Il Linguaggio delle Colombe

In questo periodo, oserei dire tragico sotto diversi aspetti ben più gravi del Covid-19, che ci ha unito a livello mondiale, la Paura è stata (ed è ancora) il collante che ha saldato assieme le genti.

Evitiamo di pensare a persone abbracciate tra loro pronte ad affrontare il nemico, evitiamo di immaginare fantastiche scene di scozzesi, fedeli servitori di William Wallace contro il Re inglese carichi di orgoglio e coraggio, evitiamo di credere alla bontà d’animo, all’aiuto reciproco, al perdono, al silenzio… non c’è stato nulla di tutto questo.

A sommergere gli animi è stato il terrore, il popolo era malato di spavento e la bontà appartiene agli impavidi perché il cuore, dove lei trova sede, è un organo cazzuto.

A insinuarsi tra quelli che definiamo – umani -, l’angoscia. Quella fatta di pece, che ti si appiccica addosso, e mentre cola via, senza mai abbandonarti, ti trasforma in un essere che non eri. Che non sei.

Il Demone della Paura trasforma, aliena, rende mostri.

Si potrebbe dare la colpa al Sistema, alla comunicazione, al terrorismo mediatico, invece non sono d’accordo. Direi che ognuno dovrebbe assumersi le proprie responsabilità. Tutti noi abbiamo aperto la nostra porta alle notizie ma c’è chi ha scelto quali messaggi lasciar entrare, c’è chi ha valutato e chi non si è lasciato modificare, come pongo molle, da quello che investiva le sue orecchie. Pertanto sì, in tutto questo marasma, c’è anche chi quella famosa bontà, in quel cuore non codardo, è riuscito a mantenerla e a nutrirla ma, ahimè, pochi… pochissimi confronto a tutti quelli che come licantropi al chiar di luna si sono mutati in lupi famelici pronti ad azzannare carni.

Ora, le fondamenta che reggono le basi della nostra vita sono fatte di sgomento e ossessione per la maggior parte. Un’ossessione urlata, ripetuta fino alla nausea. Paranoica. Un’ossessione che fa vedere colui che non la pensa come te un diverso, naturalmente maligno, da deridere, umiliare, punire, annichilire.
Si osanna la ghigliottina, la sedazione forzata, la tirannia verso chi osa dire – Io non ho paura -.

La Paura ha trasformato l’Essere Umano in un qualcosa che in quaranta anni non avevo mai visto.
E ciò che vedo non mi piace… Non avrei mai creduto di leggere o ascoltare cose, da persone che conosco da sempre, che non stanno ne in cielo ne in terra. Maligne, terribili.
C’è chi ha l’amico medico e quindi detiene la verità assoluta in tasca, chi augura agli altri la malattia e la morte, chi “guai se ti levi la mascherina” confondendola con il Sacro Graal, senza neanche essersi chiesto come davvero si muove un Virus e cosa realmente può o non può bloccare questo aggregato molecolare. Non sei libero neanche di scherzare o puoi finire al muro perché, oggi, c’è chi sente passare un’ambulanza e lo dice. Come se prima, le cinquecento ambulanze che passavano ogni giorno non fossero mai esistite.
L’Essere Umano trasformato dalla comunicazione che giunge alle sue orecchie. Quanto siamo fragili.

E allora mi chiedo davvero dove cavolo è andato a finire il parlare del nostro cuore. Come sia possibile che essendo noi, un’emanazione dell’amore universale, possiamo arrivare ad esternare così tanto odio. Possiamo renderci così burattini di un Demone che ci tiene nelle sue grinfie.

Mai come ora c’è bisogno di un linguaggio colmo di compassione, di genuina dolcezza, di umiltà e di perdono. Ce n’è stato bisogno, tantissimo, ma era più comodo lanciare strali dai divani, sui quali, raggomitolati e dormienti, si tremava davanti ai nuovi decreti. E chi provava a ribellarsi a tutto questo doveva essere condannato a morte.

Mai come ora c’è bisogno di pietà, c’è bisogno del candore delle colombe, della purezza dei bambini che in tutto questo tempo hanno obbedito senza lamentarsi, nella totale accettazione e senza infangare il prossimo. In loro è ancora vivo il germoglio della fratellanza che noi abbiamo perso molto tempo fa.

Ma che se ne dica, questo cancro non mi colpirà mai. Datemi della buonista, giudicatemi come volete, ha poco interesse in me. Ciò che mi preme è restare pulita, degna, umana. Questa è la vera sfida, laddove – sfida -, come termine, è persin sbagliato. Questo è il vero Virus, laddove Corona ha provato a portarci ma forse non lo abbiamo compreso.

Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza – (Dante Alighieri).

Questo non è buonismo. E’ semplicemente il rendersi conto di non essere solo un corpo ma qualcosa di molto di più. E’ comprendere di non voler essere schiava di nulla, neanche di un mostro che si materializza davanti ai miei occhi, che si inventa, che si inventano, che esiste oppure no. Non sono schiava di questo ambaradan bensì cosciente a me stessa e so da dove arrivo.

Grazie a chi ha avuto il coraggio di dire la sua, a chi si è dimostrato ribelle senza danneggiare, a chi ha ragionato con la sua testa, a chi ha avuto l’umiltà di non trasformarsi in ciò che non era, a chi ha voluto ascoltare più campane, a chi si è sentito perso, confuso, destabilizzato ma non ha mai fatto del male ad altri neanche con le parole. Grazie a chi ha saputo amare chiunque, anche i più biechi, anche i più inetti. Grazie a chi ha aiutato.

Ammetto che più volte, l’emozione dell’ira, ha provato a rendermi sua serva. In alcuni momenti ho persino quasi ceduto ma sono riuscita a non dargliela vinta e non mi riferisco a quella bella rabbia sana ed energica che è bene provare. Ho sentito la collera per quegli uomini che avrebbero ucciso senza ritegno, che credevano di sapere, che amavano diffondere paura e pretendevano di spaventare ma, sforzandomi, sono riuscita a trasmutare questa emozione e ritrovare la centratura. Volevo solidarietà, volevo amnistia, intelligenza, indulgenza e ne vedevo troppo poca. Solo dopo essere riuscita a far calare il torbido velo che appannava la mia vista ho notato che tutta quella paura, quella ferocia, quella sofferenza, mi appartenevano. In qualche modo riflettevano frammenti di me stessa. Nessuno ne è immune ma pochi hanno voglia di lavorare come antichi alchimisti trasformando questi ingredienti.

Ciò che come esterno m’appare è in realtà il succo del mio cuore – (Conte di Cagliostro).

Nel buio del mio antro ho provato a modificare quel piombo in oro ed è stato allora che è arrivata la bellezza. E’ stato allora che emanando amore ho visto amore. Che divulgando gratitudine ho notato la gratitudine. Che restando retta, centrata e indissolubile, nei confronti della debolezza ho vinto. E’ stato allora che ho capito come tutto questo non sia riuscito ad intaccarmi. Per questo vincerà tutto il mondo.

Perché ci vorrà ancora tanto tempo ma saranno le colombe a cantar vittoria un giorno. Tutto questo è destinato a sgretolarsi e allora l’uomo sarà libero. Libero soprattutto di poter amare. Senza paura. Perché è proprio come se facesse paura perdonare, “farla passare liscia”, avere misericordia. Si diventa avidi, egoisti, oppressori pur di accertarsi la sopravvivenza. Senza rendersi conto che ci si inoltra in un sentiero di morte lenta, che non porta a nulla, e che fa vivere con l’animo annientato.

Divulgate parole buone. Divulgate energie di benevolenza. L’Umanità ne ha bisogno. Ne ha bisogno più del pane che crede indispensabile. Ne ha bisogno come ha bisogno di respirare.

Prosit!

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Creare maledizioni – il Numero Sette

TRA SCONGIURI E SCARAMANZIE 

In diversi contesti vengono utilizzati gesti scaramantici o ci si riconosce superstiziosi, tra questi, lo sport, è sicuramente uno di quelli più ovvi.

Molti sportivi eseguono dei piccoli riti o custodiscono persino degli “amuleti” ma seguono anche una specie di regole (piccoli riti) per sconfiggere quelle che sono riconosciute vere e proprie maledizioni.

Nel gioco delle bocce ad esempio, sport poco seguito e poco praticato, esiste un anatema conosciuto ormai da tanti anni al quale si crede ciecamente e voglio usarlo per spiegare queste maledizioni siamo noi stessi, in qualche modo, a crearle.

Una maledizione, cioè un significato inerente ad una determinata cosa, in questo caso negativo (male – edizione), è una vera e propria eggregora e cioè una forma-pensiero (collettivo).

Immagina quindi una specie di nube energetica, che ha una sua potenza, creata proprio dalla credenza di alcuni e resa concreta per il fatto che il pensiero e l’emozione creano. Quindi esiste. Ha una sua forza. Ma questo non significa che non possa essere sconfitta o nulla si può fare contro di lei.

IO NON CONOSCO L’ESISTENZA DI QUELLA COSA 

In pratica esiste se si crede che esiste. Così facendo la si nutre. Il nostro pensiero va a nutrire la sua vita ed essa, ovviamente, appare nella nostra realtà facendosi riconoscere. Se invece non la si conosce, perché non se ne si considera l’esistenza, essa non può venir proiettata nella materia. Siamo noi a darle o non darle concretizzazione.

Ma torniamo al gioco delle bocce. Un gioco praticato prevalentemente da persone anziane. In questo gioco a squadre (individuale, a coppie, a terne o a quadrette) si deve arrivare a 13 per vincere la partita e, in ogni mano, si possono fare 1 o più punti. La prima squadra che arriva a 13, naturalmente, vince. Questi giocatori sono convinti che arrivare al numero 7, durante il percorso verso la vittoria, sia una disgrazia. Il numero 7 è chiamato “la sedia”, cioè significa che chi arriva lì si siede e non si alza, ossia non va avanti con il punteggio. Pertanto tentano il tutto per tutto; se ad esempio sono a 6, provano a fare 2 punti anziché 1 e andare così a 8 saltando il 7. Patiscono questo numero che reca a loro una brutta situazione. Sono le loro memorie a suggerire questo anche se si parla di una situazione non certo grave.  Per alcuni è seria ma altri la prendono sul ridere. Dipende anche da cosa c’è in palio.

Ebbene, comunque sia, così facendo, danno forza e vigore a questa maledizione attraverso il loro pensiero e la loro emozione. La nutrono. Ed essa… si avvera, si concretizza.

IL SETTE – LA SEDIA

Sono tante, tantissime, le partite a bocce che ho visto finire 13 a 7 e il perdente era invece colui che stava vincendo a inizio gara. Ma, finendo sul 7, è rimasto fermo lì permettendo agli avversari di andare avanti e trionfare.

Quando entrambe le squadre vanno a 7, è come se la maledizione si estinguesse, non ha più valore. Una delle due deve pur andar avanti. E mi sembra ovvio voglio dire. Oh già! Hanno tutti i loro arzigogoli scaramantici.

La cosa buffa è invece osservare quello che accade quando un giovane si cimenta in una partita a bocce. Egli non sa nulla di tutto ciò. Non conosce le dicerie e gli usi dei giocatori più anziani. Forse non ci mette neanche la stessa loro passione ma, soprattutto, non sa nulla del numero 7. Per lui è un numero come tutti gli altri. Un numero normalissimo che arriva dopo il 6 e prima dell’8. Se si trova a 6 e fa solo 1 punto arrivando a 7 è più che contento perché, comunque, va avanti.

Infatti, in quei casi, e anche in questo frangente, posso dire di aver visto accadere questa cosa molte volte e averla persino vissuta in prima persona (ebbene sì, ogni tanto gioco a bocce) la maledizione non avviene. Non esiste. Come a non aver potere.

Da 7 punti passano tranquillamente a 8, o a 9, o a 10 (in una sola mano si possono fare più punti).

IL RAGAZZINO E LA CONDANNA

Tempo fa mi capitò di assistere ad un evento curioso. Un ragazzino iniziò a frequentare la bocciofila del mio paese per seguire il nonno al quale era molto affezionato. Si dimostrò fin da subito bravino nel gioco delle bocce e si impegnava parecchio. Riusciva ad aiutare i suoi compagni di squadra e facevano punti ad ogni mano.

Per lui la maledizione del 7 non esisteva. Non ne aveva mai sentito parlare e, infatti, andava sempre avanti. Col tempo però, continuando a giocare, la storia del numero protagonista venne alla scoperta.

Iniziò a conoscere i vari trucchi, le tecniche, i modi di dire di questo gioco e anche le superstizioni che lo condivano. Rimase assai stupito della storia del numero 7 e quando con la sua squadra arrivava a 5 o a 6 faceva di tutto per evitare il numero “dannato” come ad allearsi totalmente ai suoi compagni. Questo fece si che la maledizione iniziò ad essere nutrita anche da lui che cominciò ad esserne anch’egli vittima. L’eggregora non lo risparmiò.

E dire che il numero 7, in molte discipline e in varie filosofie, ha un significato molto bello e potente.

LA SACRALITA’ DEL NUMERO SETTE

Significa infatti:

7 sono i giorni della settimana, i pianeti del nostro sistema solare, i colori dell’arcobaleno, le piaghe d’Egitto, i doni dello Spirito Santo. 7 è anche il simbolo della Completezza dell’uomo.

Ma quando ad una cosa gli si vuol dare un senso negativo, essendo che noi abbiamo un potere che non contempliamo, ecco che questo avviene.

Cosa fa avvenire ciò è semplicemente la proiezione del nostro intento, del nostro volere, nella realtà e questo argomento è importantissimo per comprendere come possiamo realizzare nella nostra vita quello che vogliamo. Questo meccanismo, infatti, non funziona solo verso le cose negative ma anche per quelle positive!

La domanda importante da porsi è:

Perché con gli anziani questa maledizione è come se avesse un vero potere ma a chi non ne sa nulla essa non crea alcun danno?

Da qui si aprono molti scenari che toccano diversi punti come la sfiga o la fortuna, il pericolo concreto, le dicerie, i proverbi… ma dobbiamo capire che siamo sempre noi gli scrigni che contengono il potere. Noi conserviamo quel nutrimento e possiamo decidere verso cosa dirigerlo o meno.

Prosit!

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Quella volta in cui Polpaccio mi prese da parte

DOLOR TREMENDO DOLOR

Si si. Mi prese da parte e… mi mise da parte. Il mio caro Polpaccio… quando si impunta su una cosa non gli fai cambiare idea neanche pregandolo. Ora ti racconto bene cos’è successo perché potrebbe interessarti.

Una splendida e soleggiata mattina di luglio decisi di darci dentro con le pulizie indoor e outdoor, cioè quelle pulizie che quando hai finito occorre rifare l’attestazione di agibilità dell’edificio.

Fu mentre trascinai un peso che, all’improvviso, sentii una specie di rottura nel muscolo del mio Polpaccio. Dolor tremendo dolor! Attuai immediatamente le mie tecniche di consapevolezza nei confronti di quel dolore ma il male fisico, comunque, si sentiva eccome.

Considerando che una delle mie più grandi passioni è l’escursionismo puoi ben capire quanto mi “giravano” ma, farsele girare, è la cosa peggiore da fare se conosci il comportamento da attuare nei confronti del malessere che ho spesso consigliato.

Il dolore continuò a esistere per giorni e giorni, sotto forma di fitta pungente e invalidante. Avevo già capito cosa voleva suggerirmi ma essendo per me un tasto dolente quanto lui, ho preferito non ascoltare facendo finta di niente.

Lui però non fece finta di niente e, vedendo che volevo fare la furbetta, ci andò giù secco.

PINOCCHIOOOO MA DOVE VAI?

Mi vien da ridere se penso a quanta resistenza opponiamo spesso nei confronti della vita e verso i consigli della nostra Anima. La paura riesce sempre a farla franca e il cambiamento, che ci intimorisce molto, lo viviamo come un turbinio di timori e preoccupazioni.

Pensando di farla in barba a Polpaccio (io so che è impossibile ma la mente no) andai avanti per la mia strada… zoppicando ovviamente.

Bene, per farla breve, immagina che furbona, mi portai dentro quel dolore per ben tre mesi. Oh si!

Vabbè, ma sai… fa molto caldo, si va in vacanza, si sospendono le gite e il procrastinare diventa la culla prediletta soprattutto per una come me. Fu un peccato che l’autunno giunse veloce e con lui altre nuove escursioni fantastiche, in cima ai monti, da organizzare! E… Yeppa! Eeee… Ehm…

Meg? – disse la mia Coscienza

Siiiiiiiii?????? – risposi

Hai un Polpaccio inutilizzabile ricordi?

Tananana’… Tanananaaaaa’…!

L’urlo, prettamente mentale, che spingeva con forza per uscire dal mio osso frontale lo sentirono riecheggiare anche nelle valli limitrofe.

Porcaccia di quella porcaccia zozza porcaccia, stai a vedere che l’aveva vinta lui!

ROCKY BALBOA VS IVAN DRAGO

Facendo man bassa di tutta la diplomazia e la pazienza che mi competono decisi di prepararmi così per il primo round con Polpaccio. Tra l’altro, già che ci sono, avviso amici e parenti che come sanno tali due qualità in me scarseggiano e le ho completamente esaurite a causa del muscolo irriverente.

Una sera, dopo essermi schiarita la gola, chiamai a me la sua attenzione come la povera Clara chiamava Heidi.

Polpy… possiamo parlare un attimo? – gli chiesi.

Oh ciao Meg! Finalmente! Qual buon vento?

Dopo questa sua risposta, l’80% della mia umiltà era andata già a farsi benedire e avrei voluto stritolare i Gemelli (muscolo conosciuto anche con il nome di Gastrocnemio) nel palmo della mia mano ma mi trattenni.

Eh, ho bisogno di dirti una cosa

Dimmi pure – fece con quel fare solenne che mi stava assai sul groppone.

Ascolta, volevo dirti che ho capito. Ho capito il tuo messaggio, quello che hai cercato di dirmi con il tuo dolore. Ho capito e ti prometto che farò quello che mi consigli…

La sua grassa risata la sentirono anche i vicini di casa – FARAI? Ahahha! Sei troppo forte Meg! Farai… certo! Sono quarant’anni che “farai”, come no?! Non FAI ma farai… sesese…

Mi stava irritando come pochi e se ne accorse – Lo so che ti sto dando fastidio, da mesi ormai, ma vedi, ti sei messa in una bruttissima posizione Meg! Posso capire chi non comprende certi linguaggi ma… tu? Mi prendi in giro? Sai benissimo cosa significa avere un dolore a un Polpaccio eppure fai finta di niente e poi mi vieni a dire “lo farò”? Sai benissimo anche che, se sono arrivato, è proprio perché quel “lo farò” lo hai già detto mille volte ma non sei mai stata di parola

Senti Polpy hai ragione ma è difficile! Santa Madre, potrai capire che ho anch’io paure e preoccupazioni?

Meg, io capisco tutto ma tu dimentichi che le scelte da effettuare sono grandi quanto te e la tua evoluzione. Io penso che tu possa farcela ma non vuoi. E mi dispiace, su questo, sarò irremovibile. Ho sopportato fin troppo

Ti prego…

No!

OK, MA QUINDI COSA SIGNIFICA?

Avrei voluto pestare i piedi e fare i capricci come i bambini e mi sentivo proprio un po’ bambina. Quello che Polpaccio mi stava chiedendo mi sembrava enorme, gigantesco.

Il Polpaccio, o meglio i Polpacci, sono letteralmente i motori delle gambe, la parte sulla quale più grava il movimento dei nostri arti inferiori. Come ti ho sempre detto, le gambe rappresentano il nostro avanzare nella vita e questo avanzamento avviene prettamente grazie ai Polpacci. Non solo, i Polpacci ti permettono anche di andare più veloce, o più lentamente, seguendo obbedienti la velocità che tu decidi con i piedi. Quindi anche un andare avanti rapido o lento è da osservare.

Ad esempio, nella tua vita, qualcosa sta andando troppo veloce per te e non riesci a stargli dietro? Vorresti mettere dei freni, degli stop, ma non riesci? Ecco che il Polpaccio traduce il tuo volere. Oppure, all’incontrario, ti trovi in una situazione che vorresti cambiare ma non riesci a smuoverti da lì? Ti senti la vita scorrere di fianco ma tu ti trovi sempre nello stesso punto? Anche in questo caso il Polpaccio ti parla, ti fa sentire come lo stai irrigidendo a causa della tua paura a muoverti assieme a quella vita e fluire con l’esistenza tutta. Solitamente sono le scelte da prendere e che coviamo dentro, con le preoccupazioni, a renderci i Polpacci doloranti.

Quando si vorrebbe vedere tutto già finito e invece non si è neanche ancora iniziato, quando le cose vanno all’incontrario di come vorremmo, quando vorresti andare da una parte e invece qualcuno o qualcosa ti costringe ad andare in un’altra direzione, quando hai paura di non avere più tempo, quando vorresti tornare indietro ma non puoi, quando ti mettono fretta… queste sono tutte situazioni che possono provocarti tremendi dolori ai Polpacci. O anche un fastidioso prurito.

TROVARE UNA SOLUZIONE

Parlavo tra me e me: “Cosa c’è Meg che vorresti vedere diverso nella tua vita e non hai più voglia di sopportare? Da dove vorresti andartene? Cosa vorresti modificare? Dove vorresti andare? (Attenzione, non si intende per forza un luogo, alle volte te ne vuoi andare da una persona o da una situazione)”. La risposta arrivò immediata. Il mio cuore, in fondo, lo sapeva da anni.

Il problema era che non AGIVO a tal proposito. Agivo con la mente, con l’immaginazione… Oh! Ero bravissima con l’immaginazione, laddove nulla di male poteva capitarmi e io continuavo fondamentalmente a vivere nella mia zona di comfort. Troppo facile.

Basta. Tutta quella roba doveva finire. Stavo opprimendo la mia vera natura. La parte intrinseca, La “Bambina” che era in me.

Composi il numero di telefono in un miscuglio emotivo di trepidazione e ansia.

Buongiorno, mi scusi, volevo sapere, per caso è ancora libero quel…? Bene, e potrei prendere un appuntamento?… […] … ok, la ringrazio molto, a domani allora!

Le porte iniziarono ad aprirsi. Sentivo di essere sulla strada giusta nonostante tutti gli ostacoli che avrei potuto incontrare. Sentivo la voce della mente che mi diceva – Sei pazza? Cosa stai facendo? Te lo impedirò sappilo! Non puoi fare quello che vuoi, non sei libera! – e sentivo quella dell’Anima – Vai così Meg! Grande! Sei speciale! Ti lovvo!!! – (si, la mia anima è molto hippie)…

Accadrà? Non accadrà? Poco importa. Mi sono tolta dalla comfort zone dimostrando alla paura che son più forte di lei. Solo questo serviva.

Il dolore al Polpaccio è scomparso del tutto.

Prosit!

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Sono la Paura e sono stanca

Ciao,

scusa se ti scrivo obbligandoti a leggere le parecchie cose che ho da dirti ma, arrivati a certi punti, trovo questo mio gesto assolutamente necessario. Inoltre, se penso a tutte le volte che mi togli del tempo tu…! Mi chiami duecentocinquantamila volte al giorno. Se non chiami me, implori le mie figlie, le quali poi si rifanno a me e quindi è la stessa cosa. Non ho un attimo libero.

Non voglio aggredirti, tirandomi la zappa sui piedi, in quanto mi chiameresti anche per questo motivo, ma vorrei davvero farti capire che sono stanca. Mi hai succhiato tutta l’energia. Perdonami, ma sei peggio di una sanguisuga.

Ultimamente non mi lasci tranquilla nemmeno di notte: e senti il rumorino, e fai gli incubi, e ti arrovelli la testa con pensieri neri come le piume di un corvo… Non posso neanche più riposare. Non parliamo poi del giorno, di quando sei attivo. Ohmmmadre… ma come fai a vivere così? Fin da quando ti svegli sei tutto un – temere – e uno – sperare – patetico che mi dà la nausea. Temi che ci sia la coda per andare al lavoro, temi di non trovare parcheggio, temi che il tuo capo sia nervoso… cioè, ti stai rendendo conto che mi chiami anche per cose che immagini tu ma che non esistono nella realtà? O non ancora per lo meno! Fammi quietare. Almeno aspetta a chiamarmi! Aspetta di vedere se davvero servo, altrimenti lasciami anche un po’ fare i cavoli miei! 

Io arrivo e poi? E poi me ne torno da dove sono venuta perché tanto non servivo a nulla. Coda non ce n’era, hai trovato parcheggio e il capo era particolarmente tranquillo e disponibile. Quindi? Come la mettiamo?

Oh! Certo! Tanto io arrivo agggratis vero? Stai sereno che se dovessi darmi un euro per ogni volta che mi chiami ci penseresti ben bene a farmi venire. Ma forse non hai ancora capito che, anche se non mi dai soldi, mi dai qualcosa di molto più caro e… senti, non per essere cattiva, ma devo proprio dirtelo… ti sta bene! Mi dai la tua gioia e mi dai il tuo corpo. Di conseguenza, mi dai la tua salute! Oh si! Ogni volta me ne doni un pezzettino. Perché io obbedisco diligentemente. Arrivo subito! Ma ho poca grazia e, quando giungo, taglio o rompo. Tu non te ne accorgi, le tue cellule sono così piccole che non ti rendi conto di niente, ma quando mi vedono arrivare si stringono tutte, poverine, per farmi passare. Si arroccolano da un lato, ammassate tutte assieme e, ahimè, spesso, qualcuna perisce. Ma a te che importa? L’importante è che ti senti appagato con la mia presenza. A te basta sentire quella bella adrenalina che obbligo a secernere e chi s’è visto, s’è visto! Quanto sei sciocco! Non sai che questo ormone è molto utile quando ce n’è davvero bisogno ma, come per tutte le cose, il troppo stroppia, e lui, se emanato esageratamente, come un acido, corrode i tuoi tessuti. Ma lo fa poco per volta e tu te la godi felicemente. Certo! Fintanto che poi a morire inizia a diventare un numero consistente di cellule, parti di organi e quant’altro, e allora poi piangi perché ti ammali. Perché tanto non ci credi che sono strettamente legata al tuo benessere fisico.

Ma adesso piango io perché mi hai rotto le scatole. E poi, come ti dicevo, perché non ho finito il discorso, quella tua mesta e strappalacrime speranza. “Speriamo che ai miei figli non succeda niente, speriamo prendano bei voti, speriamo che a quel mio caro non accada nulla…” ma basta! Ma dove vivi? Appeso al sottile filo della speranza che se si rompe cadi giù? Sul pianeta delle cose orribili? Ah! Beh… si certo… ogni giorno lo immaginate così. Perché non sei mica l’unico sai? Noiosi, pidocchiosi, raggomitolati in un angolo. Sempre pronti a giudicare, gridare e lamentarsi. Se tutta l’energia che consumate verso i fastidi che provate la metteste in luce, dal resto del sistema solare vedrebbero due soli. Buzzurri che non siete altro. Mi fate lavorare anche quando vi crogiolate nella vostra zona di comfort, è il colmo. Con le vostre idealizzazioni mi fate lavorare! 

No… no… non mi fai più tenerezza. Mia figlia, la più grande, Miss Preoccupazione, la stai facendo dimagrire. Ti preoccupi della salute, dei soldi, di nuovi incontri, per il lavoro, per la famiglia, per gli altri, per l’altrui giudizio, per non uscire dagli standard, per i cambiamenti, per le notizie che senti… l’importante, per te, è preoccuparsi. Ecccerto! Perché l’importante non è mica renderti conto di essere vivo? Che scherzi? Ah! Ecco, appunto, parliamo della morte. Santissima misericordia immacolata! Quella poi… ti guida da quando ti svegli a quando vai a dormire. Sei in totale balia delle sue onde. E lì… altro che chiamarmi… mi megafoni! Gioia mia, tu hai confuso l’istinto di sopravvivenza con un hobby del cavolo che non ho più voglia di assecondare. Ma ti diverti? 

Ora ascoltami bene. Io adesso ti faccio un elenco di quasi tutte le mie figlie. Sono tantissime e non posso nominarle proprio tutte ma le principali sì. Segnatele, impara i loro nomi a memoria e non chiamare più ne me, ne’ loro. Ti ho avvertito e se non mi dai ascolto sai bene che posso arrabbiarmi tantissimo. Guarda che io non sono Signora Pazienza eh? 

Quindi, ascolta qui:

Preoccupazione, Timore, Rabbia, Disgusto, Fastidio, Lamentela, Vergogna, Arroganza, Superbia, Egoismo, Accidia, Presunzione, Violenza, Manipolazione, Sottomissione, Invidia, Gelosia, Menzogna, Giudizio, Avarizia, Avidità, Gola, Codardia, Slealtà, Repressione, Sopportazione, Collera, Apatia, Denigrazione, Autosvalutazione, Sfiducia, Irresponsabilità, Inganno, Pessimismo, Controllo, Monotonia, Irriverenza, Maleducazione, Brama, Disprezzo, Cinismo…

Eccole. Ecco le emozioni mie figlie. Ogni volta che ti attivi attraverso una di loro è perché sei impregnato di Me. Bada bene, puoi usarle se vuoi, sono tue, ti appartengono ma non esagerare. Io posso essere la tua migliore amica ma non sono la tua badante e tu non sei un infermo; ringrazia per questo anziché passare la tua vita sperando di non diventare mai infermo quando invecchierai. 

Sono stata chiara?

Per il tuo bene mi auguro di sì. Non avrei mai pensato di arrivare a dirlo ma ti consiglio vivamente di dedicarti molto di più al mio antagonista, Amore… io voglio andare in vacanza.

Con affetto, tua Paura”.

Prosit!

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Perché le manifestazioni di Madre Natura ci disturbano?

Le manifestazioni di Madre Natura, attraverso le quali ci parla e si mostra, sono tutte splendide. Accettate e amate soprattutto dagli animali. Per quanto riguarda noi esseri umani, invece, la cosa cambia. Spesso, e comprensibilmente, alcuni elementi naturali, alle volte, possono infastidirci. Sto parlando prevalentemente di: pioggia, vento e sole i più comuni e i più detestati.

Il fastidio lo si inizia a percepire quando queste rivelazioni cominciano a prolungarsi nel tempo e la nostra intolleranza può derivare da diversi motivi.

Dopo giorni e giorni di pioggia, si inizia a desiderare il sole. Ci si vuole “asciugare”, godere dell’aria aperta ma, all’incontrario, dopo troppo tempo di siccità, si vuole l’acqua. Come ripeto, sono ovvie considerazioni ma oggi vorrei parlare di cosa accade, dentro di noi, energeticamente, in correlazione al meteo del nostro Pianeta Terra.

Siamo un tutt’uno con lui, estremamente collegati e connessi. Noi siamo lui. Siamo la natura. Pertanto, le sue manifestazioni, sono le nostre. Ci appartengono.

Il fondamentale equilibrio – Se non abbiamo equilibrio nel nostro processo naturale e generale possiamo percepire malessere. Il fattore principale è il non sentirsi in armonia totale e in sintonia con la vita, con se stessi e con gli altri.

LA PIOGGIA

La pioggia è una ricchezza assoluta per la terra. E’ il suo sperma. E’ l’acqua che assieme alla luce solare crea la vita o ridona la vita mentre questa sta appassendo. Essa però riguarda anche la nostra acqua interna. L’acqua è per noi indice di tristezza, quando è in abbondanza, rappresentata dalle lacrime, dal muco, dalle secrezioni liquide del nostro corpo. Urinare troppo, sudare in modo eccessivo, sono tutti sintomi di tristezza. La tristezza, è una delle figlie maggiori della paura e infatti sappiamo che la paura ha sede nei reni, organi che filtrano la nostra acqua. Il sangue, rappresentazione della vita, è soprattutto acqua pur essendo considerato un tessuto connettivo. La pioggia del cielo e della terra che ci appartiene, è la nostra pioggia, ossia la nostra acqua. Quando non smette di scendere, non smette di mostrarsi, è come se ci riempisse, ci circondasse, ci accompagnasse giorno dopo giorno e, passato quel tot di tempo che varia da persona a persona, ci si sente sazi, anzi, in esubero. Non se ne vuole più. Tutta quell’acqua aumenta la nostra tristezza. Vorremmo liberarcene.

Qualcuno potrebbe notare che ci sono individui molto tristi che però amano la pioggia e vorrebbero piovesse sempre. E’ vero. Questo accade quando si trova in quella pioggia l’ambiente più favorevole, la culla migliore. Come una sorta di comfort-zone. Non si apprezza la pioggia i sé, i suoi benefici e quant’altro di bello essa porta ma quello che ci fa provare. L’atmosfera che crea. Ci permette di non uscire, di rintanarci, di osservare il mondo da un velo appannato e distorto dalle gocce; più scuro, umido, quasi stantio. Se si è chiusi e introversi si ama questa ambientazione che solo la pioggia può creare ma, tutto questo, che è assolutamente umano, non è da scambiare con l’entusiasmo vero e proprio nei confronti della pioggia o di qualsiasi altra manifestazione climatica che la si arriva a benedire per il suo esistere. Una benedizione che nasce dal nostro cuore, ricolmo di vera e pura gioia.

La pioggia batte, incessante, come – la lingua batte dove il dente duole -. Liberarsi dal rancore, che spesso neanche sappiamo di avere, è la cosa migliore per amare davvero la pioggia e trovarsi in comunione con lei.

IL VENTO

Il vento rappresenta i nostri pensieri e la nostra elettricità. Più siamo elettrici, energici, vigorosi, grintosi e nervosi e più il vento sarà visto come un nemico. Amplifica quell’impeto che già possediamo e con il quale affrontiamo la vita. Ne abbiamo già del nostro e abbiamo confusione dentro. Confusione mentale e emozionale governate prevalentemente dall’ansia. Si tratta di un’ansia subdola, non si mostra. Sembriamo forti, ferrei, imperativi e invece è proprio l’ansia ad amministrare le nostre riflessioni ingarbugliate. L’ansia verso il giudizio degli altri, verso decisioni da prendere, verso il futuro… La pre-occupazione fa parte di noi.

Il vento scompiglia ancora di più le cose nel nostro intimo e quindi inizia a darci fastidio. Se il vento ci infastidisce è perché siamo troppo autoritari, troppo schematici, troppo aggressivi. Di sicuro chi vive con la testa fra le nuvole ama molto di più il vento rispetto agli altri perché lo vede come uno strumento capace di trasportare i suoi sogni in tutto l’Universo.

Il vento è collegato allo scorrere dell’energia in noi e allo scorrere del nostro sangue. Quando questi elementi sono già di per loro prorompenti e troppo affaccendati, si sente il bisogno inconscio della calma o si arriva a sopportare, al massimo, una lieve brezza.

Anche chi è troppo pacato e apatico nell’animo sopporta malvolentieri il vento, il quale, vuole dargli una sferzata di energia per lui troppo drastica e violenta.

Il vento muove le nostre frequenze, siamo fonti di energia, siamo corpi elettromagnetici e emaniamo onde dopo averle generate. Certi scompigli, se manchiamo d’equilibrio in noi, possono risultare intolleranti.

IL SOLE

Il sole è la vita eppure, da molti, non è amato per niente. Il caldo che produce può addirittura far star male oltre che provocare fastidio e anche la sua luce, troppo forte, può essere una seccatura… e sì, che “secca”, inaridisce tutto.

A non amare il sole cocente sono le persone irose o che celano una rabbia completamente nascosta. Parlo di una rabbia potente. Il sole, ripeto, è la vita e la nostra vita, rappresentata come ho detto dal sangue, è mossa dal cuore, organo propulsore di questa fonte. Organo della passione e dell’amore. La passione può essere ardore e, quando è già tanto, non serve calore in più. Oppure può essere patimento e, in questo caso, l’entusiasmo solare può disturbare.

Il sole stanca, affievolisce gli impeti pur essendo gioia. Dona calma. Si cerca l’ombra per spegnere quel fuoco. Tutta la natura, durante le ore di sole più forte, si nasconde e riposa. E’ come se in quel momento passasse il Re e occorre lasciarlo fare, attendendo orari più disponibili per ricominciare le attività.

Colui che non si adegua energeticamente a queste frequenze patisce. Il suo cuore può subire accelerazioni o affanno, oppure calmarsi troppo, procurando un senso di affaticamento non previsto. Si perde idratazione e, senza quella, ci si sente spenti. Ogni nostra più minuscola cellula è composta dall’80% circa di acqua. Se già si è aridi, a livello emozionale oltre che fisico, ulteriore siccità non solo infastidisce ma la si detesta proprio.

IL METEO EMOZIONALE

Saper tradurre quello che manifestiamo attraverso Gaia penso sia importante per conoscerci. E’ come uno strumento in più che ci permette di capire in che stato è il nostro equilibrio. In teoria, anche se questo è quasi impossibile, ma lo dico al fine di spiegarmi, dovremmo poter amare sinceramente ogni manifestazione e anche il suo periodo di presenza. Al di là dei danni che può provocare, al di là di quello che può fare al pianeta. Mettendo un attimo da parte queste che sono delle conseguenze e osservando soltanto il principio primario dentro di noi, occorre vedere cosa scaturiscono nella nostra parte più intrinseca queste rivelazioni. Tutto il resto lo si potrà guardare, certamente, in un secondo momento ma il nostro benessere energetico può essere considerato anche qui.

Inoltre, allenarsi a guarire sotto questo aspetto e cioè equilibrare il movimento energetico in noi, ci aiuta anche ad amare di più queste condizioni climatiche e ad amarle veramente. In questo modo ci fortifichiamo e anziché patire, quando una di esse si presenta in modo continuativo e senza cessare, possiamo continuare a sentire gioia dentro di noi. A quel punto potremo desiderare che finisca, certo, ma in noi ci sarà comunque bellezza, ci sarà ammirazione, trasporto, e quindi emaneremo frequenze positive le quali non potranno che rimandarci felicità.

Prosit!

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Quella macchia in mezzo alla fronte – la Rabbia

LA RABBIA APPARE

Sono cresciuta con una zia anziana che adoravo e anche lei mi amava moltissimo. Con me era molto buona ma devo riconoscere che, con il resto della famiglia, si comportava come un Gendarme. Aiutava tutti, sia materialmente che no, ma allo stesso tempo, gli altri dovevano fare come decideva lei. Era saggia e istruita. I suoi consigli erano sempre efficaci. Era anche benestante. Queste qualità le conferivano un potere che da una parte tornava utile ma, dall’altra, tarpava le ali alla libertà altrui.

Un qualcosa che lei riteneva pericoloso non lo si doveva fare e, se si decideva di farlo ugualmente, o lo si faceva a sua insaputa, di nascosto, o lei si impuntava e si arrabbiava moltissimo. La rabbia appunto. La vera protagonista di questo articolo.

IL ROSSORE TRADITORE

Dovete sapere che, questa mia zia, aveva una particolare caratteristica fisica. Ogni volta che si arrabbiava seriamente, una macchia rossa appariva in mezzo alle sue sopracciglia e perdurava per giorni e giorni.

Il muscolo frontale che si trova in mezzo alle sopracciglia, il punto che gli spirituali indicano come terzo occhio, si chiama procero e corrisponde al Fegato. Il Fegato è l’organo in cui ha sede l’emozione Rabbia.

La cosa più curiosa, e collegata a tutto questo, però è un’altra. Ogni volta che io e mia mamma (più lei di me che la conosceva da più tempo) vedevamo spuntare questo rossore sulla sua fronte, sapevamo che qualcosa l’aveva fatta arrabbiare, ma soprattutto sapevamo che, dopo quel rossore, sarebbe arrivato qualcosa di più grave. Ormai era ovvio.

Alla cara zia, infatti, o veniva la febbre (calore – rabbia) o veniva un infiammazione (calore/rossore – rabbia) o un’infezione da qualche parte (calore/rossore/putrefazione – rabbia).

E una volta il fuoco di Sant’Antonio, e un’altra volta si feriva e la ferita poi si infettava, e poi ancora si scottava con l’acqua bollente… insomma, ogni volta, qualcosa indicava la sua collera. Fisicamente. Dopo l’avvenimento psicologico.

Una volta guarita, la macchia spariva e la sua fronte tornava ad essere del classico color pelle come il resto del viso.

SIAMO TANTI CORPI IN UNO

Non potevano essere sempre coincidenze visto che per tutta la sua vita (90 anni) accadde così.

Quale spiegazione può esserci? Non voglio convincere nessuno ma, secondo me, pare proprio ci sia un significativo rapporto corpo-mente-emozione. Siamo un tutt’uno infatti. Come dico sempre.

Occorre tener da conto vari fattori: l’alimentazione, lo stile di vita, i geni ma occorre anche aprire le vedute e guardare qualcosa di ancora più ampio. A proposito di geni… nessuno in famiglia, neanche i suoi genitori, hanno mai sofferto della stessa cosa. Lei era l’unica alla quale accadeva quello.

Non per niente era l’unica a “comandare” tutti. Comandava anche sua mamma e suo papà. Lei era infermiera, nessun altro in famiglia lo era. Un tempo le infermiere facevano di tutto, non era come adesso. Vi sto parlando degli anni ’30/’40/’50. Passavano dal lavare i pavimenti, al passare i ferri in sala operatoria e quindi, a stretto contatto con i medici, ne sapevano parecchio sulla salute e la medicina. Perciò, in casa, chi stava male, si rivolgeva a lei ricevendo le sue amorevoli cure e, anche i suoi genitori, sempre più anziani, dipendevano in qualche modo da quella figlia che poteva dar loro sollievo in caso di bisogno.

Questo sempre per dirvi che era lei ad avere il controllo su tutto e sentendosi responsabile di ogni cosa e di ogni individuo, come ho detto, si inalberava se non si obbediva. In fondo, aveva paura che facendo l’inverso di quello che lei ordinava poteva accadere qualcosa di grave a chi voleva bene e reagiva con l’ira.

LA GRINTA CHE NON TI FA CEDERE

La rabbia era una sua amica anche vista come “rabbia energetica” nel senso di “grinta”. Era infatti una donna molto energica. Si alzava tutte le mattine alle 5 e, alle 8, c’era già il pranzo pronto e le faccende di casa fatte. Impastava ogni giorno. Accudiva i nipoti, lavorava, andava a fare commissioni per gli altri, aiutava nella parrocchia, curava i suoi, la casa, il marito, insomma non stava ferma un attimo.

Era la più grande di sei figli e, fin da piccola, fece da mamma a tutti mentre i genitori lavoravano. Visse le due Guerre Mondiali e non si fece mai mettere i piedi in testa da nessuno. Una bella tempra. Una vita accompagnata da questa rabbia-grinta.

Ogni manifestazione cutanea che sorge in mezzo alle sopracciglia: secchezza, macchie, eccesso di sebo, rughe profonde, brufoli, etc… indica un messaggio da parte del nostro Fegato. Può sentirsi appesantito da un’alimentazione troppo grassa o ha bisogno di ripulirsi per i troppi prodotti di origine animale che mangiamo (non va mai bene eccedere) ma potrebbe anche comunicare una rabbia, magari celata o latente, in noi. Potete provare a farci caso.

Prosit!

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Persone: alcune le hai amate tantissimo ma ora guai se si avvicinano

VADE RETRO

A volte succede di amare moltissimo una persona, di credersi persi senza di lei, di considerarla la cosa più bella della nostra vita ma… se ci si lascia e ci si lascia male, può capitare che si inizi a provare verso di lei una specie di ribrezzo.

Fisicamente può continuare a piacerci (non è detto) ma pensare anche solo di aver a che fare con lei, o sfiorarla, o doverle parlare, ci fa salire in gola un motto di disgusto. Non è rabbia, non è paura è proprio intolleranza, come ad esserne allergici.

Questo capita soprattutto a chi ha amato sinceramente ed è stato poi maltrattato. Col tempo, ha imparato ad aprire gli occhi, a vedere chi realmente era l’altro per il quale stravedeva e, soprattutto, ha davvero visto chi era sé stesso. É riuscito a guardarsi dentro. A volte, purtroppo, bisogna subire un danno per notare la nostra ricchezza e il nostro valore.

NOLI ME TANGERE!

Il fastidio è tangibile. Una sorta di pesante energia negativa assale se ci si avvicina a quella persona, o anche solo se la si pensa. Un’energia brutta, che si sente palesemente arrivare proprio da lei.

Il nostro organismo è intelligente e collegato alla psiche, pertanto, non tarderanno a manifestarsi reazioni anche fisiche. Pelle d’oca, stomaco stropicciato, lingua allappata, come a sentire un puzzo nauseante.

Il nostro fisico si ribella a ciò che ci ha fatto male adottando le sue manovre di allarme e di difesa ma é anche un’altra la voce che ci parla e ci manda un messaggio importante: é la voce della nostra anima.

Quando succede questo è perché abbiamo sconfitto, se non del tutto in buona parte, il demone che quella persona rappresentava per noi, per questo, ora, riconoscendolo come demone e non dovendo più avere nulla a che fare con lui perché trasmutato, vogliamo inconsciamente tenerlo a debita distanza.

I demoni sono ammaliatori. Ci incantano perché fanno parte di noi, sanno tutto di noi e appartengono al nostro Ego. Rispecchiati negli altri ci sembrano delle meraviglie, all’inizio. Se si riesce in qualche modo a crescere, dopo questo insegnamento ricevuto e a non sottostare più a certe debolezze (cosa che di solito accade con la tecnica del “chiodo scaccia chiodo”), ecco che gli occhi si aprono e possono guardare la verità. La verità spesso la si osserva e la si nutre senza nemmeno rendersene conto ma accade e, una volta raggiunta la verità, non si vuole più tornare indietro in quell’ammasso di menzogne, bisogni e ipocrisie che per molto tempo ci siamo raccontati appartenenti ad un amore totalmente terreno.

Quando si comprende che l’amore è tutt’altro, e che noi adesso meritiamo tutt’altro, salendo “di grado” nella scuola della “consapevolezza”, mandiamo via quello che consideriamo spazzatura perché per noi lo è davvero. Forse, tale demone, sarà un utile Maestro a qualche altro individuo, così come per noi arriverà un’altra persona sicuramente migliore, visto che abbiamo asceso verso la nostra evoluzione.

Il nostro spirito lavora assieme al nostro corpo (sempre) come avviene con le malattie delle quali ti ho parlato qui https://prositvita.wordpress.com/2019/03/09/il-dolore-lindesiderato-messaggero-degli-dei/  Perciò anche in questo caso, nell’argomento che sto affrontando ora, sono proprio delle sensazioni fisiche a trarci in salvo. Delle piccole manifestazioni che ci suggeriscono di allontanarci da lì e che piuttosto che stare ancora con una persona come quella si preferisce stare da soli.

ANIMA, SPIRITO, CORPO, MENTE

I mostri non sono sotto al letto, sono dentro di noi e quando riusciamo a trasmutarne uno, senza più dover avere a che fare con lui, al suo posto, in noi, giunge l’amore. L’amore come emozione primaria e fonte cosmica. Per il vecchio mostro, quindi, non c’è più spazio e questo lo percepiamo anche se non riusciamo a decifrarlo.

Accade la stessa cosa di quando mangiamo troppo e, al solo pensiero di ingoiare qualcos’altro, ci viene la nausea anche se quel qualcosa sembra buonissimo.

Il nostro corpo lo rifiuta, sa che poi starebbe male, che dovrà rigettarlo via. Ebbene sì, riempiendosi d’amore, l’intuito si affina perché di meno sono i demoni che lo obnubilano e lo soffocano. Ha più spazio ora per divampare. Il nostro intuito adesso è più ascoltato da noi e può padroneggiare come un cane da tartufi. Appena annusa qualcosa di “pericoloso” ecco che ci avvisa. E ora si che gli diamo retta!

Anche prima, quando quella persona l’abbiamo “amata” molto, il nostro intuito ha provato ad avvisarci ma i nostri bisogni erano decisamente più forti, pertanto, dopo un annebbiamento totale, abbiamo dovuto guardare quel demone in faccia e vedercela con lui.

E più forti erano quei bisogni, più forte sarà oggi il disgusto verso quella persona. Come ho detto prima, infatti, non con tutti/e gli/le compagni/e che abbiamo avuto succede questo e ovviamente nel mio discorso non c’è nulla di assoluto. È semplicemente interessante vedere, ancora una volta, come la nostra parte inconscia e sconosciuta collabora all’unisono con il fisico. Perché é questo che dobbiamo comprendere e non dobbiamo più creare delle separazioni.

Alcuni potrebbero dire che è inutile questo argomento perché ovvio. Se una persona ti fa del male e ti fa soffrire sarà naturale non volerla più. Innanzi tutto non è così, non è questione di quello che può averci fatto l’altro, in quanto dobbiamo sempre volgere l’attenzione a noi stessi, ma soprattutto, anche se così fosse, é comunque importante osservare il meccanismo spirito-corpo che lavora. Inoltre, è diverso provare ad esempio la rabbia verso quella persona. Non volerla più vedere, non volerla più toccare, non volerle più parlare perché ci scaturisce un istinto omicida. “É bene che mi stia alla larga altrimenti la disintegro!“. Questo non ha nulla a che fare con quello che ho scritto finora. Si tratta di un’emozione protagonista completamente diversa e, diversa, è la situazione dell'”adesso” che si vive.

BUONGIORNO SIGNOR MAESTRO

Prima di concludere mi preme ricordare ancora una cosa. Occorre osservare che queste persone, che oggi rifiutiamo in tutto e per tutto, nonostante i demoni che ci hanno fatto vedere, sono stati per noi dei Maestri.

Senza di loro, che hanno semplicemente riflesso ciò che avevamo dentro, non avremmo potuto vedere la nostra parte inconscia e dannosa per la nostra natura. Con questo non vi dico di porgere loro l’altra guancia, via dalla vostra vita! Ma, per quello che riguarda il vostro lavoro personale di crescita interiore, tenetene conto. Perché, nel vederli, si è stati bravi, molto bravi, nonostante tutta la sofferenza che abbiamo sopportato e ora, la nostra ascesa, che semplicemente equivale al nostro benessere, ci ha aperto le porte. E ce lo meritiamo.

Prosit!

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Dimentica i tuoi sogni se vuoi che si avverino

SEMINARE IMPEDIMENTI

Siamo cresciuti con l’idea di usare la determinazione, la costanza e la volontà per avverare i nostri desideri. Siamo cresciuti con l’intento di nutrirli e coltivarli per farli materializzare nella realtà e tutto questo è giusto, un metodo fantastico per poter ottenere quello che si vuole. La nostra mente però lavora in un modo davvero particolare e a noi spesso sconosciuto.

Ci sono dei particolari importantissimi che devi tener da conto.

Molte filosofie spirituali sono le prime a dire di immaginare quella cosa e quella cosa accadrà. Questo mi trova d’accordo ma occorre fare i conti con il nostro inconscio (che non riusciamo a vedere) oltre che con il conscio. Le stesse dottrine indicano infatti che non si otterrà ciò che si vuole ma ciò che si è. Al fine di realizzare un sogno serve pertanto il matrimonio tra il pensiero, cioè l’immaginazione, e l’emozione intrinseca che lo accompagna con la quale non si intende la gioia, che si può provare volando sulla nostra nuvoletta rosa, bensì si intende l’emozione che indica quello che proviamo per noi in base al desiderio. Ad esempio, se io immagino di diventare una star ma nel mio inconscio non mi sento all’altezza, non mi sento degna di tanta fama, ho paura ad affrontare una situazione così, temo il giudizio degli altri, mi spaventa il pubblico, etc… l’emozione che si scaturisce è quella dell’impedimento.

NON TI MOLLO!

Allora cosa succede se continuo a pensare a quel sogno? Succede che per prima cosa lo inquino. Ebbene sì. Senza rendermene conto, lo inquino del timore che non si possa avverare. Lo inquino di preoccupazione. Lo sporco di orpelli sciocchi e mentali, di schemi mentali sbagliati che mi appartengono. Lo sporco di speranza che, anche se può sembrare tanto carina e poetica, la speranza è proprio l’inverso della certezza. Colei che ti tiene in sospeso e non realizzato.

Ma soprattutto lo trattengo. Lo trattengo lì, nell’immaginazione, e non gli permetto di concretizzarsi nel mondo delle forme. Lo trattengo come se dicessi – Prima o poi ti avvererai – e l’Universo risponderà – Si, prima o poi, prima o poi… -. Quando? Boh… prima o poi

Trattenere un sogno e continuare a definirlo “sogno” significa non avere fede. Non darlo per certo, non darlo come già avverato. Se fosse già avverato continueresti a immaginarlo? No! Continueresti a chiamarlo – sogno -? No! Ed é proprio questo che devi fare. Non sognare più, già ce l’hai, che ti sogni ancora? Che ti struggi?

Perché continuare a nutrire aspettative? Così facendo continuerai ad aspettare, come dice la parola stessa.

Immagina di essere alla stazione e stai fremendo perché sei molto in ritardo ma il treno non arriva. Inizi a pregare il treno, speri di vederlo spuntare in fondo al binario, tra te e te pensi alle peggio cose verso le Ferrovie dello Stato e, dentro, lo stomaco vibra, i muscoli sono tesi, la rabbia sale. Ma poi ecco che, finalmente, il treno arriva e tu puoi salire, sbuffando collerico. Ti siedi sul sedile e stop. Il macchinista accelera e riprende il giusto tempo. Se ti osservi noti che non stai più pregando, non stai più immaginando nessun vagone spuntare sui binari, la rabbia si sta dissolvendo e i muscoli si rilassano. Il treno ora c’è. Non hai più bisogno di quelle emozioni che hai provato prima. Perché dovresti desiderare un treno se già ci sei sopra? Bene, per il “sogno” funziona allo stesso modo.

OK, BASTA, NON TI SOGNO PIU’

Lo so che è difficile. Per questo, molti desideri, e soprattutto quelli ai quali teniamo di più, spesso non si avverano. Continuiamo a desiderarli con le unghie e con i denti.

Lascia andare… lascia andare… lascialo andare quel sogno, liberalo, permettigli di trasformarsi in realtà.

Se lo molli, grandi forze energetiche potranno prenderlo, coagulandolo in loro e potranno poi ridartelo sotto forma di materia, nella tua vita.

In pratica, stai facendo tutto tu e se ti rendi conto di questo potrai migliorare la situazione.

Se proprio non riesci a non pensare a questo tuo grande desiderio, almeno immagina di viverlo già e di volerlo migliorare ulteriormente. Se stai pensando al lavoro dei tuoi sogni, fai finta di svolgerlo ma di voler fare di più. Fatti venire un’idea eccezionale, pensa a come ti muoveresti in quel campo, oppure come potresti risultare unico in quella mansione o, ancora, quanto ti ha fruttato la tua ispirazione.

Il tuo grande sogno ormai si è già avverato, rifletti su un altro se proprio non puoi fare a meno di pensare.

Puoi tornare su di lui solo ogni tanto, come per controllare che tutto vada bene. Come a guardare se la sua realizzazione stia procedendo per il meglio ma, poi, levati di nuovo da lì. Vai a farti i cavoli tuoi. L’Universo sa gestire benissimo da solo questa situazione che gli hai donato.

NON DIRLO IN GIRO

Infine, permettimi di darti un ultimo consiglio.

A meno che tu non abbia a che fare con persone veramente capaci nella Legge dell’Attrazione, ti consiglio di non svelare troppo agli altri il tuo desiderio. Nemmeno alle persone che ami. La mia non è scaramanzia ma è qualcosa di più grande e potente. Purtroppo, inconsapevolmente, anche gli altri, pur volendoti bene, possono inquinare il tuo sogno. La loro potrebbe essere una legittima preoccupazione, oppure paura nei tuoi confronti. Per loro questo si chiama amore ma, in realtà, stanno mettendo limiti alla realizzazione del tuo desiderio sporcandolo con le loro emozioni negative. Per questo ti converrebbe tenerlo per te.

Non sei l’unico ad avere potere. Anche gli altri ne hanno. In realtà nessuno potrebbe sporcare il tuo sogno ma il problema risiede nel fatto che tu, non vivendo come spirito e completamente padrone di te stesso, permetti alla tua mente, senza accorgertene, di dar retta e peso alle loro parole. Per evitare tutto questo lavora da solo. Avrai tempo dopo di dire agli altri della tua splendida realizzazione.

Prosit!

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Ti spiego perché fai del bene ma ricevi del male

L’INTENTO NASCOSTO

Quello che leggi nel titolo l’ho già spiegato molte volte ma forse in modo troppo generico e senza dare alcuni suggerimenti importanti da prendere e mettere in pratica come se fossero esercizi. Un allenamento vero e proprio per te che fai sempre del bene ma ricevi dagli altri il male, un male che indossa diversi abiti: lo sfruttamento, l’approfittamento, la presa in giro, il tradimento, l’assenza di ringraziamento, etc…

Vedi, tutto risiede in un punto ben preciso del tuo essere. Sì, hai capito bene, anche la reazione “sbagliata” degli altri nei tuoi confronti, risiede proprio lì, in quel punto assolutamente fondamentale ma nascosto. Forse, non è proprio così nascosto ma passa inosservato.

In pratica, tutto sta nel tuo INTENTO.

Ora ti spiego. Sai cos’è l’intento? L’intento è il movente che ci fa compiere tutto ciò che intendiamo compiere. Prendere una decisione, fare una cosa, dire una parola… Arriva persino prima del pensiero, pensa. A volte, magari, preferiamo agire diversamente dal nostro intento ma, il nostro intento, comunque, risiede in noi. Se io volessi mandarti a quel paese, ad esempio, ma per il quieto vivere lascio perdere e sto zitta, quel “vaffanculo” (mi si perdoni ma rende l’idea) dentro di me continua ad esistere. E rimane lì. Scusa se cambio un attimo discorso ma mi preme dirti che, al centesimo “vaffanculo” non detto, potrebbe venirti un mal di gola tremendo eh!

Ma torniamo all’intento, quel punto massimo, quello che può, quello che decide, hai capito quindi cos’è? Quella forza che ti fa muovere. Quella intrinseca. E può effettuare scelte sia positive che negative.

SII SINCERO

Bene, ora, per andare avanti ho bisogno di tutta la tua sincerità. Per favore, togli un attimo tutte le maschere che a volte sei costretto ad indossare e leggi con il cuore le mie parole. Tanto non ti sta vedendo nessuno. Spogliati di ogni imbarazzo e guardati dentro con occhi sinceri perché dovrai rispondere la verità alla domanda che sto per farti.

La domanda è: nel tuo più profondo, perché hai sempre così tanta premura nei confronti degli altri? Cosa si muove davvero dentro di te?

Se risponderai a te stesso, in modo ben ponderato, potrai osservare che un mondo nuovo si sta aprendo dentro di te. È un mondo che è sempre esistito ma che celavi inconsciamente perché lì risiedevano cose che non ti andava di guardare. Guardale adesso, in tutta tranquillità, tanto ci sono io e ti potrò dare un valido aiuto per modificare in meglio questo lato della tua vita.

In questo mondo, rispondendo onestamente alla domanda, noterai che esistono tanti motivi. Io te ne elenchero’ qualcuno, ma sarai tu che dovrai fare lo sforzo di sentire quale ti risuona dentro o cercarne dei nuovi. Solitamente, mi duole dirtelo, ma in realtà è un bene, quello che più ti infastidisce o rifiuti, è proprio il motivo che più ti appartiene. Eccone diversi:

– perché i miei genitori mi hanno insegnato a fare così e se facevo così ero apprezzato da loro.

– perché facendo così dimostro di essere una bella persona e piacero’ agli altri. Ho bisogno di piacere agli altri.

– perché facendo così mi assicuro una ricompensa, una sorta di premio.

– perché facendo così distruggo la sofferenza degli altri. Io odio la sofferenza, la tristezza e tutte le emozioni negative.

– perché facendo così mi metto nella posizione del brav’uomo e nessuno farebbe mai del male ad un brav’uomo.

– perché facendo così ho più possibilità di essere amato, visto. Le persone pendono sempre dalle labbra di chi le salva.

– perché facendo così dimostro la mia rettitudine, la mia onestà e mi sento pulito davanti alla mia coscienza.

– perché facendo così vengo giudicato bene e non male dalla gente.

Questi, come dicevo, sono solo alcuni esempi. Ora dovresti rispondere. So bene che certi possono sembrarti biechi, subdoli e sporchi ma così è, o potrebbe essere, e non devi sentirti in colpa. Sei semplicemente un essere umano che, come tutti, ha dei bisogni. Ognuno diverso, ma che discendono sempre dalla mancanza d’amore. Quindi, sii corretto con te stesso e ammetti il perché ti prodighi tanto per gli altri. Non nasconderti dietro al – Mi piace vederli felici! – perché tu puoi mentire a te ma non all’Universo e, se ricevi del male dagli altri, vuol dire che un motivo c’è e che ora ti spiego.

SE NON E’ AMORE CHE AMORE E’?

Tutti gli esempi che hai letto, per belli che possono essere, non contengono amore incondizionato. Nessuno di quelli che ho scritto. Non contengono generosità pura (figlia dell’amore) e non contengono entusiasmo. Ora ti dirò una cosa che forse ti lascerà interdetto. Lo sai che a volte nemmeno per un figlio si fanno cose piene soltanto di amore incondizionato?

Lo sai che la maggior parte delle volte che si dona una moneta ad un mendicante, in realtà, la si dà più per il giudizio della gente (mendicante compreso) attorno a noi, che per il nostro cuore traboccante di amore puro?

Ma veniamo al sodo. Tutti questi motivi, che possono anche contenere della generosità ma è una generosità appannata, sono gli intenti di cui parlavo prima. E sono sinceri e senza orpelli. Nessuno li vede, stanno dentro di te e tu hai imparato, negli anni, per sopravvivenza, a camuffarli bene. Il problema però è che la risposta da parte degli altri (del mondo) riguarda proprio il tuo intento, pertanto, se nel tuo intento non c’è stato puro amore non riceverai puro amore bensì ciò che hai mandato come messaggio intenzionale, raddoppiato, affinché tu possa vederlo bene. Perché ricevi inganni? Perché tu per primo hai ingannato. Magari hai ingannato te stesso. Perché ricevi dei – No -? Perché tu per primo hai detto – No – al rispetto verso di te, quando hai dovuto abdicare davanti a un bisogno che ti pareva più appagante. Perché neanche un – Grazie -? Perché non sei stato generoso, hai solo risposto a un dovere.

Tu vali quello che dai non quello che ricevi. Il valore sta nel tuo gesto, quello che ricevi è solo una conseguenza di quello che hai dato, o meglio dell’emozione che permeava ciò che stavi dando in quel momento. Capisci?

Inoltre, se ti aspetti dagli altri un – Grazie – o un – – è come se attendessi in cambio un qualcosa, pertanto, è come se il tuo interesse fosse focalizzato lì, su quel qualcosa, nulla a che vedere con il puro amore!

LA VOGLIA DI CAMBIARE

Ma come fare a diventare veramente generosi e ricevere così generosità vera, gratitudine sacra, regali, favori e molto altro? Ti sembrerà strano ma, come per tutte le cose, occorre allenarsi.

Inizia con cosine piccole. Dalle o falle, al prossimo, anche se non ti vengono chieste. Inventa dei modi per far del bene, per far nascere un sorriso. Fai della beneficenza, a piccole dosi, senza farlo sapere in giro. Prova, più avanti, a donare uno sguardo dolce e sincero proprio a chi detesti.

All’inizio, tutto questo, prima di passare dal cuore sarà solo mentale e potrà sembrarti strano se non addirittura fastidioso ma, col tempo, ti abituerai.

La regola numero 1° è quella di mettersi nei panni di chi riceve. Ossia, tu cosa proveresti se ricevessi quella determinata cosa? Ecco, devi creare la stessa situazione. Ipotesi: se arriva una persona da te che hai un ristorante e ti chiede un panino ma ti dice che non può pagare, dovresti fargli il panino più buono e più grande del mondo. Lo stesso sandwich che vorresti mangiare tu affamato. Dona quindi ciò che ti renderebbe molto gioioso. Cerca di provare le stesse sensazioni. Fai finta di essere tu quello che sta ricevendo e invece sei il donatore. Naturalmente, un domani, saprai valutare. Non ti sto dicendo che devi andare in malora per aiutare gli altri. Ti sto suggerendo alcuni metodi e le sensazioni che devi imparare a provare nel tuo cuore.

Tutto ti tornerà indietro e moltiplicato, così funziona. Non aver paura.

I primi tempi, lo scombussolamento delle tue frequenze, potrebbe creare un po’ di confusione e potresti vivere situazioni peggiori di quelle antecedenti ma continua, non demordere. Pian piano tutto si stabilirà a tuo favore. Vedrai che presto, quando sarai tu a chiedere un piacere, ne riceverai il doppio e di bellissimi. E, soprattutto, dati con gioia senza nessuna pesantezza.

Buon allenamento e preparati a ricevere il meglio. Sta arrivando!

Prosit!

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