Creare maledizioni – il Numero Sette

TRA SCONGIURI E SCARAMANZIE 

In diversi contesti vengono utilizzati gesti scaramantici o ci si riconosce superstiziosi, tra questi, lo sport, è sicuramente uno di quelli più ovvi.

Molti sportivi eseguono dei piccoli riti o custodiscono persino degli “amuleti” ma seguono anche una specie di regole (piccoli riti) per sconfiggere quelle che sono riconosciute vere e proprie maledizioni.

Nel gioco delle bocce ad esempio, sport poco seguito e poco praticato, esiste un anatema conosciuto ormai da tanti anni al quale si crede ciecamente e voglio usarlo per spiegare queste maledizioni siamo noi stessi, in qualche modo, a crearle.

Una maledizione, cioè un significato inerente ad una determinata cosa, in questo caso negativo (male – edizione), è una vera e propria eggregora e cioè una forma-pensiero (collettivo).

Immagina quindi una specie di nube energetica, che ha una sua potenza, creata proprio dalla credenza di alcuni e resa concreta per il fatto che il pensiero e l’emozione creano. Quindi esiste. Ha una sua forza. Ma questo non significa che non possa essere sconfitta o nulla si può fare contro di lei.

IO NON CONOSCO L’ESISTENZA DI QUELLA COSA 

In pratica esiste se si crede che esiste. Così facendo la si nutre. Il nostro pensiero va a nutrire la sua vita ed essa, ovviamente, appare nella nostra realtà facendosi riconoscere. Se invece non la si conosce, perché non se ne si considera l’esistenza, essa non può venir proiettata nella materia. Siamo noi a darle o non darle concretizzazione.

Ma torniamo al gioco delle bocce. Un gioco praticato prevalentemente da persone anziane. In questo gioco a squadre (individuale, a coppie, a terne o a quadrette) si deve arrivare a 13 per vincere la partita e, in ogni mano, si possono fare 1 o più punti. La prima squadra che arriva a 13, naturalmente, vince. Questi giocatori sono convinti che arrivare al numero 7, durante il percorso verso la vittoria, sia una disgrazia. Il numero 7 è chiamato “la sedia”, cioè significa che chi arriva lì si siede e non si alza, ossia non va avanti con il punteggio. Pertanto tentano il tutto per tutto; se ad esempio sono a 6, provano a fare 2 punti anziché 1 e andare così a 8 saltando il 7. Patiscono questo numero che reca a loro una brutta situazione. Sono le loro memorie a suggerire questo anche se si parla di una situazione non certo grave.  Per alcuni è seria ma altri la prendono sul ridere. Dipende anche da cosa c’è in palio.

Ebbene, comunque sia, così facendo, danno forza e vigore a questa maledizione attraverso il loro pensiero e la loro emozione. La nutrono. Ed essa… si avvera, si concretizza.

IL SETTE – LA SEDIA

Sono tante, tantissime, le partite a bocce che ho visto finire 13 a 7 e il perdente era invece colui che stava vincendo a inizio gara. Ma, finendo sul 7, è rimasto fermo lì permettendo agli avversari di andare avanti e trionfare.

Quando entrambe le squadre vanno a 7, è come se la maledizione si estinguesse, non ha più valore. Una delle due deve pur andar avanti. E mi sembra ovvio voglio dire. Oh già! Hanno tutti i loro arzigogoli scaramantici.

La cosa buffa è invece osservare quello che accade quando un giovane si cimenta in una partita a bocce. Egli non sa nulla di tutto ciò. Non conosce le dicerie e gli usi dei giocatori più anziani. Forse non ci mette neanche la stessa loro passione ma, soprattutto, non sa nulla del numero 7. Per lui è un numero come tutti gli altri. Un numero normalissimo che arriva dopo il 6 e prima dell’8. Se si trova a 6 e fa solo 1 punto arrivando a 7 è più che contento perché, comunque, va avanti.

Infatti, in quei casi, e anche in questo frangente, posso dire di aver visto accadere questa cosa molte volte e averla persino vissuta in prima persona (ebbene sì, ogni tanto gioco a bocce) la maledizione non avviene. Non esiste. Come a non aver potere.

Da 7 punti passano tranquillamente a 8, o a 9, o a 10 (in una sola mano si possono fare più punti).

IL RAGAZZINO E LA CONDANNA

Tempo fa mi capitò di assistere ad un evento curioso. Un ragazzino iniziò a frequentare la bocciofila del mio paese per seguire il nonno al quale era molto affezionato. Si dimostrò fin da subito bravino nel gioco delle bocce e si impegnava parecchio. Riusciva ad aiutare i suoi compagni di squadra e facevano punti ad ogni mano.

Per lui la maledizione del 7 non esisteva. Non ne aveva mai sentito parlare e, infatti, andava sempre avanti. Col tempo però, continuando a giocare, la storia del numero protagonista venne alla scoperta.

Iniziò a conoscere i vari trucchi, le tecniche, i modi di dire di questo gioco e anche le superstizioni che lo condivano. Rimase assai stupito della storia del numero 7 e quando con la sua squadra arrivava a 5 o a 6 faceva di tutto per evitare il numero “dannato” come ad allearsi totalmente ai suoi compagni. Questo fece si che la maledizione iniziò ad essere nutrita anche da lui che cominciò ad esserne anch’egli vittima. L’eggregora non lo risparmiò.

E dire che il numero 7, in molte discipline e in varie filosofie, ha un significato molto bello e potente.

LA SACRALITA’ DEL NUMERO SETTE

Significa infatti:

7 sono i giorni della settimana, i pianeti del nostro sistema solare, i colori dell’arcobaleno, le piaghe d’Egitto, i doni dello Spirito Santo. 7 è anche il simbolo della Completezza dell’uomo.

Ma quando ad una cosa gli si vuol dare un senso negativo, essendo che noi abbiamo un potere che non contempliamo, ecco che questo avviene.

Cosa fa avvenire ciò è semplicemente la proiezione del nostro intento, del nostro volere, nella realtà e questo argomento è importantissimo per comprendere come possiamo realizzare nella nostra vita quello che vogliamo. Questo meccanismo, infatti, non funziona solo verso le cose negative ma anche per quelle positive!

La domanda importante da porsi è:

Perché con gli anziani questa maledizione è come se avesse un vero potere ma a chi non ne sa nulla essa non crea alcun danno?

Da qui si aprono molti scenari che toccano diversi punti come la sfiga o la fortuna, il pericolo concreto, le dicerie, i proverbi… ma dobbiamo capire che siamo sempre noi gli scrigni che contengono il potere. Noi conserviamo quel nutrimento e possiamo decidere verso cosa dirigerlo o meno.

Prosit!

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Ciao a tutti, mi chiamo Mario…

Ciao a tutti,

mi chiamo Mario Rossi ho 52 anni e sono un commercialista. Nel paese in cui vivo sono noto e considerato e questo mi fa piacere. Appaga molto il mio bisogno di riconoscimento.

Ho una bella moglie e due splendidi bambini. Un maschietto e una femminuccia. La coppia perfetta. I miei figli sono vestiti sempre molto bene, con abiti firmati e a scuola prendono ottimi voti. Questo gli consente di ricevere bei modi di fare da parte degli insegnanti e rispetto da parte dei compagni. Hanno fatto la Comunione e presto faranno anche la Cresima. Non conosco il significato di questi sacramenti, e sono pure ateo, ma tutti fanno così e lo faranno anche loro. Inoltre, se non li prendessero, verrebbero categoricamente esclusi da molte attività organizzate dalla parrocchia, come i Boy Scouts, e un’onta indelebile cadrebbe su di loro. Sia mai.

Sono amico intimo di uno sportivo molto conosciuto, fa il calciatore ed è davvero bravo nel suo ruolo. Gioca in serie A e questo è per tutti noi del paese un vanto. Mi piace sedermi accanto a lui, nei bar, quando torna al paese, io che posso, più degli altri. Posso vantarmi e darmi delle arie perché sono amico suo.

In realtà lui è una persona orribile. Gasato, maleducato, arrogante, borioso ma è famoso e questa è l’unica cosa che conta. Mi sforzo anche di fare il tifo per lui e faccio sapere a più persone possibili che lo applaudo perché sono suo amico. Giustifico persino i suoi modi grezzi facendoli passare per i metodi di un “grande”, un ribelle, uno che non deve chiedere mai e che non teme il giudizio degli altri. È uno stupido ma, in un attimo, riesco a trasformarlo nell’- eroe che riesce -. Io posso dire di conoscerlo. E, forse, un giorno, anch’ io finirò davanti alla telecamera che lo inquadra.

Quando racconto a mia moglie le sue prodezze lei annuisce per farmi contento e per farmi stare zitto. In realtà non gliene frega niente del mio amico e forse nemmeno di me ma ho i soldi e questo a lei basta. O almeno le basta col sottoscritto.

I miei figli probabilmente ora sono dalla nonna materna. Li ho avuti tardi, prima ho dovuto far carriera ma poi sono riuscito a formare la famiglia che tutti si aspettavano da me. La gente mi saluta con referenza e omaggia i miei parenti indossando maschere di ipocrisia che però tornano comode a tutti. Un gretto dare e avere, all’ordine del giorno, sul quale si campa.

Ho tutto quello che mi serve e la cosa più importante che possiedo è riuscire a far invidia negli altri. Poveri allocchi. Vorrebbero avere la mia vita solo perché non arrivano a fine mese o perché sono single disperati che non trovano un partner o, ancor peggio, perché hanno ciò che gli basta ma vorrebbero andare anche loro ai Caraibi dove sono stato io la scorsa estate. E questo gli manca.

La mia auto, non è certamente comune. Anche lei deve interessare e dar vita a quelle espressioni che amo sul volto della gente. Sono le espressioni che denotano chi è il migliore, cioè io, e questo mi fa dormire sereno. Mi regala potenza. Mi sento un re. È una bellissima sensazione.

Sono insofferente e frustrato fino al midollo, non so nemmeno io il perché, ma gli altri mi credono una specie di semi-dio in giacca e cravatta che, in questa vita, ha saputo crearsi il fatto suo. Bene così. Grazie a questo non sono mai da solo, tra amici, colleghi e persone che mi chiedono aiuto per ingannare il Governo posso essere sicuro di avere sempre qualcuno attorno. Una bambagia.

Mi piace molto giocare a palla pugno. Da ragazzino ero anche bravo ma è uno sport poco apprezzato e non fa per me o per quelli che, come me, devono mantenere un certo status. Almeno, io non la vedo così. Mi conviene praticare il golf, il tennis e la vela. Non mi piacciono ma mi assicuro interessanti conoscenze e la società lo sa che solo i “fighi” fanno questi sport.

Tutto ciò comunque accade raramente. Resto in ufficio fino a tardi. Non mi piace andare a casa alla sera, rimando questa azione il più possibile e voglio arricchirmi più che posso. Non ho calore nella mia vita ma non m’importa, non è il calore a portare fama e denaro e nemmeno rispetto.

In fondo ho tutto. Tutto quello che mi serve.

Prosit!

Tachicardia – ma è davvero solo Colpa del… Caffè?

Il Cuore è l’organo sede dell’Amore, della Sicurezza e della Passione. Soffre e gioisce per le emozioni che proviamo e per come le percepiamo in base al nostro passato e, a differenza di altri organi, riesce a “farsi sentire”. Uno degli escamotage che maggiormente usa per annunciarci qualcosa di positivo o di negativo è cambiare il ritmo al proprio battito.

Quando il suo ritmo è particolarmente lento, per indicare questo movimento, si usa il termine di Brachicardia mentre, all’inverso, quando il Cuore accelera il suo “pum pum” si dice Tachicardia e sarà di questa frequenza cardiaca che parlerò oggi.

In molti ne… soffrono. Si suol dire così: – soffrire – di Tachicardia.

In realtà, per fastidioso che possa essere, questo ritmo percepito dal corpo e che addirittura spaventa la persona, la maggior parte delle volte non dovrebbe essere vista come una sofferenza (a meno che non ci sia una grave patologia in corso). Non dovrebbe essere vista come una sofferenza in quanto è semplicemente il linguaggio del Cuore che non ha altri mezzi per comunicare con noi se non appunto con il suo movimento.

Il Cuore è l’organo propulsore del sangue e pompa, indipendentemente dalla nostra volontà, il liquido rosso e vitale in tutto il corpo. La sua capacità di ridurre o aumentare la velocità con la quale il sangue deve irrorare e ossigenare i nostri tessuti serve alla nostra sopravvivenza e a darci la possibilità di svolgere svariate funzioni nella vita. Si avrà pertanto, parlando di battito accelerato, un ritmo più veloce in caso di sport, o di paura, o di bisogno di energia, condizioni normali nelle quali qualsiasi individuo può ritrovarsi anche quotidianamente.

A volte però, la Tachicardia, subentra in momenti del tutto imprevisti e inaspettatamente.

Si può dare la colpa ad un eccessivo uso di nicotina, o caffeina, o teina, etc… tutte sostanze eccitanti che, senza ombra di dubbio, influiscono sull’accelerazione del battito del nostro Cuore; si può dare la colpa ad una malnutrizione sicuramente ma, anche le emozioni possono dare il “via” a questo fenomeno e, soprattutto, a farlo, sono le emozioni che ci opprimono, quelle che ci schiacciano, ferme lì da tempo e che ci soffocano senza che ce ne accorgiamo. Si tratta quindi, prevalentemente, di emozioni negative.

E’ per questo che il nostro Cuore ad un certo punto inizia a sbraitare e a “battere i pugni” con più veemenza – Ehi! Mi senti?! Sto soffocando a causa di un grande peso che porti sul petto vuoi far qualcosa per favore???!!! -.

Le emozioni che causano questo tipo di manifestazione possono essere molte: rabbia, sofferenza, fastidio, vergogna, giudizio, tristezza, frustrazione, disgusto, svalutazione… e, ogni volta che qualche fatto nella nostra vita ne ricorda l’esistenza, ecco che l’Emozione Madre, come un masso, si appesantisce ancora di più. E il Cuore scalcia.

Ad esempio, se io da bambina ho subito un grave torto, un trauma, a causa di un’umiliazione pesante ricevuta, ogni volta che qualcosa mi ricorderà quell’avvenimento lo rivivrò e rivivrò di conseguenza l’emozione subita in passato. Naturalmente non ricorderò consciamente il fatto, tutto avverrà nell’Inconscio senza ch’io me ne accorga ma, il mio Cuore, lui sì, lo rammenta bene. Ricordiamoci che del nostro cervello, e delle sue capacità e potenzialità, ne utilizziamo soltanto una piccola parte.

Qualcosa che portiamo ancora dentro di noi e che NON abbiamo lasciato andare ci sta opprimendo.

Ma cosa? Come ho detto è spesso impossibile da ricordare anche perché sovente non è un fatto singolo ed eclatante accaduto in tenera età; può essere una goccia ricevuta ogni giorno nella nostra vita, piccola e banale, ma molto amara da bere e da mandare giù.

Pertanto, quando percepiamo in noi la Tachicardia, non soffermiamoci solo sul caffè appena bevuto. Non pensiamo che – Ci viene solo se beviamo il caffè e quindi la colpa è del caffè -. Proviamo a riflettere su tutto quello che risiede attorno a quel caffè (ripeto che il caffè è soltanto un modello).

Piccoli esempi di domande alle quali bisognerebbe cercare di rispondere:

– chi ti preparava il caffè (la colazione) quando eri bambino?

– chi non te lo preparava ma avresti voluto lo facesse?

– com’erano i tuoi risvegli? La mamma ti accarezzava e ti baciava per darti il buongiorno?

– a chi eri obbligato a preparare il caffè la domenica? A quello zio che non sopportavi e che non avresti voluto vedere mai più?

– cosa ti ricorda il profumo del caffè? E il suo gusto? Lo associ ad un gelato? A momenti passati con gli amici?

– ti ricorda quella nonna che ti lasciava sempre un po’ di zucchero sporco di caffè nella tazzina?

– tuo padre beveva molti caffè per rimanere sveglio e lavorare di più per mantenerti? Ed era anche molto nervoso?

– a scuola prendevi bei voti perchè portavi il caffè in classe al maestro ed eri il suo “cocco”?

Ecco, questi sono solo esempi che probabilmente non hanno nulla a che vedere con te che stai leggendo questo articolo ma volevo cercare di “educarti” ad aprire la tua mente e insegnarti ad andare oltre. A non soffermarti unicamente sulla fisicità di una bevanda e sulle sue caratteristiche. Cerca di individuare cosa risveglia nel tuo bagaglio di vita tutto ciò che ha a che fare con il caffè.

Se riesci ad individuare quello che ti disturba, l’emozione correlata appunto, potrai poi lavorarci sopra lasciandola andare, o perdonandoti, o perdonando chi ha compiuto nei tuoi confronti il gesto deplorevole ma… la parola d’ordine è: LIBERARSI. Sollevare, appunto, quel “peso dal petto”.

E liberare così il proprio Cuore che non dovrà più battere forte e veloce per avvisarti e aiutarti.

Mi è capitato di sentire persone che durante un attacco di Tachicardia si battevano forte sul petto offendendo il proprio Cuore – E stai fermo porca miseria! Ma senti sto ca@@@ di Cuore come deve battere! Che fastidio quando fa così! -. (Da notare anche come il battersi sul petto indica inconsciamente una situazione di senso di colpa, “mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa”, alla quale siamo stati educati fin da bambini).

Davvero! Non vi racconto bugie! Quel Cuore mi faceva molta tenerezza in quel momento. Lui voleva solo avvisare il “padrone” che avrebbe potuto vivere decisamente meglio. Senza aggravare la situazione. Sì, è bene ascoltare il proprio Cuore proprio per non incorrere poi in disturbi più fastidiosi. Nulla di grave per carità ma, la Tachicardia, potrebbe iniziare a durare poi ore e trasformarsi in aritmia (che già lo è e, in caso di irregolarità persistente, diventa fibrillazione atriale) dalle conseguenze per niente piacevoli anziché rimanere un episodio breve e di poca importanza.

I problemi emotivi di lunga durata portano ad uno stato di – non gioia – e il Cuore si ribella, non c’è niente da fare, perché lui invece intende vivere nella più completa felicità e nel benessere totale. E’ nato per questo, non per soffrire, e non gli si potrà dare un ruolo che non gli appartiene. Non è come noi anche se fa parte di noi. Non si assoggetta, non è disposto a tormentarsi pur di ottenere un’esistenza anche se misera. Il Cuore punta in alto, vuole la salute piena, la gioia, la bellezza incredibile e infinita di quello che noi siamo.

Prosit!

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ERNIA DISCALE: unica soluzione – intervento chirurgico -, ma forse ci sono altri rimedi – parte 4°

Continuazione…

albofisioterapisti.com

Tutta la parte della psicosomatica e anche spirituale, se vogliamo, ve l’ho detta ma, visto che non bisogna mai essere assolutisti dobbiamo osservare anche la parte prettamente fisica. E’ giusta la teoria della svalutazione del Sé, i tasti riguardanti i soldi e i vari organi e apparati di cui abbiamo discusso, ma ci sono anche fattori fisici che aiutano di molto un’Ernia a formarsi.

Nel mio caso ad esempio è successo questo: per anni, da quando ero una bambina, ho sempre fatto tantissima ginnastica. Ginnastica Ritmica a livello Agonistico, palestra, pesi, pump, step. Il mio corpo ha sempre lavorato alacremente finchè poi, un bel giorno, a causa di impegni diversi, ho praticamente smesso del tutto di praticare attività fisica. I muscoli della mia schiena hanno iniziato ad indebolirsi ma il problema è stato che la mia colonna era abituata a svolgere solo il 50% del lavoro, perché il resto lo facevano i muscoli turgidi e sodi, e si è trovata all’improvviso a dover sostenere invece tutte le fatiche da sola. E non ha retto.

Perciò, anche se la vostra Ernia v’invalida, una volta passato il periodo di malattia, cercate con la ginnastica, con esercizi adatti (che diversi professionisti possono suggerirvi), con la fisioterapia e il movimento di rendere i vostri muscoli più forti in modo che la vostra colonna vertebrale potrà contare su di loro. Anche se non avete fatto sport in passate dovrete iniziare. E’ fondamentale. Oggi infatti cammino parecchio, vivendo al mare in estate nuoto (non tutti gli stili di nuoto sono adatti), pratico la camminata nordica, gioco a bocce durante il periodo estivo e faccio in casa qualche peso leggero ma costante, più altri esercizi.

E’ importante la postura ed è importante anche sollevare i pesi nella giusta maniera ossia, lo saprete già, piegando le gambe in modo da far lavorare loro e non solo la colonna.

Se fate un lavoro sedentario obbligatevi a cambiare posizione; è deleteria la stessa posizione per troppe ore al giorno. Coricatevi un po’, poi sedetevi di nuovo, e poi muovetevi, e poi tornate a sedervi. Convicetevi anche di staccare ogni tanto e pensare alla salute della vostra schiena. Muovete le braccia, sollevate due bottigliette d’acqua da mezzo litro, dedicate quella pausa a lei.

Cercate di portare sempre calzature che abbiano almeno 1 o 2 centimetri di tacco, le famose “ballerine” sono deleterie ma, allo stesso tempo, sappiate che vi fa bene camminare scalzi soprattutto sulla sabbia che ha la consistenza adatta per avvolgervi il piede e massaggiarlo, dando beneficio così a tutto il vostro corpo.

Inoltre mettetevi in testa che il contatto con la Natura è importantissimo e sapete perché? Perché vi regala le sensazioni di cui avete bisogno come la pace; in più la natura non vi giudica e vi fa capire come ogni cosa, anche quella più piccola, sia in realtà una meraviglia. La giusta medicina per quelli come noi che si sono sempre definiti “piccoli e inferiori”.

Adesso vi voglio anche suggerire delle audio guide da ascoltare quando si va a dormire (l’ideale sarebbe con le cuffie) e che il cervello riesce comunque a registrare anche durante il sonno. Io le ho trovate per me molto utili e ho sentito che mi hanno fatto bene. Mi davano la carica, mi facevano sentire importante e di valore. Sentivo la guarigione crescere in me, percepivo la serenità di cui avevo bisogno e la tensione piano piano mi abbandonava. Come vi ho detto molte volte, la paura genera tensione e la tensione genera dolore. Ce ne sono tantissime e potrete cercarvele da voi purchè siano propositive, positive e costruttive, io vi consiglio queste di Louise L. Hay alla quale sono molto affezionata:

https://www.youtube.com/watch?v=Jovg6y09NkI

https://www.youtube.com/watch?v=mHZ5-U042QY

https://www.youtube.com/watch?v=x5TnGHpq6B0

Rivolgetele a voi

Per finire, vorrei fosse chiaro che non ho assolutamente nulla contro l’egregio lavoro dei medici e l’operato della Medicina Occidentale. In alcuni casi gli interventi chirurgici sono davvero le uniche soluzioni e siamo circondati da professionisti che meriterebbero molto di più del riconoscimento che percepiscono mensilmente grazie a quello che fanno e la passione con la quale svolgono il loro lavoro. Il concetto che vorrei si comprendesse però, è quello che la sala operatoria è il luogo in cui si corre ai ripari, la stanza che ci permette di tornare a vivere e ci fa stare meglio ma non cura sempre alla sorgente nonostante ci siano oggi grandi mezzi di prevenzione. Alcune filosofie invece, che potrebbero correre parallele a quelle del nostro mondo, insegnano, o per lo meno ci provano, a non ammalarsi. E’ un po’ come se stessimo per annegare incapaci di stare a galla e arriva il bagnino a salvarci. Meriterebbe un monumento, ma se noi imparassimo a nuotare sarebbe meglio. Quel bagnino potrebbe entrare all’azione solo in casi particolari e quindi meno volte nella nostra vita. Tutto qui.

Se all’inizio di questo percorso, doveste notare che qualcosa in voi non va, che vi sentite più tristi, più arrabbiati, più stanchi, non preoccupatevi, è normale, mentre il “bello” inizia ad entrare in noi, il “brutto” deve uscire e, per farlo, può scegliere qualsiasi mezzo.

Questo era l’ultimo articolo su questo tema.

Vi auguro con tutto il cuore una buona guarigione.

Prosit!

Sport: Calcio – porre attenzione ma divertendosi

Il Calcio, come Sport, è senz’altro un’attività ricca di aspetti positivi anche se non molto apprezzata dal sesso femminile. E’ uno Sport che, se eseguito in giovane età soprattutto, contribuisce allo sviluppo del fisico ma principalmente educa i ragazzi al gareggiare insieme per lo stesso obiettivo.

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Vale a dire insegnare loro la bellezza dell’unione, del gruppo, dove non ci sono peggiori o migliori ma ognuno, con la sua virtù, contribuisce al risultato. Non è uno sport in solitaria perciò, anche il condividere con qualcun altro la vittoria o l’amarezza della sconfitta, è molto positivo dal punto di vista sociologico.

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Li abitua anche ad aiutare gli altri, a porgere loro una mano, o tirargli una pacca sulla spalla in segno di consolazione.

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Sono anche molti altri i pregi di questo Sport ma oggi vorrei invece focalizzarmi su un aspetto divenuto, a mio avviso, negativo per quel che riguarda la salute di bambini e ragazzini in età di sviluppo che praticano questa disciplina. Potrei iniziare dicendo che il troppo stroppia e ora vi spiego il perché.

Nella mia zona, ma immagino che questo accada ovunque, piccoli esserini di 8, 10, 12 anni fanno ben tre allenamenti settimanali, all’incirca di due ore ciascuno, più la partita della domenica. Sono praticamente quattro momenti alla settimana dedicati a questo Sport che è anche parecchio stancante oltre che piacevole.

Gli sforzi di quei fisici che stanno crescendo e che si stanno trasformando sono un po’ eccessivi. Tanti ragazzi infatti, dopo un po’ di tempo, iniziano a lamentare dolori soprattutto agli arti inferiori oppure grande stanchezza.

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Il Calcio in sé, come “problema”, non viene riconosciuto ovviamente, essendo divertente e per molti di loro l’unico momento di svago ma purtroppo è proprio il colpevole.

Parlando con un Medico dell’Ospedale Gaslini di Genova, proprio per via di un problema che abbiamo riscontrato in mio figlio, ebbi modo di capire che tutti i torti non li avevo.

Queste Società Calcistiche e questi allenatori sono un po’ esagerati.

Il Calcio è bello e le persone che danno modo ai nostri figli di divertirsi svolgono questo lavoro con passione e dedizione però purtroppo bisognerebbe limitare un po’ i danni.

Si potrebbero ad esempio svolgere incontri basati sulla teoria (rendendola dilettevole) o sul semplice gioco libero, attività meno pressanti su quei fisici che, ripeto, devono già fare molta fatica per crescere e diventare adulti. In quei periodi della vita ci sono denti che cadono per lasciare posto a quelli definitivi, ci sono ossa che si allungano, anticorpi che si rafforzano, processi metabolici diversi da quelli dei primi anni, per non parlare di un fenomeno ormonale in corso che è davvero importante e significativo. Tutte cose che non possiamo vedere ma esistono. E’ naturale quindi che qualcosa ci rimette.

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Non dimentichiamo inoltre che quegli stessi ragazzi hanno quotidianamente da affrontare un’attività scolastica, alcuni anche il catechismo e diversi persino altri sport. Il solo fatto di crescere inoltre fa lavorare anche in modo diverso la loro mente, il loro porsi domande e il trovare determinate risposte, insomma, è un momento della vita faticoso e non si dovrebbe stressare troppo.

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Il ritrovarsi con gli amici di squadra è bellissimo ma come ho detto prima bisognerebbe limitare questi incontri allo stare assieme anziché faticare fisicamente e doversi concentrare oltremodo su ruoli e tattiche particolari.

Molto spesso sento mamme parlare dei disturbi fisici dei loro figli e le sento affermare frasi come – Purtroppo ci siamo accorti solo ora che è nato con una gamba leggermente più corta dell’altra… Ha un problema all’anca ora vedremo cosa fare… Com’è possibile che si è strappato un muscolo allenandosi quasi tutti i giorni… -. Ebbene, essendo che ci sono passata anch’io, dal momento che ho preferito sempre accontentare mio figlio che se non andava ad un allenamento sembrava dovesse cadere il mondo, dico che oggi, la sua salute lo ha obbligato a dimezzare gli allenamenti almeno finchè il suo corpo non si sarà del tutto sviluppato.

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I nostri figli non sono nati deboli o con lievi malformazioni, almeno non sempre.

Forse il loro fisico si è modellato male crescendo proprio a causa di un’intensa e innaturale attività nella quale bisogna anche comprendere smisurati urti, a volte, ai quali si è sottoposti. Pensateci. E dal momento che non è mia intenzione segregare dei ragazzini in casa al pomeriggio, provate tutti insieme a discuterne con gli allenatori e a trovare nuove soluzioni. Il troppo stroppia sempre e ovunque e non tutti gli individui riescono a mantenere i ritmi di altri. Ognuno ha i suoi e andrebbero rispettati.

Un giorno sentii un allenatore di calcio lamentarsi del fatto che un ragazzo aveva rinunciato ad andare ad un allenamento settimanale, causa problema ad un ginocchio, ma lo vedeva divertirsi ogni giorno all’Oratorio del paese. Non dissi nulla a quell’allenatore facendomi discretamente gli affari miei ma oggi vorrei sottolineare che il libero sfogo dell’Oratorio, o dei giardini pubblici, è nettamente diverso dallo svolgere seriamente gli esercizi di una disciplina agonistica come quella del calcio. Questo per lo meno è il mio pensiero.

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Un’altra cosa importante e da non sottovalutare è l’alimentazione. Proponete ai vostri figli, che praticano molto sport, una dieta adatta perché il loro fisico e la loro mente ne hanno bisogno ed eviteranno di stressarsi.

Facciamoli giocare questi bambini senza sottoporli a stanchezze eccessive e ricordiamoci sempre che hanno una vita intera davanti per diventare campioni del mondo. Anche perché, campioni del mondo, lo sono già.

Prosit!

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Manualità e Cognizione – Le strane richieste che non comprendiamo

Come spesso vi ho detto il nostro corpo e la nostra mente sono un tutt’uno assieme alla nostra parte spirituale nella quale risiedono anche emozioni e sensazioni.

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La parola psiche, che oggi intendiamo come l’insieme delle funzioni cerebrali ed emotive dell’individuo, deriva in realtà dal termine greco psyché che sta a significare anima, spirito o, ancor meglio, quel soffio vitale che ci permette di esistere. Teorizzato più avanti da Aristotele, questo termine, prese il senso di “forma” inteso come forma vitale prettamente corporea mentre, più avanti ancora, con Cartesio, assunse il nuovo significato, più ampio, di Divinità all’interno dell’uomo. Parte Divina di esso. Tutto questo per spiegarvi come si è sempre andati alla ricerca di una definizione che illuminasse sulla totalità dell’essere umano, come tale parola sia stata da sempre molto considerata cercando di fornire per essa una valida spiegazione che rappresentasse l’individuo, nel suo più ampio concetto, attraverso mutamenti dello stesso significato, per arrivare comunque ad un’unica conclusione, in un modo o nell’altro, ossia: il tutto. L’uomo. Il suo insieme. Anima – Corpo – Mente. E oggi, questo insieme, lo chiamo all’appello per spiegarvi un criterio che ritengo molto importante. L’ Anima, è la nostra fonte d’energia e, anche se spesso bloccata dal nostro pensiero, sa già, meglio di noi stessi, cosa deve fare, come deve agire, come deve sentire. Percepisce e non sbaglia mai. Parlerò quindi sicuramente di lei in futuro ma, per questo articolo, mi servono gli altri due componenti del triangolo perfetto cioè la Mente e il Corpo. Vi spiego subito il perché. Essi devono andare di pari passo. Costantemente. Mi riferisco al fatto che, se non li facciamo “vivere”, in senso olistico, ambedue alla stessa maniera, con la stessa intensità, potremmo avere scompensi, anche seri, che ci regaleranno malesseri di varia origine. Ci sono due tipologie di persone che ben rappresentano ciò che intendo dire:

quelle che svolgono un mestiere manuale ma in modo contenuto devono utilizzare il loro lato cognitivo

quelle invece che eseguono una professione prevalentemente mentale nella quale non viene mai richiesto uno sforzo fisico

Pare impossibile ma molte persone svolgono la loro esistenza, giorno dopo giorno, solo ed esclusivamente verso uno dei due modelli di vita, senza preoccuparsi assolutamente dell’altro. Conosco individui, bravissimi muratori ad esempio, che finite le loro ore lavorative, come a non essere contenti, si dedicano ulteriormente all’attività fisica. Questo è un bene, fare sport è molto salutare soprattutto se svolto all’aria aperta e, apre le menti. Aggiungerei però a tutto questo anche un po’ di sana e istruttiva teoria. Non perché essi siano ignoranti, intendiamoci subito ma, un passatempo come ad esempio la lettura, o la pittura, o il canto, o la scrittura (lavorando esclusivamente di fantasia), permetterebbe loro di evadere dalla quotidianità e dall’eventuale essere troppo fissati dall’aspetto materiale e concreto.

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Una meccanicità che, andando avanti, chiude le frontiere anziché abbatterle. Soffoca il lato spirituale, creativo, emotivo. Opprime la scintilla della sana follia. Far lavorare anche la mente non potrà che giovare. Al contrario, e questo penso sia ancora peggio, ci sono persone che, dal mattino quando si alzano alla sera quando vanno a dormire, fanno lavorare (e stancare) solo la mente, mentre il fisico, rimane lì, tutto il giorno raggomitolato su se stesso, magari davanti al monitor di un computer, senza mai potersi esibire in tutte le sue performances.

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Sbagliatissimo. Dopo un po’ di tempo inizierà sicuramente a lamentarsi. I vostri organi, i vostri tessuti, i vostri arti, richiederanno ciò che spetta loro di diritto. Tempo fa conobbi un uomo che svolgeva appunto un lavoro completamente sedentario. Essendo in proprio, faceva il massimo per poter rendere la sua professione redditizia e spesso, si ritrovava al telefono con qualche cliente anche a tarda sera. Ad un certo punto della sua vita, il cuore iniziò a presentargli davanti quelli che lui definì “dei problemi”. Secondo quest’uomo, il suo cuore non funzionava più bene. Ogni tanto perdeva un colpo, altre volte invece, batteva acceleratamente causandogli una fastidiosa tachicardia. Spaventato quest’uomo andò immediatamente a fare tutti i controlli necessari ma, ogni medico che lo visitava non riscontrava nulla di anomalo e come terapia si sentiva sempre ripetere la stessa solfa – Si rilassi, si diverta, faccia dello sport -. Visite, prove di sforzo, analisi, esami, tutto diceva che il suo cuore era in perfetta forma. Ma allora perché danzava nel petto in quel modo così sconfusionato? “Come faccio a fare sport se il mio cuore non palpita nel modo giusto! Potrebbe venirmi un infarto! Come faccio a tranquillizzarmi quando forse ho una malformazione al muscolo cardiaco!” si diceva il signore. I medici invece, non avevano per niente sbagliato diagnosi, avevano ragione e quel cuore stava semplicemente implorando a modo suo che avrebbe voluto ballare! Avrebbe voluto muoversi, scoppiare, saltare fuori dal quel petto che lo opprimeva immobile ogni giorno! Quel cuore stava fremendo! Non ce la faceva più a passare le ore seduto ad una scrivania e poi coricato in un letto e poi di nuovo seduto alla stessa scrivania e di nuovo coricato nello stesso letto. Ogni dì. “Io sono il Cuore! Ti rendi conto?! Sono il Re di tutta questa struttura, come puoi permetterti di tenermi imprigionato così! Adesso ti faccio vedere io!” urlava quel magico organo grande quanto un pugno ma, tutto quello che l’uomo sentiva era solo un “Tum, tutum… tu, tu, tum… tuuuuum….” disordinato e fuori tempo.

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Non riusciva a decodificare quel messaggio. E ancor grazie che almeno comunque lo sentiva! Ebbene si cari amici, perché vedete, il cuore palpita ma gli altri organi, non emettono alcun rumore invece. Soffrono in silenzio e, il momento in cui riuscite a “sentirli” e assumono una certa importanza nella vostra vita, è quando il problema è già sorto. Il disturbo principale dell’uomo infatti non era collegato solo al cuore ma anche ai reni che sono strettamente correlati all’organo propulsore come già vi avevo spiegato QUI. Nulla di grave fortunatamente ma, anche i suoi reni, stavano soffrendo. Erano spenti, tristi… sovraccaricati dalla paura della quale ne sono la sede. La paura di non avere abbastanza soldi a fine mese. La paura che lo faceva stare anche dopo cena attaccato al telefono con la speranza di accaparrare qualche nuovo cliente o di soddisfarlo al meglio per non perderlo e regalarlo alla concorrenza. La paura di non riuscire a soddisfare economicamente tutti gli eventuali bisogni. I reni inoltre, sono il contenitore della vitalità che, nel caso di quest’uomo, era pari allo zero. Oggi, questo signore, continua a fare il suo lavoro di sempre avendo ridotto però le ore di attività. Si concede una passeggiata sulla spiaggia all’alba due volte alla settimana assieme ad un cagnetto che è andato a prendersi al canile del suo paese e, ogni tre giorni, in casa, fa esercizio fisico per mezz’ora.

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In più, tutte le mattine e tutte le sere, sul suo terrazzo, esegue una particolare respirazione che è alla base del benessere. Durante il week end infine, mentre prima lavorava, ora si dirige alla scoperta di sentieri montani, camminando per molto tempo a contatto della natura. Il suo cuore non si è più fatto sentire con toni sgradevoli, tranne una volta, quando, a causa di problemi di salute del padre egli non ha potuto svolgere per parecchi giorni le sue nuove attività dinamiche. Il suo cuore, che si era abituato bene, si è subito risentito, ma è bastata una promessa, in seguito mantenuta, a riportare il tutto alla normalità. Ora, quell’uomo è un uomo nuovo. Non possiamo pensare che solo una parte di noi debba lavorare, stancarsi, divertirsi, soffrire ogni giorno. Tutto ciò di cui siamo fatti deve vivere. Deve avere il suo spazio. Così come nutriamo ogni giorno il nostro organismo con alimenti che cuciniamo e poi mangiamo, allo stesso modo dobbiamo saziare la nostra mente, i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le nostre emozioni con l’evasione, la creatività, l’attività fisica, la meditazione, la respirazione, il prendersi cura di noi stessi. Persino con lo sforzo, con la fatica, che vengono definiti così solo dalle nostre barriere e dai nostri limiti in realtà inesistenti. Il corpo deve muoversi così come la mente, viaggiando in luoghi sconosciuti e immensi. Lasciamo che ogni tanto, una nostra parte, possa riposare e facciamo lavorare l’altra che non deve intorpidirsi, rattrappirsi, indebolirsi. Se una parte di noi non viene usata, il sangue che passa al suo interno sarà pochissimo e il sangue si sa, è fonte di vita, di nutrimento, di rinnovamento! Solo così ci sarà armonia e benessere in noi.

Prosit!

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