cosa ardua, o su una pista a gareggiare contro Dovizioso e Rossi, oppure ancora veniva fermato dalla Polizia. Era bellissimo guardare lui e i suoi sogni muoversi assieme.

Per quanto riguarda me ho anch’io ricevuto il mio messaggio. Il mondo non è solo il riflesso degli altri. È anche il mio riflesso. E ho visto il mio fastidio. Ho visto la bellezza di un giovane che giocava e fantasticava e ho visto paura, giudizio, punizione, intolleranza… tutto mi/ci appartiene. Tutto si mostra ai miei occhi per essere trasmutato. Il mio lavoro interiore c’è stato. Siamo un insieme di tantissimi piccoli frammenti che riportano ogni tipo di emozione e sta a noi scegliere di quali emozioni essere più colmi.

Così, dopo aver visto, mi sono mossa. Volevo però riportarvi un fatto davvero singolare, il quale mi ha dato l’opportunità di svolgere un buon lavoro dentro me e mi ha permesso di osservare come non voglio essere. Perché secondo me no; non dobbiamo essere così. Arrabbiandoci e maledicendo il nulla. Il nulla.

Prosit!

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Sono l’Erede di una malattia e quindi uno sfigato – parte 1°

Dividerò questo post in due articoli perché è un discorso abbastanza lungo e vorrei riuscire a spiegare bene tutto quello che esiste oltre a ciò che crediamo essere scontato. La vita è un continuo movimento energetico, un continuo mutamento perpetuo, nulla è scontato. Tutto cambia e tutto può cambiare.

CHE SFIGA!

Dire che l’ereditarietà nella malattia non esiste è estremo e assoluto quindi non mi piace; non mi piace e non lo dirò. Non dirò neanche, però, che credo di essere l’erede delle malattie/patologie dei miei familiari. È una cosa alla quale io non credo e, nonostante tutte le prove che la medicina ha voluto dare in base a questo argomento, non mi trova personalmente d’accordo. L’ho anche potuto constatare di persona. Questo non significa che dovete essere d’accordo con me, vorrei solo esporre il mio pensiero, e non significa nemmeno che non avrò gli stessi disturbi dei miei predecessori ma, qualora giungessero, la penserò diversamente e, tra un attimo, vi spiego come.

Se questa teoria me l’hanno voluta vendere come fondamenta basilare del mio stato di salute, andando a citare geni e cromosomi, io non ho voluto comprarla. Non ho voluto comprarla perché dietro alla parola – predisposizione – si nasconde un meccanismo ben più profondo rispetto a ciò che si sfoggia in vetrina. È troppo comodo e troppo semplice dare una specie di colpa al DNA che, di conseguenza, include la conclusione – Non puoi farci nulla -, ma soprattutto è deleterio in quanto mi rende schiava della sfiga, cioè di un qualcosa che non esiste. Schiava di un qualcosa che non esiste…

Schiava di una sfortuna… sono nata in quella famiglia lì, con quelle malattie lì… Ebbene, ho scelto di non dipendere il più possibile da niente e da nessuno, pertanto, non dipenderò neanche dai malesseri di genitori e nonni.

Ieri ho letto il commento di una donna, permettetemi di descrivere come dura e volgare, che dopo aver letto un post su FaceBook, inerente a questo discorso, ha proclamato – Io ho l’ipertensione come mia madre e un sangue molto denso, mangio bene eppure ho questa patologia. Il problema quindi è della mia mente? Ma non dite più ca@@@@e! -. Ovviamente il commento diceva altro, di più feroce, ma non serve ch’io lo riporti. Il nesso è questo.

Ora, io comprendo questa donna che in poche parole ha tradotto il pensiero di molte persone ma vorrei scrivere due cose a riguardo.

UN PO’ DI ANALISI

La prima è inerente proprio alla sua risposta. A quel suo tono. A quel suo impeto. Signora cara, si faccia due domande e si dia due risposte se ha l’ipertensione… però è anche vero che non si può mica valutare una persona da un solo commento visto che, magari, in quel momento, il gatto le aveva appena fatto pipì sulle ciabatte. Andiamo alla seconda questione, quel: “io mangio bene”.

Perdonatemi ora se divento tagliente ma l’ultimo che mi ha detto “io mangio bene” era convinto che la cucina di sua nonna calabrese (che adoro) era una cucina sana. Orsù! Il buono e il genuino sono una cosa. Il sano è un’altra. Un’antica riflessione orientale, appartenente alla Mecidina Tradizionale Cinese, afferma – Ciò che sporca il tuo piatto sporca anche i tuoi organismi. Osserva il piatto finita la pietanza e saprai regolarti -. Un conto è mangiare di gusto, un altro è mangiare i prodotti così come natura crea, forse meno golosi per le papille gustative ma sicuramente meno dannosi per il corpo. E non sono qui a fare quella delle “due carotine scondite”. Io non mi faccio mancare niente ma dobbiamo saper valutare. Inoltre, proclamare: – io mangio bene – ingurgitando, nel mentre: coloranti, conservanti, pesticidi, edulcoranti, etc… stona assai. Di questo non abbiamo colpe ma possiamo evitarne molti volendo. Detto questo, vorrei vedere come mangia la signora, figlia di una donna che avrà ben cucinato in un determinato modo nella sua vita e le avrà insegnato una determinata arte culinaria, la quale, probabilmente, tende a rendere il sangue un po’ poco fluido ma soprattutto un pompare del cuore veloce e sofferente.

Dopo l’aver appreso la cucina di mamma occorre anche vedere come mamma (o papà) ci hanno educato e modellato. Cioè plasmato a loro immagine e somiglianza. Mi spiego. Come dico sempre, ogni malattia arriva a noi per portarci un messaggio. In questo caso l’ipertensione significa, in ambito psicosomatico, reprimere le emozioni, avere un eccesso di emozioni dentro che si surriscaldano, trattenere ricordi/segreti che dopo molto tempo riescono ancora a emozionarci in male o in bene. Non sarà difficile quindi capire che anch’io, come mia madre, vivo in questo stato d’animo.

Facciamo un esempio: se in famiglia io, dal temperamento sanguigno, non ho mai potuto sfoderare le mie emozioni come volevo, perché me lo hanno impedito dal momento che loro anche lo facevano ed era giusto così, forse oggi ho qualche problemino. Identico al loro.

Vale anche, ahimè, se si decide di intraprendere la strada del tutto contraria ai genitori. Il punto di partenza è lo stesso se l’emozione è la medesima.

Non dimentichiamoci nemmeno che i genitori, quando ci mettono al mondo, non ci danno solo il loro DNA e neanche solo tratti del loro carattere. Ci danno anche le loro emozioni e la loro ENERGIA. I loro flussi energetici.

Devo fermarmi per dividere questo articolo, aspettate quindi la seconda parte, nel mentre, potete provare a riflettere.

Prosit!

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Quella macchia in mezzo alla fronte – la Rabbia

LA RABBIA APPARE

Sono cresciuta con una zia anziana che adoravo e anche lei mi amava moltissimo. Con me era molto buona ma devo riconoscere che, con il resto della famiglia, si comportava come un Gendarme. Aiutava tutti, sia materialmente che no, ma allo stesso tempo, gli altri dovevano fare come decideva lei. Era saggia e istruita. I suoi consigli erano sempre efficaci. Era anche benestante. Queste qualità le conferivano un potere che da una parte tornava utile ma, dall’altra, tarpava le ali alla libertà altrui.

Un qualcosa che lei riteneva pericoloso non lo si doveva fare e, se si decideva di farlo ugualmente, o lo si faceva a sua insaputa, di nascosto, o lei si impuntava e si arrabbiava moltissimo. La rabbia appunto. La vera protagonista di questo articolo.

IL ROSSORE TRADITORE

Dovete sapere che, questa mia zia, aveva una particolare caratteristica fisica. Ogni volta che si arrabbiava seriamente, una macchia rossa appariva in mezzo alle sue sopracciglia e perdurava per giorni e giorni.

Il muscolo frontale che si trova in mezzo alle sopracciglia, il punto che gli spirituali indicano come terzo occhio, si chiama procero e corrisponde al Fegato. Il Fegato è l’organo in cui ha sede l’emozione Rabbia.

La cosa più curiosa, e collegata a tutto questo, però è un’altra. Ogni volta che io e mia mamma (più lei di me che la conosceva da più tempo) vedevamo spuntare questo rossore sulla sua fronte, sapevamo che qualcosa l’aveva fatta arrabbiare, ma soprattutto sapevamo che, dopo quel rossore, sarebbe arrivato qualcosa di più grave. Ormai era ovvio.

Alla cara zia, infatti, o veniva la febbre (calore – rabbia) o veniva un infiammazione (calore/rossore – rabbia) o un’infezione da qualche parte (calore/rossore/putrefazione – rabbia).

E una volta il fuoco di Sant’Antonio, e un’altra volta si feriva e la ferita poi si infettava, e poi ancora si scottava con l’acqua bollente… insomma, ogni volta, qualcosa indicava la sua collera. Fisicamente. Dopo l’avvenimento psicologico.

Una volta guarita, la macchia spariva e la sua fronte tornava ad essere del classico color pelle come il resto del viso.

SIAMO TANTI CORPI IN UNO

Non potevano essere sempre coincidenze visto che per tutta la sua vita (90 anni) accadde così.

Quale spiegazione può esserci? Non voglio convincere nessuno ma, secondo me, pare proprio ci sia un significativo rapporto corpo-mente-emozione. Siamo un tutt’uno infatti. Come dico sempre.

Occorre tener da conto vari fattori: l’alimentazione, lo stile di vita, i geni ma occorre anche aprire le vedute e guardare qualcosa di ancora più ampio. A proposito di geni… nessuno in famiglia, neanche i suoi genitori, hanno mai sofferto della stessa cosa. Lei era l’unica alla quale accadeva quello.

Non per niente era l’unica a “comandare” tutti. Comandava anche sua mamma e suo papà. Lei era infermiera, nessun altro in famiglia lo era. Un tempo le infermiere facevano di tutto, non era come adesso. Vi sto parlando degli anni ’30/’40/’50. Passavano dal lavare i pavimenti, al passare i ferri in sala operatoria e quindi, a stretto contatto con i medici, ne sapevano parecchio sulla salute e la medicina. Perciò, in casa, chi stava male, si rivolgeva a lei ricevendo le sue amorevoli cure e, anche i suoi genitori, sempre più anziani, dipendevano in qualche modo da quella figlia che poteva dar loro sollievo in caso di bisogno.

Questo sempre per dirvi che era lei ad avere il controllo su tutto e sentendosi responsabile di ogni cosa e di ogni individuo, come ho detto, si inalberava se non si obbediva. In fondo, aveva paura che facendo l’inverso di quello che lei ordinava poteva accadere qualcosa di grave a chi voleva bene e reagiva con l’ira.

LA GRINTA CHE NON TI FA CEDERE

La rabbia era una sua amica anche vista come “rabbia energetica” nel senso di “grinta”. Era infatti una donna molto energica. Si alzava tutte le mattine alle 5 e, alle 8, c’era già il pranzo pronto e le faccende di casa fatte. Impastava ogni giorno. Accudiva i nipoti, lavorava, andava a fare commissioni per gli altri, aiutava nella parrocchia, curava i suoi, la casa, il marito, insomma non stava ferma un attimo.

Era la più grande di sei figli e, fin da piccola, fece da mamma a tutti mentre i genitori lavoravano. Visse le due Guerre Mondiali e non si fece mai mettere i piedi in testa da nessuno. Una bella tempra. Una vita accompagnata da questa rabbia-grinta.

Ogni manifestazione cutanea che sorge in mezzo alle sopracciglia: secchezza, macchie, eccesso di sebo, rughe profonde, brufoli, etc… indica un messaggio da parte del nostro Fegato. Può sentirsi appesantito da un’alimentazione troppo grassa o ha bisogno di ripulirsi per i troppi prodotti di origine animale che mangiamo (non va mai bene eccedere) ma potrebbe anche comunicare una rabbia, magari celata o latente, in noi. Potete provare a farci caso.

Prosit!

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Non puoi Sbagliare!

Il problema di P. era quello di avere due genitori, il padre soprattutto, che non riuscivano a staccare e a dimenticare gli errori che lei poteva aver fatto in passato. Errori sciocchi, che qualsiasi persona combina.

Una volta rigò la portiera dell’auto facendo manovra e, da allora, nonostante guidasse relativamente bene e non arrivasse ogni giorno con la macchina incidentata, la loro frase, nel salutarla era – E mi raccomando la macchina, non rigarla di nuovo! -.

Un’altra volta invece, in giovane età, e per fare una sorpresa a mamma e papà, decise di rivestire le pareti della sua cameretta con una tappezzeria azzurra, pennellata di bianco, a rappresentare la spuma delle onde del mare. Combinò un disastro. La tappezzeria venne messa malissimo, la colla era ovunque e presto, molti fogli della carta da parati si staccarono. Negli anni successivi le ricapitò di mettere dell’altra tappezzeria, per se stessa e per gli amici, in modo egregio, preciso e meticoloso ma, per suo padre, davanti a qualsiasi risultato, prevaleva sempre la tragedia combinata anni prima nella sua camera da letto nonostante fu proprio grazie a quella “tragedia” che lei capì come bisognava applicare il rivestimento.

Per loro non c’erano migliorie. Lei era brava, efficiente, educata, pignola, preparata ma, se da ragazza, aveva combinato un danno, come esempio veniva considerato solo quell’unico danno a confronto di altre cento cose fatte poi bene.

Per P., tutto questo era frustrante. Logorante. E posso capirla.

Sembrano stupidaggini invece sono deleterie. Sovente si abbozza come ad avvallare la classica frase “eh ma tanto loro sono fatti così”. Si sopporta, si lascia parlare e si va avanti… invece, queste considerazioni, questi pregiudizi, sciupano l’anima.

E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio – (A. Einstein).

Ogni volta, sottolineare così quell’errore, era come infilare una piccola lama nello stomaco.

Significava far rivivere l’imbarazzo dello sbaglio, evidenziare il “non vali niente, non sei capace, sei solo in grado di fare le cose fatte male, io non ho stima di te”, puoi fare mille cose fatte bene ma, quella fatta male, è stata la più grave di tutte. Non c’è rimedio. Sarà lei, d’ora in poi, a dirigere le tue azioni. Ogni cosa che farai sarà pilotata da un qualcosa di errato. Un ottimo incentivo per l’autostima.

Errare non è concesso. Non è umano.

Se si pensa che diventiamo grandi proprio grazie agli errori. Se si pensa a quanto gli errori siano importanti nella nostra vita, fin da bambini, quando grazie a loro capiamo come fare meglio, ora, non valgono più, sono come creature malefiche che ci rovinano l’esistenza, che ci allontanano dai nostri cari attraverso la svalutazione, il giudizio negativo, la falsa tolleranza. Sì, perché il resto, le nuove esperienze, vengono accettate dai genitori come se fosse doveroso accettarle ma, in realtà, non si vorrebbe, non c’è fiducia. E’ emarginazione.

Un continuo dito puntato contro che dice – Tu non sei in grado di fare meglio di così – cioè non cresci, non hai scalini di miglioria, non hai speranza.

Le tue colonne portanti, i tuoi genitori, quelli sui quali più basi la tua intera vita, non si fidano di te. Tu non vali e sai perfettamente di non aver mai fatto nulla per meritare questo.

Posso apparire esagerata ma non si riesce a comprendere l’inestimabile danno che questo crea nel nostro inconscio. Un danno molto più grave del non essere stati in grado di mettere bene una tappezzeria, dell’aver rigato una macchina, o quant’altro. Il regalo della titubanza.

E allora si susseguono le menzogne.

Ad ogni risultato sgradevole: “Non lo dico, perché se lo dico guai… chissà cosa penseranno di me e cosa penseranno di me nel futuro”. Si cela, ci si nasconde per respirare, per vivere.

E si susseguono le paure: “Speriamo non vengano mai a scoprirlo”.

E si susseguono i sensi di colpa, sia del malfatto che della bugia seguente.

Ma non è finita. C’è un risvolto ancora peggiore. Ancora più maledettamente incomprensibile che nasce quando: la tua cara amica riga la macchina proprio come hai fatto tu, suo padre la sgrida e TUO padre invece… la difende (!), spiegando all’altro genitore che può capitare e che NON LO FARA’ PIU’. Evviva!

…Dammi una lametta che mi taglio le vene…! – (D. Rettore)

Non sto enfatizzando, credetemi, e so che molti purtroppo, sono vittime di questo metodo che pare il massimo esponente dell’educazione.

La situazione è drastica (sorrido). Le palpebre si afflosciano verso il basso assieme alle guance e si inizia ad assumere la classica espressione da basset hound confuso e incredulo che guarda il proprio padre col magone e si chiede “Perché? Perché io no? Perché io no questa coccola, questa fiducia, questa pazienza, questa speranza, questo incoraggiamento, questo consiglio a non mollare, al potercela fare…?”. Notate quante cose vengono a mancare?

“Allora la mia amica vale più di me”. Fine della storia.

Ora, se state leggendo questo articolo siete sicuramente delle persone adulte, almeno la maggior parte di voi, e sicuramente vi sembreranno solo sciocchezze. Agli occhi di un bambino però, e peggio ancora di un adolescente, tutto questo è più grave. E’ un tarpare le ali immeritato a parer mio.

Prosit!

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A modo mio: Interpretazione di “La guarigione del cieco nato”

Dal vangelo secondo Meg 4° – niente di religioso ma di molto curioso

PRENDI DEL FANGO, SPUTACI SOPRA E FAI COSA VUOI

Avrete presente tutti la parabola del Vangelo che racconta di quando Gesù guarì il cieco nato (azione che compì diverse volte durante la vita nei confronti di parecchi non vedenti).

Si racconta che, prese del fango, ci sputò sopra, appoggiò le sue mani piene di quell’intruglio sugli occhi del malato e, quest’ultimo, potè vedere il mondo. C’è forse qualcosa di più banale e di più povero del fango e della saliva? No. Due ingredienti veramente miseri, se vogliamo, mediocri, ed è proprio per la loro mediocrità che sono stati scelti. Appositamente. Proprio grazie alla loro umiltà possono far capire quanto in realtà è potente l’energia che vive dentro di noi (che può fuoriuscire ad esempio dalle nostre mani), il principio attivo fondamentale. Non servono grandi cose, non servono eccipienti pregiati o multifunzionali. Basta un po’ di polvere, uno sputo e possiamo ottenere quello che vogliamo, grazie al nostro volere. Grazie al fatto che davvero vogliamo quella cosa, anche la cosa più impensabile e più grande come, addirittura, dare o ridare la vista a un cieco. E’ assurdo. Nemmeno il più grande oculista del mondo potrebbe. Esatto. Questa assurdità, per l’Universo, non esiste. La nostra energia è più forte ancora dell’assurdo. Può tutto. Per questo, come esempio, è stata usata la forte metafora della cecità. E’ il nostro intento a CREARE.

Che poi… ciechi lo si è tutti. Si, si, vediamo i colori, vediamo gli alberi, le auto, le case, le persone. Ma la nostra povera vista si ferma lì. Non vediamo l’energia, la profondità delle cose, l’aurea, il battito vitale, quasi a livello molecolare, di ciò che ci circonda. Non guardiamo mai con gli occhi dell’anima. Non cogliamo mai lo stupore che può esistere osservando, con altri sensi, persino una mosca. Che non significa scandagliarla minuziosamente in ogni suo più piccolo particolare, significa accorgersi della sua energia, di quella sua vibrazione essenziale che la contraddistingue, la circonda, l’avvolge. La sua luce. Riusciamo a sentire la pulsazione del suo cuore? Perché un cuore ce l’ha anche lei, e batte.

Ed è mutando quell’energia che si può guarire.

Apri i tuoi occhi alla vita – apriti alla vita – guarda… con il canale dell’anima”. Ossia: non osservare soltanto a livello visivo, guarda oltre, guarda con altri sensi, con il divino che è in te. Il – guardare – che non è guardare ma è sentire, percepire, toccare, ascoltare, inspirare, imprimere nella propria pelle e dentro di sé. Connettersi ad esso. Connettersi. Divenire un tutt’uno con il cosmo.

Invece siamo chiusi. Attappati da barriere e maschere e paure e condizionamenti ed etc, etc… e’ colpa del governo, delle religioni, della scuola, e bla.. bla… bla… è colpa di mamma e papà…

Infatti, all’interno di questa parabola, si può leggere anche un quesito che i discepoli pongono al loro Messia proprio per tradurre la simbologia di questo fenomeno: se io sono chiuso alla vita e non mi evolvo, non ne ho colpe; la colpa e’ della società!

Diamo quasi sempre colpa ai nostri genitori per tutto quello che ci accade. Diamo a loro la responsabilità di averci donato un codice genetico magari farlocco, in caso di malattie ereditarie, e implichiamo a loro l’errore di non averci dato sostegno nella vita, di averci tarpato le ali, di averci giudicato, di aver preteso troppo da noi, di averci giudicato male, etc… quello che siamo oggi è colpa o merito loro.

Se io mi sono sempre fatta mettere i piedi in testa dagli altri è perché i miei genitori non mi hanno mai permesso di farmi valere, dovevo umilmente accettare portando rispetto a chi era più grande di me e magari chiedere anche scusa perché la mia coscienza doveva essere linda e io potevo così permettermi di andare nella vita sempre a testa alta. Oggi, posso avercela con mio padre e mia madre in quanto, questo meccanismo, ha sviluppato negli anni, in me, uno stato di remissione che non mi ha mai permesso di ribellarmi alle situazioni spiacevoli ma, il fatto è che, ad avercela con loro sbaglio. Sto facendo l’errore più grande. Non mi sto guardando dentro.

Loro, vittime anch’esse di altri genitori, a loro volta figli e figli anche della paura, hanno semplicemente cercato di fare con me quello che ritenevano più giusto e sicuramente l’hanno fatto pure per il mio bene. Sbagliato o esatto che fosse. Sono io che erro nel rimanere aggrappata a queste situazioni senza evolvermi. Anzi, proprio perché conosco alla base lo stato dell’umiltà che mi è stato imposto, posso da lì partire per salire e crescere. Non sto giustificando nessuno, né i genitori, né i figli. Conosco genitori che non hanno diritto di essere chiamati tali, e conosco figli che non hanno mai avuto nessun rispetto per chi li ha messi al mondo, ma qui si trascende in altri discorsi. Ciò che intendo dire è semplicemente che bisogna staccarsi. Dividere bene quello che ci è stato insegnato (tanta manna qualsiasi cosa sia) e quello che in realtà siamo.

Né lui ha peccato né i suoi genitori, hanno colpe, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio – ecco cosa risponde Gesù ai suoi allievi.

… Cioè? La solita storiella che bisogna soffrire nella vita per poter essere vicini al Signore e che il Padre Nostro sta accanto ai deboli e agli invalidi anziché ai benestanti e ai gioiosi? Via, via tutte queste bazzecole. I nostri pensieri e le nostre emozioni inconsce, se dannose per il nostro spirito e per il nostro benessere più intrinseco (paura, rabbia, tristezza, fastidio… celate), si manifestano attraverso la malattia o attraverso accadimenti spiacevoli. La realtà è uno specchio. Se si emanano le frequenze dell’angoscia ci torneranno indietro attraverso esperienze angoscianti da vivere. Come diceva Einstein, questa è fisica e non filosofia. Apriti alla vita con: coraggio = senza paura, con serenità = senza rabbia, con gioia = senza tristezza, con pazienza = senza fastidio…

Le emozioni negative sono grandi amiche ed è giusto provarle e averle, ma non devono diventare i padroni delle nostre scelte. Dovremmo ascoltare di più la voce dell’anima che ci parla in continuazione ma noi non la sentiamo.

Abbiamo il potere di guarire sia noi stessi che gli altri, se non ci lasciassimo inquinare dal dubbio. Abbiamo il potere di ottenere tutto ciò che vorremmo, se non ci lasciassimo inquinare dal timore. Abbiamo il potere di rendere vera ogni nostra immaginazione se solo non considerassimo questa cosa impossibile. Ecco cosa significa riuscire a guarire, con del semplice fango e dello sputo, un cieco.

Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi. Ma sta sempre a noi scegliere da che parte schierarci – (Sirius/ragazzo-fenice)

Prosit!

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La Psoriasi – uno scudo che protegge

Sulla Psoriasi penso di averne sentite di tutti i colori perciò penso anche di poter dire la mia… dal punto di vista psicosomatico s’intende.

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Innanzi tutto la Psoriasi è una malattia della pelle e compare presentandosi con chiazze rossastre ricoperte da squame bianche o grigie. Colpisce prevalentemente alcune zone del corpo ma può sopraggiungere ovunque, in qualsiasi parte, persino sulle unghie, a qualsiasi età e in entrambi i sessi. La comparsa della Psoriasi può avvenire per diversi fattori a livello fisiologico e scientifico ma, dietro la sua apparizione, secondo alcune filosofie, c’è sempre, nell’inconscio, una vissuta situazione di abbandono o di separazione che ha fatto male e che ancora non si è dimenticata pur non rendendosene conto.

labbandono

Secondo i meccanismi mentali di un individuo, anche la semplice disattenzione di un genitore nei propri confronti, o del proprio partner, può essere vista come distacco e può far soffrire molto.

La Psoriasi infatti, riguardando la pelle (che sappiamo essere strettamente collegata ai Reni e ai Polmoni), è l’insieme di due grandi emozioni negative: la Paura (che ha sede nei Reni) e la Tristezza (che ha sede nei Polmoni).

Non per niente provare Paura, con l’andar del tempo, rende tristi.

Nei Polmoni s’introduce l’aria nuova, l’ossigeno fonte di vita, mentre dai Reni si espelle tutto ciò che non serve più, gli scarti, le tossine e, ad avvolgere questo ciclo vitale e quotidiano, c’è appunto la nostra cute che si nutre delle emozioni provate nei due determinati organi e se ne fa carico.

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Come i Polmoni e come i Reni la pelle infatti è in grado di assorbire sostanze dall’esterno o eliminare sostanze interne e aiuta questi organi, quando sono troppi gli elementi da annullare, rovinandosi o ammalandosi essa stessa.

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Da bambini, l’essere messi da parte e presi in giro dai compagni è una situazione bruttissima da vivere, così come spiacevole è assistere alle continue e violente litigate dei genitori alle quali non si prende parte ma si vivono assumendosi una sorta di colpa che allontana. Memorie che rimangono purtroppo indelebili e questi sono solo banali esempi.

Quando da adulti, un qualsiasi fattore risveglia quel ricordo, ecco che in noi si rivive la stessa medesima situazione e questa volta ancora più insopportabile sempre, ovviamente, senza mai rendersene conto.

Molte persone, affette da Psoriasi, quando iniziano a ragionare su questi avvenimenti, non ricordano di aver vissuto vicende del genere anzi, si sono sempre sentiti amati da mamma e papà, sempre cercati dagli amici e sempre gioiosi nelle loro attività sociali.

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E’ naturale, un padre che parte per lavoro ma chiama ogni giorno facendo sentire il proprio figlio importante per lui e ogni volta che torna a casa non dimentica mai una sorpresa, lascia ovviamente un bel ricordo, amorevole e affettuoso ma, seduto a tavola, durante il pasto serale, non c’è o non c’è più. Quella sedia è vuota e gli occhi del bambino la osservano, la notano fredda, inanime, lontana, distaccata dal dolce focolare domestico che ora condivide solo con la madre.

Il fratello maggiore che si sposa e va a vivere in un’altra casa, la sorellina più piccola che può restare con la mamma mentre noi invece si va a scuola… potrei continuare con mille esempi ma la cosa più giusta da fare è lavorare sulla propria frustrazione al di là del motivo.

La comparsa della Psoriasi, come tutti gli altri malesseri e disturbi che ci colpiscono, è un messaggio. Un messaggio che il nostro corpo ci offre per elevarci, guarire e stare meglio nel nostro più profondo. Il suo consiglio è proprio questo: liberati dalla delusione di essere stato in qualche modo respinto, abbandonato, messo da parte. Ragiona sul fatto che chiunque ti abbia fatto vivere quest’esperienza è, o è stato, vittima anch’essa della vita quanto te. Non deve interessarti chi ti ha regalato queste brutte sensazioni, la cosa principale è liberarti dall’attaccamento e rilassarti accettando che qualsiasi episodio, avvenuto nella tua vita, è accaduto per una motivazione. Prova a sentirti amato e accettato, impara ad amarti e accettarti tu per primo, nutri il tuo organismo d’amore e dalla tua pelle traboccherà solo amore. Approvati!

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La Psoriasi subentra come scudo. L’ispessimento della pelle che si denota è proprio una forte barriera (anche se in realtà forte non è) che la nostra cute prova ad attuare per difenderci, per farci sentire protetti. Questo accade perché inconsciamente abbiamo paura di soffrire di nuovo nella vita ed è proprio su questa paura che si deve lavorare. Il nostro corpo non ha mai intenzione di farci del male, prova ad attuare sempre meccanismi di risoluzione.

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Ogni giorno si disegna la propria esistenza in base agli avvenimenti subiti o goduti in passato e, dove c’è stata una falla, si cerca in tutti i modi di porre rimedio. La prima sensazione che nasce, anche se non si avverte, è quella della preoccupazione per non rivivere certi momenti e per non far riaprire determinate ferite. Obblighiamo la nostra pelle, un organo meraviglioso che abbiamo e prezioso rivestimento che collega il nostro mondo interiore a quello esterno, a vivere in uno stato di attenzione perenne come una sentinella in accampamento che, concentrata e sempre vigile, si aspetta l’arrivo del nemico da un momento all’altro.

Rilassati e anche la tua pelle si rilasserà.

Prosit!

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Amare l’Ansia più di qualsiasi altra cosa

L’argomento di oggi potrà sembrare assurdo a molti ma è accaduto realmente e per me è stato così emozionante che desidero riportarlo qui.

Sapete tutti ormai che dopo aver avuto la mia amata Ernia alla schiena, l’ho ringraziata e l’ho considerata una delle cose più belle che mi siano accadute (non sono masochista lo giuro!) però mi sono sempre sentita un po’ sola in questa teoria perché non mi era mai capitato di sentire qualcun altro pensarla come me. Fino a qualche giorno fa quando, finalmente, non vidi più un’espressione stralunata sul volto del mio ascoltatore e due occhi sbarrati come se mi fossi completamente ammattita, bensì un accenno di consenso e poi queste preziose parole.

Sai Meg, l’ansia che ho subito per quasi 10 mesi e dalla quale sto uscendo in questo periodo è stata sicuramente la mia migliore amica e lo è ancora! Perché comunque farà sempre un po’ parte di me, perché è la mia guida, la mia consigliera, quella che mi dice “Ehi G.! Così non va bene! Ti stai facendo del male? Rimedi tu o devo agire io?”. Quanto l’ho odiata i primi tempi, quando non mi permetteva più di guidare, non mi permetteva più di avere un rapporto sano e gioioso con mia moglie, quando mi bloccava il respiro e sentivo i polmoni sgonfi che non riuscivano a riempirsi d’aria… e mi sentivo morire. E piangevo e chiedevo a mia moglie di portarmi al Pronto Soccorso… e oggi so di per certo che, se non fosse mai arrivata, avrei continuato a fare una vita misera e chissà come sarebbe andata… -.

A parlare è il mio amico G. che, mesi fa, all’improvviso, dopo una vita che lui credeva “figa”, si è ritrovato ricoverato all’ospedale senza ossigeno, senza forze e senza speranze. Un grave stato di Ansia, che gli ha creato anche forme di ipocondria e agorafobia, lo aveva ridotto ad uno straccio che non trovava più nessun valido motivo per trascorrere le proprie giornate.

E’ stato il periodo più brutto della mia vita Meg… credevo! Mentre invece stavo guarendo! Ti rendi conto? Il periodo brutto in realtà erano stati tutti i miei quarant’anni precedenti! Quarant’anni passati a mascherarmi per farmi bello, ad essere vittima di stupide paure, della forma e del giudizio degli altri. Quarant’anni a prostituirmi per un valido stipendio e la notorietà, perché queste erano le cose importanti. Essere il migliore, il più bello del paese, quello che aveva più donne di un altro in modo tale da soffocare le mie compulsioni, no…. non sessuali… ma di certezze, di affermazioni. La gente mi avrebbe stimato -.

Il mio amico G. Una potenza davvero. Un grande uomo. Pieno, pieno, pieno di cose belle dentro, di una forza incredibile, di un’energia devastante. Tutte cose completamente annientate dalla sua paura. La paura di non essere il numero 1. Perché in questa vita, in questa società, se non sei il numero 1, se non hai una laurea e una bella macchina, non sei nessuno. Questo gli avevano inculcato i suoi genitori, involontariamente, e questo è sempre stato lo scopo della sua vita. Uno scopo che, giorno dopo giorno, in sordina, stava uccidendo la sua vera natura.

Si, G. si rendeva conto che qualcosa non andava, che non stava bene, che non era libero, ma non poteva farci niente anzi, leggeva quei malesseri come “non ho ancora fatto abbastanza per essere al top”. E così, visto che testardo non comprendeva, è arrivata Ansia e si è presentata a lui come una donna che non lascia scampo. Dolce e aspra allo stesso tempo. Imperativa, tenace, senza pietà. Lo ha preso e ha fatto di lui ciò che ha voluto.

Quello che è accaduto a G. accade ad ognuno di noi, sottoforma di ansia o sottoforma di qualsiasi altro malessere ma, mentre solitamente la maggior parte delle persone, in questi casi, si limita a disperarsi e prendere qualche psicofarmaco, G. ha agito diversamente. G. non si è fatto sottomettere da quella austera Signora, ha deciso di affrontarla e di capire perché, tra tutti gli uomini del mondo, aveva scelto proprio lui. Prima ha cercato tutti gli strumenti necessari che avrebbero potuto aiutarlo. Di ogni genere e di ogni sorta: medicinali, dottori, libri. Ha iniziato a coltivare e a condividere le giornate con Madre Terra nel limite delle sue possibilità, visto che la Signora Scura lo immobilizzava a casa. Ha chiesto aiuto ai parenti più stretti e, lentamente, con tutte le sue belle armi in mano, ha iniziato ad avvicinarsi a quella donna che lo guardava dall’alto in basso quasi inespressiva.

Ora la stava vedendo bene. Aveva un’espressione arcigna sul viso. I capelli scuri, le sopracciglia spigolose, le labbra serrate. Uno sguardo che lo trafiggeva come una lama. La paura lo inchiodava ma, per lo meno ora, l’aveva vista. L’aveva vista bene e lei era rimasta immobile, a farsi ammirare, in uno splendore diabolico ma affascinante allo stesso tempo. Era rimasta ferma, non gli aveva fatto del male.

Perché non ti muovi? Perché non ti avvicini, non mi prendi, non fai di me quello che vuoi come stai cercando di fare? Perché non mi uccidi del tutto?! – gridava G. a quella Regina. Ma lei, impassibile, si limitava ad osservarlo e, di tanto in tanto, alzava un angolo della bocca in un sorrisetto sarcastico.

La odiava avrebbe voluto eliminarla ma non poteva nulla contro di lei. E lei, rimaneva sempre lì. Ferma.

Fu quello che G. notò. Che lei non gli faceva ulteriore male. E fu allora che G. decise di avvicinarsi ancora di più. Ora la stava sfiorando, la stava scrutando nei minimi particolari. In quella sua immobilità imperiale era bellissima. La sua pelle era morbida e quelle sopracciglia dalla forma triangolare erano soffici come la seta e tremendamente eleganti. G. le toccò una mano. Non era fredda come aveva immaginato. Quella specie di donna era calda, era piena di passione. Un ardore che incredibilmente sapeva di buono.

“Non mi fa paura” pensò il mio amico. “Non mi fa più paura”.

A G. ormai non interessavano più la bella macchina, i vestiti firmati e la barba sempre fatta. Stava morendo secondo lui. Ora c’era da pensare alla vita; al rimanere in vita. Ecco, ora si. Ora era arrivato il momento di pensare alla vera vita che per anni si era messa da parte.

Fai parte della Natura, ed essa prima o poi viene a riprenderti se vede che ti allontani da lei. Sta a te capire il messaggio. Lei non ha mezzi termini -.

…….

Oggi voglio andare al mare e godere del suo spettacolo – disse un giorno G. alla moglie. Non l’aveva mai fatto, bisognava solo lavorare, anche di notte, anche di domenica.

Oggi ho perso un cliente ma, per uno che se ne và, due arrivano – disse un altro giorno. Solitamente questa vicenda era vissuta invece come il trauma più angosciante dell’intero anno .

Oggi voglio perdonare me stesso per come ho vissuto finora e per il male che mi sono fatto

Oggi voglio perdonare i miei genitori, che ho sempre maledetto, perché mi obbligavano a fare cose che in realtà non volevo

Oggi mi permetto di arrampicarmi su un albero senza aver paura di farmi male

Oggi mi tengo la maglia sudata senza aver paura di prendermi un raffreddore

Oggi dico di “No!”, perchè è quello che sento di rispondere per il mio bene

… LA LIBERTA’

La Grande Libertà. Via dal giudizio e dalle paure.

E girandosi, guardando di nuovo in faccia quella strana donna, ora vedeva che ella stava sorridendo. Era un sorriso buono. Dolce. Materno.

Aveva capito. Aveva capito che nonostante quei modi bruschi, quell’apparente alterigia, quella donna gli voleva bene.

Sei tu che mi hai chiamata – gli disse un giorno quando finalmente si decise a parlare, o meglio, quando finalmente il mio amico G. si decise ad ascoltarla.

Io? – rispose lui incredulo.

Si. Senza nemmeno rendertene conto. Io sono semplicemente la manifestazione di quello che tu hai creato. Tu mi hai plasmata e formata. Io sono il nulla senza di te e tu sei niente senza di me. Volevi liberarti da una catena con la quale tu stesso ti sei legato, da una schiavitù che hai concretizzato per te a causa della società in cui vivi e di tutti i tuoi moralismi. Hai avuto paura di me perché hai vissuto sempre come un misero tapino che non si è dato la possibilità di scoprire quanto di meraviglioso c’è attorno a lui, nella sua stessa vita. Sei nato scopritore, scienziato, mago! Ma ti sei ridotto a divenire un servo, uno schiavo, un limitato. Però sei stato bravo. Non sei fuggito. Hai voluto conoscermi, comprendermi, hai voluto amarmi perché hai capito che comunque, nonostante tutto, ero una TUA creazione. Ero una TUA figlia. Un qualcosa di TUO. E non puoi odiare mai qualcosa di tuo. Sarebbe come odiare te stesso. Nemmeno quello che la gente definisce una malattia. Si, siamo malattie, ma nessuno ci comprende. Ci guariscono, ci mandano via, senza parlarci, senza ascoltarci, senza cedere alla curiosità; la stessa curiosità che avevano quando erano piccoli, di due anni, e si mettevano la terra in bocca per sentire che gusto aveva. Perché si limitano ad impaurirsi e ad affidare ad altri il loro male. Alla scienza, alla tecnologia, alla medicina… e la loro energia non la considerano nemmeno. E la uccidono, così come uccidono loro stessi. Mentre tutte quelle tecniche continueranno a vivere inutilmente e morirà altra gente. La bellezza dell’innovazione va presa, tenuta cara e usata come strumento perfetto. Ma senza una mano saggia che regge l’elsa, senza un vero Guerriero che muove quella spada, una lama sfarfallerà semplicemente in aria senza combinare nulla. Ora io non ti servo più. Posso anche andare. Mi hai vista, mi hai conosciuta, hai capito il mio messaggio e un’insegnante non ti serve più a nulla ma… bada bene che tornerò. Alla prima offesa che effettuerai sul tuo essere Dio e parte di questo Universo, al primo limite che metterai a te stesso e alla prima volta che non ti riconoscerai come essere supremo e potente e perfetto quale sei, io tornerò. E questa volta non mi limiterò a farti mancare il respiro in uno spasmo bronchiale o a farti versare due lacrimucce. Non dimenticare mai, nemmeno per un solo secondo CiO’ CHE SEI. Non hai nessun diritto di offendere ciò che l’Universo ha creato -.

brindisi

Dedicato al mio amico G. che voglio stimare ogni giorno di più.

Prosit!

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Storia di tre Sorelle e della Somiglianza Energetica

Esiste la somiglianza genetica, la conosciamo tutti. Il figlio che nasce uguale identico al padre, due fratelli che sono due gocce d’acqua, la bimba… tutta la nonna, etc, etc… Ma, alla somiglianza energetica, così io la chiamo, ci credete?

Biologia ed Energia a confronto: quando i geni ci dicono molto di più e quando invece non c’entrano affatto.

Una storia vera:

C’erano una volta tre sorelle che chiamerò Gina, Pina e Tina. Erano tutte e tre bionde, avevano tutte e tre gli occhi di un azzurro chiarissimo e la pelle diafana che sembrava di porcellana. Non erano gemelle ma molto, molto simili tra loro. Tutte e tre si sposarono con tre ragazzi mori, dagli occhi scuri e la pelle olivastra tipica del maschio latino. I loro tre mariti li chiamerò Gino, Pino e Tino.

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Gina era la più grande, era in gamba. Aveva un carattere austero e orgoglioso ma Gino, il suo uomo, sapeva tenergli testa. Aveva fatto la guerra nel peggiore dei modi, se mai poteva esserci un modo peggiore di un altro, e nulla lo spaventava. Se Gina era risoluta lui lo era altrettanto e le scintille, nella loro famiglia, non mancavano mai. Ambedue erano persone generose ma il loro modo di fare spaventava nonostante, sotto, ci fosse bontà d’animo.

Pina, la sorella di mezzo, non era una persona buona, lo era all’apparenza ma nel suo cuore c’era davvero poca gentilezza. Era rancorosa, vendicatrice e si preoccupava di comandare a bacchetta tutti i componenti della famiglia marito compreso, Pino, che come un soprammobile, passava le sue giornate ad ascoltare i ragionamenti della moglie che lo esauriva. Pino era il classico uomo che la società definisce – senza palle -, uno zerbino ai piedi di una donna arrogante e superba.

Tina invece, la più piccola, era dolce e umile. Completamente sottomessa ai voleri del marito, un rozzo uomo molto più anziano di lei. Anche da giovane, Tina sembrava una vecchietta spaurita e, facendosi in quattro per la sua famiglia, chinava sempre il capo davanti a Tino che la trattava come una serva senza mai udire da lei un lamento. L’importante per sua moglie, era vederlo felice e appagato.

Tre donne diverse, per tre uomini diversi. Tre donne che ebbero dei figli.

Gina e Gino ebbero due figli: uno biondo con gli occhi azzurri come lei, uno castano con gli occhi scuri come il padre.

Pina e Pino ebbero due figli: tutti e due con gli occhi chiari e i capelli biondi come la madre.

Tina e Tino ebbero tre figli: tutti scuri sia di carnagione, sia di capelli che di occhi come il padre”.

Questa cosa mi aveva dato da pensare e iniziai ad osservare sotto un aspetto diverso le somiglianze delle persone.

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Al di là del carattere più forte che può esserci tra due coniugi, in alcune coppie, c’è sempre quello che “porta le braghe”. A volte, pur sembrando la parte più mite è in realtà colui che tiene insieme tutta la baracca e molto spesso i suoi geni, sono assai più “potenti” di quelli dell’altro. Più potenti non solo dal punto di vista biologico ma anche energetico.

Nel caso di Gina e Gino, due persone dal carattere simile e che insieme tenevano unito il loro rapporto, un figlio è nato molto somigliante alla mamma mentre l’altro molto somigliante al papà. Oppure sarebbero potuti nascere assomigliando entrambi a tutte e due i genitori. Come in un perfetto equilibrio. Pina e Tina invece hanno avuto figli completamente uguali a loro o uguali al consorte e, guarda “caso”, avevano una personalità completamente differente e un ruolo nettamente diverso all’interno del matrimonio. Questo però, pur non essendo assoluto, non è un “caso”.

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Anche i geni hanno la loro personalità, o noi abbiamo la nostra personalità anche in base ai geni che, come possiamo vedere, non si preoccupano di sottoscrivere solo la parte fisica e fisiologica.

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Sappiamo bene tutti che ci sono tratti somatici più preponderanti di altri. Caratteri dalle tonalità chiare che possono soccombere contro quelle scure ma posso assicurarvi che non è sempre così. Questo è quello che può andare oltre la biologia. La genetica potrebbe aprire un mondo a riguardo ma la mia teoria vuole guardare un aspetto ulteriore e forse non è solo merito del DNA.

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Ovviamente tutto questo è molto difficile da notare quando entrambi i genitori hanno gli stessi colori ma non sarà difficile invece notare come due persone che non sono parenti di sangue, come marito e moglie, si assomiglino come fratello e sorella. Vi è mai capitato di vederne?

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E qui entriamo nel settore puramente energetico. Quando due persone si amano profondamente può infatti accadere che inizino persino ad assomigliarsi e questo vale anche per quei figli non biologici che cominciano col tempo ad assomigliare a quel papà o a quella mamma che non li hanno concepiti. La gente dirà – Cavoli come assomiglia al papà! – mentre in verità quel padre è solo il marito della mamma ma davvero quel bambino ci assomiglia molto!

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C’è anche da dire inoltre che, durante l’esistenza che si vive, non sempre si ha lo stesso carattere. La nostra personalità si modifica con l’andar del tempo e anche le relazioni possono cambiare anche se possiamo non accorgercene. Perciò accade anche per questo che, ritornando un attimo in tema biologico, un figlio può assomigliare di più ad un genitore mentre il secondo può prendere di più dall’altro.

Osservando amici e parenti mi è capitato di constatare questa teoria e ricordo anche che quando credevo di sbagliare dovevo invece ragionare di più.

Una coppia che conosco ha avuto, venticinque anni fa, una figlia molto simile al padre fisicamente. Dentro di me dicevo “che strano, è la madre ad essere forte, a comandare a bacchetta, a fare e disfare. Lui, così mite, così taciturno, quasi a vivere dietro le quinte”. Ma così presente. Già… presente. Lei invece destabilizzante, frivola. Quel caratterone che offriva al pubblico era solo una maschera in realtà. Una maschera che nascondeva tutte le sue paure. Era lui il punto fermo di quel focolare domestico, era lui ad assumersi le responsabilità e ad esserci, sempre. Era lui che fondamentalmente “lasciava il segno” e lo ha lasciato anche nei tratti somatici della figlia. E’ così che ancora non sono riuscita a sgretolare questa mia idea, anche se vi ripeto, non è assoluta. L’Energia è potentissima. Voi cosa ne pensate?

Quando un bimbo viene al mondo, solitamente passa fasi di somiglianza che velocemente ricordano sul suo viso: il padre, e poi il fratello, e poi la madre, e ancora il nonno… Quel bimbo cambia aspetto ogni dieci giorni oppure assume espressioni che lasciano senza fiato tanto sono identiche al parente chiamato in causa. E’ come se si volessero definire le sue sembianze. Poi, può accadere, che una prevalga. Cosa succede in quel mentre? Quanto mi affascina la genetica!

Teniamo anche conto che un genitore può dare il viso mentre l’altro il corpo. Anche quello che riguarda la conformazione fisica è somiglianza ma senz’altro, ammalia meno.

Prosit!

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La Destra e la Sinistra – Il Padre e la Madre

Niente Politica amici ma qualcosa di forse ancora più affascinante e misterioso. Il nostro corpo, la nostra anima, Noi.

Noi che abbiamo una parte Destra e una parte Sinistra. Ovunque. In ogni settore del nostro corpo e della nostra mente. E tutto ciò non indica soltanto l’essere mancini o destrorsi, l’argomento va ben oltre, più in profondità.

Ci sono diverse teorie a riguardo, che stravolgono spesso quello che sto per descrivervi, citandolo esattamente all’incontrario ma, ovviamente, io ve lo porgo per come l’ho studiato e per come mi sono ritrovata nel mio lavoro a notare che così era.

Partiamo dal nostro cervello per fare un discorso semplice e lineare. Il cervello che, come tutti sapete, è diviso in due parti: l’Emisfero Destro e l’Emisfero Sinistro.

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L’Emisfero Destro è la parte che si occupa e governa la nostra femminilità (anche negli uomini), la parte istintiva, emotiva, affettiva. La creatività, l’intuito. La parte più Spirituale di noi. E questo Emisfero, al contrario di quello che si può pensare, domina su tutta la nostra parte Sinistra; di tutto il corpo.

L’Emisfero Sinistro invece, quello più maschile (anche per le donne), è la parte più razionale e più tecnica che amministra l’attenzione, i processi muscolari e linguistici, della logica. La reazione. E governa tutta la parte Destra nel nostro corpo.

Possiamo dire, come cita simpaticamente il Dott. Raffaele Morelli in un modo che mi piace molto che: il lato sinistro del cervello è il nostro “ingegnere” mentre quello destro è il nostro “poeta”.

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Dal momento che si combinano regnando al contrario della loro posizione, come vi ho detto e come potete vedere nella prima immagine in base alle due frecce, possiamo quindi constatare che la nostra parte destra del corpo, diventa l’ingegnere e cioè la parte maschile, mentre quella sinistra diventa il poeta ossia la parte femminile. Al contrario quindi.

CERVELLO: destra/femminile, sinistra/maschile

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CORPO: destra/maschile, sinistra/femminile

E’ tutto chiaro? Ora vediamo di collegare queste parti del corpo ai nostri tanti disturbi. Dolori, incidenti, ferite, eruzioni cutanee, malformazioni, infezioni, inestetismi e chi più ne ha, più ne metta, problematiche di varia natura… se le avete, in quale parte del corpo vi hanno colpito? Quella destra o quella sinistra? E che cosa vi ha colpito e dove?

Vedete, da questa teoria del maschile e del femminile, si è presto arrivati a congiungere le nostre due parti con il nostro Marito o con la nostra Moglie. Con il nostro Fratello o con la nostra Sorella. Con il nostro Amico o con la nostra Amica. Ma più di tutto, e sopra ogni altra cosa, con il nostro Padre e la nostra Madre che hanno segnato la nostra natura fin dalla nascita e l’hanno Educata (Educare deriva dal latino Educere: Condurre, Trarre fuori,  Formare la personalità di una persona).

Destra=Papà / Sinistra=Mamma.

Che rapporto avete con loro? Con i vostri genitori. Oppure, che rapporto NON avete? Sono ancora con voi, vi mancano, vi fanno arrabbiare? Siete adulti ma loro governano ancora la vostra vita? Vostra Madre ha schiacciato la figura paterna o è successo il contrario? Sono stati aggressivi con voi? Vi hanno “abbandonato” (si può abbandonare un figlio in tanti modi)? Cos’hanno preteso da voi? Aiuto, amore, diligenza, obbedienza, onestà? Insomma, quante cose… potrei continuare all’infinito. Tutte cose che tornano a galla durante la nostra esistenza. Oh già!

Vi porgo alcuni esempi:

GENGIVITE? Nella psicosomatica signica: Paura di fare una scelta sbagliata e di non poter tornare indietro. Qualcosa impedisce di scegliere. E’ più a destra o più a sinistra quest’infiammazione delle mucose gengivali che, per natura, “AVVOLGONO/PROTEGGONO” i denti come dovrebbe fare un genitore nei confronti del proprio figlio? Mamma o papà non vi hanno permesso di sbagliare, di fare le vostre scelte? Le hanno o le avrebbero giudicate troppo e in modo a voi non consono? Vi hanno, in qualche modo messo in testa che non siete in grado di decidere o che il pericolo è sempre dietro l’angolo? Probabilmente, per il vostro bene, ma l’hanno fatto, non si sono resi complici di voi. Dei vostri eventuali “errori”. Non vi hanno fatto sentire il loro sostegno.

Oppure, come abbiamo visto prima, potrebbe essere ora vostro Marito o vostra Moglie ma… se soffrite di questo, è perchè in cuor vostro, nel vostro inconscio, giudicate ancora il comportamento del genitore e lo riversate sul vostro partner. E’ un meccanismo del quale nemmeno vi renderete conto.  Vediamo un altro esempio.

CONGIUNTIVITE? Cosa vorreste rivedere e non potete, o cosa non volete vedere più? Vedere nel senso di “rivivere”. Occhio destro o sinistro? Cosa vi hanno fatto vostra madre o vostro padre di male (sicuramente senza volerlo o forse si)? Oppure, chi vi manca? Chi dei due volete vedere ora? Ora che soffrite di questa infezione all’occhio?

Ce l’avete con un uomo? Un collega, un compagno, un amico? Ce l’avete con una donna? Una situazione che state vivendo a causa di una figura femminile proprio non vi va giù?

GINOCCHIA? Un’articolazione molto flessibile delle nostre gambe quindi – del nostro andare avanti nella vita -. Il Ginocchio indica la stessa flessibilità nei confronti della nostra esistenza e con quanto orgoglio/dignità viviamo. Come prendiamo la vita? “Mi spezzo ma non mi piego”. Oppure mi piego troppo, come in una sorta di sottomissione, oppure ancora mi irrigidisco orgoglioso. Destro o Sinistro? Quale genitore vi ha provocato questo modo di vivere? Vi ha obbligato a piegarvi al suo cospetto magari o davanti agli altri. E così fate o, per reazione, non volete più fare. State cercando di imitare un vostro genitore, ma state vestendo dei panni che non sono i vostri e li trovate scomodi? O siete persone troppo influenzabili che virano a seconda di dove gira il vento? Poca stabilità. Poca convinzione nella vita.

Ogni punto del corpo è collegato a un messaggio.

Molto spesso capita che il disturbo fisico si propaghi da ambe le parti, può essere un fenomeno naturalmente e ovvio, e questo perchè probabilmente tutti e due i genitori erano sulla stessa lunghezza d’onda o, uno dei due, non ha fatto nulla perchè ciò cambiasse e ha quindi, in qualche modo, acconsentito l’atteggiamento dell’altro genitore.

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Attraverso questo, scaturiranno da lì altri disturbi fastidiosi nel voler punire quel genitore che ha permesso succedesse, da parte dell’altro, la cosa spiacevole. Accade tutto a livello inconscio ma è bene rifletterci sopra e conoscere certe dinamiche.

Spesso, si entra in un circolo vizioso che può essere conclamato, o in un susseguirsi di malesseri, o nel cronicizzarsi dei malesseri stessi.

Perdonare è la cosa migliore. Perdonare e liberarsi di tutto ciò che ci ha fatto soffrire. Perdonare noi stessi per come abbiamo nutrito certe memorie. Perdonare visto come “lasciar andare”, “staccarsi” e concentrarsi il più possibile sulla nostra natura profonda e su quello che esige.

Non è facile, lo so, ma è l’unico rimedio. Tornerò su questo argomento perchè è molto lungo ma sappiate che, ogni parte del vostro corpo, che viene in qualche modo intaccata, nasconde un perchè che fa parte della vostra esistenza. Soprattutto, della prima parte della vostra esistenza.

Prosit!

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